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I Balares abitavano il settentrione della Sardegna nel periodo pre-romano. Secondo Pausania, questo popolo era originario della Libia o della Spagna, e penetrò in Sardegna per il tramite della Corsica. Poco si sa dell'esatta localizzazione in luogo sardo, si sa solamente che alcune tribu di Balares si stanziarono nella odierna Gallura, ma si suppone che la gran parte della popolazione abitasse stabilmente il Monte Acuto, e i salti tra Alà, Buddusò e Bitti. Si dice che durante le loro scorrerie siano arrivati a depredare persino i litorali di Pisa. Per limitare le loro azioni distruttrici i romani cercarono di delimitare gli ambiti dove erano stanziate le tribu più feroci. Lungo il fiume Scorraoe furono trovate delle incisioni rupestri che indicavano appunto il fiume in questione come limite tra l'agro di Olbia - in mano ai romani - e i monti della Gallura meridionale e del Monte Acuto - dominio incontrastato dei Balares. Lo stesso toponimo "Limbara", che indica la montagna al centro della Gallura, viene da molti fatto derivare da "limes Balares", vale a dire "limite di delimitazione dei Balares". Mentre dal lato occidentale l'ultimo baluardo romano era la stazione di Castro, presso Oschiri, posta in essere appunto per ridimensionare lo stapotere dei Balari. Questo popolo ribelle e fiero, riusci addirittura a dichiarare guerra a Roma, nel 181 A.C., e nella loro lotta contro gli invasori riuscì a unire tutte la altre popolazioni ribelli della Sardegna, tra cui gli Iliesi, popolazione originaria dell'Asia Minore, che abitava poco più in giù, nell'odierna Barbagia. L'offensiva dei Balari inizio proprio mentre il mitico Ampsicora si trovava nelle montagne del Gennargentu per creare un fronte comune contro Roma. I romani risposero con le loro imponenti guarnigioni, ma sono dopo il I° secolo A.C. riuscirono a riportare in Sardegna una parvenza di dominio incontrastato. Durante questo lasso di tempo si contano circa 8 ribellioni guidate dai Balari, tra cui le più feroci furono quella del 177 A.C. - durante la quale i Sardi riuscirono a depredare quasi tutta l'isola - e quella del 111 A.C. che però sancì il definitivo ridimensionamento della forza dei Sardi. Il tributo pagato dagli sconfitti fu terribile, si potrebbe parlare addiritura di un genocidio, con circa 15.000 morti, e un numero spropositato di prigionieri che vennero venduti come schiavi a Roma. I superstiti di tale offensiva furono sottoposti a tributi doppi rispetto agli altri sardi. Nonostante tutto ciò, i tanto temuti romani, futuri padroni dell'intero Mediterraneo, non riuscirono mai a sottomettere completamente i Balares e gli altri popoli ribelli, anzi, alcune volte dovettero sottostare a scomodi patti di non belligeranza. Non bastarono a Roma circa 130 anni di lotta per poter dominare completamente i fieri e ribelli popoli della Sardegna, caso forse unico nella gloriosa storia dei romani. Il sito archeologico chiamato "Su Pedrighinosu", nella parte meridionale del territorio di Alà dei Sardi, veniva chiamato fino a qualche secolo fa "Balare", e ciò è più di un indizio che possa far ipotizzare che essa fosse l'antica capitale del territorio dei Balari. In effetti, l'odierna Alà si trova appunto nel mezzo del territorio che i Romani cercarono di circoscrivere in quanto appunto di dominio dei ribelli balari. Se a tutto questo aggiungiamo una certa somiglianza tra "Balares" e "Balaesos", cioè gli abitanti di Alà (la caduta della B iniziale è una caratteristica della variante alaese della lingua sarda, tale da giustificare la trasformazione in "alaesos" che è la denominazione odierna), si potrebbe dare a tale ipotesi quasi lo status di certezza. A prescindere dalla validità delle teorie sovraesposte, gli artigiani della pietra di Alà dei Sardi, al momento di decidere di unirsi in un'associazione che mettesse in giusto risalto la loro professionalità - universalmente riconosciuta - hanno appunto deciso di chiamare questo sodalizio con il nome dei fieri guerrieri che molto probabilmente sono i loro primissimi antenati, i Balares appunto. L' associazione BALARES, che riunisce quasi tutti gli artigiani edili che lavorano le belle e sinuose pietre da campo che il territorio alaese offre, si augura di essere appunto un degno rappresentante dello spirito di indipendenza e di sardità che la storia epica dei Balares ha evidenziato
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