Lettera del 30.12.2000

Dal 9 novembre 2000 questa "lettera di notizie" e' inviata tramite e-mail dai cooperanti di organizzazioni non governative italiane a centinaia di indirizzi. Chi non volesse piu' far parte di questa lista e' pregato di comunicarcelo . Confidiamo nella diffusione di questi nostri contributi.

Il nostro sito: http://web.tiscalinet.it/intifada2000 e' aggiornato al 21/12/2000 anche nella presentazione grafica

PROTEZIONE E SOLIDARIETA' INTERNAZIONALE PER IL POPOLO PALESTINESE : dal 2 DICEMBRE 2000 - IO, DONNA VADO IN PALESTINA

Interposizione nonviolenta in difesa della popolazione civile,iniziative con donne palestinesi e israeliane e altro organizzato dalle Donne in Nero - Donne Associazione per la pace-prossimi gruppi in partenza Sabato 6 gennaio e cosi via fino a quando sara' possibile-per iscrizioni e informazioni: LUISA MORGANTINI TEL. 0348-3921465- SEGRETERIA 06-69950217-FAX 06-69950200-EMAIL lmorgantini@europarl.eu.int

AUGURIAMO ALLA TERRA DI PALESTINA E AI MILIONI DI PROFUGHI UN ANNO MIGLIORE ? AUGURIAMOLO, LA SPERANZA NON SI PUO' PERDERE ! INSHALLAH....

Dal 29 settembre morti 322 Palestinesi - 41 israeliani.

Ieri NOVE palestinesi feriti a Ramallah, 11 a Hebron e 2 a Gaza

In questa Lettera:

GIORNALISTI SENZA VELINE

LA REPLICA di S.PIZZETTI e una NS PRECISAZIONE

SONDAGGI ISRAELIANI

DALLE DONNE IN NERO

 

SUL DOCUMENTO CLINTON

Nella precedente lettera abbiamo inserito la traduzione del documento Clinton tradotto dalla CNNItalia. Oggi forniamo la traduzione dell'articolo apparso su The Independent. Ci viene un dubbio : che sia "il manifesto" versione britannica ?

Il vertice di Sharm El Sheikh prometteva poco ai palestinesi

di Robert Fisk - The Indipendent (UK) 29 dicembre 2000

Alla fine era la solita vecchia storia . Gli israeliani avrebbero fatto "un ultimo passo per la pace." Avrebbero concesso probabilmente-_ secondo diversi imprecisi articoli di giornali occidentali- _ la "sovranità" ai palestinesi sopra il Monte del Tempio (la spianata delle moschee) a Gerusalemme. E Yasser Arafat sarebbe stato biasimato se avesse rifiutato l'ultima possibilita' per una vera pace nel medio oriente. A cio' era indirizzato il previsto summit a Sharm el-sheikh _ e su queste falsità è morto prima che iniziasse. Sicuramente Ehud Barak si e' tirato fuori. Sicuramente Arafat non poteva accettarne i termini, perché Israele offriva ai Palestinesi il "controllo" della superficie delle moschee, ma mai ha offerto la "sovranità." E da mezzogiorno di ieri, il consulente della sicurezza di Barak, Danny Yatom, diceva giusto questo. Barak -ha annunciato- "non firmerà un accordo che trasferisca la sovranità sopra il Monte del Tempio ai Palestinesi." Il risultato? Il mondo crede che Arafat rifiuti quello che aveva sempre richiesto e che l'annullamento del vertice di Sharm el Sheikh sia stato completamente colpa sua. Avendo verificato nel passato che Israele offriva il 92 per cento della Cisgiordania-_ ed anche il 94 per cento- _ ai palestinesi, gli americani hanno insistito che l'ultima proposta di Clinton avrebbe dato il 95 per cento a Arafat. Ma una lettura accurata del documento di Clinton prova che cio' e' falso. Con l'acqua del Mar Morto che diverrebbe "territorio" palestinese, con le "zone cuscinetto" dell'esercito israeliano, con " l'affitto" di Kiryat Arba, con l'esclusione delle aree della Cisgiordania illegalmente annesse da Israele intorno Gerusalemme (incluso il grande insediamento di Male Adumim), era verosimile che Arafat non ottenesse piu' del 64 o 65 per cento.

E l'Autorità palestinese conosce molto bene cosa vorrebbe dire "controllo" di Gerusalemme. Mentre gli uomini di Arafat raccoglieranno l' immondizia , dirigeranno il traffico e manterranno l'ordine tra il popolo, gli Israeliani continuerebbero ad avere il pieno potere su tutta Gerusalemme. Il " controllo " palestinese dei "quartieri" palestinesi di Gerusalemme ricreerebbe la follia delle aree A,B,C della Cisgiordania dove israeliani e palestinesi in modo diverso "controllano" tutta l'area o parti delle aree. Una strada di Gerusalemme avrebbe poliziotti palestinesi, la successiva israeliani. E gl'israeliani, sicuramente, potrebbero chiudere una strada giusto come possono chiudere attualmente una città della Cisgiordania. E poi c'era il "baratto" di aree palestinesi della Cisgiordania, che Israele manterebbe, in cambio di " qualche terra fuori la Striscia di Gaza nel sud del nostro paese," come ha detto un giornalista israeliano mercoledi' notte. Il piccolo dettaglio su questo pezzo di generosita' ,che non è stato menzionato, era che la "terra" che gli israeliani avrebbero concesso e' deserto. In cambio del mantenimento di insediamenti illegali costruiti nei territori Occupati , Arafat avrebbe un pugno di sabbia. Per i milioni di rifugiati, non ci sarebbe nessun "diritto al ritorno" -_ addio alla risoluzione 194 dell'ONU -_ soltanto una speranza che qualcuno potra' andare nella nuova "Palestina", dove non c'era la loro casa, o andare in Israele come parte di un accordo sulla riunificazione familiare. In realtà, _ e con migliaia di palestinesi in Libano o residenti in Europa settentrionale ed America ,_ questo è probabilmente quello che, un giorno, accadra'. Ma per questo, e per il resto delle proposte di Clinton, Arafat e Barak non avrebbero mai raggiunto un accordo. Questo e' piu' che certo. Insieme con il fatto che come maggior umiliazione Arafat è ancora una volta biasimato per rifiutare questa infame "ultima occasione di pace."

GIORNALISTI E COOPERANTI

Nella lettera del 24 us commentavamo il servizio RAI di "tal" Pizzetti. Il "suffisso" non voleva essere offensivo , solo che ci era sfuggito il nome. Abbiamo ricevuto la precisazione di Stefano Pizzetti che vi facciamo conoscere con una piccola replica.

"Ho ricevuto, grazie alla cortesia di Filippo Landi, la vostra newsletter del 24 dicembre.

Visto che sono chiamato in causa direttamente, vorrei fare alcune osservazioni.

1)Il "tale Pizzetti" e' un giornalista della redazione esteri del TG3, vincitore di concorso, disposto a fornire il proprio curriculum a chiunque ne faccia richiesta. Per conoscerlo, basterebbe comunque aver visto il TG3 negli ultimi quattro anni, possibilmente dopo aver tolto i paraocchi.

2)Mi si accusa di criminalizzare la religione islamica. Un esame anche distratto del mio lavoro passato, presente e spero futuro sarebbe sufficiente a dare una risposta. In ogni caso, la frase dello scandalo e': "la preghiera, A VOLTE, sfocia in violenza". Una semplice constatazione, credo inconfutabile. Ovviamente le parole in maiuscolo, nella vostra versione, sono state soppresse. Distrazione o censura?

3)Il ventidue dicembre scorso, a Gerusalemme, la polizia israeliana ha usato contro i palestinesi manganelli e bombe acustiche, non fucili. Altre volte ha sparato su bambini indifesi. Quel giorno no. Lo ho visto io e tutti quelli che erano presenti. C'erano molti agenti a cavallo, e' vero. E infatti l'ho scritto nel servizio andato in onda alle 14. Inutile dire che non ho ricevuto ne' letto resoconti della polizia. Semplicemente ero sul posto, a differenza forse degli autori della newsletter.

4)Quanto alla proposta dei corsi di formazione per giornalisti, mi pare proprio una bella idea. Cosa direste pero' se ad averla fosse il governo israeliano? Vi ringrazio, ma preferisco fare da me.

Vi sono comunque grato per l'attenzione con cui seguite il mio lavoro. Continuate a farlo, magari con piu' costanza. E fatemi sapere cosa ne pensate. La discussione e' sempre una bella cosa, basta non aver paura della verita'. Saluti e buon anno.

Stefano Pizzetti "

Purtroppo non riusciamo a seguire tutti i servizi di Stefano Pizzetti. Ne abbiamo ascoltato un altro nei giorni scorsi, sicuramente piu' equilibrato del precedente, anche se abbiamo colto un altra inesattezza, in cui cadono pero' diversi giornalisti. Si parlava "del governo di Gerusalemme" riferendosi al governo israeliano. Qualcuno usa mai la frase "il governo di Milano" riferendosi a quello italiano ? No. In questo caso solo Israele ritiene Gerusalemme sua capitale mentre internazionalmente la capitale riconosciuta e' Tel Aviv. Quindi non crediamo di essere " di parte " se chiediamo di essere chiari almeno su queste cose basilari.

Il sottolineare che la frase usata contenesse un " A VOLTE" non ci fa cambiare opinione. Anzi. Si ribadisce che "a volte" esiste una connesione diretta tra preghiera e violenza. Come se la moschea di Al Aqsa fosse un luogo da cui si danno direttive ai "terroristi" e ai "facinorosi", anche se "solo" a volte. Oppure che il pregare Allah serva da eccitante. Il tizio che ha messo la bomba a "il manifesto" si professa fervente cattolico, forse la mattina era anche andato in chiesa. Qualcuno di noi potrebbe mai accostare l'essersi recato a messa con la decisione di mettere la bomba ? La violenza , secondo noi, sta nei poliziotti che impediscono l'ingresso ad un luogo di culto, nei poliziotti che ostentano le armi in un luogo sacro; sta nell'umiliazione di costringere a pregare su una strada, nella sporcizia , di fronte ai cavalli e ai fucili; sta in un'occupazione ultratrentennale che viola i piu' elementari diritti umani. La violenza sta nelle cariche a cavallo, indiscriminate, con cui la polizia disperde un corteo che reclama i legittimi diritti per i palestinesi, prima ancora che parta una sola pietra. Questa e' una constatazione, non l'altra. Se avessimo ascoltato : "la presenza di centinaia di poliziotti in assetto di guerra e le umiliazioni ai fedeli riuniti in preghiera nella spianata e fuori di essa, innescano la violenza...." non ci sarebbe stata questa discussione.

Tutti i venerdi del Ramadan qualcuno dei cooperanti e' stato davanti le porte della citta' vecchia o dentro la citta' vecchia. Tutti i giorni, da anni non da settimane, molti di noi vivono qui, vedono, ascoltano e leggono cosa succede in questo paese. Anche il 22 dicembre. Forse dalla parte dov'era Pizzetti non hanno sparato, ma abbiamo una nostra foto che ritrae, tra la porta di Erode e quella di Damasco, un poliziotto inginocchiato che punta il fucile ad altezza d'uomo.... e non c'era un candelotto infilato nella canna.

Al di la' dei fatti specifici della giornata, in generale certamente non siamo noi ad avere paura della verita' , vorremmo che molti altri non la nascondessero o la travisassero. Siamo convinti che alcune cose di questo paese possano essere interpretate in vari modi ma e' certo che vi sono fatti incontestabili, basta farli conoscere. E siamo disponibili, anche per gli inviati RAI, a dare il nostro contributo.

BARAK SENZA SPERANZE

Un sondaggio pubblicato ieri dal quotidiano israeliano Yediot Aharonot, rileva che il 35 % degli israeliani pensa di votare Barak e il 48 % Sharon. Inoltre il 51% non e' d'accordo sulle proposte di Clinton mentre il 44% dice SI. Infine il 55% ha dubbi sul fatto che sia possibile un accordo che ponga fine al conflitto.

Un altro sondaggio pubblicato da Ma'ariv, altro quotidiano israeliano, rileva che sono il 55 % gli israeliani che pensano di votare Sharon. Il 45% pensa che le proposte di Clinton siano da respingere. Il 56% dice che Barak non deve fare accordi prima delle elezioni.

Dalle Donne in Nero riceviamo :

Manifestazione a Beit Sahour

Per lo smantellamento della base militare di Beit Sahour, responsabile di molte distruzioni nella comunita', si e' svolta una marcia a cui hanno partecipato gli abitanti della citta', pacifiste/I israeliane/I e straniere/i. Dal Campo dei Pastori (versione Greco-ortodossa) ci si muove fino al campo militare, attraversando la zona delle case piu' gravemente danneggiate dai bombardamenti.

La base non e' presidiata, entriamo dal primo cancello, mentre i soldati si tengono a distanza , una giovane donna del posto commenta: " e' la prima volta che metto piede su questa terra che appartiene alla nostra comunita'".

La gente si avvicina con cautela, qualcuno grida, in inglese, in ebraico, in arabo "andate a casa!". Poi, con la stessa calma con cui siamo arrivati, ritorniamo lungo la strada, piu' "disordinati" e mescolati di prima. Un uomo anziano con il cappellino di Gush Shalom discute in arabo con gli abitanti delle case distrutte (viene dall'Iraq), un gruppo di bambini palestinesi porta lo striscione di Gush Shalom, donne, uomini e giovani di diversa provenienza si scambiano domande e opinioni. Molti giornalisti scrivono, filmano, registrano. C'e' una sensazione di sollievo: tutto e' andato bene, nonostante i timori suscitati dall' attentato di Tel Aviv.

Beit Sahur, incontro con Gassan del Rapprochement Centre

Gassan ci racconta che il centro e' nato con la prima Intifada, che era servita ad attirare l'attenzione internazionale sul problema dell'occupazione della Palestina. Nella fase attuale si vogliono fare molte manifestazioni di massa nei luoghi-simbolo dell'occupazione: campi profughi, check point, linee di confine e basi militari, come quella di oggi.

E' costato molto lavoro convincere la popolazione di Beit Sahour ad accettare la partecipazione alla manifestazione dei pacifisti israeliani, per la rabbia della gente dopo le tante morti e le ingiustizie subite. Il successo della manifestazione, del tutto pacifica e senza incidenti, ha dimostrato a tutti che la base non e' intoccabile e che con i pacifisti israeliani e la presenza internazionalista si puo' addirittura entrare e manifestare perche' se ne vada.

Quando inizio' il lavoro di dialogo israelo-palestinese era chiaro che si apparteneva a campi contrapposti, ma se al mattino ci si scontrava, al pomeriggio ci si sedeva allo stesso tavolo per discutere: Gassan stesso e' stato arrestato da un ufficiale israeliano appartenente al suo gruppo di dialogo, ma non gliene ha portato rancore in quanto, se lo avesse visto attraversare in camionetta la sua citta', sicuramente gli avrebbe tirato una pietra. Sicuramente sono gli uni per gli altri nemici duri, ma si cerca di costruire un livello di rispetto reciproco e di fiducia basato sulla sincerita', sul non fingersi ne' piu' buoni ne' diversi da quelli che si e'.

I palestinesi non sono disposti ad accettare nessuna precondizione per la liberta' da parte degli israeliani: come ogni popolo anche il loro e' composto da estremisti e da moderati, e il dialogo in quanto tale deve essere basato sul riconoscimento gli uni degli altri per come si e', senza concessioni. Allo stesso modo i palestinesi odiano il sionismo, ma sono disposti a cercare una formula per poter convivere fianco a fianco.

Durante la guerra del Golfo tutti i momenti di dialogo israeliani-palestinesi si sono interrotti, tranne quello del centro di Beit Sahur.

Alla domanda su come sia potuto succedere che siamo entrati nella base e non c'e' stata reazione da parte dell'esercito, ha risposto che in primo luogo e' stato per la presenza dei media, poi per quella dei pacifisti israeliani e stranieri. Inoltre la manifestazione era stata accuratemente preparata per evitare che ci fosse la benche' minima provocazione da nessuna parte, calibrando attentamente fin dove arrivare in modo che gli animi non si scaldassero troppo e i soldati non si sentissero troppo minacciati. In realta' si e' trattato di un "esperimento" volto a testare la tolleranza reciproca. Non si sono presi accordi previ con l'esercito israeliano, non e' stata chiesta alcuna autorizzazione: pero' la manifestazione era stata comunicata ai partecipanti via e-mail, quindi loro ne erano al corrente perche' fargli una sorpresa avrebbe comportato delle conseguenze sgradevoli. Alla manifestazione di oggi erano presenti circa la meta' di palestinesi e il resto di stranieri e israeliani: l'obiettivo ora e' di rifarne altre fino a raggiungere una percentuale del 90% di palestinesi e il 10% di stranieri a fare da osservatori con la stessa modalita' pacifica e senza incidenti. Questa manifestazione, se non ci fossero stati occhi esterni ad osservarla e a fare da testimoni, sarebbe stata commentata dai media israeliani come un'aggressione violenta alla base, e l'eventuale reazione dei soldati sarebbe stata spacciata per "legittima difesa": invece non e' andata cosi'.

A una domanda sulla storia del Centro Gassam ha risposto che a Beit Sahur durante la prima Intifada si era iniziato con un grande movimento di disobbedienza civile, che solo in un secondo momento aveva prodotto una militanza pie' organizzata. L'attuale Intifada invece e' cominciata con uno straordinario sacrificio della giovane generazione, quindi si e' organizzata in militanza e ora dovra' sviluppare un movimento di disobbedienza ampio e di massa. In realta' il compito di questa nuova Intifada e' piu' difficile di quello affrontato dalla prima, che aveva messo il problema sotto gli occhi del mondo mentre da questa ci si aspetta che trovi la soluzione efficace e giusta per uscire da una situazione intollerabile.

A una domanda sul ruolo delle varie chiese in questa terra sacra per tante fedi religiose, Gassam risponde che in realta' alle chiese interessano i luoghi sacri, non le comunita' che vivono sul territorio, in parte anche per non inimicarsi nessuna delle parti in causa da cui un giorno potrebbe dipendere la loro permanenza qui. Infatti le chiese non sono chiese locali, ma vengono tutte da fuori. Ad esempio, a Beit Sahur una ruspa israeliana aveva scoperto casualmente un antico mosaico appartenente a una chiesetta sorta sul luogo dove Maria si sarebbe fermata per bere nel corso del suo viaggio da Nazareth a Betlemme, e senza pensarci due volte l'ha distrutto: nonostante il fatto sia stato segnalato a tutte le chiese presenti sul territorio, nessuna ha ritenuto di dover intervenire.

Il Centro ha organizzato un interessante sito web nel quale ha raccolto la documentazione fotografica e documentaria relativa alle 250 case danneggiate dalle bombe provenienti dalla locale base israeliana e alle famiglie che ci vivevano. Chiunque fosse interessato alla loro storia, o a raccogliere fondi per aiutare nella ricostruzione delle case e per ridare alle famiglie la possibilita' di tornare a viverci, puo' consultare l'indirizzo: www.rapprochement.org.

 

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