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Indice

Lettera del 12 marzo 2001


Il nostro sito : http://web.tiscalinet.it/intifada2000/


A HEBRON

Giovedi' ci eravamo fermati prima di darvi la notizia che la polizia israeliana aveva permesso ad un gruppo di coloni fanatici di Kyriat Arba di celebrare la festa del Purim sulla tomba di Goldstein. Alcune note per spiegare le cose di cui stiamo parlando. Anche se in molti gia' sanno e' meglio ripetere: Il gruppo di coloni fanatici di Kyriat Arba: appartengono alla fazione estremista del movimento di destra israeliano Kach; sono armati; piu' volte i membri della fazione sono stati condannati per crimini sanguinosi contro I palestinesi; negli stati Uniti la fazione e' stata messa fuori legge. Kyriat Arba: uno degli insediamenti israeliani piu' provocatori della West Bank a poche centinaia di metri dalla citta' palestinese di Hebron, popolato per lo piu' da estremisti e fanatici religiosi ebrei. Goldstein: Baruch Goldstein esattamente sette anni fa, in occasione del Purim, entro' nella moschea di Ibrahim, o sinagoga dei patriarchi e apri' il fuoco sui palestinesi musulmani in preghiera; piu' di 20 palestinesi morirono non solo per mano di Goldstein, ma anche grazie al 'pronto' intervento dell'esercito israeliano, che quando vide uscire di corsa dalla moschea la folla di palestinesi impauriti, penso' bene di sparare nel mucchio. Il Purim: e' semplicemente la festa del carnevale, quella che non solo i bambini ebrei amano in tutto il mondo. Torniamo a noi. Perche' ci eravamo fermati prima di darvi la notizia? Perche' proprio mercoledi' sera, alla vigilia del Purim, la polizia israeliana aveva deciso di vietare la 'festa'. Il venerdi' e' arrivata invece la conferma che l'allegra brigata ha invece ottenuto il permesso di 'festeggiare', uniche due condizioni imposte dalle forze di sicurezza israeliane: starsene a qualche decina di metri dalla tomba e non fare discorsi politici. Ovviamente la notizia era relegata nella sezione della cronaca locale dell'Ha'aretz. DOMENICA gli stessi coloni di Hebron hanno ingaggiato scontri con i palestinesi e attaccato anche i giornalisti presenti. La RAI c'era ? Bonavolonta', dov'eri ? Un pastore palestinese, Khaled Mousa Al-Najar, di 45 anni e' stato ferito seriamente da un colpo sparato da un colono israeliano dell'insediamento vicino Yatta. La radio dell'esercito ha detto che il colono ha confermato di aver sparato. pero' nessuno lo ha arrestato. Un altro ragazzo di 16 anni e' stato ferito vicino il campo profughi di Jabalia a Gaza. Ai pellegrini palestinesi di ritorno dal viaggio rituale alla Mecca e' stato impedito di tornare all'aeroporto di Gaza. le autorita' israeliane hanno costretto le migliaia di pellegrini ad atterrare in un aeroporto egiziano nel Sinai e da li' viaggiare in autobus per ore fino al confine di Rafah per entrare a Gaza. Non possiamo smettere di ripetere che l'aeroporto dovrebbe essere in area A sotto sovranita' palestinese e invece.........!

CLONAZIONE E SIONISMO, una nuova prospettiva su cui riflettere. Diverse proteste del mondo scientifico e politico si sono alzate verso la possibilita' di clonare esseri umani. E il ginecologo italiano che ha parlato di questa immininente possibilita' ha detto che nel caso venissero frapposte difficolta' ai suoi interventi chiedera' asilo scientifico ad un paese che e' disposto ad offrire tutto il supporto economico e tecnico. Qual'e' questo paese ? Perbacco, ISRAELE. Vorranno clonare i soldati che sparano ai palestinesi ? oppure vincere la guerra demografica con i palestinesi? Il dubbio ci assale.

Abbiamo ricevuto un articolo gia' tradotto, e ringraziamo, che volentieri diffondiamo anche se e' di un mese fa.

La tragedia si approfondisce

di Edward Said

3 Febbraio

Nessuno sa realmente se l'Intifada si è temporaneamente calmata perché Yasser Arafat ha espresso la sua disapprovazione pubblica il 17 Novembre o se il momento di calma era solo di breve durata causato dalla fatica o dalla ricerca di nuove posizioni. Nonostante l'enorme costo di vite e di proprietà ai Palestinesi, comunque, i problemi essenziali rimangono ed Israele continua il suo cieco e stupido assalto ai Palestinesi con strangolamento, blocco economico e il continuo bombardamento senza tregua delle città e dei paesi. Ad ogni leader arabo che aveva salutato l'elezione di Barak un anno e mezzo fa dovrebbe ora chiedersi di ripetere le sue dichiarazioni cosicché la loro mancanza di sincerità si possa dimostrare di nuovo. Trovo i comportamenti ufficiali arabi incomprensibili, avendo speso la maggior parte della mia vita cercando di decifrarli secondo le leggi della ragione ed il comune senso. Seriamente credevano che Barak era il salvatore del processo di pace, e se, così, non erano consapevoli che salvare il processo di pace non era niente altro che prolungare l'agonia Palestinese? Pensavano che era diverso dal "grande eroe" di guerra che aveva dedicato la sua carriera ad uccidere Arabi, e se lo pensavano perché hanno impiegato così tanto a scoprirlo? Il servilismo agli Stati Uniti richiede così tanto servilismo, così tante acrobazie, una tale complicata alterazione e deviazione e una così profonda prostrazione? Per quanto tempo e per che cosa si aggrappano ad uno status quo repressivo e di fondo reazionario con né la volontà né la capacità di fare la guerra e né di vivere in pace, semplicemente di soddisfare una lontana e arrogante superpotenza che ha mostrato a loro ed al loro popolo così tanto disprezzo, inumanità e totale, indicibile crudeltà? Non possono fare qualcosa di più sostanzioso di quello che stanno facendo mentre Israele usa elicotteri con mitragliatrici per uccidere i civili Palestinesi e distruggere le loro case, mentre gli Stati Uniti forniscono ad Israele con il più grande ordine di sempre elicotteri d'attacco durante gli ultimi 10 anni ed Israele ha aumentato di 500 milioni (di sheckel N.d.T.) il budget per gli insediamenti? Nessuna parola ufficiale di protesta contro la politica degli USA che ha portato una così grande catastrofe al nostro popolo. È questa timidezza che permette ai politici degli Stati Uniti, di cui il non rimpianto Dennis Ross - il mediocre individuo che ha fatto più con una mano per soddisfare gli interessi di Israele che nessun altro-non è l'unico, a dire che gli Arabi confidano negli USA e nelle sue politiche e rimangono loro stretti amici ed alleati. Sicuramente è giunto il momento di parlare francamente di una ipocrisia e di una brutalità senza pari, invece di rimanere silenziosamente ed umilmente mentre sempre più Palestinesi vengono uccisi dalle armi pagate dai contribuenti degli Stati Uniti. Ma il cuore della tragedia è quello che sta accadendo alle stesse vittime, il Popolo Palestinese. Qui si deve parlare e pensare razionalmente, non lasciarsi andare all'emozione e alle passioni del momento che troppo influenzano la mente. La mia impressione generale è che i Palestinesi ovunque avvertano l'assenza di una vera leadership, una voce o un'autorità che possa parlare sia del presente sia del futuro con un poco di visione, qualche articolazione di un obiettivo coerente comprendente oltre le solite banalità che ripetono quello che è ovviamente destinato a rimandare decisioni. Nessuno dubita che i Palestinesi stanno combattendo contro l'occupazione militare e lo stanno facendo da 33 anni. Ma ci sono quattro milioni di rifugiati che lottano contro l'esilio, inoltre un milione di cittadini Palestinesi d'Israele che stanno vivendo sotto un regime di discriminazione razziale e religioso che è stato per troppo tempo nascosto dietro una fatua etichetta come la "democrazia israeliana". Uno dei molti problemi di Oslo è stato che i negoziatori Palestinesi si erano concentrati esclusivamente sull'occupazione, fino a trascurare le altre due dimensioni. Dovrebbe essere definitivamente chiaro che in tutti e tre i problemi è contro il sionismo che noi combattiamo, e fino a che non avremo una leadership in grado di formulare una strategia integrata su tutti e tre i fronti, noi non avremo una leadership. La tragedia è che l'Intifada continua, tragicamente ogni giorno vittime muoiono, in una cornice o scenario politico che approfondisce le differenze fra i Palestinesi invece di avvicinarli. Abbiamo bisogno di una nuova voce. Di nuova immaginazione, di una nuova verità. Non è chiaro ora che i vecchi slogan come "uno stato Palestinese" o "Gerusalemme nostra capitale" ci ha condotto all'impasse? Non ci aspetteremmo che un vero leader parli ai Palestinesi onestamente, senza timori, senza doppiezza o senza ammiccamenti agli USA e ad Israele, e disegni un percorso verso ciò che lega insieme occupazione, esilio e discriminazione razziale? Perché continuare a deludere il Popolo con una vuota speranza che la "lotta", una parola che sembra voler dire che altri farebbero i morenti, comprenderà in generale tutto il mondo arabo e i Palestinesi in particolare per tutto quello così a lungo voluto? È allarmante che dopo più di mezzo secolo di rumore, di spargimento di sangue e di ricchezze, di militarizzazione, di abrogazione della democrazia e delle più elementari richieste di (diritti di) cittadinanza nel mondo arabo, ci troviamo ad affrontare lo stesso nemico, le stesse sconfitte, gli stessi espedienti tattici ed ipocriti doppia faccia con gli stessi stanchi arsenali di minacce, promesse, slogan e clichè, tutto di cui si è dimostrato più o meno senza valore ed hanno prodotto gli stessi fallimenti dal 1967 ad Amman all'Ottobre 1973 a Beirut a Oslo? Nessuno può negare che la Palestina è un'eccezione a quasi tutti i problemi coloniali dei passati 200 anni. È un'eccezione, ma non rimossa dalla storia. La storia umana è piena di cose analoghe, se non assolutamente le stesse, istanze, e quello che mi ha sorpreso, come chiunque viva lontano dal Medio Oriente ma vicino ad esso in tutte le maniere, è come isolati dal resto del mondo noi manteniamo noi stessi, laddove, io credo, una grande lezione può essere appresa da altri popoli oppressi nelle Americhe, in Asia in Africa e perfino in Europa. Perché resistiamo a paragonarci, per dire, ai Neri del SudAfrica, o agli Indiani d'America, o ai Vietnamiti? Non intendo meccanicamente o servilmente, ma piuttosto creativamente e con immaginazione. Il defunto Eqbal Ahmad, che era certamente uno dei due o tre più brillanti analisti di storia e politica contemporanea che abbia mai conosciuto, ha sempre centrato l'attenzione sul fatto che i movimenti di liberazione di successo hanno avuto successo precisamente perché avevano impiegato idee creative, originali e fantasiose mentre in altri meno di successo (come il nostro) c'era una pronunciata tendenza a formule ed una ripetizione prosaica di slogan del passato e modelli passati di comportamento. Prendete come esempio primario l'idea della lotta armata. Per decadi abbiamo nutrito le nostre menti con idee su fucili e uccisioni, idee che dal 1930 fino ad oggi, ci hanno portato copiosi martiri, ma non hanno avuto che un piccolo effetto reale non così tanto sul sionismo ma sulle nostre idee su quello che avremmo fatto in seguito. Nel nostro caso, il combattimento è fatto da un piccolo coraggioso numero di persone messi contro ad un pronostico senza speranza, per esempio, pietre contro elicotteri, carri armati Merkava missili. Tuttavia uno sguardo veloce ad altri movimenti - per esempio il movimento nazionalista degli Indiani d'America, il movimento di liberazione Sudafricano , il movimento americano per i diritti civili - ci dicono prima di tutto che solo un movimento di massa che impieghi tattiche e strategie che massimizzano l'elemento popolare ha sempre fatto la differenza sull'occupante e/o sull'oppressore. Secondo, solo un movimento di massa che è stato politicizzato e ed impregnato con una visione di partecipare direttamente alla creazione del suo proprio futuro, solo così un movimento ha una possibilità storica di liberarsi dall'oppressione e dall'occupazione militare. Il futuro, come il passato, è costruito dagli essere umani, Loro, e non mediatori lontani o salvatori, sono gli artefici del cambiamento. Mi è chiaro, per esempio, che il compito immediato in Palestina è di stabilire l'obiettivo di liberarci dall'occupazione usando mezzi fantasiosi di lotta. Ciò coinvolgerebbe necessariamente un gran numero di Palestinesi intervenendo direttamente nel processo di costruzione degli insediamenti, bloccando strade, impedendo ai materiali da costruzione di entrare, in altre parole, isolare gli insediamenti invece di permetterli, di contenere un piccolo numero di persone, per isolare e circondare i palestinesi, come sta accadendo oggi. E' anche vero che i lavoratori che hanno costruito gli insediamenti quotidianamente sono in effetti Palestinesi: ciò dovrebbe fornire abbastanza una semplice idea di come profondamente ingannato, fuorviato e spoliticizzato il Popolo Palestinese sia oggi. Dopo 33 anni di costruzione di insediamenti, i lavoratori Palestinesi dovrebbero essere immediatamente forniti di un impiego alternativo dall'Autorità Palestinese. Non possono pochi dollari essere risparmiati da quei milioni spesi per una vana sicurezza e una burocrazia improduttiva? Questo è naturalmente una colpa della leadership, ma infine lo è anche dei singoli individui che conoscono meglio -- professionisti, intellettuali, insegnanti, dottori e così via - che hanno il potere di esprimersi ed i mezzi per farlo, cosi chi non ha esercitato abbastanza pressione sulla leadership per renderla sensibile alla situazione. E nello stesso tempo c'è la più grande tragedia di tutte: un popolo sta dando tutto se stesso, perdendo il fiore della sua gioventù e delle sue energie in un valoroso confronto con un nemico crudele e implacabilmente sadico che non ha rimorso a togliere il respiro ai Palestinesi fino alla morte, ed ancora Mr. Arafat è in silenzio. Egli non ha indirizzato sinceramente ed onestamente al suo popolo, da quando la crisi è scoppiata, neppure 10 minuti di un comunicato televisivo per darli forza, per spiegare le sue politiche per dire alla gente dove ci troviamo, come ci siamo arrivati, e dove, dopo tutto questo spargimento di sangue e di sofferenza, stiamo andando. Non solo un minuto speso a dire la verità al suo popolo, anche quando gira il mondo dalla Francia alla Cina, incontrando presidenti e primi ministri senza giovamento alcuno. Il suo cuore è di pietra, la sua coscienza è completamente anestetizzata? Trovo ciò sbalorditivamente incomprensibile, e questo dopo 30 anni a portarci da una catastrofe ed un'avventura mal considerata ad un'altra, senza respiro e senza neppure un sussurrato "grazie per sopportare me e i miei spaventosi, incredibili errori e calcoli errati per così tanto tempo!" Per primo io mi sono nutrito del suo atteggiamento di disprezzo del suo popolo, e per la sua insensibile imperturbabilità d'autocritica, la sua incapacità sia ad ascoltare sia di considerare seriamente altre persone, le sue ambiguità senza fine, la segretezza e gli irrazionali barcollamenti da un benefattore all'altro, tutto questo mentre lasciava il suo popolo a lungo sofferente a difendersi da solo. Guida, Mr. Arafat, guida il tuo popolo, e se non puoi o non vuoi farlo, dillo chiaramente. Ma cosa si è fatto da quando Oslo iniziò, si è dovuto ingannare, abbindolare fare accordi segreti di cui hanno approfittato alcuni dei molti politici corrotti che ti circondano, ma la nostra situazione generale è diventata peggiore, molto peggiore. L'Al-Aqsa Intifada è un'Intifada contro Oslo e contro le persone che l'hanno costruito, non solo Dennis Ross e Barak, ma una piccola cricca irresponsabile di ufficiali palestinesi. Queste persone dovrebbero avere ora la decenza di mettersi di fronte alla loro gente, ammettere i loro errori, e chiedere (se posso ottenerlo) un sostegno popolare se c'è un piano. Se non c'è (cosa che sospetto) dovrebbero avere l'elementare cortesia alla fine di dire così. Solo facendo questo può esserci qualcosa in più di una tragedia alla fine del cammino. I responsabili Palestinesi che hanno firmato la spartizione di Hebron, hanno firmato molti altri accordi senza ottenere prima un'assicurazione che gli insediamenti cessassero ( o per lo meno non aumentassero) e che tutti i segni di un'occupazione militare venissero cancellati. Devono ora spiegare pubblicamente a che cosa pensavano che stessero facendo e perché lo hanno fatto. Poi devono lasciarci esprimere i nostri punti di vista sulle loro azioni e sul loro futuro. E per una volta devono ascoltare e cercare di mettere l'interesse generale davanti ai propri, nonostante i milioni di dollari che hanno sciupato o sperperato lontano in appartamenti a Parigi e costose proprietà immobiliari e lucrosi affari firmati con Israele. Quando è troppo, è troppo..


Aggiornamento della Lettera del 12 marzo 2001

MANIFESTAZIONE A RAMALLAH.

Questa mattina siamo riusciti a raggiungere Ramallah dopo una lunghissima attesa al nuovo check point posizionato dall'esercito israeliano prima del campo profughi di Kalandia. Il corteo, di almeno tremila persone, è partito dall'Hotel Best Eastern e si è avviato sulla strada che fino a qualche giorno fa collegava Ramallah al villaggio di Birzeit, dove si trova una delle più grosse e importanti università palestinesi. Diciamo portava, perché appena dopo due curve abbiamo visto con i nostri occhi quello che tre sere fa l'esercito israeliano ha fatto per sbarrare quella strada. I buldozer israeliani hanno tagliato la strada, scavando tre trincee a distanza di circa trecento metri l'una dall'altra, profonde almeno un metro. L'asfalto in pezzi, accumulato insieme a terra e sassi a formare delle barriere da un lato e dall'altro di queste voragini. Ovviamente nessun mezzo di trasporto era in grado di sorpassare questi ostacoli, dunque all'incirca 30 villaggi, con più di 65000 abitanti isolati dal resto dei Territori Palestinesi. Insieme al corteo abbiamo raggiunto la prima trincea e quindi la seconda dove si è tenuto un breve comizio. C'era la Ashrawi, Abed Rabbo, Mustafa Bargouti e altre personalità oltre ai molti studenti e professori dell'Università di Birzeit. Non appena chiuso il comizio c'è stato un generale passaparola, sono saltati fuori pale e picconi e la gente ha cominciato a rimuovere i sassi, anche a mani nude, e a riempire le trincee con i pezzi di asfalto frantumato. Tutti insieme, professori, studenti, pure qualche giornalista. Intanto sulla collina a ridosso della strada e su una strada secondaria i soldati israeliani sorvegliavano i movimenti dei manifestanti. Il carro armato che stava posizionato nel punto più alto ogni tanto muoveva il cannone, puntando ora su una trincea ora sull'altra. Dopo una mezz'ora di lavoro di piccone sono arrivati due buldozer palestinesi che finalmente sono riusciti a colmare due delle tre trincee. Quando la terza finalmente è stata riempita con le pale è passata una prima auto, poi un'ambulanza e poi due taxi e c'è stato un generale battimano. Finalmente ci siamo detti tra noi, una manifestazione riuscita. Sarà stato anche per il folto numero di giornalisti, eppure fino a quel momento nulla poteva andare meglio. Fatto sta che non appena i buldozer palestinesi hanno iniziato a percorrere a loro volta la strada appena aperta i soldati israeliani hanno iniziato a sparare bombe lacrimogene sulla folla che li accompagnava. Nessuno aveva tirato un sasso contro di loro né erano stati degnati della minima attenzione da parte di coloro che erano impegnati a scavare o semplicemente a guardare. Dopo il primo lacrimogeno ne sono arrivati altri e anche qualche colpo di quelli che solo i giornalisti ormai osano chiamare proiettili di gomma. Ne abbiamo raccolto qualcuno e forse la gomma gli era rimasta impigliata nelle canne dei loro fucili. A seguito di questo vero e proprio attacco israeliano il gruppo di manifestanti si è spezzato in due: un gruppo dalla parte di Ramallah, e uno, nel quale ci trovavamo noi, dalla parte di Birzeit. Molte persone hanno cercato di scappare in direzione di Ramallah, passando per i campi. Ma non era facile. Dall'altro troncone del gruppo i ragazzi hanno incominciato a lanciare sassi e i militari hanno continuato a sparare gas lacrimogeni e pallottole, indiscriminatamente. Una di queste 'bombe' lacrimogene ha colpito anche un giornalista che aveva la telecamera in spalla. In un momento di calma si è deciso di riunirsi tutti dalla parte di Ramallah, dove comunque stava il grosso dei partecipanti e pacificamente ci siamo incamminati sulla strada sotto tiro israeliano. Una volta ricomposto il gruppo la tensione è salita nuovamente: altri lacrimogeni e altre sassaiole. Vi possiamo assicurare che i lacrimogeni utilizzati non sono come quelli italiani. Innanzitutto provocano un senso di soffocamento immediato, poi inizia la lacrimazione e la salivazione e la faccia brucia da morire. Abbiamo visto alcune persone barcollare e cadere, solo per aver inalato da vicino i fumi di questi lacrimogeni. L'esercito israeliano comunque non si è fatto remora di sparare altri gas su coloro che si sono arrischiati a prestare soccorso alle persone svenute. Hanno sparato qualche colpo anche sulle ambulanze, che comunque hanno potuto soccorrere decine di persone. Il personale paramedico del Medical Relief era impegnatissimo a distribuire fazzoletti o cotone imbevuto di profumo. Vicino alle ambulanze abbiamo visto anche una donna disperata. Ci hanno raccontato che il fagotto che teneva in mano racchiudeva una bambina di solo due giorni. Era disperata perché doveva tornare a Birzeit e non sapeva come fare per passare dall'altra parte delle trincee tenute sotto tiro dagli israeliani. Dopo circa un'ora è arrivato il buldozer corazzato dell'esercito israeliano per riaprire le trincee colmate e chiudere i varchi aperti. Due o tre ragazze dell'università sono corse incontro al mezzo corazzato e tenendo uno striscione che recitava Esercito Israeliano Assassino, si sono sdraiate davanti al mezzo corazzato. Inutilmente i soldati hanno sparato altri gas lacrimogeni e bombe suono. Loro sono rimaste davanti al buldozer che ha dovuto aggirarle tornando sulla collina. Una volta sceso dall'altra parte un'altra volta la resistenza passiva ha avuto la meglio sull'esercito e il buldozer non è potuto intervenire. A questo punto il grosso del gruppo ha deciso di unirsi alle ragazze sedute davanti alle camionette israeliane. E' arrivato anche Marwan Barghouti, il leader dei Tanzim, che ha chiesto ai ragazzi di smettere il lancio delle pietre, per marciare tutti insieme pacificamente verso i soldati israeliani e unirsi davanti a loro al gruppo delle ragazze non-violente. Tuttavia non appena il gruppo di Barghouti si è avviato sulla strada i soldati israeliani hanno iniziato a sparare altri lacrimogeni e altre pallottole . Tre o quattro volte il gruppo è dovuto scappare indietro e rifugiarsi dietro a mucchi di sassi, mentre le sassaiole sono riprese. Gli uomini di Barghouti hanno convinto i ragazzi a smettere con i sassi per tentare una quarta volta di marciare pacificamente sulla strada. Non appena il gruppo ha tentato di avviarsi sulla strada, un uomo vicino a Marwan Barghouti si è improvvisamente accasciato. Le urla, i gesti e sono arrivate le ambulanze. Non si era sentito alcuno sparo in quel preciso istante e quindi probabilmente i soldati israeliani hanno usato armi con il silenziatore. Abbiamo saputo dopo che quell'uomo è stato trapassato da parte a parte ed è morto semplicemente perché aveva deciso di marciare senza pietre in mano. Ovviamente non rappresentava alcuna minaccia di vita per i soldati israeliani che centocinquanta metri più in là si riparavano dietro a camionette corazzate, protette dall'alto dal cannone di un carro armato. Abbiamo visto l'operatore della Rai con l'assistente ma del nostro Bonavolonta' nessuna traccia. Ed infatti al TG3 delle 14:20 lui si e' fatto riprendere dal solito balcone a Gerusalemme Ovest . Forse per questo ha riferito che sono stati i palestinesi a cominciare per primi a tirare sassi; lui non c'era ! Mentre e' stato evidente a tutti quelli che c'erano che un lancio di pietre e' iniziato solo dopo il gas da parte israeliana. E noi che ieri , avendo visto il servizio da Ramallah, ci eravamo illusi che avesse iniziato a muoversi attraverso i luoghi della sofferenza e della frustrazione !

Balsam
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