Nel nostro sito: http://web.tiscalinet.it/intifada2000 trovate
le lettere precedenti e altro.
Nel sito di netscape c'e' un sondaggio : Israele sta usando una
forza eccessiva contro i palestinesi ? Is Israel using excessive
force against the Palestinians? http://home.netscape.com/ex/shak/international/packages/mideast/
Notizia : Il 24 aprile, al pomeriggio, le forze di occupazione
israeliane hanno ucciso Yousef Abu Hamdeh, 38 anni, del campo profughi
di Shati (Beach camp) mentre era vicino al confine tra la Striscia
di Gaza e Israele, a est di Beit Hanoun. Motivo dato da Israele
: Si aggirava furtivamente lungo la rete di confine e tentava di
oltrepassarla. Commento : 1) Basta "aggirarsi furtivamente " da
solo per essere ammazzato ? I soldati avevano visto un fucile in
mano o una borsa con bombe o un mortaio ? Non lo dicono. Perche'
non aveva nulla. Era buio ? No, era pomeriggio. Hanno fatto qualcosa
per accertarsi cosa stesse facendo ? Non crediamo, visto che avrebbero
scoperto che si trattava di un disabile mentale.
Nella precedente lettera abbiamo anticipato che ci saremmo soffermati
sul nuovo corrispondente RAI a Gerusalemme : Marc Innaro. Non sappiamo
come siano le procedure interne della RAI,sul montaggio dei servizi
eccetera ma consideriamo quello che si vede e si sente e restiamo
indecisi tra la schizofrenia o la disinformazione. Notizia : il
23 aprile mattina scoppia una bomba a Or Yehuda,vicino a Tel Aviv
senza causare morti e feriti. Nel pomeriggio un bambino di 12 anni
viene ucciso da soldati israeliani a Khan Younis, durante un funerale.
Non vi erano scontri o manifestazioni in atto. (questi i lanci di
varie agenzie) Dalla RAI : 1) 23 aprile, TG3, ore 19 : Il corrispondente
fa un lungo servizio sulla bomba scoppiata vicino Tel Aviv, si dilunga
nei dettagli, parla di rabbia israeliana e ne fa sentire le voci,
si parla di terrore, ecc. Alla fine in pochi secondi dice che un
bambino di 11 anni e' morto a Gaza mentre scorrono immagini di scontri.
2) TG1 ore 20 : Introduzione da studio : Ancora bombe e ancora scontri
dove e' morto un bambino palestinese. Segue Innaro : Ancora lunga
descrizione sulla bomba a Tel Aviv dove "si e' rischiata la strage"
e poi la notizia del bambino, dove questa volta aggiunge alcune
frasi sul fatto che i soldati israeliani avessero sparato su un
corteo funebre perche' si era avvicinato troppo. 3) TG2 ore 20.30
: La conduttrice inizia con "ondata di terrore in Israele" e poi
un palestinese di "15 anni " ucciso. Innaro questa volta ribalta
la scaletta e inizia con la notizia del bambino a cui da' l'eta'
di "12 anni". Dice che si trovava in un funerale e che i soldati
hanno sparato sul corteo funebre "secondo fonti palestinesi". 4)
Rai News24 ore 8.05 del 24 aprile : Bambino ucciso "molto probabilmente"
da proiettili israeliani. 5) 24 aprile TG3 ore 19 : Innaro racconta
del funerale del bambino e espone le modalita' della morte. Commento
: Una bomba in Israele senza feriti e morti suscita "terrore"; le
cannonate, i missili e i morti palestinesi quotidiani no, mai sentito
questo termine. Gia' qualche giorno fa ci chiedevamo come sia possibile
questa differente valutazione da parte dei mass-media italiani.
Nei telegiornali della stessa azienda cambia la scaletta, cambia
l'eta' del bambino, cambia l'esposizione, in certi casi si riportano
le fonti, altre volte no ( in questo caso quelle palestinesi, come
dire "attenti che la fonte e' di parte", quindi non se ne garantisce
l'attendibilita'; non si sottolinea la fonte e' israeliana perche',
viene da pensare, si da' per sicura ?). Cosa pensare quando addirittura
il giorno seguente, dopo che tutte le agenzie internazionali avevano
dato la notizia, si dice "molto probabilmente" ucciso dai soldati
? e infine, e' possibile che occorra un giorno e mezzo perche' il
corrispondente dia per intero la notizia, dopo averla esposta in
modo a dir poco indecente 24 ore prima, collegando, sia il servizio
che i titoli, la morte di un bambino ammazzato durante un funerale
alle immagini di scontri che scorrono sul video?
La forza nata dalla paura e dall'odio e' meramente un segno di
debolezza. di Robert Fisk, Ramallah - The Indipendent (traduzione
di Ilaria Caetani) Appena alla destra del City Inn Hotel, due soldati
israeliani sono scesi non curanti dalla propria Jeep e hanno posizionato
una scatola di cartucce su un basso muro di mattoni. Dal lato opposto
dell'incrocio di Ayosha, circa trecento ragazzi stavano urlando
"Allah Akbar" (Dio e' grande) e tirando sassi -non "pietre" come
ai nostri colleghi giornalisti piace dire- ad una fila di altre
otto Jeep israeliane che bloccavano la strada. Tuttavia questi due
soldati non erano in pericolo. Avevano un'ampia visuale della tipica
scena di sassi contro pallottole ai confini di Ramallah. Le loro
vite non erano in pericolo. I sassi non avrebbero potuto raggiungerli.
Avevano tutto il tempo che volevano. Cosi' hanno infilato i proiettili
di acciaio ricoperti di gomma dentro le cartuccere dei propri fucili
Galil da assalto e hanno camminato -non corso- verso la postazione
e si sono inginocchiati. Si sono anche presi il tempo, prima di
tirare i primi colpi, di infilarsi i tappi per orecchie. Israele
non vuole soldati sordi. Poi, con cura, hanno preso la mira dall'altro
lato di un campo pieno di immondizia e, a pochi istanti di distanza
l'uno dall'altro, hanno sparato contro i ragazzi due fiammate dorate
dalle bocche dei propri fucili. Hanno mancato il bersaglio. Di solito
e' cosi'. E' il fuoco "vero" (con pallottole non ricoperte di gomma,
N.d.T) -sparato da cecchini con l'ausilio di mirini telescopici
dal City Inn abbandonato- che provocano "martiri" palestinesi. Ma
torniamo all'incrocio di Ayosha, il confine tra la zona A sotto
controllo palestinese e la zona C sotto controllo israeliano -dal
momento che e' stato Oslo a tracciare le linee dei fronti- i sassi
tuonavano sui tettucci delle Jeep israeliane, lanciati in parabole
attraverso la strada e fatti tintinnare sui pali metallici di cartelloni
pubblicitari da tempo crollati. Ho guardato un giovane soldato mentre
apriva lo sportello della sua Jeep ogni minuto, prendeva con cura
la mira col proprio fucile, faceva fuoco e rientrava. Credo che
l'abbia fatto per una buona mezz'ora, prima di voltarsi e guardarmi.
"Da dove vieni?" Mi ha chiesto sorridendo. Avremmo potuto essere
seduti al bar o essere in spiaggia o esserci incontrati per caso
nell'ufficio di un altro. Inghilterra. Il 21enne ha sghignazzato.
"Io vengo dal Queens, New York e sono ora all' incrocio di Ayosha,
Ramallah. Un bel viaggio." Avrebbe potuto essere tratto da un copione
di Hollywood. Gli e' piaciuta la propria risposta. "Cosa ci fai
qui?" Gli ho chiesto. "Qui e' piu' divertente che nel Queens." Ha
risposto ancora sorridendo. Divertente? Ho capito bene? Divertente?
"Be', almeno qui non ti sparano mentre sei fermo al semaforo." Un
altro ghigno. "Ciao, mi chiamo Ilan." I sassi continuavano a tuonare
sul tettuccio della Jeep. Gas lacrimogeni hanno iniziato a volare
attraverso il cielo caldo verso i ragazzi che si nascondevano dietro
lo scheletro di un autobus, tirando con forza per dare velocita'
ai sassi -si potevano chiaramente vedere attraverso il fumo. Il
fuoco israeliano -per lo piu' costituito da pallottole in acciaio
ricoperte di gomma- facevano fischiare le orecchie piu' di qualsiasi
pistola utilizzata in un film di Hollywood da cui Ilan sembrava
aver preso il copione. Ero stato colpito dalla frase del semaforo.
Di sicuro era piu' facile venire uccisi ad un semaforo della West
Bank che ad uno di New York. Ilan mi risponde con non curanza. "Israele
e' un posto meraviglioso." Ha detto. Tra un tiro di una granata
di gas e l'altro, un riservista sorseggiava una Coca-Cola sul sedile
posteriore della propria Jeep. Altri due hanno messo delle altre
granate nei fucili dei loro colleghi e poi si sono seduti a leggere
giornali israeliani sul loro veicolo. Un soldato ha indicato un
ragazzo che correva ad un collega che ha sparato un proiettile di
acciaio ricoperto di gomma nella sua direzione. Un'autoambulanza
si e' mossa verso quel ragazzo che ora giaceva a terra. Ogni tanto
altri veicoli arrivavano scricchiolando sulle pietre dietro le Jeep.
Il Maggiore Shai ha fatto un tragitto di oltre mezz'ora per venire
a vedere questo triste spettacolo, e' un contabile 34enne di Tel
Aviv il cui autista, con tanto di Ray-Ban, era un agente assicurativo,
prima di venire a Ramallah a controllare i ragazzi che tirano i
sassi. Sul sedile posteriore, accarezzando il fucile sulle sue ginocchia,
un 21enne studente di Economia di origine marocchina discute allegramente
di politica con il Maggiore Shai, molto piu' interessato al matrimonio
tra sei mesi con la sua fidanzata che al risultato delle azioni
in questo teatro all'incrocio di Ayosha. I discorsi erano familiari.
Il Maggiore scuoteva la testa -ha in effetti chiamato questo scontro
un "rituale"- ma pensava che l'esercito israeliano non doveva cedere.
Ho osato suggerire che in dieci anni, dopo che l'era di Sharon avra'
gettato la sua tragica ombra sull'intera regione, Israele tornera'
dentro le frontiere pre '67. Niente piu' Golan. Niente piu' insediamenti.
Niente piu' West Bank, Gaza e Gerusalemme Est. Incredibilmente,
il Maggiore Shai mi ha dato ragione. Lo studente seduto dietro no.
"Se ce ne andiamo da qui, dimostriamo di essere deboli" ha detto.
"Allora, gli arabi vorranno tutta Israele e cercheranno di prendersi
Haifa e Tel Aviv." Ad un certo punto, il Maggiore Shai ha indicato
i tiratori di sassi e ha detto: "Queste persone sono degli animali."
Gli ho chiesto perche' avesse detto una cosa simile. "Hai visto
che cos'hanno fatto ai nostri soldati alla stazione di polizia di
Ramallah?" Si', ogni soldato ha quest'immagine incisa nella mente.
Non la morte dei bambini, non Mohamad el-Dura che muore sotto una
pioggia di pallottole israeliane a Gaza, ma il selvaggio linciaggio
di due riservisti israeliani da parte di palestinesi, lo scorso
anno. "Noi torneremo dentro i confini pre '67, alla fine." Ha detto
il Maggiore. "Ma non ci si puo' fidare di Arafat. Ed ora, se non
fossimo qui [ai confini di Ramallah], loro vorrebbero attraversare
i nostri confini, Haifa ed il resto. Ed Israele e' un grande paese."
C'e' stato un vigoroso segno di assenso da parte degli altri due
soldati. "I vostri media sono in parte responsabili dell'immagine
che abbiamo," ha continuato il Maggiore. "Voi fate sembrare questo
posto come una zona di Guerra, con niente altro che sparatorie e
sassi." Ma e' stato Ariel Sharon, ho detto, che ha fatto questo.
E' stato il Primo Ministro Sharon che ha continuato a dire al mondo
che Israele era "sotto assedio" , che Israele era assalito dal "terrorismo
inetrnazionale", che Israele era giornalmente vittima di autobombe.
E, comunque, qui non eravamo in Israele. Eravamo nella West Bank.
I discorsi erano circolari. L'occupazione non avrebbe potuto portare
sicurezza. Ma ritirarsi avrebbe portato insicurezza. Senza contare
-e' intervenuto il riservista studente in Economia- Saddam e la
futura forza nucleare dell'Iran. E cosi' via. Il Maggiore ha risposto
ad una telefonata sul suo cellurare dalla sua famiglia. "Sono in
spiaggia," ha detto. "E' li' che dovremmo essere". Mi e' stato chiaro,
a questo punto, che questi soldati avevano un'alternativa nella
propria vita. Il Maggiore Shai avrebbe potuto essere in spiaggia
a Tel Aviv. Il soldato dietro avrebbe potuto essere con la sua fidanzata.
Ma i palestinesi -dall'altro lato della linea di fuoco- non potevamo
andare da nessuna parte. Erano chiusi, intrappolati, sotto un vero
assedio. I sassi si schiantavano sul tettuccio, i gas lacrimogeni
sibilavano in risposta. Dietro il City Inn, i due soldati hanno
riportato la scatola di cartucce nella Jeep. La folla - "gli animali"-
si andava diradando. Le autoambulanze se ne andavano sulla strada
in direzione opposta alla nostra. Sei delle otto Jeep sono tornate
alla base militare israeliana verso Sud. Il Maggiore Shai se n'era
gia' andato da un pezzo. I suoi soldati salutavano educatamente,
come dopo una rappresentazione teatrale. Quando ho lasciato la Jeep
di Ilan, lui si e' girato e mi ha salutato con un simpatico: "Abbi
cura di te." Che cosa si dovrebbe pensare di tutto questo? Queste
persone non sono dei folli -ne' quelle istruite ne' quelle povere.
E neppure -con la possibile esclusione di Ilan- avrebbero voluto
trovarsi li'. Ma Shai ha usato il termine "Animali". Essi erano
convinti che gli arabi possano capire solo la forza. La dottrina
di Sharon. L' occupazione produce odio e l'odio produce paura e
la paura produce l'occupazione -il tipo di forza che, alla fine,
prova solo debolezza.