Lo confesso: non sono un
grande appassionato di gialli. E se proprio devo scegliere preferisco quelli
con più morti che spiegazioni, alla Hammett, a quelli deduttivi che partono da un
cadavere e arrivano a un colpevole.
Detto questo, aggiungo che
la seconda puntata della serie dell’ispettore Wexford me la sono divorata in un
pomeriggio. Eppure è il classico giallone inglese, anche se la placida
cittadina di Kingsmarkham (dove si svolgono tutte le indagini dell’ineffabile
ispettore capo) viene descritta dalla Rendell immersa in un’afa quasi
mediterranea (ulteriore tocco italico in un paesaggio del tutto britannico: uno
dei personaggi gira per il paese alla guida di una Lancia Flavia).
Ribadisco: il romanzo della
Rendell me lo sono bevuto. Una parte di merito ce l’ha il Costigliola Giuseppe
che a ogni puntata diventa più bravo. Ma diamo a Cesare quel ch’è di Cesare: la
Rendell è una signora scrittrice. Col pretesto del giallo è capace di aprire la
società inglese facendocene vedere tutti i meccanismi, non ultimo il peso
schiacciante delle classi sociali che noi italiani stentiamo a capire, ma che
in qualche modo deve affascinarci se poi, sotto sotto, di anglofili da queste
parti ce n’è così tanti.
Ma dalla sua la Rendell non
ha solo penetrazione psicologica, bello stile, senso dei dialoghi, capacità di
ambientazione. La Lady del giallo (fa parte della camera dei Lord, mica
scherzi) è anche una donna colta e dalle profonde frequentazioni letterarie. Se
butta lì il nome di Jane Austen, come in questo romanzo fa a pagina 57, non è
vezzo; è allusione a un’ascendenza, e sfida. Come se ci dicesse che quel che
bonariamente raccontava l’Austen all’inizio dell’Ottocento, ora lo riferisce
lei, spietatamente, senza tirarsi indietro. Un’altra epoca, un’altra
Inghilterra, coi jeans e le Mini Minor e l’eroina: ma lo stesso sguardo
lucidissimo sulle convenzioni sociali e i rapporti interpersonali.
E io proporrei
all’attenzione dei lettori (tra le tante finezze) le epigrafi dei capitoli,
tutte tratte dall’anglicano Common Prayer Book, testo liturgico chiave
del protestantesimo made in England: quei versetti inseriti come colpi
di maglio risuonano nel testo in modo terribile e sublime. Ci vuole la
sensibilità del grande scrittore per ottenere un effetto del genere. Well
done, milady!
(Pulp Libri, n. 51, p. 47)