MEDICINA MESOPOTAMICA 

 

Un territorio ampio quasi come l'Italia, delimitato dai due biblici fiumi Tigre e Eufrate. I greci lo chiamarono "Mesopotamia", cioè "valle tra due fiumi".

Fu sede di una splendida civiltà, e costituì insieme all'Egitto il maggior centro culturale del vicino Oriente.

Fu abitata e dominata da varie popolazioni: ai Sumeri (1728-1686 a.C.), con capitale Ur (150 miglia a sud di Babilonia) seguirono gli Accadi, e poi i Babilonesi, con capitale Babilonia (Babele) e gli Assiri con capitale Ninive (300 miglia a nord di Babilonia).

 Il  re babilonese  Hammurabi  codificò una complessa serie di leggi, tra le quali facevano spicco quelle relative all'esercizio della medicina e della chirurgia .

Venticinque secoli dopo la distruzione di Ninive, sir Layard, archeologo inglese, scoprì trentamila  tavolette di creta incise con caratteri cuneiformi, che permise la decodificazione del linguaggio assiro; 800 tavolette riguardavano l'arte medica, il che consentì di apprendere notizie di prima mano sulle condizioni della medicina in Mesopotamia.

Un altro documento di enorme importanza  é  il "Codice di Hammurabi", che  riporta leggi che regolano l'attività dei medici, dei quali stabilisce addirittura gli onorari e le ammende:

Art. 221. Se un medico riduce un osso rotto di un uomo, o cura i suoi intesitni malati, il paziente dovrà dargli 5 sicli d'argento.

Art. 218. Se un medico opera un signore per una grave ferita con un coltello di bronzo e ne determina la morte; se apre un ascesso (nell'occhio) di un uomo con un coltello di bronzo e distrugge l'occhio dell'uomo, gli si dovranno tagliare le dita.

Agli inizi, l'arte medica era affidata a tre categorie di sacerdoti, dei quali solo una aveva a che fare direttamente con il malato:

baru si occupava della diagnosi, della prognosi e delle cause delle malattie;

ashipu era l'esorcista che scaccia i demoni della malattia;

asu (= guaritore) era il vero medico che trattava il paziente, somministrandogli i farmaci.

Questi sacerdoti venivano istruiti nei templi, e apprendevano la loro dottrina dai sacri testi scritti su tavolette d'argilla. Molti di essi divennero famosi e ricchissimi, e venivano anche chiamati a consulto dai Paesi vicini.

Si trattò essenzialmente di una medicina religiosa, anche se non disgiunta da un sano empirismo. Difatti, non conoscendosi la maggior parte delle cause delle malattie, queste venivano considerate come il castigo degli dei o dei demoni per chi ha peccato; d'altra parte, colui che riusciva a indurre la guarigione era considerato come dotato di poteri sovrannaturali. Gli stessi poteri magici venivano riconosciuti a tutto ciò che in qualche modo guariva: erbe, pozioni, empiastri.

Il simbolo della medicina -quel "caducèo" che è giunto sino ai giorni nostri- era portato da Ningischdiza, Signore dei Medici". Secondo la leggenda, il serpente attorcigliato al bastone aveva mangiato la pianta del vivere eterno, e aveva immediatamente perduto la pelle e riacquistato il suo aspetto giovanile. Il serpente era quindi simbolo di rigenerazione e di guarigione da ogni male.

All'alto numero di demoni corrispondeva ovviamente un numero altrettanto rispettabile di malattie. dagli scritti dei medici mesopotamici risulta una lunga lista: febbri, peste (mutanu), epilessia (bennu) malattie della pelle, del cuore e veneree, ittero e reumatismo. Altre malattie furono il morbillo, il colera, la dissenteria, l'epatite infettiva e la lebbra.

Molto frequenti erano anche le malattie trasmesse da insetti, che infuriavano durante i mesi della caldissima estate. Le stesse mosche dominavano dovunque, passeggiando indisturbate nelle narici, sulle labbra, sui cibi e sulle stoviglie, e provocando affezioni intestinali e oculari. L'aspetto di mosca del demone Nergal deporrebbe per il fatto che già a quel tempo si aveva nozione che alcune malattie sono trasmesse dagli insetti.

La diagnosi era una questione prioritaria. E i medici mesopotamici disponevano di "prontuari" ben precisi:

Il malato di tubercolosi tossisce frequentemente, il suo sputo è denso e talvolta contiene sangue, la respirazione dà il suono come di un flauto. La sua carne è fredda, ma i suoi piedi sono caldi, egli suda molto e il cuore è molto inquieto.

Le cognizioni dei Sumeri, degli Assiri e dei Babilonesi circa la diagnosi e la prognosi delle malattie non erano quindi tanto lontane dalla realtà. Per esempio: "Quando il corpo di un uomo è giallo e la sua faccia è gialla e lui stesso soffre di dimagramento, il nome della malattia è.....itterizia".

Ma la diagnosi era basata più che non sull'esame del malato, sull'esame dei visceri (prevalentemente del fegato) degli animali sacrificati durante i riti propiziatori. L'aruspicina raggiunse in Mesopotamia alti gradi di perfezione: lo stesso termine deriva dalla parola ‘har’, che vuol dire appunto ‘fegato’.

In pratica, l'aruspice scriveva i suoi quesiti su di una tavoletta d'argilla, che deponeva ai piedi della stanza del dio. Indi l'assistente sgozzava l'animale. L'aruspice isolava il fegato, osservava il "palazzo del fegato", cioè la loggia epatica, asportava l'organo e l'ispezionava accuratamente: la superficie, i lobi, le vie biliari, la colecisti, le arterie, le vene superficiali.

Il razionale di questa pratica era in sostanza questo. Il dio che accetta il sacrificio di un animale si identifica con l'anima di questi: ed è quindi possibile leggere le sue intenzioni nel fegato dell'animale essendo quest'organo così ricco di sangue da costituire il centro della vita e dell'anima.

L'aruspicina raggiunse una tale notorietà che nei secoli successivi fu continuata ed estesa non solo al resto del Medio-oriente ma anche alle civiltà mediterranee, in particolare agli Etruschi.

I medici mesopotamici disponevano di un ricco bagaglio terapeutico, costituito da circa 250 medicamenti vegetali e 120 minerali, che venivano somministrati sotto forma di decotti, infusi, polveri, fumigazioni, irrigazioni, instillazioni, supposte, ovuli e clisteri.

Per la loro preparazione si impiegavano vini, grassi, olii, miele, cera e latte. Forse gli Assiri e i Babilonesi avevano già qualche idea della cronobiologia, in quanto le applicazioni di questi medicamenti avvenivano non in un'ora qualsiasi del giorno, a caso, ma in ore ben prestabilite, per lo più dettate dagli astri.

Ciascun farmaco era dotato di una ben precisa azione terapeutica. Tra i medicamenti più noti figurano: alloro, aloe, anice, cannabis, cassia, olio di ricino, mirra, mirto, melograno, olivo, papavero, senape. Molto diffusa era anche l'Atropa belladonna, che nei millenni successivi troverà larga diffusione nel resto del mondo.

La proprietà della pianta di rendere "più profondo" lo sguardo (in virtù della sua azione midriatica, cioè di allargamento della pupilla) fu subito apprezzata dalle belle dame delle Corti europee, il che le valse appunto l'appellativo di belladonna. Nel 1860 Peter Squires, un abile farmacista londinese, allestì un linimento a base di belladonna utile contro le nevralgie, riesumando in tal modo l'antica indicazione che della pianta i medici assiri e babilonesi già facevano qualche migliaio di anni prima.

I medici utilizzavano lo zolfo contro la scabbia, la cannabis nella depressione psichica e nelle nevralgie. In caso di polmonite ricorrevano all'applicazione locale di cataplasmi di semi di lino. Tra i farmaci di origine minerale figuravano l'allume, il rame, la creta, la magnetite.

* * *

La chirurgia era generalmente limitata al trattamento delle ferite e delle fratture, ma era anche rivolta ai calcoli e agli ascessi. A Ninive sono stati reperiti alcuni bisturi di bronzo, seghe, trapani.

Come per altre civiltà anche lontanissime, l'odontoiatria era molto praticata anche in Mesopotamia. Anzi, le tavolette di Assurbanipal che trattano di questa disciplina possono essere considerate il più antico trattato di Odontoiatria di cui si sia a conoscenza. Anche i medici mesopotamici credevano che la carie dentale fosse provocata dai vermi.

Contro il mal di denti esistevano numerosi medicamenti, come la mandragora, la senape, il papavero e la cannabis. I semi di giusquiamo venivano applicati alla gengiva dolente e fissati con mastice di gomma.

Anche le protesi dentarie raggiunsero una certa perfezione.

Insomma, pur con le ovvie limitazioni anche la medicina mesopotamica raggiunse livelli di conoscenza e di applicazione pratica notevolmente apprezzabili. Ma con la caduta di Ninive e di Babilonia essa subì un ferale colpo d'arresto.

Con queste città fu sepolta anche quella scienza medica che s'era lentamente formata e consolidata in Mesopotamia nei quattro millenni della sua storia. Poi, i Persiani ed altri popoli la "reinventarono", facendone una medicina propria.

 

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