FIABE DEGLI INDIANI D'AMERICA

Il procione e l'albero delle api.

Il procione aveva dormito tutto il giorno nel tronco cavo di un albero; verso sera si svegliò, si sgranchì e decise di andare a cercare qualcosa per fare cena. Nel bosco c'era un laghetto, e man mano che il procione si avvicinava sentiva le grida degli animali dello stagno. Per primo fu il cigno a gridare, poi la gru e un uccellino, che stava nuotando sopra lo stagno, si alzò in volo gridando.

Il procione arrivò in riva al lago e riuscì a trovare solo due crostacei da mangiare. Mentre si allontanava, calpestò una famiglia di puzzole, mamma, papà e dodici piccoli, che stava dormendo in mezzo all'erba alta.

Oh, disse papà puzzola, come ti permetti di fare questo? e guardò il procione molto male. Scusatemi, rispose il procione, ero sovrapensiero e non vi ho visti! Stai più attento la prossima volta, borbottò papa puzzola e il procione fu contento di potersene andare via così, conoscendo il caratteraccio delle puzzole. Passando vicino ad un albero vide due scoiattoli alla base, ma prima che potesse afferrarne uno dei due, loro scapparono in cima all'albero.

Venite giù amici, disse il procione, non vi faccio niente! Non ci pensiamo nemmeno, risposero i due scoiattoli.

Il procione andò avanti nella foresta e trovò un albero da cui veniva fuori un odorino delizioso che metteva l'acquolina in bocca. Il procione andò a vedere e si trovò coperto di una sostanza squisita: miele! Iniziò a leccarsi e a prenderne di nuova, a leccarsi e a prenderne di nuova, quando di colpò sentì qualcosa che gli pungeva una zampa, poi il naso, poi la schiena: era circondato da api arrabbiatissime.

Il povero procione scappò via disperato, inseguito da una nuvola di api. Arrivò nella sua tana, si chiuse dentro ed iniziò a leccarsi e a leccarsi, finché non si addormentò dolorante. Da allora il procione preferisce accontentarsi di bacche e altre cose più semplici della foresta, o aspetta che gli diamo qualcosa noi uomini, e dato che è un po' furfante ma è carino e simpatico, possiamo anche accontentarlo.

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Le frecce magiche.

C'era una volta un giovane che volle partire per fare un lungo viaggio. Sua madre gli diede dei sacchi di carne secca e delle paia di mocassini, mentre suo padre gli disse: Figlio mio, ti do queste quattro frecce magiche. Quando avrai bisogno, lanciane una!

Il giovane andò nella foresta e riuscì per diversi giorni a procurarsi cibo. Ma un giorno non riuscì a prendere niente. Allora lanciò la freccia magica e riuscì a prendere un grosso orso. Un altro giorno, fu di nuovo in difficoltà: rilanciò un'altra freccia magica e riuscì a prendere un'alce. La terza volta che si trovò in difficoltà riuscì a catturare grazie alla terza freccia magica una renna e la quarta volta catturò un bufalo.

Dopo aver utilizzato anche l'ultima freccia, il giovane uscì dalla foresta ed arrivò in un villaggio. In un angolo c'era una povera tenda dove viveva un'anziana coppia. Il giovane lasciò i suoi vestiti vicino ad un albero, si toccò la testa e si trasformò in un bambino e poi andò a bussare alla tenda. La donna disse: Marito mio, lascia che teniamo con noi questo bambino! Il marito borbottò, ma la donna lasciò entrare il finto bambino. Ad un tratto, il nuovo arrivato disse: Non c'è un nonno che possa farmi delle frecce? Il vecchio borbottò, ma poi le fece, e nel giro di poco tempo catturò diversi animali e diede una grande mano ai due vecchi, tant'è che anche l'uomo gli si affezionò.

Un giorno venne a bussare alla porta della tenda una ragazza del paese, per chiedere un po' di carne in cambio di una mano a fare le faccende domestiche. Il finto bambino si innamorò immediatamente di lei.

Qualche tempo dopo sentì che nel villaggio molti erano preoccupati: c'era una cattivissima Aquila Rossa che depredava il bestiame nei campi. Il capo del villaggio promise che avrebbe dato sua figlia in sposa a chi avrebbe ucciso l'Aquila. La figlia era proprio la ragazza di cui si era innamorato il nostro eroe. Lui prese nottetempo una delle nuove frecce magiche fatte dal nonno adottivo e la scagliò contro l'Aquila rossa, riuscendo a sconfiggerla. Poi andò a cercare i vestiti che aveva lasciato nella foresta, li indossò e ridiventò grande. Il capo concesse al giovane straniero sua figlia, e lui non dimenticò comunque né i suoi genitori che vivevano al di là della foresta, né i suoi nonni adottivi che l'avevano tanto aiutato.

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Come il coyote rubò il fuoco.

Tanto tempo fa, quando l'uomo era appena arrivato sulla Terra, era l'essere più felice che c'era al mondo. Saltava felice tra gli alberi, mentre i suoi bambini mangiavano le bacche. Ma arrivò l'inverno, e faceva freddo, e molti bambini si ammalarono gravemente.

Il coyote, come altri esseri, non aveva bisogno del caldo. Ma un giorno, passando vicino ad un villaggio degli uomini, vide la disperazione della gente, e il loro freddo. Il sole era così caldo, diceva un uomo, potessimo avere un pezzo di sole nelle nostre capanne adesso! Il coyote vide la loro tristezza e decise di aiutarli.

Su una montagna altissima vivevano i tre Esseri di Fuoco, che avevano un pezzo di sole per scaldarsi, ma che mai lo avrebbero dato. Ma il coyote decise di andarlo a prendere per i suoi amici uomini. Il coyote scalò la montagna, aspettò che i tre Esseri di Fuoco fossero andati a dormire e rubò il fuoco con l'aiuto di un ramo.

Ma i tre Esseri di Fuoco se ne accorsero, ed iniziarono ad inseguirlo: il coyote scappò giù dalla montagna, ed attraversò la foresta dove chiese aiuto ai suoi amici il procione, lo scoiattolo, l'orso e il cervo per bloccare gli esseri. In ogni caso, gli Esseri di Fuoco non potevano attraversare la foresta ed arrivare alla pianura, e dovettero tornare indietro.

Il coyote lasciò il ramo vicino al villaggio degli uomini, che da allora poterono avere un pezzo di sole per scaldarsi ed illuminarsi anche durante la stagione più fredda.

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Il falcone e l'anatra.

I venti gelidi avevano già iniziato a soffiare e le onde ad alzarsi quando le due anatre si dissero: E' tempo di portare i nostri piccoli verso le Terre del Sud! Così partirono, messi come un enorme V nel cielo, ed attraversarono praterie e foreste, finché giunsero in un altro lago, a sud, dove si fermarono. Ad un tratto sentirono un rumore minaccioso: un enorme falcone stava arrivando su di loro! Ma il falcone cadde pesantemente nel lago: aveva un'ala rotta.

Passarono i mesi, ed il Falcone languiva, mentre le anatre erano felici di vedere il loro antico nemico in quelle condizioni. Arrivò la primavera, e le anatre si preparavano a ripartire, ma prima la più vecchia di loro, decisamente presuntuosa, andò vicino al falcone e gli disse: Non ci potrai più prendere, siamo più forti di te! Ma il Falcone si era riposato tutto l'inverno ed era più robusto e poté buttarsi contro le anatre, che dovettero fuggire via di tutta fretta.

I piccoli della coppia di anatre capirono quindi che non bisogna mai dare niente per scontato nella vita, e non dimenticarono quello nella loro vita, cercando di mantenere rapporti buoni o comunque gentili con qualsiasi altro animale.

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