Le origini del vino sono talmente tanto antiche da
affondare nella leggenda. Alcune di esse fanno risalire l'origine della vite
sino ad Adamo ed Eva, affermando che il frutto proibito del Paradiso terrestre
fosse la succulenta Uva e non l'anonima Mela. Altre raccontano di Noè che
avendo inventato il Vino pensò bene di salvare la Vite dal diluvio universale
riservandole un posto sicuro nella sua Arca.
Venendo a tempi più recenti, sono in molti ad affermare che
la vite sia originaria dell'India, e che da qui, nel terzo millennio a.C., si
sia diffusa prima in Asia e in seguito nel bacino del Mediterraneo.
E' storia che in occidente la coltura della vite e la
pratica della vinificazione erano note in Armenia (la Mesopotamia). Qui si
compì la prima rivoluzione dell'umanità, con l'abbandono del nomadismo da parte
di qualche comunità e la conseguente nascita dell'agricoltura. E' la
"mezzaluna fertile" una area geografica limitrofa al corso dei fiumi
Tigri ed Eufrate, madre dei cereali e laboratorio della scoperta dei processi
fermentativi da cui discendono il pane, il formaggio e le bevande euforizzanti,
così come noi le conosciamo oggi.
Alcuni geroglifici egiziani risalenti al 2500 a.C. descrivono
già vari tipi di vino. Nell'antico Egitto la pratica della vinificazione era
talmente consolidata che nel corredo funebre del re Tutankamon (1339 a.C.)
erano incluse delle anfore contenenti vino con riportata la zona di
provenienza, l'annata e il produttore (delle DOC ante litteram!); qualcuna
conteneva del vino invecchiato da parecchi anni.
Dall'Egitto la pratica della vinificazione si diffuse
presso gli Ebrei, gli Arabi e i Greci. Questi dedicarono al vino una divinità:
Dionisio, Dio della convivialità.
Contemporaneamente, nel cuore del mediterraneo, la vite
iniziava dalla Sicilia il suo viaggio verso l' Europa, diffondendosi prima
presso i Sabini e poi presso gli Etruschi i quali divenirono abili coltivatori
e vinificatori e allargarono la coltivazione dell'uva dalla Campania sino alla
pianura Padana.
Presso gli antichi Romani la vinificazione assunse notevole
importanza solo dopo la conquista della Grecia. L'iniziale distacco si tramutò
in grande amore al punto da inserire Bacco nel novero degli Dei e da farsi
promotori della diffusione della viticoltura in tutte le province dell'impero.
Dal canto suo il vino ha contribuito alla nascita dell'impero romano: i
Romani infatti erano a conoscenza delle proprietà battericida del vino e come
consuetudine lo portavano nelle loro campagne come bevanda dei
legionari. Plutarco racconta che Cesare distribuì vino ai suoi soldati per
debellare una malattia che stava decimando l'esercito.
La nascita del Cristianesimo e il conseguente declino
dell'Impero Romano, segna l'inizio di un periodo buio per il vino, accusato di
portare ebbrezza e piacere effimero. A ciò si aggiunse la diffusione
dell'Islamismo nel Mediterraneo tra l'ottocento e il millequattrocento d.C. con
la messa al bando della viticoltura in tutti i territori occupati. Per contro
furono proprio i monaci di quel periodo, assieme alle comunità ebraiche, a
continuare, quasi in maniera clandestina la viticoltura e la pratica della
vinificazione per produrre i vini da usare nei riti religiosi.
Bisognerà comunque attendere il Rinascimento per ritrovare
una letteratura che restituisca al vino il suo ruolo di protagonista della
cultura occidentale e che torni a decantarne le qualità. Nel diciassettesimo
secolo si affinò l'arte dei bottai, divennero meno costose le bottiglie e si
diffusero i tappi di sughero tutto ciò contribuì alla conservazione e al
trasporto del vino favorendone il commercio.
Il diciannovesimo secolo vede consolidarsi la distintiva e
straordinaria posizione che il vino occupa nella civiltà occidentale. Alla
tradizione contadina inizia ad affiancarsi il contributo di illustri studiosi
che si adoperano per la realizzazione di vini di sempre miglior qualità e
bontà. Il vino diviene oggetto di ricerca scientifica. Nel 1866 L.
Pasteur nel suo scritto Etudes sur le vin afferma "il vino è la più
salutare ed igienica di tutte le bevande".
Recenti studi medici hanno dimostrato che fra coloro che si
recano in viaggio nei paesi in cui sono frequenti le infezioni alimentari i
turisti che consumano vino sono meno soggetti ad attacchi di dissenteria
rispetto a coloro che consumano acqua anche se imbottigliata. E questo perché a
prescindere dalle cause della contaminazione, molti batteri in acqua
sopravvivono e a volte prolificano mentre nel vino muoiono per via di alcune
caratteristiche concomitanti quali l'acidità la presenza di alcol e di tannini.
Per di più queste stesse caratteristiche rendono il vino una bevanda salutare
per l'uomo a condizione che venga assunta in quantità moderate (un bicchiere a
pasto). Studi medici dimostrano che un moderato consumo di vino ha
effetti positivi sul sistema cardiovascolare riducendo i rischi di malattie
cardiache. La ragione non è ancora del tutto chiara ma secondo alcuni ciò è
dovuto alla presenza di piccole quantità di sostanze con proprietà
ipocolesterinizzante che si originano dai tannini contenuti nei vini rossi.
Sono passati circa 150 anni dai primi studi di Pasteur e il
tempo non lo ha ancora smentito: ad oggi non è mai stato isolato un agente
patogeno per l'uomo che si origini dal vino.
Per comprendere l’origine del vino è
necessario conoscere le caratteristiche della pianta da cui esso ha origine: la
vite.
La vite (dal latino “vite”, derivato dall’indoeuropeo viere = curvare, intrecciare) è un arbusto rampicante, diffuso in vaste aree del nostro pianeta comprese tra il 20° e 50° grado di latitudine Nord e il 20° e 40° di latitudine Sud. E’ una pianta molto resistente, in grado di resistere fino a 15°C sotto zero in inverno, ma che predilige temperature comprese fra 8° e 13°C per il germogliamento, fra 16 e 20°C per la fioritura e fra 18°C e 23°C per la maturazione. Predilige i terreni calcari, preferibilmente ben drenati, e una buona esposizione al sole. Teme le avversità atmosferiche soprattutto la grandine e le gelate nel periodo della fioritura in quanto distruggono le gemme e i fiori impedendo la formazione dei frutti e danneggiando talvolta anche il raccolto dell’anno successivo. L’umidità nella fase di maturazione dell’uva favorisce l’insorgere di malattie quali il marciume e la muffa grigia o botrite che causano la rapida alterazione del vino. Teme alcuni parassiti vegetali quali l’Oidio e la Peronospera che vengono combattuti con trattamenti preventivi a base di zolfo (per l’Oidio) e rame (per la Peronospera). Tra i parassiti animali il più temuto è la Fillossera.
La vite che è stata coltivata con grande
soddisfazione in tutta l'Europa, sino alla meta del 1800, è la vitis vinifera.
Fu in quel periodo che, "sbarcò" nel vecchio continente, proveniente
dall'america del nord, un insetto della famiglia degli Afidi: la Philloxera
vastratix. I primi ad accorgersi delle devastazioni che l'insetto era in grado
di provocare alla vite europea furono i francesi intorno al 1860. In Italia la
fillossera giunse 20 anni dopo, e anche quì si propagò rapidamente. Gli sforzi
profusi nella lotta di questo insetto furono per lunghi anni vani e, ad un
certo punto, si pensò che la fillossera, che attacca le radici della vite
europea e le fa marcire, avrebbe finito con il portare all'estinzione della
vite autoctona.
|
La soluzione al problema, fu
trovata con uno stratagemma che è probabilmente anche il primo esempio di
lotta biologica della storia dell'umanità: innestare sulle radici delle viti
americane, resistenti all'insetto, le vite europea che possiede una
costituzione delle foglie non gradita alla fillossera. E' in questo modo
che le varietà europee di grande qualità organolettica sono riuscite a
resistere e a giungere sino a noi cariche dei loro meravigliosi frutti. |
L'arrivo in Europa di viti americane, da
utilizzare come porta innesti, ha naturalmente portato anche all'impianto di ibridi
in grado di produrre direttamente uva: si tratta del Clinton e di Isabella (uva
fragola). La legge italiana, un po' per protezionismo e un po' perché si tratta
di uve poco interessanti dal punto di vista agronomico, ne ha vietato già dal
1931 l'impianto. Esistono però parecchi estimatori dei piacevoli vinelli di
pronta beva che da queste uve si ottengono, e, soprattutto in realtà locali, in
Italia si trovano ancora coloro che le coltivano e ne vinificano le uve, a
dispetto dei divieti.
IL CICLO BIOLOGICO
DELLA VITE
Il ciclo biologico della vite è
costituito dal germogliamento, la fioritura, l’allegagione, l’invaiatura e la
maturazione.
Il germogliamento, ossia lo schiudersi
delle gemme, avviene nel mese di marzo. Vi sono tre tipi di gemme: le gemme
pronte o estive che danno origine solo a rami improduttivi (detti femminelle),
le gemme dormienti o ibernenti che si apriranno l’anno successivo in primavera
per produrre germogli con fiori e frutti, le gemme latenti che restano inattive
anche per parecchi anni e si schiudono solo in caso di necessità, ad esempio
dopo una gelata, per dare origine a rami improduttivi detti polloni. La
fioritura, ossia la formazione dei fiori, avviene fra la fine di aprile e
l’inizio di giugno a seconda della latitudine. I fiori sono ermafroditi e
l’impollinazione è anemofila ossia avviene grazie al trasporto del polline da
parte del vento. L’allegagione è la trasformazione dei fiori in frutti (acini)
e avviene solitamente a luglio. Solo una piccola parte dei fiori (circa il
15-20%) si trasforma in frutti, gli altri cadono (colatura) o si allungano
trasformandosi in viticci (filatura), entrambi i fenomeni sono una forma di
autoregolazione della pianta per evitare di disperdere le proprie disponibilità
nutritive. In alcuni casi particolari, quali carenze nutritive o avversità
climatiche, si aggiunge un terzo fenomeno detto acinellatura che consiste
nell’arresto della crescita di acini già formati. Nella fase dell’invaiatura, i
frutti formati crescono di dimensioni e si colorano di rosso o di giallo a
seconda del tipo di uva, in questo periodo l’uva contiene pochi zuccheri ed è
ricca di acidi. Nel periodo che va dall’invaiatura alla raccolta avviene la
maturazione, che dura circa 40-50 giorni. In questo periodo l’acino aumenta di
volume, continua a colorarsi e soprattutto si arricchisce di zuccheri. Inoltre
si forma sulle bucce una sostanza cerosa bianca detta pruina, la quale protegge
gli acini dagli agenti atmosferici avversi e trattiene dei microrganismi
trasportati dal vento che si chiamano lieviti e che sono i responsabili della
fermentazione.
Il primo raccolto dell’uva avviene solo dopo tre anni dalla piantagione ed è piuttosto scarso. La produzione comincia ad essere soddisfacente solo dopo 5 anni, la qualità del vino migliora progressivamente con l’età della vite, ma quando la pianta raggiunge i 30 - 50 anni la produzione comincia a diminuire fino ad essere non conveniente col protrarsi degli anni.
L'ORIGINE DELLA
VINIFICAZIONE
|
In natura la vite cresce
spontaneamente arrampicandosi sugli alberi e si propaga attraverso gli
uccelli che ne mangiano i frutti. L’uva è il frutto a maggior contenuto
zuccherino, ciò la rende particolarmente gradita agli uccelli favorendone la
diffusione. Quando raggiunge la piena maturazione i chicchi si rompono e
fuoriesce il succo. L’elevato grado zuccherino del succo e la presenza dei
lieviti, naturalmente contenuti nell’uva, comporta la naturale fermentazione
degli zuccheri ad alcol formando spontaneamente il vino. Gli acidi ancora
presenti nell'uva a fine maturazione rendono acido il succo, il cui pH è
solitamente inferiore a 4, ciò favorisce la crescita dei lieviti e il
controllo o la completa eliminazione di molti microrganismi indesiderati.
Parte di questa acidità rimane nel vino e assieme al contenuto alcolico
svolge un ruolo battericida, eliminando molti agenti patogeni per l'uomo in
particolare quelli responsabili delle intossicazioni alimentari che
diversamente possono essere contratte bevendo acqua contaminata. |
Il vino è quindi un prodotto spontaneo,
scoperto da qualche nostro antico progenitore che vagando nella foresta si
trovò a passare vicino ad un anfratto scavato nella roccia dove si era raccolto
del succo d'uva convertitosi in vino. L'odore era invitante e provò ad
assaggiarlo, rimase conquistato dal gusto dolce e dalla sensazione di
inebriante benessere che questa strana bevanda, sicuramente di origine divina,
gli aveva procurato. Sensazioni troppo intense per non provare il desiderio di
descriverle agli altri e di riprodurle. Si può immaginare come fosse pratica
diffusa presso i popoli primitivi che vagavano nelle foreste fermarsi a
rinfrancarsi dalle fatiche del giorno per "un taglio" di vino. Il
vino ti dava forza e coraggio e in più ti proteggeva dal "sortilegio"
che rendeva talvolta mortali le acque.
Ma anche i doni divini devono essere
meritati: i chicchi d'uva non sorvegliati venivano rubati dagli uccelli
prima che stillassero il loro prezioso contenuto e non potevano venire
trasportati come i cereali perché più delicati. A ciò si aggiunge che
anche quando veniva trovato un luogo sicuro dove far crescere la vite a riparo
dagli altri naturali antagonisti bisognava aspettare per ben tre anni prima che
"il miracolo" si compisse. Di fatto la coltivazione della vite e la
pratica della vinificazione è contemporanea alla nascita della civiltà
contadina, ossia alla transizione dalla vita nomade a quella sedentaria che è
stato uno dei primi importanti passi della storia dell'uomo. Ci si può
interrogare a lungo se è nata prima la vigna o il contadino di fatto sono
un connubio perfetto e indissolubile.
Cabernet Chardonnay |
I VITIGNI La vite è una pianta che viene coltivata in centinaia di
diverse varietà, dette vitigni, e ciascuna di esse produce un vino diverso.
Il gusto del vino dipenderà anche dal tipo di terreno in cui è coltivato, dal
clima, e dalle tecniche di vinificazione e di maturazione, ma tutti i vini
prodotti dall'uva dello stesso vitigno hanno qualcosa che li accomuna e li
caratterizza. Per tale ragione per tutti i vini di qualità esistono dei
regolamenti detti "disciplinari" che indicano per ciascuna zona
enologica (detta Denominazione d'Origine) il tipo di vitigni la cui
coltivazione è ammessa e le modalità di coltivazione e di lavorazione di
ciascun vitigno. I vini che sottostanno a queste regole vengono designati con
le sigle DOC (Denominazione d'Origine Controllata) e DOCG
(Denominazione d'Origine Controllata e Garantita). Per poter garantire il vignaiolo, prima, e il
consumatore, dopo, sulla appartenenza o meno di una data pianta ad un vitigno
piuttosto che ad un altro, per tanto tempo i botanici si sono cimentati in
vari sistemi di descrizione e catalogazione dei vitigni dando origine alla
Ampelografia (dal greco ampelos = vite, e graphia =
descrizione, studio) ossia alla disciplina che studia la vite nelle sue
specie e varietà coltivate. Forma
dei grappoli: |
Il primo sistema di catalogazione dei vitigni era basato
sui tempi di germogliamento, fioritura e maturazione delle diverse piante. Ma
ben presto si rivelò inefficace in quanto le specie più "promettenti"
sono state coltivate in zone molto diverse da quelle in cui si erano originate,
e riadattandosi hanno cambiato le loro abitudini. Si pensi ad esempio al
Cabernet che è originario della Francia e che viene oggi coltivato anche in
Africa, America, Australia,e Nuova Zelanda.
Un altro sistema di catalogazione che si è rivelato più
efficace ed è arrivato ai nostri giorni si basava invece sulla descrizione
degli angoli di curvatura delle foglie. Il sistema era molto preciso ma poco utile in quanto
laborioso ed anche poco correlabile con le proprietà della pianta, quali
tendenza a resistere ad alcune malattie, aroma. Oggi, l'ampelografia
classifica tutte le particolarità visibili della vite: forma e compattezza
del grappolo, colore dei chicchi, stabilità genetica. |
Forma
dei chicchi: |
|
L'acino: 1) Peduncolo; 2) Vinaccioli; 3)
Polpa. |
L'Uva
Il frutto della vite è una bacca detta acino (o chicco)
derivato dalla fecondazione e maturazione del fiore, l'insieme dei chicchi è
sostenuto dal raspo o graspo mediante delle ramificazioni dette pedicelli o
peduncoli. Raspo più chicchi formano il grappolo d'uva. Il grappolo ha
solitamente forma cilindrica o conica, può essere semplice o alato, ad acini
compatti o spargoli. Gli acini possono essere sferici, subrotondi, ellittici,
ovali, talvolta anche appuntiti o arcuati, il loro colore varia dal nero
violaceo o bluastro al rosso, al grigio, al giallo dorato al verdino. Gli
acini sono costituiti dalla buccia, dalla polpa e dai vinaccioli (o semi). |
|
Il processo attraverso cui un mosto diviene vino è la
fermentazione alcolica. Si tratta di una reazione chimica, promossa dai lieviti
presenti naturalmente sulle uve mature, in cui gli zuccheri vengono convertiti
in alcol etilico ed altri prodotti di reazione .
Durante tale
trasformazione l'alcol etilico che si svolge è pari al 60% dello zucchero
presente nel mosto. Ne deriva che un mosto con un grado zuccherino pari al 20%,
al termine della fermentazione origina un vino contenente 120 ml/l di alcol
etilico, ossia 12 gradi alcolici. I prodotti secondari della fermentazione
(glicerina, diacetile, acido succinico, acido malico, acido acetico, aldeide
acetica etc.) sono complessivamente pari al 5% degli zuccheri trasformati e sono
molto importanti per il profumo ed il gusto del vino. La quota restante a 100 è
rappresentata dall'anidride carbonica che si sviluppa copiosamente durante la
fermentazione.
Il mosto, ottenuto dopo diraspapigiatura delle uve, rimane
a contatto con le bucce e i vinaccioli (le vinacce) per un periodo di tempo
variabile in funzione dell'effetto desiderato. Se la vinificazione viene fatta
avvenire lasciando fermentare il mosto in presenza delle vinacce per un periodo
di tempo relativamente lungo (7-15 giorni) si utilizza il termine
"vinificazione con macerazione" o alternativamente si parla di
"vinificazione in rosso". Quest'ultima definizione si collega al
fatto che le sostanze coloranti, presenti nelle bucce, vengono estratte nel
tempo sfruttando l'azione solubilizzante dell'alcol che viene prodotto nel
corso della fermentazione. Esistono al riguardo diverse tecniche utilizzate per
migliorare il contatto delle vinacce, che tendono a galleggiare sul mosto
formando il cosi detto "cappello", con il mosto sottostante:
b) rimontaggio |
a) follatura; azione meccanica esercitata sul cappello
per immergerlo nel mosto (normalmente effettuata dal vignaiolo due volte al
giorno); b) rimontaggio; innaffiamento del capello dall'alto con
il mosto prelevato dal basso del tino e rilanciato verso l'alto per mezzo di
una pompa per liquidi; c) fermentazione a cappello sommerso; introduzione nel
tino di fermentazione di un graticcio che ostacoli l'affioratura delle
vinacce sulla superficie del mosto con la formazione di un cappello che resta
immerso nel mosto. |
Al termine della fermentazione il vino nuovo, torbido e
ricco di anidride carbonica, viene separato dalle sue vinacce mediante un
travaso che prende il nome di svinatura; il vino nuovo o "fiore"
viene destinato a seconda dei casi verso tini in acciaio o botti in legno,
mentre le vinacce vengono sottoposte alla torchiatura dalla quale si ottiene il
vino torchiato. Il vino torchiato, meno nobile di quello ottenuto dalla
svinatura, può essere o riunito con il vino "fiore" o utilizzato come
prodotto finito di bassa qualità.
Le sostanze responsabili del colore dei vini (antociani) sono per lo più presenti sulle bucce
degli acini e nelle parti solide (raspi e vinaccioli) e vengono estratte
essenzialmente nel corso della macerazione, ad opera dell'alcol che si sviluppa
durante la fermentazione. Ne consegue che se la
fermentazione del mosto viene fatta avvenire dopo aver separato le vinacce da
quest'ultimo si otterrà invariabilmente un vino bianco. Il processo di
fermentazione in assenza di vinacce viene denominata "vinificazione in
bianco". Con tale tecnica è possibile ottenere vini bianchi da uve di
qualunque tipo: molti champagne e spumanti si producono da uvaggi comprendenti uve bianche e rosse; Gli
champagne ottenuti da uvaggi di uve bianche vengono chiamati "blanc de
blancs", per indicare univocamente la loro origine omogenea.
|
In un processo di vinificazione in bianco dalle uve
pigiate, private di raspi bucce e vinaccioli, si ottiene il "mosto
fiore" che viene lasciato fermentare per un periodo di tempo di 10-20
giorni ad una temperatura inferiore ai 20°C. In alcuni casi, il mosto viene
lasciato a contatto con le vinacce per un breve periodo, 12-36 ore, ad una
temperatura di 7-10°C. Si tratta di un procedimento, detto criomacerazione,
che consente di aumentare l'estrazione di profumi ed aromi contenuti nelle
bucce, limitando nel contempo l'estrazione dei tannini. L'applicazione delle
tecnologie più moderne e sofisticate, che nel campo enologico si traducono in
impianti di termostatazione dotati di sorgenti fredde molto potenti ed
affidabili, consentono ormai anche la sperimentazione di tecniche
"estreme". Nella produzione di vini bianchi "a tiratura
limitata" si trovano ormai vini ottenuti al termine di criomacerazioni a
temperature prossime agli 0° C, che consentono di prolungare la macerazione
sino a otto dieci giorni. I risultati sono eccellenti e consentono la
realizzazione di vini bianchi con una ampiezza olfattiva e una struttura che
con le tecniche tradizionali sono di fatto irraggiungibili. |
In Friuli, terra con tradizioni enologiche mai abbastanza
decantate, con la criomacerazione vengono oggi prodotti veri gioielli
dell'enologia tra i quali ci piace ricordare due vere rarità quali l'Ucelut e
il Moscato Rosa .
I vini bianchi dotati di struttura e caratterizzati da una
presenza significativa di tannini si prestano inoltre, molto bene, ad un
affinamento in botti di legno di piccole dimensione (225-400 litri) per periodi
compresi tra i 3 mesi ed 1 anno. Si ottengono vini bianchi che per ampiezza
olfattiva, corpo e lunghezza di gusto sono in grado di regalare sensazioni
molto piacevoli, a volte, inaspettate.
La mancanza, in Italia, di una consolidata tradizione nella
elevazione in botti di legno di vini bianchi rende inoltre disponibili sul
mercato prodotti di grande pregio caratterizzati da un rapporto qualità/prezzo
molto elevato. Quest'ultimo è sicuramente un elemento che contribuisce ad
aumentare il fascino di questi prodotti che spesso nulla hanno da invidiare ai
più declamati e rinomati vini rossi "barricati", il cui prezzo, a
volte finisce con l'essere un po' "esagerato".
In Friuli, terra da sempre votata ai grandi vini bianchi, è
già oggi molto variegata l'offerta di vini elevati in botte.Un incontro in
grado di dare spesso risultati eccellenti è, a nostro avviso, quello tra la
Barrique ed il Verduzzo.
Un buon vino è il risultato di una armonia fra una larga
gamma di componenti. Nessuno deve eccedere perché la bontà del risultato è
dovuta all'equilibrio di ciascuno di essi. Come in una orchestra il risultato è
dovuto alla sinfonia di tutti gli strumenti senza che nessuno prevalga sugli
altri.
La degustazione consiste nel percepire, identificare e
valutare le caratteristiche del vino rilevabili mediante gli organi di
senso, chiamate "caratteristiche organolettiche" proprio perché
vengono valutate mediante gli organi della vista, dell'olfatto del gusto e del
tatto.
L'analisi organolettica del vino ha un valore qualitativo
che la tecnica non può sostituire, tanto che i vini D.O.C. e D.O.C.G. devono
essere sottoposti a questo esame prima di essere posti in commercio. I vini
D.O.C., che in Italia sono alcune centinaia, devono essere esaminati una volta
ogni tre anni; i vini D.O.C.G., che sono molto meno numerosi, vengono invece
esaminati tutti gli anni. I vincoli per il conseguimento di una D.O.C.G. sono
più restrittivi che per una D.O.C.; ne conseguono qualità e prezzo usualmente
più elevati.
La degustazione di un vino comincia, quindi, paradossalmente,
osservando in tutti i suoi dettagli la bottiglia. Le informazioni
sull'etichetta, il colore e lo spessore del vetro della bottiglia e il suo
grado di riempimento possono raccontare molte cose sul prezioso contenuto che
in essa viene conservato.
L'etichetta ci dice la tipologia, la zona di provenienza,
il grado alcolico (caratteristica fondamentale del vino), la data della
vendemmia (e non quella di scadenza !!!) e, a volte, se l'uva è stata raccolta
a mano o meccanicamente. In un vino d'annata, il livello di riempimento della
bottiglia può segnalare se la bottiglia è stata ben conservata: se il vino ha
iniziato a spogliarsi, o è stato tappato in modo imperfetto, perde una
parte della sua componente liquida.
Una bottiglia che contiene un vino importante è, a parità
di contenuto, più pesante delle altre: è fatta con vetro spesso e scuro. Lo
spessore e il colore del vetro offrono una buona protezione al vino che, come
gli uomini, deve difendersi nel corso della sua vita dalle fonti di inquinamento
esterno che sono di natura termica, luminosa e acustica. Le trasformazioni che
il vino subisce nel corso della sua vita sono di fatto reazioni chimiche: la
temperatura, le radiazioni ultraviolette e il rumore modificano il percorso
lungo il quale tali trasformazioni avvengono. Un Barbaresco o un Brunello di
Montalcino conservati in posizione orizzontale, in una cantina perennemente
fresca, asciutta, silenziosa e buia, possono vivere serenamente anche 20 o 30
anni: non sarà così se li avremo conservati in piedi, nella scansia della
cucina sopra la lavastoviglie e accanto al forno a microonde.
Se, dopo averla guardata e riguardata, magari in
controluce, soppesata e studiata nei particolari, avete deciso che la bottiglia
che avete tra le mani contiene il vino che fa per Voi, arriva un momento
importante: l'apertura. Questa operazione segue un cerimoniale consolidato che
prevede la rimozione della capsula copri tappo, l'estrazione del tappo in
sughero, la verifica della qualità del tappo che deve presentarsi privo di
odori sgradevoli e ancora elastico, l'avvinamento dei bicchieri e, finalmente, la
mescita.
Diffidate di chi vi propone di bere un grande vino in un
bicchiere di plastica bianca. Sarebbe come indossare l'abito da sera sopra un
paio di pantofole! Un grande vino non può fare a meno di un bicchiere adatto a
valorizzare a pieno tutte le sue qualità.
Una volta versato nel bicchiere, siamo pronti ad iniziare
la valutazione delle caratteristiche organolettiche, nell'ordine: aspetto,
aroma
e gusto.
La prima impressione che si ha di un vino è quella legata
al suo aspetto. In questa fase si osserva nel suo aspetto il vino provando a
farsi una idea del suo carattere: da un vino intensamente colorato ci si
aspetta un profumo altrettanto intenso, così come da un vino denso e
liquoroso ci si aspetta un gusto caldo e corposo. Ma la valutazione
dell'aspetto di un vino non si limita a creare delle "aspettative",
serve anche per evidenziare piccoli difetti o alterazioni.
Limpidezza
Un buon vino è, prima di tutto, un vino limpido. La
presenza nel vino di particelle di solido sospese lo rendono torbido in quanto
queste filtrano la luce del sole.
Quando il vino, terminata la fermentazione alcolica, viene
svinato e sistemato negli opportuni recipienti, siano essi botti, tini o
damigiane, è ancora molto torbido. Col passare del tempo e con il concorso
della bassa temperatura invernale, le particelle sospese, che provengono da
frammenti di parti solide dell'uva, tendono naturalmente a depositarsi sul
fondo del recipiente formando le fecce. Il freddo aiuta inoltre la
precipitazione e sedimentazione dell'eventuale eccesso di acido tartarico presente nel vino, formando un
caratteristico deposito bianco di tartrato acido di potassio noto ai più con il
nome di cremor tartaro. La tecnica più antica e naturale per ottenere un vino
di qualità elevata è quindi quella di travasarlo da un recipiente all'altro,
prelevando solo il vino limpido e lasciando la parte solida sul fondo del
recipiente. Questa operazione, detta travaso, viene compiuta almeno due o tre
volte nel primo anno di vita del vino per poi rarefarsi sino al momento
dell'imbottigliamento. Nel corso del tempo la quantità di particelle che si
depositano diminuisce ma non cessa mai; ciò è dovuto al fatto che le particelle
più piccole, invisibili ad occhio nudo, nel tempo, si aggregano o si
trasformano dando origine ad un lento ma inesorabile processo di
sedimentazione. Questo processo, nella fase iniziale della vita di un vino, ne
migliora la sua qualità, in quanto se le particelle di solido sospese sono
eccessive coprono, in parte, gli aromi più delicati e fini del vino. Se il vino
viene lasciato invecchiare per troppi anni il naturale processo di
sedimentazione porterà ad una diminuzione eccessiva delle particelle solide in
esso contenute con una inevitabile degradazione delle proprietà organolettiche.
D'altro canto un vino imbottigliato troppo frettolosamente porterà alla formazione
di un eccessivo deposito in bottiglia, mentre l'effetto delle trasformazioni
chimiche sarà modificato dal ridotto scambio di ossigeno con l'ambiente
esterno. Alcuni produttori, per abbreviare i tempi di imbottigliamento del
vino, asportano i solidi sospesi mediante filtrazione o con l'aggiunta di
composti chimici che accelerano i naturali processi di precipitazione dei
solidi. Queste tecniche (dette di chiarificazione) se condotte in maniera incauta
possono alterare il normale percorso di maturazione del vino privandolo, anche,
di alcune sue componenti gradevoli. Il naturale processo di evoluzione e di
elevazione che porta un vino a raggiungere l'apice delle sue qualità resta, di fatto,
un processo in cui il trascorrere del tempo non può essere sostituito da alcun
artificio empirico.
Colore
Altra caratteristica importante in un vino è il colore.
Questo dipende innanzitutto dal vitigno di origine (la tonalità viene infatti
descritta nei disciplinari delle Denominazioni d'Origine), dal grado di
maturazione dell'uva, dal clima e dalla natura del terreno in cui è stato
coltivato (per via dei sali minerali presenti).
La tecnica di vinificazione influenza il tipo di vino
(rosso o bianco a seconda di come viene condotta la
fermentazione) e l'intensità del colore (a seconda del periodo di macerazione e del grado di torchiatura). Vini rossi molto colorati sono
ottenuti da uve fatte macerare per lungo tempo con le bucce o ottenuti
torchiando a fondo le vinacce. Durante la macerazione e la torchiatura
vengono estratte dalla bucce anche sostanze dal gusto molto intenso (tannini); un vino molto colorato è quindi un
vino da cui ci si aspetta un gusto molto deciso.
La tonalità del colore del vino è anche influenzata dalla
sua età. I vini bianchi molto giovani presentano dei riflessi verdolini (dovuti
alla clorofilla). Maturando il vino subisce un lieve processo di ossidazione e
assume un colore più marcato; i vini bianchi elevati in botte assumono spesso
un colore giallo ambra. I vini ottenuti da uve molto mature (vendemmia tardiva)
assumono spesso un colore caldo e dorato come il sole che le ha scaldate. Un
colore troppo carico può invece essere sintomo di una eccessiva ossidazione del
vino.
I vini rossi molto giovani presentano invece tonalità
violacee o bluastre (dovute agli antociani). Questi composti (presenti nelle
bucce degli acini) cambiano colorazione a seconda dell'acidità del vino e
vengono ossidati dai composti che si formano durante l'invecchiamento del vino
(aldeidi); i vini rossi spogliandosi
assumono un colore meno intenso e tendente all'arancio.
Il colore dei vini rossi al giusto grado di maturazione
varia solitamente dal rosso rubino al rosso granato più o meno intenso.
Colorazioni brunastre indicano uno stato di alterazione.
Fluidità
La fluidità di un vino è una sensazione tattile che si
valuta roteando il bicchiere e osservando il leggero bordo oleoso incolore che
si è formato sulle pareti e ridiscende lentamente disegnando degli "archetti". La forma, le dimensioni e il
numero degli archetti dipendono da alcune sostanze viscose presenti nel vino:
la glicerina, gli alcoli e gli zuccheri. Quanto più il vino ne è ricco tanto
più è marcato il fenomeno. Non esiste una maniera semplice di correlare la
qualità del vino alla sua fluidità, in quanto essa dipende più dalla quantità
totale di tali sostanze che dal loro rapporto. Una eccessiva fluidità indica un
vino poco strutturato (acquoso) , un'eccessiva viscosità indica un vino troppo
strutturato (untuoso, oleoso). Raramente l'eccesso di viscosità è dovuto a
patologie del vino (il filante).
Perlage
Nei vini spumanti un parametro importante è l'effervescenza
(detta perlage). L'effervescenza è dovuta allo sviluppo di CO2
(anidride carbonica) che si è formata durante la fermentazione. Dal punto di
vista organolettico, l'anidride carbonica esalta le caratteristiche del vino.
Sia perché evolvendosi dal vino trascina profumi ed aromi, sia perché essendo
acida conferisce una sensazione di freschezza in bocca. Si sposa meglio con i
vini bianchi, perché nei vini rossi può far risaltare eccessivamente la
tannicità. Ma se questa "esaltazione" del gusto e dell'aroma
avviene in maniera repentina ed intensa l'effetto dura poco e può essere troppo
aggressivo, da ciò ne deriva che le bollicine devono essere piccole e
numerose con lunghi tempi di perlage. Viceversa, grana grossa delle bollicine,
rapida evoluzione sono indice di una fermentazione condotta male o
addirittura di CO2 aggiunta artificialmente (effetto soft-drink). L'
evanescenza della spuma può invece essere dovuta all'invecchiamento.
Occorre tenere a mente alcuni suggerimenti. Se il bicchiere in cui si versa lo spumante è stato bagnato le bollicine diminuiscono. Se il bicchiere è molto più caldo del vino si forma molta spuma a grana grossa. Infine, l'aggiunta di cubetti di ghiaccio porta alla rapida evoluzione della CO2 per un effetto termico (diminuisce la solubilità). Per poter gustare i vini spumanti è quindi opportuno rispettarne le modalità di servizio (servire freddo, non agitare, utilizzare bicchieri flute puliti e asciutti).
La valutazione olfattiva di un vino è l'esame più
importante. L'olfatto umano infatti è ben 25.000 volte più sensibile del gusto,
inoltre l'uomo è capace di distinguere più di 400.000 odori, mentre il gusto si
basa su 4 sensazioni principali. La percezione degli odori avviene sulla
sommità delle cavità nasali durante la fase di inspirazione (per effetto di
correnti a vortice dentro al naso) o quando il vino si trova in bocca e
scaldandosi risale nella cavità nasale (per convezione). Di fatto alcune
sensazioni che proviamo quando beviamo un vino sono sensazioni olfattive, dette
"retronasali".
Gli aromi e i profumi sono dovuti a dei composti chimici,
presenti in concentrazioni estremamente basse, i quali a temperatura
ambiente passano in fase vapore e vengono percepiti. Lo stesso composto se è
presente a basse concentrazioni suscita sensazioni gradevoli mentre se
presente in concentrazione più elevata può dare sensazioni sgradevoli.
Le sostanze "odorose" sono di varia natura, la
loro classificazione viene fatta per associazione con odori naturali già noti.
Per il vino sono stati classificati otto tipi di odori:
|
FIORI |
Rosa,
Violetta, Artemisia (nei vini rossi); Acacia, Sambuco (nei vini bianchi) |
|
FRUTTI |
Lampone, Marasca, Mela, Pesca, Fragola, Ribes
(soprattutto nei vini giovani) |
|
FRUTTI SECCHI |
Fichi secchi, Mandorla, Noce, Confettura di
frutta (soprattutto nei vini giovani) |
|
ERBE-LEGNO |
Felce, Sottobosco, Pino, Resina, Tabacco, Legno |
|
TORREFAZIONE |
Pane tostato, Caffè, Cacao, Affumicato |
|
ERBE AROMATICHE |
Mirtillo, Vaniglia, Anice, Alloro, Timo,
Garofano, Spezie, Cipolla, Pepe |
|
ANIMALI |
Burro, Cuoio, Muschio |
|
Altri |
Catrame |
L'origine degli odori nel vino può derivare dall'uva, in
questo caso si parla di odore o aroma primario, a questa
categorie di odori appartengono gli odori di frutta e di fiori. Nel caso in cui
l'odore si formi durante la fase di fermentazione si parla di odore o aroma
secondario, ad esempio gli odori di lievito, alcuni odori fruttati. Infine,
nel caso in cui l'odore si formi durante la fase di invecchiamento del vino si parla di aroma
terziario o bouquet, ad esempio gli odori della botte: vaniglia,
legno, tostatura.
Aromi
primari
Gli aromi dell'uva sono contenuti nelle foglie, nella polpa
e nella buccia degli acini. A seconda del grado di maturazione dell'uva,
possono cambiare parecchio. Responsabili di questi odori sono dei composti
chimici, detti oli essenziali, di natura complessa appartenenti alla
categoria dei terpeni, o dei derivati chetonici o aldeidici. Si tratta di composti di per sé
poco solubili in acqua, ma la loro solubilità è favorita dalla presenza
degli zuccheri. Per tale ragione le uve aromatiche sono solitamente
quelle più zuccherine (ad esempio le uve Moscato, Aleatico, Malvasia, Sauvignon,
Traminer). Questi composti reagiscono facilmente con l'ossigeno presente
nell'aria e si convertono in composti meno odorosi. Per tale ragione i vini
aromatici vanno gustati preferibilmente giovani e con l'invecchiamento
assumono un odore "svanito".
Aromi
secondari
Questi odori si sviluppano durante la fase di fermentazione
e dipendono molto dal tipo di lieviti adoperati, dalla modalità di
fermentazione e dalla composizione del mosto. Secondo alcuni studiosi questi
aromi derivano da sostanze proteiche presenti nell'uva che durante questa fase
si scindono in aminoacidi e successivamente in ammoniaca e
alcoli. Alcuni vini prendono il loro odore caratteristico durante questa fase
(ad esempio l'odore di violetta nel Lambrusco).
Durante la fermentazione, inoltre, si forma
l'anidride carbonica (gassosa) che si evolve dal mosto. Se la fermentazione
avviene molto velocemente il gas fuoriesce in maniera tumultuosa e
trascina con se le sostanze odorose, in quanto sono facilmente volatili.
Aromi terziari
Gli aromi
terziari si formano durante l'invecchiamento del vino, e sono dovuti a reazione
di alcune specie presenti prima con l'ossigeno atmosferico (processi di
ossidazione), e poi con altri composti (processi di acetalizzazione, esterificazione e resinificazione). Già Pasteur
nel secolo scorso aveva dimostrato che in completa assenza di aria i vini
mantengono le caratteristiche dei vini giovani.
L'ossidazione degli alcoli è la reazione fra
questi e l'ossigeno per formare aldeidi e successivamente acidi (dall'ossidazione delle aldeidi). A
temperatura elevata si può formare l'aceto.
Le aldeidi formate reagiscono con l'alcool presente nel
vino formando dei composti detti acetali dall'odore spesso intenso e gradevole,
questa reazione si chiama acetalizzazione. Un esempio tipico è l'odore
di Cognac che si avverte in certi vini bianchi invecchiati.
Gli acidi formati reagiscono con l'alcool presente nel vino
per dare gli esteri, questa reazione prende il nome di esterificazione e
caratterizza il profumo di molti vini. Se si formano troppi esteri
l'odore diventa sgradevole e ricorda quello di alcuni solventi dello smalto per
unghie (acetato di etile).
La resinificazione è un processo non ancora del
tutto noto. Probabilmente è dovuta a fenomeni di estrazione (solubilizzazione)
di composti contenuti nel legno della botte da parte dell'alcool presente nel
vino. E' un processo caratteristico dei vini bianchi liquorosi molto
alcolici, lasciati a temperature superiori ai 20°C e conferisce un odore
caratteristico di catrame (ad esempio nei vini Madera, Marsala, Porto, Jerez, e
nei vini cotti). Nei vini da pasto è considerato un difetto e si definisce aroma
di maderizzato.
Bouquet
In
degustazione il bouquet di un vino viene esaminato secondo cinque
caratteristiche:
|
FINEZZA |
E' un parametro molto soggettivo e indica in
qualche modo la "discrezione". I vini si classificano per finezza
in: |
|
|
|
|
Etereo, Fragrante, Elegante, Fino, Distinto,
Delicato, Fruttato, Vinoso |
|
|
|
Comune, Grossolano, Difettoso, Sgradevole |
|
INTENSITA' |
Anche in questo caso si considera positivamente
la "discrezione". I vini si classificano per intensità in: |
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|
Acuto, Penetrante, Pungente |
|
|
|
Pronunciato, Ampio, Sottile, Tenue |
|
|
|
Debole, Inodore |
|
ARMONIA |
Indica il giusto equilibrio. I vini si
classificano per armonia in: |
|
|
|
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Equilibrato, Armonico, Suadente |
|
|
|
Neutro, Spigoloso, Disarmonico |
|
FRANCHEZZA |
Indica la pulizia degli odori, la non
interferenza. I vini si classificano per franchezza in: |
|
|
|
|
Franco, Netto, Pulito, Schietto |
|
|
|
Lordo-Sporco |
|
DURATA |
La persistenza olfattiva è una dote positiva, ma
se riferita ad odori gradevoli. I vini si classificano per durata in: |
|
|
|
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Persistente |
|
|
|
Veloce, Sfuggente. |
Si definisce gusto l'insieme di sensazioni che si
percepiscono in bocca e che sono legate sia al sapore che a stimoli di tipo
olfattivo, tattile o termico. Le sensazioni gustative dovute al sapore vero e
proprio sono solo quattro e sono: il dolce, l'amaro, il salato e l'acido.
Queste sensazioni
vengono percepite in punti diversi della lingua, il dolce si percepisce sulla
punta, l'amaro in fondo mentre l'acido e il salato si percepiscono
lateralmente. Per tale ragione è possibile percepire dei sapori contrastanti. Anche
i tempi di percezione e la durata dei sapori sono differenti, il dolce ad
esempio si percepisce entro un secondo mentre l'amaro dopo tre secondi ma per
più tempo. Cosicché la prima cosa che si percepisce di un vino è la dolcezza,
ma se contiene qualcosa di amaro (i tannini) il gusto che lascerà in bocca sarà di
amaro. La possibilità di percepire i sapori deriva dalla capacità che ha la
saliva di solubilizzare il cibo, tutto ciò che resta solido per noi è
insapore. Alcuni composti si combinano con la saliva bloccando la
lubrificazione della lingua, la sensazione che ne deriva viene chiamata
"astringenza". Un esempio è dato dai tannini, presenti nei vini
rossi giovani, se questi vengono molto torchiati si ricava questa sensazione di
lingua legata dovuta all'astringenza. La lingua è inoltre in grado di percepire
la forma di una sostanza, se ci sono delle particelle solide o se il cibo è più
o meno denso, liquido o cremoso.
Nel caso di
un vino alcuni composti quali la glicerina, i polisaccaridi (zuccheri naturali) e gli alcoli
contribuiscono a rendere il vino denso, ossia a far si che scivoli lentamente
in bocca. Un' altra sensazione che si avverte in fondo alla
lingua e nella gola quando si beve un vino ricco
di alcool è quella di falso calore (sensibilità pseudocalorica). Tutte
queste sensazioni si combinano fra loro e si influenzano a vicenda. Ad esempio
l'acidità copre il dolce per cui se beviamo un vino spumante appena stappato lo
troviamo giustamente dolce, se lo assaggiamo nuovamente dopo aver allontanato
l'anidride carbonica ci sembra essere troppo dolce, quasi smielato.I
costituenti del sapore
L'acidità è sempre presente nel vino e ne influenza il
colore e esalta la sensibilità pseudocalorica. Il sapore acido di un vino
dipende da vari tipi di acidi organici presenti naturalmente nel vino,
ciascuno di essi ha un gusto leggermente diverso. Ad esempio l'acido malico
conferisce al vino un gusto di acerbo, mentre l'acido lattico a parità di concentrazione
ha un gusto molto più leggero. L'acido malico si forma nell'uva prima della
maturazione e si ossida facilmente per azione del sole, per cui è meno presente
nei vini ottenuti in paesi dal clima caldo. I vini prodotti in zone più fredde
talvolta ne sono troppo ricchi per tale ragione vengono sottoposti ad un
processo fermentativo naturale che prende il nome di fermentazione malolattica
e che è la conversione dell'acido malico ad acido lattico. L'acido tartarico è
uno degli acidi più presenti nel vino e produce sulla lingua e sul palato una
sensazione di fresco molto piacevole. Al di sopra di una certa concentrazione
non è più solubile nel vino e precipita sotto forma di sale di potassio bianco,
qualche volta lo si trova depositato sul fondo delle bottiglie che sono state
lasciate al freddo. L'acido acetico (costituente dell'aceto) è anch'esso
presente nel vino e di per se è quasi inodore. Per effetto dell'invecchiamento
si combina con l'alcol presente nel vino e forma l'acetato di etile dal caratteristico
odore pungente talvolta molto sgradevole.
Il sapore dolce deriva dalla presenza di zuccheri (glucosio, fruttosio), di polialcoli (glicerina) e di alcool etilico. Gli
zuccheri si convertono ad alcool durante la fermentazione, quando si è formato
un certo quantitativo di alcool la fermentazione si ferma naturalmente. Per
tale ragione per alcuni vini ottenuti da uve ad elevato grado zuccherino si
parla di gradazione alcolica totale indicando il contenuto in alcool più gli
zuccheri. L'aggiunta di zucchero da cucina (saccarosio) nel vino
costituisce frode, dal punto di vista organolettico non è facile distinguere un
vino adulterato da un vino naturale.
Il sapore amaro è' percepibile a concentrazioni molto
più basse di tutti gli altri sapori, nel vino deriva essenzialmente dalla
presenza di tannini. I tannini sono presenti principalmente
nei vini rossi e sono la principale difesa del vino dalle ossidazioni.
Nel corso dell'invecchiamento conferiscono al vino una particolare sensazione
gradevole detta di "rotondità".
Il sapore salato è sempre presente nel vino ed è dovuto
alla presenza di sali minerali quali il cloruro di sodio (sale da cucina) i
fosfati e i tartrati (derivati dell'acido tartarico). Il cloruro di sodio è
presente sopratutto nei vini ottenuti da vigne coltivate in terreni prossimi al
mare. I fosfati sono presenti principalmente nei vini rossi e nei vini
provenienti da uve coltivate in posti caldi, solitamente conferiscono al vino
corpo e finezza. I solfati sono solitamente presenti in tracce, quantità superiori
si trovano nei vini trattati e conferiscono al vino un gusto amarognolo e
sgradevole oltre a renderlo indigesto. Talvolta il vino contiene un certo
quantitativo di sali di ferro o rame, dovuti agli attrezzi metallici o ai
macchinari adoperati durante la lavorazione o all'uso eccessivo di concimi
nelle uve. Questi minerali possono provocare dei fenomeni di intorbidamento
(detti "rottura" o "casse" rispettivamente ferrica o
rameosa) dovuti alla formazione di composti che di per se non peggiorano il
vino ma che gli conferiscono un aspetto sgradevole.
Struttura
del vino
In degustazione il gusto di un vino viene esaminato secondo
le seguenti caratteristiche:
|
ACIDITA' |
E' sempre
presente nel vino I vini si classificano in ordine di acidità crescente
in: |
|
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|
|
Fiacco, Molle,
Piatto, Carente |
|
|
|
Fresco, Vivo,
Acidulo, Citrino, Verde, Nervoso |
|
|
|
Acido,
Aggressivo, Acerbo, Mordente |
|
AMABILITA' |
Indica il grado
di dolcezza di un vino. I vini si classificano per Amabilità, in: |
|
|
|
|
Asciutto,
Disseccato, Arido, Duro |
|
|
|
Secco, Rotondo,
Morbido, Pastoso, Abboccato, Amabile, Dolce, Liquoroso |
|
|
|
Grasso,
Impastante, Dolciastro, Mielato |
|
ARMONIA |
Indica il
giusto equilibrio fra le varie componenti. I vini si classificano per Armonia
in: |
|
|
|
|
Equilibrato,
Armonico, Suadente |
|
|
|
Neutro,
Spigoloso, Disarmonico |
|
ALCOOL |
La
classificazione, a parità di alcool, dipende dal tipo di vino: |
|
|
|
|
Freddo, Debole |
|
|
|
Leggero, Caldo,
Spiritoso |
|
|
|
Bruciante,
Alcolico |
|
ETA' |
E' una
valutazione dello stato evolutivo del vino. In scala crescente i vini si
classificano in: |
|
|
|
|
In
fermentazione, Immaturo |
|
|
|
Giovane,
Pronto, Maturo |
|
|
|
Vecchio,
Passato, Decrepito |
|
CORPO |
E' dato da
tutti i costituenti del vino ad esclusione di acqua, alcool e i composti
facilmente volatili. I vini si classificano in: |
|
|
|
|
Vuoto, Magro,
Esile, Leggero |
|
|
|
Tenero,
Carezzevole, Sapido, Di corpo, Pieno, Carnoso |
|
|
|
Pesante, Spesso |
|
MORBIDEZZA |
E' il rapporto
fra amabilità e acidità/tannicità. I vini si classificano per Morbidezza in: |
|
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Carente, poco
Morbido |
|
|
|
Morbido,
Rotondo |
|
|
|
Pastoso |
|
|
|
|
|
PERSISTENZA |
Detta anche durata, indica per quanto tempo
perdura il sapore in bocca dopo la deglutizione. I vini si classificano
in: |
|
|
|
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Cortissimo,
Corto |
|
|
|
Medio, Lungo,
Lunghissimo |
|
|
|
Persistente |
|
TANNICITA' |
E' una
caratteristica dei vini rossi. I vini si classificano in scala di tannicità
crescente in: |
|
|
|
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Tenue |
|
|
|
Giustamente
Tannico, Mediamente Tannico, Tannico |
|
|
|
Pesante, Spesso |
La prima regola per godersi un bicchiere di vino è
ovviamente che si tratti di un buon vino! Una volta effettuata la fatidica
scelta, possono tornare utili alcuni suggerimenti:
Si degusta bene a stomaco vuoto o dopo aver mangiato cibi
leggeri. Durante la degustazione è preferibile non fumare, non bere
caffè, non avere in bocca il gusto del dentifricio, non indossare
profumi. Le nostre capacità di degustazione sono maggiori al mattino, quando si
ha sete e soprattutto se non si è raffreddati o indisposti.
Anche l'ambiente contribuisce a creare la giusta atmosfera
per la degustazione. Sono da preferirsi gli ambienti luminosi, le
tovaglie bianche, le tinte tenui alle pareti, la tranquillità e la mancanza di
distrazioni.
Gli odori si percepiscono meglio ad occhi aperti e negli
ambienti ben illuminati. La forma del bicchiere è importante per favorire il
giusto equilibrio delle sostanze odorose presenti nel vino. I bicchieri inoltre
ad ogni cambio di vino vanno avvinati con il nuovo vino o puliti con
detersivi assolutamente neutri.
Si consiglia di degustare senza alternare vini aromatici
con vini non aromatici e di non mescolare bianchi, rossi e rosati. Si assaggia
in scala crescente di aroma, di amabilità e di invecchiamento. I vini bianchi e
gli spumanti devono essere serviti a temperature comprese fra i 6 e i 10 °C; i
vini rossi devono essere serviti a temperature comprese fra i 14 e i 18°C. E'
preferibile scegliere la temperatura più bassa di degustazione in quanto
solitamente la temperatura ambiente o quella della mano scaldano il vino.
Il bicchiere, preferibilmente da degustazione, deve
essere riempito non oltre un terzo del suo volume e deve essere tenuto dallo
stelo con il pollice e l'indice e sorretto con il medio dalla base. Si
consigliano alcune operazioni per la degustazione da effettuare preferibilmente
in sequenza: 1) annusare il vino a bicchiere fermo; 2) annusare nuovamente il
vino dopo aver roteato il bicchiere ed eventualmente averlo scaldato con il
palmo della mano; 3) inclinare il bicchiere fino a lambire i bordi per
osservare il vino in controluce, far lambire i bordi e annusarli; 4) agitare
con decisione il vino nel bicchiere se si vogliono valutare i difetti (odore di
acetati o di "cassetto vecchio"); 5) prendere in bocca un piccolo
sorso e lasciarlo scivolare lentamente nella lingua per percepire distintamente
i sapori, le sensazioni tattili e per scaldarlo in modo da percepirne l'aroma
per via retronasale; 6) deglutire per percepire le sensazioni pseudocaloriche e
la lunghezza del gusto.
La storia del vino (sito consultato: www.italyeno.com)