Con un
certo ritardo viene finalmente tradotto in italiano (e molto bene, complimenti
a Martina Testa) il secondo romanzo di Jonathan Lethem; ed è il caso di dire dulcis
in fundo. È infatti capitato, grazie agli insondabili meccanismi
dell’editoria italiana, che il primo romanzo di Lethem ad essere pubblicato (Oggetto
amoroso non identificato) fosse il terzo, il più fiacco, e che di lì in poi
si andasse in crescendo. Ora Minimum Fax ci propone il secondo (annata 1995),
che a mio avviso è il meglio della produzione del giovane romanziere e saggista
americano (insieme all’unico romanzo non ancora tradotto, Girl in Lanscape,
del 1998). Meglio tardi che mai.
Amnesia
Moon è a tutti gli effetti un
romanzo avant-pop. In questa estrema trasformazione del postmodernismo entrano
in collisione storia e fiction, generi letterari diversi (qui la
fantascienza, il giallo, il romanzo di viaggio, la satira), immaginario
televisivo e spettacolo delle merci. Tutto questo si trova nel romanzo di
Lethem, dove un personaggio di nome Chaos, giovanotto intraprendente ma dalla
mente scombussolata, vaga insieme a una ragazzina coperta di pelliccia per le
strade di un’America sconquassata da una catastrofe. Il problema (e il bello
della storia, godibilissima) è che il disastro ha anche portato a un’amnesia di
massa, per cui nessuno ricorda cos’è successo: tutti sanno solo che le cose
prima non erano così.
Chaos deve
quindi compiere un viaggio geografico, sulle strade del Wyoming e poi della
California, e insieme un viaggio interiore alla ricerca di un tempo che non è
solo perduto, ma anche perfido, ingannevole, disseminato di trappole. Ne nasce
così un on the road originalissimo, che incrocia Jack Kerouac con Philip
K. Dick (maestro riconosciuto di Lethem e onnipresente nel romanzo); un romanzo
dove anche il dialogo di un orologio e di un bonsai è carico di una tensione
sorprendente. Un’immagine sconvolgente e poderosa di un’America letteralmente
persa nei suoi sogni e frantumata in piccole comunità prigioniere delle proprie
ossessioni inconfessabili.
Un’ultima
considerazione: quanti ne girano, di giovani romanzieri americani! La verità è
che l’editoria di New York riesce a confezionarne a decine, di questi scrittori
postmoderni light alla Chabon o alla Eugenides. Tra questi abili
artigiani, Lethem spicca come uno dei pochi in grado di raccontare storie che
lasciano il segno. Speriamo che non si guasti.
(Pulp Libri, n. 44, p. 49)