LA  MEDICINA NELL '  ANTICO  EGITTO

 

Verso la fine dell'Ottocento, lo studioso tedesco George Ebers e l'inglese Edwin Smith vennero fortunosamente in possesso di due papiri egizi, che all'analisi degli esperti si rivelarono utilissimi per documentare quella ch'era stata la medicina nell'antico Egitto.

In particolare, il "papiro di Ebers" ha una lunghezza di 20 metri e una larghezza di 20 centimetri, e consta di 108 pagine suddivise in 877 paragrafi; è datato alla XVIII Dinastia, cioè a circa il 1400 a.C. Riguarda principalmente la medicina, la ginecologia e l'igiene.

Il "papiro di Smith" è invece quasi interamente dedicato alla chirurgia.

Diversamente da altre civiltà del mondo antico, in Egitto la medicina  fu una disciplina quasi esclusivamente pratica, empirica.

I medici erano organizzati secondo una gerarchia ben precisa. All'apice figurava il medico personale del faraone, cui erano sottoposti i medici del Palazzo, dei quali uno era il"supervisore" di tutti gli altri. Seguivano gli "ispettori dei medici", poi alcuni medici meno importanti, e infine la gran massa dei medici "di base".

I medici egizi erano altamente specializzati, e godevano di un molto prestigio, molti nobili venivano dall'estero per consultarli, o loro stessi si recavano -dietro autorizzazione o ordine del faraone- presso i potenti vicini per prestare la propria opera. (Medici egizi furono anche quelli addetti alla persona di Tiberio e Trajano).

Queste sono alcune specializzazioni della medicina egizia

 

Medico generico

Oculista

Malattie del tubo digerente

Introduzione di medicamenti nell'ano

Specialista per le malattie di origine sconosciuta 

Ispettore medico

Medicina del lavoro

Cauterizzazioni

 

I futuri medici imparavano l'arte di curare le malattie nelle "Case della Vita" situate vicino ai templi (le più celebrate erano quelle di Sais e di Eliopoli): ma queste Case non debbono considerarsi tanto Scuole vere e proprie di medicina, quanto specie di biblioteche dove i giovani facevano esperienza con gli anziani, leggevano e anche ricopiavano gli antichi testi gelosamente custoditi dai medici-Sacerdoti di Secmet, Dea della medicina. Dio della medicina era Imhotep, che era stato un medico in carne ed ossa, ed architetto (forse è una sua opera la famosa piramide di Saqqàra, la più grande costruzione in pietra del mondo).

Quando visitavano un malato i medici egizi compilavano con diligenza un questionario annotandovi l'aspetto del paziente, lo stato di coscienza, il potere uditivo, e persino l'odore del suo corpo, nonché l'eventuale presenza di tremori, di secrezioni o tumefazioni.

Indi valutavano la temperatura e le alterazioni del polso, eseguendo infine la percussione. Né mancavano di osservare alcuni particolari caratteri delle urine, delle feci o dell'espettorato.

Al termine dell'esame, emettevano per iscritto la prognosi indicando tre possibilità:

"E' un male che curerò": prognosi favorevole

"E' un male che combatterò": prognosi incerta

"E' un male che non curerò": prognosi infausta

 Presso il popolo l'igiene della persona era molto seguita. Esistevano norme ben precise (spesso sotto forma di precetti religiosi), come quelle di compiere regolarmente abluzioni al mattino, di pulirsi bene la bocca e i denti, di lavarsi le mani prima di mangiare, di tenere i capelli e le unghie in ordine, di cambiare spesso le vesti.

Le regole per una sana alimentazione erano piuttosto rigide (con la proibizione di mangiare carne di maiale e la testa di animali) e per un sano regime di vita giornaliera: colazione leggera al mattino, primo turno di lavoro, pasto leggero a mezzogiorno e breve siesta, secondo turno di lavoro, poi cena abbondante al tramonto. Ottima consuetudine era di dormire "dallo spuntar delle stelle fino all'alba".

Gli Egizi avessero già idee abbastanza precise sul funzionamento del cuore e dei vasi sanguigni: "Il cuore parla ai vasi di ogni membro", è detto nel papiro di Ebers, significando che il cuore pompa sangue a tutto il corpo. Un'intuizione eccezionale se si pensa che ci troviamo a quasi tremila prima di Harvey, che scoprì la circolazione del sangue.

Non meno progredite erano le cognizioni relative ad altri organi come lo stomaco, il fegato, la vescica e l'utero. Nel papiro di Ebers compare per la prima volta nella lingua dell'Uomo la parola "cervello", del quale vengono accuratamente descritte la forma, le circonvoluzioni e le meningi.

Le malattie venivano considerate risultato di misteriose influenze esterne che sarebbero penetrate nel corpo attraverso gli orifizi naturali corrompendo gli "umori".

Compito del medico era quindi quello di evacuare questi umori "corrotti", facendoli uscire attraverso le normali vie di escrezione.

Alcune malattie note erano l'asma bronchiale, l'epatite tropicale, la gonorrea, lo scorbuto, l'epilessia, e le numerose malattie da parassiti così frequenti in Egitto. Ci furono piü´volte epidemie epidemie di lebbra e di vaiolo; Lo stesso faraone Ramsete Vfu colpito dal vaiolo: la sua mummia reca sul viso i segni di questa malattia.

Non mancavano altre malattie oggi di grande attualità come quelle delle arterie periferiche e coronarie: le mummie di Ramsete II, Ramsete III e Amenhopis III mostrano segni di aterosclerosi. L'esame radiografico ha addirittura consentito di accertare l'esistenza di calcificazioni arteriose in numerose mummie.

Il farmacista nellántico Egitto non esisteva in Egitto:  questa funzione veniva generalmente assolta dai sacerdoti e dai medici.

Le medicine erano tutte a base di grasso, acqua, latte, vino o birra, ai quali si aggiungeva -per renderli più graditi- un po' di miele.

I medicamenti erano di varia origine: vegetale, animale o minerale (ferro, piombo, antimonio). Mentre di alcuni non si conosce l'azione terapeutica.

Nel Papiro di Ebers sono citate circa 900 “ricette” di medicamenti, molti delle quali figurano ancora nelle moderne farmacopee, come la trementina, la senna, l'olio di ricino, il timo, la celidonia.

Una pianta certamente nota in Egitto era la mandragora, che per il suo inconfondibile aspetto antropomorfo ha attirato su di sé leggende, credenze e superstizioni sino ai nostri giorni. I suoi effetti ipnotici e analgesici -si sa oggi- sono essenzialmente legati alla presenza di due sostanze, l'atropina e la scopolamina.

Come anestetico, naturalmente in dosi molto basse, essendo la pianta molto velenosa si usava il guscuiamoNel Medioevo i chirurghi lo usarono sistematicamente contro il dolore (esso contiene scopolamina, potente sedativo del sistema nervoso centrale).

Ma il rimedio più importante per gli Egizi fu la birra: non solo come veicolante di numerosi medicamenti ma anche come medicina per se stessa nei disturbi intestinali, contro le infiammazioni e le ulcere delle gambe. L'effetto disinfettante era verosimilmente dovuto al lievito e al complesso B contenuti nella birra e dotati di azione antibiotica.

Il "pane ammuffito" prescritto in altre formule, ricco di muffe, risultava evidentemente efficace per la sua azione antibiotica.

Tra i purganti più in uso figurano l'olio di ricino, e la senna.

Ma gli Egizi praticavano anche il clistere. Sembra che questa pratica sia stata loro ispirata dall'ibisintroduce il lungo becco aguzzo nel proprio retto, irrigandolo a scopo di pulizia.

L'enteroclisma veniva effettuato con l'aiuto di un corno, impiegando come lavanda bile di bue, olii o sostanze medicamentose.

E' certo che i medici egizi si servirono delle sanguisughe per decongestionare le parti congeste, ma è dubbio se conoscessero la tecnica del salasso.

Notevoli erano anche le conoscenze in tema di ostetricia e di contraccezione.

Ma non ci si limitava ad attendere la nascita del bambino. Si cercava anche di prevederne il sesso. no verità insospettate.

Un metodo molto diffuso di predeterminazione del sesso, , ad esempio, era il seguente:

Metterai orzo e grano in due sacchetti di tela, che la donna bagnerà con la sua urina, ogni giorno: allo stesso modo metterai in sacchetti di sabbia i datteri.

Se orzo e grano germoglieranno entrambi, ella partorirà. Se germoglierà per prima l'orzo sarà una femmina, se germoglierà per primo il grano sarà maschio. Se non germoglieranno né l'uno né l'altro, ella non partorirà.

Questo e´sorprendente se si pensa che solo nel 1933 J. Manger, dell'Istituto di Farmacologia dell'Università di Würzburg, dimostrò che l'urina della donna gravida che partorirà un maschio accelera la crescita del grano, mentre se ella partorirà una femmina la sua urina accelera lo sviluppo dell'orzo.

Altre "prove di gravidanza" si basavano sull'osservazione degli occhi, della pelle e del seno: nessuna meraviglia visto le modificazioni che la donna subisce in gravidanza riguardo a questi organi.

Quando cominciavano le doglie, i metodi per facilitare il parto erano diversi: accovacciarsi sui talloni su di una stuoia, oppure sopra quattro mattoni separati tra di loro per favorire l'uscita del bambino. Molti bassorilievi ci mostrano queste posizioni, con il bambino in presentazione cefalica, la sua testina appena impegnata nella vulva.

Anche  la contraccezione veniva praticata nei modi più disparati, soprattutto magici, ma anche a base di pozioni o di applicazioni locali. Un metodo molto in uso consisteva nell'applicare un po' di feci di coccodrillo nel profondo della vagina: l'effetto anticoncezionale era assicurato sia dall'azione di "pessario" esplicata dalle feci, sia dalla loro acidità, notoriamente spermicida.

Altro metodo era rappresentato dall'applicazione, sempre nel fondo della vagina, di un tampone imbevuto di succo d'acacia: oggi si sa che la gomma acacia, fermentando con il calore, produce acido lattico, anch'esso dotato di un intenso potere spermicida.

La chirurgia nell'antico Egitto, riguardava soprattutto la riduzione delle fratture, l'estrazione di calcoli, le operazione nell'occhio, l'asportazione di tumori esterni, la circoncisione. Numerosi sono gli strumenti chirurgici ritrovati o raffigurati, come pinze, forbici e coltelli.

Di fatto, gli Egizi conoscevano vari mezzi per praticare una sorta di anestesia , come una speciale "pietra" che si trovava vicino a Memphis, la quale ridotta in polvere e applicata alla parte faceva scomparire ogni dolore. Forse si trattava semplicemente di pezzetti di bitume che, a contatto con la fiamma, sprigionavano vapori che assopivano il paziente.

Venivano anche sfruttati, a scopo anestetico, gli effetti sedativi del coriandolo, della polvere di carruba, e verosimilmente anche dell'oppio.

Indice

azetaweb home page