Capistrello
è ad una altitudine di 740 m.s.l.m., ed è posto nella gola (il
"capistrum" da cui secondo alcuni prende il nome) che
interrompe il fianco sinistro della Valle del Liri, e che si apre
verso i Piani Palentini. Conta 5700 abitanti circa, residenti per
la maggior parte nel capoluogo. Le due frazioni, Pescocanale e
Corcumello, sorgono l'uno all'imboccatura della Valle Roveto (la
parte meridionale della Valle del Liri), l'altro sulla strada che
conduce a Tagliacozzo, ai piedi dei monte Girifalco. La leggenda (non supportata però dalle fonti storiche)
fa risalire la
fondazione del paese agli schiavi impiegati dall'Imperatore
Claudio nell'opera di prosciugamento dei Fucino (74 D.C.); di quì
discende il motto che campeggia sullo stemma civico: "Caput
Castrorum", ovvero "il più grande degli
accampamenti". Probabilmente invece il paese ha origini
altomedioevali; è citato per la prima volta in un documento storico del 1115 (Bolla Papale di Pasquale
II). All'epoca
della III Crociata (1187) era già un centro di una certa
rilevanza, poiché forni soldati e inservienti allarmata dei Re di
Napoli. Fra i nuclei abitati, le fonti storiche citano
Archipetra, Loe Templum, Sparnasium, Visinium di cui si oggi
ignora anche l'ubicazione. Feudo dei Conti Berardi durante il
Regno d'Aragona, passò poi ai Colonna, ricadendo nel Ducato di
Tagliacozzo.
Posto al confine fra il Regno di Napoli e lo Stato
della Chiesa, fu sede della guarnigione di frontiera e della
dogana per l'esazione del dazio. Proprio i Duchi di Tagliacozzo,
diffidando delle riottose famiglie locali, affidarono il paese ai
Lusi, che lo governarono con pugno di ferro. Il Palazzo padronale
sorge tuttora in Via Parente; anche la chiesa di San Nicola
(citata dalle fonti storiche) che sorgeva alle spalle del Palazzo,
era probabilmente la cappella di famiglia.
L'attuale chiesa-madre,
intitolata a Sant'Antonio di Padova, era invece ubicata fuori
dalle mura. Comune Centrale durante la Repubblica di Gioacchino
Murat, anche con l'avvento dei Regno d'Italia mantenne una certa
importanza come presidio militare, essendo sede di una
guarnigione della Guardia Nazionale, al comando di un ufficiale.
Le rive dei Liri erano gremite di mulini, che hanno continuato a
macinare fino all'avvento dei mulini elettrici ( ... e delle contemporanee opere di captazione idrica che
hanno annullato la
portata d'acqua del fiume). La citata chiesa di Sant'Antonio,
dedicata al Santo di Padova (patrono di Capistrello che lo
festeggia con grande fasto il 13 giugno), è opera del tardo
Seicento eretta su un edificio preesistente, come si deduce dalle
proporzioni modulari dell'interno. Fino al terremoto dei 1915
sulla crociera centrale si ergeva una cupola retta da un tamburo circolare.
I disastrosi interventi di
"restauro" di cui è stata fatta oggetto negli ultimi
decenni l' hanno completamente privata di qualsiasi elemento di
rilevanza artistica, lasciando intatta e leggibile solo
l'armonia dei volumi. Molte delle chiese presenti in epoca storica
sono poi scomparse (la chiesa di San Sebastiano, il convento di
San Pietro, la citata chiesa di San Nicola); nei dintorni del
paese sono ancora aperte al culto le cappelle dell'Assunta (o
della Madonna di "contra", poiché sorge sul versante
della valle opposto al paese), e di Santa Maria dei monte (unico
residuo di un romitorio benedettino, posta sul crinale dei monte
Arezzo), già censite nel XVI secolo e la chiesa di Santa
Barbara. Il piccolo edificio oggi intitolato alla patrona dei
minatori, sorse per volere di Alessandro Torlonia nel 1858 con
l'originario titolo di "Madonna della Purità" (con
riferimento al dogma dell'Immacolata Concezione da poco emanato)
nel luogo ove sorgeva la chiesa di San Sebastiano.