Lettera del 9 gennaio 2001

 

Dal 9 novembre 2000 questa "lettera di notizie" e' inviata tramite e-mail dai cooperanti di organizzazioni non governative italiane presenti in Palestina a centinaia di indirizzi. Chi non volesse piu' far parte di questa lista e' pregato di comunicarcelo . Confidiamo nella diffusione di questi nostri contributi.

Il nostro sito: http://web.tiscalinet.it/intifada2000 e' aggiornato al 21/12/2000 anche nella presentazione grafica ( il PC dal quale gestivamo il nostro sito ha subito un danno irreparabile. Stiamo cercando di trovare soluzioni alternative.)

PROTEZIONE E SOLIDARIETA' INTERNAZIONALE PER IL POPOLO PALESTINESE : IO, DONNA VADO IN PALESTINA

Interposizione nonviolenta in difesa della popolazione civile,iniziative con donne palestinesi e israeliane e altro organizzato dalle Donne in

Nero - Donne Associazione per la pace-per iscrizioni e informazioni: LUISA MORGANTINI TEL. 0348-3921465- SEGRETERIA

06-69950217-FAX 06-69950200-EMAIL lmorgantini@europarl.eu.int

In questa lettera:

Un articolo di Uri Avnery

Eliminators

Gaza divisa

 

Giorni fa riportavamo il rifiuto di Barak a fare "concessioni" (usiamo questo termine predominante tra i

massmedia anche se e' assolutamente scorretto, quasi che gli israeliani non siano gli occupanti e visto

che finora le concessioni le hanno fatte i palestinesi, se si parte dalla corretta lettura di tutte le risoluzioni

delle Nazioni Unite ) su Gerusalemme e i profughi. I palestinesi avevano chiesto tempo per decidere e ora

anche loro hanno detto no al piano Clinton. Dopo questo no la propaganda israeliana ha detto

sostanzialmente: che peccato che i palestinesi perdano questa occasione unica, noi invece saremmo stati

pronti a firmare..... e la TV e i giornali italiani come sempre hanno abboccato, dimenticando cosa Barak

aveva detto poche ore prima !!

 

Un articolo di un esponente israeliano sulle bugie di Clinton e Barak

 

La fine del Conflitto

 

di Uri Avnery (di Gush Shalom -associazione israeliana)

 

(da Indymedia news 7 gennaio 2001)

 

Il diavolo sa chi ha messo nella testa di Barak quelle 3 parole : "fine del conflitto". Quando ha chiesto di

mettere la " fine del conflitto" nell' "accordo quadro" (un altro neologismo di Barak), ha messo la

questione rifugiati in pieno sul tavolo del negoziato. Da allora l'inganno e' stato come una bomba a

orologeria. Era evidente che nessun capo palestinese avrebbe potuto firmare una "fine del conflitto"

senza una soluzione per 3.7 milioni di rifugiati palestinesi, esseri umani dispersi in tutta la regione.

Permettetemi di rilevare che questo problema - come quasi ogni problema umano- ha una soluzione. La

soluzione non soddisfera' entrambe le parti completamente, ma entrambe saranno in grado di convivervi.

Io cerchero' di esporre tale proposta in quest'articolo (una soluzione, credo, morale, giusta, praticabile ,

condivisibile). Ma anche questa soluzione richiede da entrambe le parti una immensa buona volonta', la

comprensione dell'altro, un onesto desiderio di riconciliazione, sensibilita' e tatto. In breve, quelle molte

caratteristiche che non si ritrovano nell'imperiosa e presuntuosa dichiarazione di Amos Oz e altri, un

mitologico saggio della "sinistra sionista", (pubblicata su Ha'aretz del 2 gennaio) che respinge ogni

compromesso su questa questione.Un dentista non tratterebbe la radice di un dente durante

l'infiammazione acuta. Curerebbe prima l'infiammazione . Questo e' vero anche quando il trattamento del

dente causa grandi sofferenze a due popoli. Innanzitutto vanno trattati i problemi acuti - Gerusalemme, la

Spianata delle Moschee-Monte del tempio- gli insediamenti, la sicurezza e i confini - prima che si crei il

giusto clima per la soluzione del problema rifugiati. E prima della soluzione del problema rifugiati,

nessuno annuncera' la "fine del conflitto".Ehud Barak, una persona priva di ogni capacita' di

comprendere la questione israelo-palestinese, circondato da ogni tipo di generali e servizi di sicurezza

che capiscono anche meno, ha sollevato la questione della "fine del conflitto" perche' questo risponde

ad una profonda ansia e inquietudine di molti israeliani e , dunque, trova accoglienza nella pubblica

opinione israeliana. Come un bambino che accende un fiammifero vicino ad una tanica di benzina, Barak

non conosce le prevedibili conseguenze.Quanto all'affermazione in se' : la dichiarazione di "fine del

conflitto" e' senza senso. Se le cause del conflitto non sono sradicate, la dichiarazione e' inutile. Se lo

sono, non e' necessaria. Si prenda , per esempio, il conflitto franco-tedesco. Alla fine della prima guerra

mondiale, in cui milioni di persone sono morte da entrambe le parti, i tedeschi sconfitti sono stati

costretti a firmare il trattato di pace di Versailles dichiarando, in pratica, la fine del conflitto. Il trattato

divise grandi parti del territorio della Germania, impose assurdi risarcimenti e dichiaro' che la Germania era

l'unica responsabile della guerra.Il trattato di Versailles fu la causa maggiore dell'ascesa di Adolf Hitler.

Con la sua voce isterica protesto' vigorosamente e continuamente contro i "14 anni di disgrazia e i 14

anni di vergogna" e chiese di mettere i "criminali tedeschi di Versailles" sotto processo. Il risultato e'

stata la seconda guerra mondiale, che ha ucciso dieci milioni di persone. Dopo questa guerra, tutti sono

stati piu' accorti. Nessuno scrisse un altro trattato e nessuno annuncio' la "fine del conflitto". Al

contrario, si determino' una realta' completamente nuova - l'Europa e' stata unita, le economie intrecciate,

gli eserciti inseriti nella Nato, i confini praticamente aboliti. Al giorno d'oggi un tedesco puo' risiedere in

Francia e un francese in Germania senza bisogno del passaporto. Il conflitto secolare e' finito senza

alcuna dichiarazione in merito. Un altro ancor piu' pregnante esempio : quando i tedeschi furono

d'accordo di pagare i risarcimenti (Wiedergutmachung) a Israele, non chiesero la dichiarazione di "fine

del conflitto". Se Ben Gurion e Sharett avessero firmato una dichiarazione del genere, sarebbero stati

mangiati vivi. Ma le procedure di risarcimento crearono un clima che mise fine al conflitto - e questo

dopo solo dieci anni dall'Olocausto ! Se Ehud Barak vuole sinceramente perseguire la fine del conflitto,

deve affrontare il problema in modo completamente differente. Invece di mercanteggiare come un

venditore al bazar, cercando di avere il piu' possibile pagando il meno possibile, deve proporre un

accordo disegnato per andare incontro, il piu' possibile, alle aspirazioni palestinesi. Un libero Stato di

Palestina, un confine aperto tra i due Stati, una capitale condivisa a Gerusalemme, collaborazione invece

di separazione, una prospera economia palestinese e il pensare che ognuno possa ricevere qualcosa

dalla collaborazione - tutto cio' puo' creare una nuova atmosfera di riconciliazione e mutua accettazione,

in cui anche il problema rifugiati possa avere una soluzione accettabile per entrambi. Questa e' la strada

per la fine del conflitto. Ma per questo c'e' bisogno di persone che non pensino alla prossima guerra ma

alla prossima pace.

 

da un servizio di Ha'aretz (giornale israeliano) del 3 gennaio 2001

 

Israele conferma che la politica di eliminazione potra' colpire figure di rilievo della Autorita' palestinese -

non escluso Arafat

In un intervista alla Radio Militare israeliana il vice ministro della difesa Ephraim Sneh ha detto : " per noi

non e' una nuova politica, coloro che sono mandanti di attacchi terroristici o che lo saranno possono

essere colpiti. - Questa e' la via piu' efficiente , precisa e giusta." Israele nel passato ha evitato di colpire

dirigenti della ANP, inviando le squadre di unita' speciali ad uccidere dirigenti e attivisti del movimento

di Fatah, che capeggia l'Intifada, o rivolta, i cui militanti armati sono stati il nucleo centrale degli scontri

con i soldati. Alla domanda se anche Arafat sia candidato alla liquidazione, Sneh sie' rifiutato di

rispondere direttamente: "Alla fine ogni decisione sara' valutata sulla base della convenienza - se

causera' piu' danni o benefici."

Ancora a proposito della liberta' e pace concessa ai palestinesi dopo Oslo. A Gaza l'esercito ancora la fa

da padrone e non solo dopo l'inizio dell'Intifada di settembre.

L'esercito divide la Striscia di Gaza in tre settori

da un articolo di Amos Harel (corrispondente militare di Ha'aretz- giornale israeliano- del 4 gennaio 2001)

L'esercito israeliano ha effettivamente diviso Gaza in tre parti, proibendo il traffico tra una parte e l'altra,

secondo un preciso ordine di Barak.Questa e' la prima volta che l'esercito e' stato autorizzato a prendere

questa misura estrema. Nel passato l'esercito aveva effettuato una sola divisione , tra il nord e il sud della

Striscia.L'esercito ora impedisce i movimenti dalla citta' di Gaza attraverso Netzarim verso sud , cosi' come

tra i campi profughi del centro ai villaggi di Rafah e Khan Younis.

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