Tutto cominciò nel 1900, quando Chicharro...
L'incredibile storia della pinacoteca nata nel piccolo paese del Mandrolisai
Il centro che ospita la collezione è intitolato ad Antonio Ortiz Echague, lo spagnolo che dipinse «La festa della confraternita»

Giovanni Melis



ATZARA. C'è un paese nella piana del Mandrolisai, Atzara, celebreper gli ottimi vini. Un centro laborioso che ha creato la sua economia dalla coltivazione della vite e dall'agricoltura. Ma c'è una cosa che in pochi sanno e cioè che un pezzo della cultura pittorica dei Novecento si è formato in questo paese, immerso nel verde dei campi che si tingono di giallo durante l'estate.

Paesaggi cangianti, dipinti a più riprese da autentici talenti del pennello. Il piccolo borgo è stata una culla di artisti in tutti i sensi, visto che ha pure dato i natali a un grande pittore del Novecento sardo, Antonio Corriga. Le sue opere sono note ovunque, innumerevoli i riconoscimenti ottenuti sia della critica che della gente. Dopo oltre cinquant'anni di carriera, Antonio Corriga si è regalato la concretizzazione di un vecchio progetto. A lui è legata l'idea di allestire una pinacoteca. Un'idea che ha trovato positivi riscontri in paese e nei centri vicini e che il Comune intende valorizzare.

«Questo museo - dice il maestro - era un sogno cullato per decenni. Essendo atzarese e quindi formato qui pensavo fosse opportuno allestire un angolo che riunisse le tele di tanti autori, molti dei quali sono stati proprio qui ad Atzara. Era come riunire assieme tanti amici».

Antonio Corriga torna indietro con la memoria per parlare dell'Atzara mecenate, che dal principio del secolo scorso accolse nelle sue campagne i primi maestri. Erano giovani studenti spagnoli che si preparavano a diventare grandi. «Il primo - ricorda Corriga - fu Eduardo Chicharro, spagnolo di Madrid. Nel 1900 era in Italia e a Roma incontrò casualmente una comitiva di atzaresi, aggregatasi ad altri pellegrini sardi per il giubileo. Uomini e donne indossavano il tradizionale costume e il fatto colpì molto Chicharro, allora studente dell'accademia spagnola delle belle arti di Roma. In quegli anni nella penisola iberica fioriva la corrente del costumbrismo, che si radicò per decenni nella cultura pittorica spagnola. Chicarro conobbe un ricco possidente atzarese, Bartolomeo Muggianu, un contadino emancipato, aggiornato dei fatti politici e culturali, cosa che gli fruttò le cariche di sindaco e podestà per diverso tempo. Il pittore spagnolo rimase così affascinato dai costumi e dalla gente sarda che chiese al governo spagnolo l'autorizzazione a venire in Sardegna. Si impegnava a donare al governo una grande tela che avrebbe dipinto in loco.
«Chicharro - prosegue Antonio Corriga - chiese ospitalità a Muggianu che fu ben lieto di accoglierlo e scelse il soggetto da dipingere, il ritorno dalla festa di san Mauro. E iniziò alcuni studi sulle teste, tra cui quella dello stesso Muggianu, ma non completò l'opera. Si ammalò di malaria e dovette tornare in Spagna. Alcuni anni dopo, nel 1907, un altro borsista dell'accademia iberica a Roma giunse in paese. Si trattava di Antonio Ortiz Echague».
Anch'egli per soggiornare in Sardegna doveva mantenere l'impegno, come il suo predecessore Chicharro. A differenza di quest'ultimo ci riuscì. Il quadro si intitolava «La festa della confraternita» e ritraeva gente del luogo con il tradizionale costume. L'opera gli assicurò fama, successo e premi internazionali.
«Ortiz - racconta Antonio Corriga - aveva trasgredito al tema che gli era stato imposto, cioè quello della illustrazione storica, ma il quadro realizzato sui costumi sardi nel giorno della festa aveva avuto un effetto dirompente nei confronti della gente e della critica».

 Dalla politica alla stampa: le idee di Antonio Corriga
Il socialista dai capelli grigi
ama l'arte come denuncia

g.m.

ATZARA. Il maestro è un distinto signore di mezza età con i capelli grigi nei quali si insinua un ciuffo scuro. Parla con calma, accompagnando il discorso con il gesticolare delle mani, quelle mani che hanno mischiato colori su colori, imprimendo su tela capolavori immortali. Ma a chiamarlo maestro si incupisce un poco, non per falsa modestia, le sue capacità le conosce bene, ma per quello strano modo di fare che caratterizza tutti gli artisti che sanno di esserlo, ma hanno quasi timore di sentirselo dire.
Antonio Corriga in questi giorni è a Cagliari dove sta realizzando una monumentale tela di trentasei metri quadri per la cattedrale di Bonaria. Ha un tema mistico, che secondo indiscrezioni contiene un nuovo modo di rappresentare il sacro. Come ogni novità su questo argomento assai delicato, aprirà diversi fronti di discussione. Durante il nostro incontro al Museo Ortiz ha espresso alcune considerazioni su diversi temi.
La politica. «Sono sempre stato socialista. Mi sono impegnato per tanti anni in politica e non ho mai pianto di fronte alle défaillance. Ho sostenuto campagne elettorali, mi andavano meglio quelle che facevo per gli altri, e ho ricoperto diverse cariche per 24 anni. Ma non mi è mai interessato nulla». Il socialismo di Corriga è bene rappresentato in una delle sue tele esposte alla pinacoteca Ortiz. Al primo piano campeggia «I funerali di un socialista» del 1975. «La dipinsi - ricorda - per onorare la memoria di Peppino Catte, grande uomo di cultura e umanità».Lo sviluppo dell'isola. Corriga torna volentieri sui temi che gli sono molto cari: il riscatto della Sardegna all'interno della collocazione nello Stato italiano e la rivendicazione del suo ruolo. «L'identità - dice - non è folklore. I sardi devono recuperare l'orgoglio e deporre il vittimismo che li perseguita da sempre e li porta ad essere assistenzializzati. Ho denunciato con forza lo stridente contrasto tra i pastori e le ciminiere di Ottana. L'avvento della politica colonial-industriale in cosa si è risolta? Chi ha vinto, il pastore o la promessa di sviluppo industriale? Per me Ottana ha lasciato solo illusioni prima e disillusioni ora. Il pastore torna ai campi, mentre per gli altri resta la cassa integrazione, il sogno interrotto dell'industria».
La stampa. «Il ruolo della stampa deve essere propositivo e non standardizzarsi su ottiche di stretta politica. Mi manca un periodico come Sardegna Oggi, di Bustianu Dessanay e Antonello Satta, al quale collaborava anche gente del calibro di Peppino Fiori. Aveva svolto una importante funzione acculturante nella gente. Oggi serve un organo di stampa progressista che non ci riporti alla servitù della gleba».
L'artista del futuro. «Il secolo appena passato è stato un continuo fiume di discussioni e correnti d'opinione. Questo sarà il secolo della new economy, e non vorrei che fosse riservato ad artisti con camice da lavoro sponsorizzato da grosse catene alimentari o commerciali. Io mi auguro che cresca una generazione di artisti capace di denunciare, con tutte le forme possibili di espressione, i disegni che si annunciano per schiacciare ogni forma di identità. È in corso uno stravolgimento culturale e un ingigantimento delle forme di colonizzazione che va assolutamente fermato».

 GLI ARTISTI
Gli anni atzaresi
del padre di Tex

g.m.


ATZARA. Non era di certo Firenze o Roma ma anche la piccola Atzara in fatto di mecenatismo può raccontare una sua storia, durata più oltre mezzo secolo e che ha visto maestri di grande valore celebrare le sue bellezze. Gli artisti erano ospiti particolari: rappresentavano in mille modi la realtà della popolazione, in senso laudativo e questo incuriosiva ed inorgogliva gli atzaresi. Molti modelli e modelle di quei grandi artisti sono ancora in vita. Non era però diffusa la passione di posare davanti ad un pittore, soprattutto per le donne: le male ligue del paese erano taglienti come lame e potevano rovinare chiunque.
Dopo Ortiz arrivò Bernardino Dequiros, a lungo ospite della famiglia Ballero. Dequiros avrebbe dipinto una tela per il cimitero di Nuoro, di cui però si sono perse le tracce. Nel museo atzarese si conserva invece il ritratto che il pittore spagnolo fece al pittore Antonio Ballero. Dopo Dequiros giunse Antonio de Castillo, che rimase nel Madrolisai per diversi mesi, ospite nella pensione di Zia Grazia Pisue Pedro Cano.
«Durante la seconda guerra mondiale - ricorda Antonio Corriga - anche Aurelio Galeppini, il celebre Galep disegnatore di Tex, si trasferì ad Atzara. Filippo Figari vi rimase per circa 10 anni, dipingendo alcune delle sue tele più apprezzate, molte delle quali sono esposte al palazzo del governo a Cagliari. Ad Atzara Figari realizzò la tela della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Era destinata alla chiesa di Arborea, quando la città era in fase di edificazione, nel periodo fascista. Il pittore ci inserì anche il costume di Atzara. Ricordo, infine, Giuseppe Biasi, che venne diverse volte in paese in compagnia dell'avvocato Battista Luigi Puggioni».

 

LA SCHEDA
Le foto di un secolo fa e le opere dei migliori pittori sardi

g.m.

ATZARA. Il museo di arte moderna Antonio Ortiz Echague è stato aperto nel 1999 e contiene 46 dipinti di alcuni dei migliori artisti isolani, come Biasi, Floris, Ballero, Figari, Atza, Corriga e stranieri come lo stesso Ortiz e il tedesco Richard Scheurlen. La pinacoteca ebbe una prima apertura informale nel 1995, ospitando la mostra «Costumbres», una mostra tematica sui pittori iberici che ritraevano i costumi. A quasi cento anni dalla presenza dei pittori spagnoli, grazie all'impegno di Antonio Corriga, direttore artistico della pinacoteca, e del Comune, è stato possibile avere nel cuore della Sardegna questa esposizione di grande valore.
Il museo è gestito da una cooperativa locale, Progetto Cultura, che si avvale, per la parte tecnica, della consulenza di Pina Peddio, di Desulo, docente di lettere, studiosa di arte contemporanea ed esperta museale. L'Ortiz Echague si trova nei pressi del municipio, nella piazza omonima, dedica opportuna a quel pittore spagnolo che fece conoscere i costumi atzaresi al mondo. L'esposizione si snoda su due livelli. All'ingresso una mostra fotografica che ritrae aspetti di vita cittadini dei primi del Novecento. Nel primo ambiente trova posto la prima raccolta, in cui predominano le operte di Ortiz, tra cui una riproduzione della «Festa della confraternita». Al secondo livello trovamo in gran parte altri artisti sardi. C'è infine il terzo piano, per ora vuoto che rappresenta un invito a proseguire. Cosa che l'amministrazione comunale atzarese ha tutte le intenzioni di fare.

La giunta di Luigi Todde sta organizzando una serie di inziative per valorizzare il museo ed eventi culturali di richiamo. «Crediamo - dice Antonio Porcu, assessore alla Cultura - in questa struttura. Si sta lavorando per conferenze ed attività per rendere visibile il museo in modo da esportarne la cultura insiema a quella cittadina. Tra breve conferiremo la cittadinanaza onoraria alla storica dell'arte spagnola Monserrat Fornells, che ha dedicato una monografia ad Ortiz Echague che è servita a storicizzare Atzara. Stiamo poi valutando l'ipotesi di intervenire sulla struttura del museo, abbattendo le barriere archittettoniche».
Le visite sono possibili tutti i giorni, salvo il lunedì. Per informazioni: 0784 65508, e-mail bibliotecaatzaraØtiscalinet.it, sito internet http://web.tiscalinet.it/balero.