Mettiamo bene in chiaro che
questo non è un libro sull’11 settembre. Si parla anche della
caduta delle torri, ma è soprattutto un reportage giornalistico, ben
confezionato, sulla rimozione delle rovine delle torri e degli altri
edifici del World Trade Center dalla voragine di
Ground Zero. Se volete sapere chi ha veramente organizzato l’attentato, se ci
sono stati depistaggi, se Bush si sta approfittando del massacro e altre
questioni simili, pur degne del massimo interesse, ebbene no, non leggete
questo libro. Se invece volete sapere cosa è successo fin dal momento in cui si
è posato il polverone nella ballardiana area del disastro, chi ha rimesso in
ordine l’estremità meridionale di Manhattan, e chi sono i veri protagonisti di
uno dei più grandi e ardui cantieri di tutti i tempi (non Rudolph
Giuliani, con buona pace dei suoi adoratori nel Bel Paese), allora potete anche
leggervi American Ground. Non vi deluderà.
Sarà anche interessante
confrontare il tono asciutto e pragmatico (e tutto sommato di buon gusto)
adottato da Langewiesche, onesto fino al punto di
illustrare persino gli aspetti meno edificanti dell’impresa, con gli
sbrodolamenti e le invettive e il sentimentalismo della nostra stampa. I nostri
giornalisti (qualunque sia il loro orientamento politico) non s’informano,
s’indignano, seguendo la lezione di Oriana Fallaci. E passi per la maestra, che
se non altro sa scrivere: i suoi allievi invece hanno seri problemi a mettere
insieme verbi e avverbi, dipendenti e subordinate. Sanno strillare, non
argomentare né ragionare. Magari si ripassassero American Ground per vedere
come si fa un reportage.
Ultima considerazione, non
tanto marginale: la moglie di uno degli ingegneri che hanno lavorato nello
scavo di Ground Zero esclama a un certo punto: “Abbiamo perso l’innocenza!”
(sottintendendo “noi americani”). Mi vien voglia di fare il verso a Camilleri e
chiederle: “Ca quali ’nuccenza?” Ma quale innocenza,
signora mia? Innocente è chi non nuoce, e per questo non ha colpa: lo
dice la parola stessa. Piuttosto l’11 settembre gli americani hanno perso la
vecchia (e falsa) convinzione d’essere invulnerabili; di essere al
sicuro delle conseguenze della loro politica estera (giusta o sbagliata che
sia, non è questa la sede per discuterne). Si spera che con le macerie delle
torri non abbiano rimosso anche questa nuova consapevolezza.
(Pulp Libri, n. 47, p. 52)