In questa lettera:
Corrispondenza da Jabalia
Articolo da Haretz
"Ritorno a Jabalia" - di Lino Zambrano
Lascio alle spalle il piazzale desolante e desolato del confine
di Eretz. Esco dalla Striscia di Gaza dopo due giorni di permanenza,
trascorsi per la maggior parte nel campo profughi di Jabalia. Eretz
e' desolante anche con il nuovo capannone e i nuovi uffici con l'aria
condizionata destinati al controllo delle auto e dei passaporti
degli stranieri e dei diplomatici. Le innovazioni non possono nascondere
le garitte tutte intorno da dove spuntano i fucili. Desolato perche'
il vociare che accompagna l'entrata e l'uscita dei lavoratori palestinesi
non lo senti. Da settembre poche decine sono coloro che hanno ancora
un lavoro. Tutto e' silenzio, anche quel corridoio protetto da sbarre
e tettoia in ferro, freddo d'inverno bollente d'estate, che e' la
via di passaggio per i sottopagati che vanno a lavorare in Israele.
Loro non hanno l'aria condizionata. Eretz, la porta del purgatorio,
un purgatorio chiamato Striscia di Gaza. Un posto in una condizione
indefinita, dove hanno aspettato il cambiamento fino ad Oslo e che,
dopo dieci anni di speranza, forse ora non sperano piu'. Jabalia
ti colpisce subito per due cose. Il grigio e la polvere mista a
sabbia. Il grigio dei muri, con i mattoni forati a vista, non ci
sono le possibilita' economiche per gli intonaci, e il grigio delle
lamiere sui tetti delle baracche. Ma non servono per gli attrezzi
agricoli. Ci abitano esseri umani. Cinque, sette, dieci per stanza,
i materassi uno sull'altro durante il giorno per fare spazio, la
notte tutti insieme per terra. E poi la sabbia. Ovunque. Sulle auto,
sulle persone, sul cibo, sui tetti. Le strade sono di sabbia. Qui
a Jabalia non c'e' l'asfalto o il porfido. Cammini che sembri di
stare in spiaggia o nel deserto, il deserto dell'immobilita'. Un'immobilita'
che i rifugiati vivono da cinquantatre anni. Jabalia e' divisa tra
il villaggio e il campo profughi. Centomila persone in poco piu'
di un chilometro quadrato. Senza fogne, alcuni senza acqua ed elettricita'.
Ho visto la prima volta Jabalia nel 1991, rimasi impressionato,
dopo dieci anni che altro termine usare ?. Penso solo che sono passati
dieci anni ma nulla e' cambiato. I profughi non sono stati neanche
baciati da Oslo, la responsabilita' e' rimasta all'Unrwa, l'agenzia
delle Nazioni Unite, l'autorita' palestinese non puo' intervenire
e forse non ha neanche la forza economica per un intervento del
genere. Sono al Centro di recupero scolastico diretto da Hussam
Hamdouneh. Continuo volontariamente a seguire il progetto integrato
tra affido a distanza e sostegno alle attivita' del centro portato
avanti dal Comitato milanese di Salaam Ragazzi dell'olivo. In poche
settimane 40 bambine e bambini tra i 6 e gli 11 anni hanno incontrato
una famiglia italiana. Il centro ha due sedi, circa 230 bambine
e bambini delle elementari usufruiscono dei suoi servizi. Il personale
del centro, in collaborazione con le maestre, individua gli alunni
che presentano difficolta' nell'apprendimento e nel mantenere il
livello scolastico dei coetanei, visitano le famiglie, cercano di
conoscere i motivi del disagio, invitano le famiglie a mandare i
figli al centro a fronte di una retta assolutamente simbolica o
gratuitamente. Ma il centro non e' solo doposcuola, e anche un luogo
dove i bambini giocano e vengono seguiti da consulenti che li aiutano
a superare i loro disagi e le loro angoscie. In questi due giorni
incontriamo dieci di questi bambini. In altre venti famiglie sono
andato la volta scorsa. Visito, accompagnato da Hussam e due collaboratrici
assistenti sociali, i luoghi dove i bambini vivono e dovrebbero
fare i compiti che le maestre assegnano. Non sono pedagogista o
psicologo ma posso immaginare le difficolta' di un bambino a trovare
la serenita' per il suo studio giornaliero, che a quell'eta' tocca
anche i bambini del mondo ricco. Padri disoccupati o deceduti, condizioni
di vita degradate, sovraffollamento, difficolta' o assenza di possibilita'
di condividere con i genitori il proprio percorso scolastico. Incontrare
queste famiglie e vedere con i propri occhi le loro condizioni fa
capire perche' non possono ancora pagare per l'arroganza israeliana.
La strada e' sempre meno trafficata. E' il periodo di Shabat che
inizia. Questo, e il limite di velocita' a 90 imposto sulle strade
israeliane, lascia spazio ai pensieri. E aiuta ad elaborare cio'
che hai dentro. Anche questo paesaggio in fondo e' triste, anche
se c'e' la luna piena. Come si puo' pensare che un intero paese
si fermi dal venerdi sera. Forse anche questo e' uno dei motivi
della forsennata costruzione di strade a 4 corsie da parte degli
israeliani, con uno scempio dell'ambiente assolutamente inaccettabile
per lo standard italiano. Ma visto che i trasporti pubblici si bloccano
come farebbero i non religiosi a muoversi? Negozi chiusi, stazioni
di benzina deserte, fermate degli autobus vuote. Un po' di colore
solo dai rivenditori di fiori, evidentemente arabi che danno agli
israeliani la possibilita' all'ultimo momento di adempiere il rito
dei fiori in casa durante il sabato. Guardare negli occhi i bambini
di Jabalia mi fa pensare anche a quanto sia diversa questa Intifada
da quella del 1987. Ricordo che in quegli anni eravamo tutti d'accordo
nel definire i bambini palestinesi belli, allegri, consapevoli di
vivere una grande speranza. Ricordiamo tutti le fotografie che facevano
il giro dell'Italia. Penso che quella fosse l'Intifada della speranza.
La speranza di un popolo che stava lottando per un futuro diverso
e migliore, c'era l'occupante ma i bambini sorridevano quando ti
incontravano, pensavano che loro avrebbero avuto un futuro nuovo.
Oggi i bambini non sorridono piu', i loro visi sono tristi, gli
occhi sembrano spenti. Il direttore del centro mi diceva che il
giorno dopo i bombardamenti e' praticamente impossibile svolgere
le lezioni. Ognuno vuole raccontare solo della notte trascorsa e
di cio' che ha provato. Ma sulle loro faccine si vede la paura,
l'angoscia, il ricordo delle notti dopo notti svegliati dalle cannonate,
le immagini di morte che la televisione manda in continuazione sostituendole
ai cartoni animati, i funerali dei parenti, degli amici , dei vicini.
E gli adulti sono irascibili, depressi, per strada e' venuta meno
l'affabilita' verso lo straniero, il diverso. Ayah, una bimba incontrata
in una delle famiglie, e' nata il 26 dicembre. E' la nipote di un
bambino affidato, vive con la famiglia della madre e del padre,
sono 24 persone in 3 stanze. Il padre l'ha concepita ma non e' riuscito
a vederla nascere. Gli israeliani lo hanno ammazzato a Eretz il
10 novembre. Ayah non conoscera' le mani del padre che la sollevera'
al cielo. In questo luogo la speranza sembra svanita, questa e'
l'Intifada della disperazione. Nella notte e' stata bombardata una
stazione della polizia palestinese a Beit Laya, un altro campo profughi.
Ero a Gaza citta' ma si e' sentito chiaramente il mortaio. La mattina
siamo passati li' davanti. Completamente distrutta. Intorno la non-vita
del campo si apprestava a trascorrere un altro venerdi. Come gli
ex-abitanti a sud della citta' di Gaza, della zona vicino alla strada
che porta a Khan Younis. Per un chilometro a destra e per un chilometro
a sinistra tutto distrutto, alberi e case. Gli abitanti non ci sono
piu', i contadini non ci sono piu'. Spazzati via dalle ruspe dell'esercito
israeliano. Un paesaggio devastato e irriconoscibile. E siamo stati
anche sulla strada di Al Muntar, dove Mohammed,14 anni, per oltre
un mese , tutti i giorni, fronteggiava i carri armati con le sue
pietre. Ricordate la famosa foto ? Ci hanno raccontato che, il giorno
che e' stato ucciso, il soldato che aveva sparato e' salito sul
carro armato ballando ed applaudendosi. Ecco la deviazione per Nizzanim.
Continuo il mio viaggio solitario verso Gerusalemme. Nizzanim, una
spiaggia definita da Israele riserva naturale. Buona parte degli
israeliani potra' andare domani al mare, il rito del barbecue e'
diffuso, nessuno chiedera' loro se hanno il permesso. Forse non
andranno quelle migliaia di fanatici coloni che occupano terra palestinese
in Cisgiordania. Ma certamente non trascorreranno una giornata spensierata
quelli di Jabalia, anche se hanno la sabbia. A pensarci bene non
e' il purgatorio, e' ,come prima, l'inferno.
Dal quotidiano israeliano Ha'aretz (Edizione Inglese) del 28/03/2001
Tentando di far sembrare l'altro piu' brutale
di Amira Hass
Nel corso del primo fine settimana di Marzo venivano uccisi quattro
civili palestinesi che non erano stati coinvolti in alcuno scontro
violento con le forze israeliane; allo stesso tempo un bambino di
Gaza moriva a causa delle ferite infertigli dalle forze di difesa
israeliane (IDF) che a bordo di una jeep rispondevano al suo lancio
di sassi con una raffica di mitra. Mustafa al Rimlawi, un ritardato
mentale di 42 anni, residente nel campo profughi di Al Bureij nella
Striscia di Gaza, pare non fosse a conoscenza dei cambiamenti che
hanno avuto luogo nella Striscia da Settembre mentre vagava senza
meta alle 2 del mattino di Venerdi 2 Marzo. I soldati israeliani,
da dietro le loro fortificazioni, hanno presupposto che fosse un
terrorista armato di una bomba. Gli hanno cosi' sparato ferendolo
alla testa - in effetti gliel'hanno fatta saltare la testa. Lo stesso
pomeriggio Obei Darraj di nove anni era a casa sua ad El Bireh un
quartiere ai piedi di Psagot (insediamento israeliano ndt). Proiettili
sparati dalla direzione di questo insediamento ebraico lo ferivano
mortalmente. Nel quartiere sottostante alcune persone stavano distribuendo
doni ricevuti in beneficenza e cibo in occasione dell' imminente
festa religiosa. Secondo testimonanze dei residenti locali ne e'
nata una lite fra alcune persone e un ragazzo armato ha sparato
uno o due colpi in aria. Una fonte militare afferma che in quel
momento una pesante sparatoria era in atto verso Psagot e l' IDF
rispondeva al fuoco con armi leggere e mitragliatrici. Non veniva
riportato alcun ferito fra gli Israeliani. Quello stesso Venerdi'
nel campo profughi di Qalandia, Abd al Karim Abu Asba, ventitreenne,
padre di una bambina, stava raggiungendo il negozio di alimentari
sulla strada principale. Sembra che sulla collina di fronte, che
ospita una postazione militare nel campo di atterraggio di Qalandia
(Atarot), fosse in atto uno scontro fra bambini che lanciavano sassi
e soldati dell' IDF che stavano rispondendo al lancio di sassi con
armi da fuoco. Una pallottola colpiva Abu-Asba. Secondo la fonte
militare disordini avevano luogo ad Atarot e l'IDF stava rispondendo
con i mezzi speciali destinati a disperdere la folla. Lo stesso
Venerdi' sera a Gaza Mohammed Hilis di 13 anni moriva a causa delle
ferite. Sabato 3 Marzo, ore 17.30, Aida Fatahia, 43 anni, veniva
uccisa mentre passeggiava in una delle strade principali di El Bireh
con suo marito e sua figlia colpita da una pallottola sparata dalla
direzione di Psagot. Un'altra pallottola colpiva la figlia. Quasi
nello stesso momento un'altra pallottola sparata dalla direzione
di Psagot entrava da una finestra dell'ufficio di Kadura Faris,
membro del Consiglio Legislativo Palestinese, che si trova nel centro
del paese lontano da ogni possibile "fonte di fuoco Palestinese".
Fortunatamente nessuno dei presenti in ufficio a quell'ora veniva
ferito. Secondo fonti militari non ci sono rapporti di particolari
incidenti accaduti quel giorno. In altre parole l'IDF non conferma
alcun sparo da parte di forze Israeliane il 3 Marzo. I palestinesi
continuano ad essere uccisi e feriti. Le loro morti sono viste dagli
israeliani come un male necessario o come di sola responsabilita
dei Palestinesi. Nel caso di incidenti dove avviene uno" scontro
a fuoco" viene dato grande credito e fiducia ai rapporti dell' IDF
che confermano che in effetti uno "scontro a fuoco" e' avvenuto
e che i soldati israeliani usando i mezzi sofisticati a loro disposizione
hanno chiaramente identificato sia la fonte dello sparo che il pericolo
da esso derivante. Naturalmente gli stessi mezzi sofisticati sono
stati impiegati quando i soldati israeliani giungevano alla conclusione
che Rimlawi stava portando una bomba. Quando un bambino di 9 anni
vienne ucciso a casa sua, i mezzi sofisticati e le armi di precisione
non possono servire da giusta spiegazione. Evidentemente non sono
stati sparati colpi precisi. Per questo i Palestinesi vengono incolpati
di aver sparato da posizioni in aree residenziali e per cio' di
aver messo in pericolo gli innocenti residenti locali. Quando una
donna muore passeggiando vicino una scuola nel centro di un paese
palestinese nessun israeliano si da la pena di ricordare che il
proiettile che l'ha uccisa e' stato sparato da un area residenziale
vale a dire da un insediamento ebraico israeliano. La decisione
dell'esercito israeliano di costituire, dall'inizio della presenza
israeliana nei territori, basi militari nel mezzo di aree popolate
da palestinesi e di posizionare carriarmati e mitragliatrici dentro
ad insediamenti ebraici non e' considerato agli occhi degli israeliani
come illeggittimo o come un atto aggressivo vis a vis nei confronti
della popolazione palestinese. Quando un giovane viene ucciso nel
suo quartiere mentre alcuni bambini lanciano pietre nessuno e' preparato
a mettere in dubbio se sia giusta la risposta israeliana che e'
invariabilmente molto piu' dura dell'operazione palestinese; "questa
e' una guerra" viene detto agli Israeliani, "che e' stata iniziata
dai Palestinesi e questi sono i risultati". Nel senso che questa
e' considerata una guerra fra due parti che si equivalgono, nonostante
quella che affronta l'esercito israeliano sia la forza che e' sempre
tacciata di essere terrorista e crudele, il nemico illegitimo che
viola tutte le regole, norme e accordi scritti. E' vero naturalmente
che un cecchino palestinese che vede una neonata, Shalhevet Pass,
attraverso il mirino di un fucile e decide di assassinarla e' un
individuo crudele. Crudelta' e' anche richiesta nel piazzare bombe
al centro di aree residenziali israeliane o autobus affollati. Agli
occhi degli israeliani, grazie allo loro abilita' di dimenticare
immediatametne ogni palestinese ferito o ucciso , c'e' una gara
continua a chi e'capace della brutalita' peggiore. I Palestinesi
emergeranno sempre vincitori in questa competizione. I soldati israeliani
e i bambini israeliani non potranno mai essere crudeli. Gli israeliani
in generale non sono mai crudeli persino dopo aver imposto per 34
anni il controllo sopra una popolazione che chiede la propria indipendenza.
13 - 20 Aprile iniziative di azione diretta e non
violenta in Palestina palestinesi - israeliani - internazionali
insieme contro l'assedio e la fine dell'occupazione israeliana partecipano
Donne in Nero e non solo, Associazione per la pace iscrizioni email
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con piacere.Ma a tutti ricordiamo che le lettere vengono comunque
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Come abbiamo detto dall'inizio vorremmo che i nostri
contributi fossero diffusi il piu' possibile. Vi chiediamo pero'
di citare la "lettera cooperanti Palestina" e l'eventuale firmatario
del pezzo. Diffidiamo dall'usarla per finalita' commerciali e/o
palesemente contrarie alle nostre posizioni. Grazie.