Costumbres


Ad Atzara la mostra "Costumbres"

L'isola di Spagna

 


di Attilio Loche

Atzara ha la sua Pinacoteca comunale di arte contemporanea. Sarà inaugurata stamani alle ore 11 con una mostra d'eccezione: "Costumbres", pittori spagnoli in Sardegna nel primo Novecento.

L'allestimento presenta le opere di soggetto sardo dei pittori spagnoli Eduardo Chicharro Aguera e Antonio Ortiz Echague, tra i massimi rappresentati della corrente pittorica del "costumbrismo", attiva in Spagna dalla metà dell'Ottocento ai primi decenni del Novecento che si caratterizzò per un interesse particolare alla raffigurazione di costumi e tradizioni popolari iberiche.

I due artisti approdarono in Sardegna a seguito di una borsa di studio offerta loro dall'accademia spagnola di Belle Arti di Roma. Chicharro visitò l'Isola nel 1901, per un breve periodo, mentre Ortiz vi giunse cinque anni dopo, dietro suggerimento di Chicharro e vi si trattenne dagli ultimi mesi del 1906 a tutto il 1908, soggiornando a Ittiri, Bono, Mamoiada, Atzara e stringendo rapporti con Antonio Ballero e Francesco Ciusa.

La mostra appare quindi come il giusto riconoscimento per uno dei centri più caratterizzati delle nostre zone interne, un paese che ha dato motivi di alta ispirazione a grandi pittori sardi, italiani, stranieri.

Attraverso l'esposizione in Sardegna (la mostra è stata ospitata dal 12 luglio al 6 agosto alla Pinacoteca comunale d'arte di Cagliari e sarà dall'8 settembre al 12 ottobre al Museo della vita e delle tradizioni popolari sarde di Nuoro), gli enti promotori hanno voluto far luce su un altro tratto della storia sarda del Novecento.

Nello stesso tempo l'esposizione, che nasce dalla collaborazione tra l'Istituto superiore regionale etnografico, l'assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari, il Comune di Atzara e l'Istituto Cnr sui rapporti italo-iberici, rappresenta un esempio felice, e di fatto non troppo frequente di cooperazione tra enti con finalità istituzionali e territoriali diverse.

Accanto ai dipinti di Chicharro e Ortiz viene esposta anche una piccola ma significativa selezione di opere di alcuni artisti sardi (fra gli altri Giuseppe Biasi, Carmelo Floris, Filippo Figari) nelle quali è possibile riconoscere i segni di una correlazione con quelle degli autori spagnoli.

Sono infine in mostra alcuni abiti tradizionali femminili, appartenenti alle collezioni del museo etnografico nuorese e ad alcune collezioni private, scelti in base alla loro pertinenza con le opere.

 

L'Unione sarda del 12.8.1995

 


 

ATZARA: Inaugurata ieri la pinacoteca comunale

La memoria su tela

Riscoperto il fascino dell'arte


Di  Michele Tatti

Atzara. Sono tornati i pittori spagnoli. O, meglio, l'eredità di quei artisti iberici che, dicono le cronache-leggenda, ai primi del secolo arrivarono ad Atzara dopo essere rimasti ammaliati da un gruppo di pellegrini del Mandrolisai in visita di penitenza a Roma in occasione dell'Anno Santo 1900. Si chiamava Eduardo Chicharro Aguera, la testa di ponte dei costumbristi. Nel 1901, la malaria lo costrinse dopo appena quattro mesi ad abbandonare l'Isola. La morte che inesorabilmente insegue la vita (Chicharro è spirato nel 1949), apparentemente rende impossibili paragoni tra passato e presente. Purché non si parli di pittura: ieri lo spirito dell'artista aleggiava forte e vitale nelle sale della pinacoteca e, soprattutto, si specchiava negli antichi costumi indossati dalle ragazze locali. Insieme ai lui c'era il fantasma positivo di Antonio Ortiz Echague, altro artista spagnolo rimasto più di due anni in Sardegna (1906-1909) con visite durature ad Atzara, Bono, Dorgali, Ittiri e Mamoiada.

In quelle tele esposte nella mostra di Costumbres arrivata nel Mandrolisai grazie all'Istituto etnografico di Nuoro dopo l'enorme successo ottenuto a Cagliari, non c'è solo materia di approfondimento per critici d'arte e studiosi di cultura popolare: si respira l'emozione della gente comune, il più bel risultato (come ha sottolineato il direttore dell'Isre Paolo Piquereddu) dei tanti che in quelle tele riconoscono volti di antenati, amici scomparsi, parenti. Immagini fissati nella memoria grazie ai pennelli da figurativi diventati oggi, con le loro opere, i maggiori testimoni della Sardegna di un secolo fa.

Il discorso non vale solo per gli spagnoli rimasti nel cuore e nella memoria dei racconti popolari. Qui, in questo museo costato oltre un miliardo, ci sono le radici di un paese di appena 1365 abitanti capace di conquistarsi un posto di primo piano nella storia dell'arte in Sardegna. Il sindaco Bastiano Serra, anche davanti a una documentazione sui costumi e sulle scene di vita sarde dei primi del Novecento impresse su tela, parla emozionato di «recvpero della memoria». Quanti di questi giovani accorsi a un appuntamento quasi storico, sanno che il grande Figari ha abitato dieci anni ad Atzara? O, per citare uno dei tanti esempi di matrimonio felice con la cultura, che il grande impressionista Scherleng per 17 anni si è rifatto gli occhi con i famosi tetti rossi del paese da rimirare come sottofondo alla povera dignità di uomini e donne colte (e tramandate) nel loro quotidiano?

In quelle tele esposte per inaugurare la pinacoteca c'è uno spicchio di storia, un o dei più importanti della Sardegna. Un seme affidato a un terreno fertile. I quadri esposti degli spagnoli, insieme alle testimonianze di Filippo Figari, Giuseppe Biasi e Antonio Ballero, sono le scene di un'Isola consegnata all'indelebile memoria di tutti i sardi. Lo sostiene l'accademico dei Lincei Giovanni Lilliu. Forte del sudore speso cercando di interpretare le pietre ma anche grazie alla certezza di una storia che continua, l'archeologo di Barumini presidente dell'Istituto regionale etnografico, parla «di autocoscienza da stimolare».

Si potrebbero citare decine di artisti sardi del passato influenzati dai costumbristi. Invece, come simbolo di un vero processo propulsivo della storia, ad Atzara sentirete parlare di altri figli di quei pittori diventati grandi solo da morti. Eredi degni e resistenziali come l'astrattista Vittorio Tolu e padre Muggianu. E poi c'è soprattutto Antonio Corriga, il direttore artistico della neonata pinacoteca di Atzara che, vispo come un ragazzino, promette battaglia: «Si vuotino i caveau, le stanze buie dove ammuffiscono le tele di tanti artisti, per recuperare queste opere alla fruibilità della gente», è il suo programma in nome di un'arte che si alimenta con l'olio della gente comune. E' questa la difficile sfida che gioca Atzara con il suo museo. «Recuperare la nostra memoria», dice il sindaco Sebastiano Serra, «vuol dire anche proporci come protagonisti all'interno di un movimento turistico che, oltre il mare, cerca l'anima culturale della gente».

E Serra, da buon consigliere provinciale allarga il discorso alla zona, cercando di concretizzare «un percorso comune con i paesi vicini che integri l'arte di Atzara con il parco dell'asino sardo di Ortueri, il fiorente agriturismo, beni culturali come il convento di San Mauro di Sorgono, le testimonianze archeologiche di Mena e Teti». Può una pinacoteca autorizzare questo sogno? Ne è convinto Pasquale Brandis, preside della facoltà ad indirizzo turistico di Economia e commercio dell'Università di Sassari, ci sperano gli amministratori comunali: «Negli anni Settanta si parlava teoricamente della cultura come risorsa», ricorda il sindaco di Olzai Bachisio Porru, «ora stiamo dimostrando che questo concetto può diventare realtà».

L'Unione sarda del 13.8.1995