Lettera del 26 aprile 2001
 

 

Nel nostro sito: http://web.tiscalinet.it/intifada2000 trovate le lettere precedenti e altro.


Nel sito di netscape c'e' un sondaggio : Israele sta usando una forza eccessiva contro i palestinesi ? Is Israel using excessive force against the Palestinians? http://home.netscape.com/ex/shak/international/packages/mideast/


Notizia : Il 24 aprile, al pomeriggio, le forze di occupazione israeliane hanno ucciso Yousef Abu Hamdeh, 38 anni, del campo profughi di Shati (Beach camp) mentre era vicino al confine tra la Striscia di Gaza e Israele, a est di Beit Hanoun. Motivo dato da Israele : Si aggirava furtivamente lungo la rete di confine e tentava di oltrepassarla. Commento : 1) Basta "aggirarsi furtivamente " da solo per essere ammazzato ? I soldati avevano visto un fucile in mano o una borsa con bombe o un mortaio ? Non lo dicono. Perche' non aveva nulla. Era buio ? No, era pomeriggio. Hanno fatto qualcosa per accertarsi cosa stesse facendo ? Non crediamo, visto che avrebbero scoperto che si trattava di un disabile mentale.


Nella precedente lettera abbiamo anticipato che ci saremmo soffermati sul nuovo corrispondente RAI a Gerusalemme : Marc Innaro. Non sappiamo come siano le procedure interne della RAI,sul montaggio dei servizi eccetera ma consideriamo quello che si vede e si sente e restiamo indecisi tra la schizofrenia o la disinformazione. Notizia : il 23 aprile mattina scoppia una bomba a Or Yehuda,vicino a Tel Aviv senza causare morti e feriti. Nel pomeriggio un bambino di 12 anni viene ucciso da soldati israeliani a Khan Younis, durante un funerale. Non vi erano scontri o manifestazioni in atto. (questi i lanci di varie agenzie) Dalla RAI : 1) 23 aprile, TG3, ore 19 : Il corrispondente fa un lungo servizio sulla bomba scoppiata vicino Tel Aviv, si dilunga nei dettagli, parla di rabbia israeliana e ne fa sentire le voci, si parla di terrore, ecc. Alla fine in pochi secondi dice che un bambino di 11 anni e' morto a Gaza mentre scorrono immagini di scontri. 2) TG1 ore 20 : Introduzione da studio : Ancora bombe e ancora scontri dove e' morto un bambino palestinese. Segue Innaro : Ancora lunga descrizione sulla bomba a Tel Aviv dove "si e' rischiata la strage" e poi la notizia del bambino, dove questa volta aggiunge alcune frasi sul fatto che i soldati israeliani avessero sparato su un corteo funebre perche' si era avvicinato troppo. 3) TG2 ore 20.30 : La conduttrice inizia con "ondata di terrore in Israele" e poi un palestinese di "15 anni " ucciso. Innaro questa volta ribalta la scaletta e inizia con la notizia del bambino a cui da' l'eta' di "12 anni". Dice che si trovava in un funerale e che i soldati hanno sparato sul corteo funebre "secondo fonti palestinesi". 4) Rai News24 ore 8.05 del 24 aprile : Bambino ucciso "molto probabilmente" da proiettili israeliani. 5) 24 aprile TG3 ore 19 : Innaro racconta del funerale del bambino e espone le modalita' della morte. Commento : Una bomba in Israele senza feriti e morti suscita "terrore"; le cannonate, i missili e i morti palestinesi quotidiani no, mai sentito questo termine. Gia' qualche giorno fa ci chiedevamo come sia possibile questa differente valutazione da parte dei mass-media italiani. Nei telegiornali della stessa azienda cambia la scaletta, cambia l'eta' del bambino, cambia l'esposizione, in certi casi si riportano le fonti, altre volte no ( in questo caso quelle palestinesi, come dire "attenti che la fonte e' di parte", quindi non se ne garantisce l'attendibilita'; non si sottolinea la fonte e' israeliana perche', viene da pensare, si da' per sicura ?). Cosa pensare quando addirittura il giorno seguente, dopo che tutte le agenzie internazionali avevano dato la notizia, si dice "molto probabilmente" ucciso dai soldati ? e infine, e' possibile che occorra un giorno e mezzo perche' il corrispondente dia per intero la notizia, dopo averla esposta in modo a dir poco indecente 24 ore prima, collegando, sia il servizio che i titoli, la morte di un bambino ammazzato durante un funerale alle immagini di scontri che scorrono sul video?


La forza nata dalla paura e dall'odio e' meramente un segno di debolezza. di Robert Fisk, Ramallah - The Indipendent (traduzione di Ilaria Caetani) Appena alla destra del City Inn Hotel, due soldati israeliani sono scesi non curanti dalla propria Jeep e hanno posizionato una scatola di cartucce su un basso muro di mattoni. Dal lato opposto dell'incrocio di Ayosha, circa trecento ragazzi stavano urlando "Allah Akbar" (Dio e' grande) e tirando sassi -non "pietre" come ai nostri colleghi giornalisti piace dire- ad una fila di altre otto Jeep israeliane che bloccavano la strada. Tuttavia questi due soldati non erano in pericolo. Avevano un'ampia visuale della tipica scena di sassi contro pallottole ai confini di Ramallah. Le loro vite non erano in pericolo. I sassi non avrebbero potuto raggiungerli. Avevano tutto il tempo che volevano. Cosi' hanno infilato i proiettili di acciaio ricoperti di gomma dentro le cartuccere dei propri fucili Galil da assalto e hanno camminato -non corso- verso la postazione e si sono inginocchiati. Si sono anche presi il tempo, prima di tirare i primi colpi, di infilarsi i tappi per orecchie. Israele non vuole soldati sordi. Poi, con cura, hanno preso la mira dall'altro lato di un campo pieno di immondizia e, a pochi istanti di distanza l'uno dall'altro, hanno sparato contro i ragazzi due fiammate dorate dalle bocche dei propri fucili. Hanno mancato il bersaglio. Di solito e' cosi'. E' il fuoco "vero" (con pallottole non ricoperte di gomma, N.d.T) -sparato da cecchini con l'ausilio di mirini telescopici dal City Inn abbandonato- che provocano "martiri" palestinesi. Ma torniamo all'incrocio di Ayosha, il confine tra la zona A sotto controllo palestinese e la zona C sotto controllo israeliano -dal momento che e' stato Oslo a tracciare le linee dei fronti- i sassi tuonavano sui tettucci delle Jeep israeliane, lanciati in parabole attraverso la strada e fatti tintinnare sui pali metallici di cartelloni pubblicitari da tempo crollati. Ho guardato un giovane soldato mentre apriva lo sportello della sua Jeep ogni minuto, prendeva con cura la mira col proprio fucile, faceva fuoco e rientrava. Credo che l'abbia fatto per una buona mezz'ora, prima di voltarsi e guardarmi. "Da dove vieni?" Mi ha chiesto sorridendo. Avremmo potuto essere seduti al bar o essere in spiaggia o esserci incontrati per caso nell'ufficio di un altro. Inghilterra. Il 21enne ha sghignazzato. "Io vengo dal Queens, New York e sono ora all' incrocio di Ayosha, Ramallah. Un bel viaggio." Avrebbe potuto essere tratto da un copione di Hollywood. Gli e' piaciuta la propria risposta. "Cosa ci fai qui?" Gli ho chiesto. "Qui e' piu' divertente che nel Queens." Ha risposto ancora sorridendo. Divertente? Ho capito bene? Divertente? "Be', almeno qui non ti sparano mentre sei fermo al semaforo." Un altro ghigno. "Ciao, mi chiamo Ilan." I sassi continuavano a tuonare sul tettuccio della Jeep. Gas lacrimogeni hanno iniziato a volare attraverso il cielo caldo verso i ragazzi che si nascondevano dietro lo scheletro di un autobus, tirando con forza per dare velocita' ai sassi -si potevano chiaramente vedere attraverso il fumo. Il fuoco israeliano -per lo piu' costituito da pallottole in acciaio ricoperte di gomma- facevano fischiare le orecchie piu' di qualsiasi pistola utilizzata in un film di Hollywood da cui Ilan sembrava aver preso il copione. Ero stato colpito dalla frase del semaforo. Di sicuro era piu' facile venire uccisi ad un semaforo della West Bank che ad uno di New York. Ilan mi risponde con non curanza. "Israele e' un posto meraviglioso." Ha detto. Tra un tiro di una granata di gas e l'altro, un riservista sorseggiava una Coca-Cola sul sedile posteriore della propria Jeep. Altri due hanno messo delle altre granate nei fucili dei loro colleghi e poi si sono seduti a leggere giornali israeliani sul loro veicolo. Un soldato ha indicato un ragazzo che correva ad un collega che ha sparato un proiettile di acciaio ricoperto di gomma nella sua direzione. Un'autoambulanza si e' mossa verso quel ragazzo che ora giaceva a terra. Ogni tanto altri veicoli arrivavano scricchiolando sulle pietre dietro le Jeep. Il Maggiore Shai ha fatto un tragitto di oltre mezz'ora per venire a vedere questo triste spettacolo, e' un contabile 34enne di Tel Aviv il cui autista, con tanto di Ray-Ban, era un agente assicurativo, prima di venire a Ramallah a controllare i ragazzi che tirano i sassi. Sul sedile posteriore, accarezzando il fucile sulle sue ginocchia, un 21enne studente di Economia di origine marocchina discute allegramente di politica con il Maggiore Shai, molto piu' interessato al matrimonio tra sei mesi con la sua fidanzata che al risultato delle azioni in questo teatro all'incrocio di Ayosha. I discorsi erano familiari. Il Maggiore scuoteva la testa -ha in effetti chiamato questo scontro un "rituale"- ma pensava che l'esercito israeliano non doveva cedere. Ho osato suggerire che in dieci anni, dopo che l'era di Sharon avra' gettato la sua tragica ombra sull'intera regione, Israele tornera' dentro le frontiere pre '67. Niente piu' Golan. Niente piu' insediamenti. Niente piu' West Bank, Gaza e Gerusalemme Est. Incredibilmente, il Maggiore Shai mi ha dato ragione. Lo studente seduto dietro no. "Se ce ne andiamo da qui, dimostriamo di essere deboli" ha detto. "Allora, gli arabi vorranno tutta Israele e cercheranno di prendersi Haifa e Tel Aviv." Ad un certo punto, il Maggiore Shai ha indicato i tiratori di sassi e ha detto: "Queste persone sono degli animali." Gli ho chiesto perche' avesse detto una cosa simile. "Hai visto che cos'hanno fatto ai nostri soldati alla stazione di polizia di Ramallah?" Si', ogni soldato ha quest'immagine incisa nella mente. Non la morte dei bambini, non Mohamad el-Dura che muore sotto una pioggia di pallottole israeliane a Gaza, ma il selvaggio linciaggio di due riservisti israeliani da parte di palestinesi, lo scorso anno. "Noi torneremo dentro i confini pre '67, alla fine." Ha detto il Maggiore. "Ma non ci si puo' fidare di Arafat. Ed ora, se non fossimo qui [ai confini di Ramallah], loro vorrebbero attraversare i nostri confini, Haifa ed il resto. Ed Israele e' un grande paese." C'e' stato un vigoroso segno di assenso da parte degli altri due soldati. "I vostri media sono in parte responsabili dell'immagine che abbiamo," ha continuato il Maggiore. "Voi fate sembrare questo posto come una zona di Guerra, con niente altro che sparatorie e sassi." Ma e' stato Ariel Sharon, ho detto, che ha fatto questo. E' stato il Primo Ministro Sharon che ha continuato a dire al mondo che Israele era "sotto assedio" , che Israele era assalito dal "terrorismo inetrnazionale", che Israele era giornalmente vittima di autobombe. E, comunque, qui non eravamo in Israele. Eravamo nella West Bank. I discorsi erano circolari. L'occupazione non avrebbe potuto portare sicurezza. Ma ritirarsi avrebbe portato insicurezza. Senza contare -e' intervenuto il riservista studente in Economia- Saddam e la futura forza nucleare dell'Iran. E cosi' via. Il Maggiore ha risposto ad una telefonata sul suo cellurare dalla sua famiglia. "Sono in spiaggia," ha detto. "E' li' che dovremmo essere". Mi e' stato chiaro, a questo punto, che questi soldati avevano un'alternativa nella propria vita. Il Maggiore Shai avrebbe potuto essere in spiaggia a Tel Aviv. Il soldato dietro avrebbe potuto essere con la sua fidanzata. Ma i palestinesi -dall'altro lato della linea di fuoco- non potevamo andare da nessuna parte. Erano chiusi, intrappolati, sotto un vero assedio. I sassi si schiantavano sul tettuccio, i gas lacrimogeni sibilavano in risposta. Dietro il City Inn, i due soldati hanno riportato la scatola di cartucce nella Jeep. La folla - "gli animali"- si andava diradando. Le autoambulanze se ne andavano sulla strada in direzione opposta alla nostra. Sei delle otto Jeep sono tornate alla base militare israeliana verso Sud. Il Maggiore Shai se n'era gia' andato da un pezzo. I suoi soldati salutavano educatamente, come dopo una rappresentazione teatrale. Quando ho lasciato la Jeep di Ilan, lui si e' girato e mi ha salutato con un simpatico: "Abbi cura di te." Che cosa si dovrebbe pensare di tutto questo? Queste persone non sono dei folli -ne' quelle istruite ne' quelle povere. E neppure -con la possibile esclusione di Ilan- avrebbero voluto trovarsi li'. Ma Shai ha usato il termine "Animali". Essi erano convinti che gli arabi possano capire solo la forza. La dottrina di Sharon. L' occupazione produce odio e l'odio produce paura e la paura produce l'occupazione -il tipo di forza che, alla fine, prova solo debolezza.

 

 

 

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