Il nostro sito http://www.web.tiscalinet.it/intifada2000/ e' aggiornato
al 12.05.2001. In esso troverete: - l'Appello per la Protezione
Internazionale del Popolo Palestinese, pubblicato anche da Il Manifesto
e da inviare alle autorita' italiane e israeliane (sottoscrivete!!)
- l'adesione all'appello da parte degli/lle ebrei/e italiani/e -
CAMPAGNA INTERNAZIONALE - STOP ALL'OCCUPAZIONE ISRAELIANA 1967/2001
UN APPELLO ALLA COMUNITË INTERNAZIONALE CHE HA COSCIENZA Campagna
di mobilitazione in Italia, in Palestina, in Israele e in altri
paesi lanciata dalla Coalizione internazionale di Donne per una
Pace Giusta.
in questa lettera: - Anche i progetti di cooperazione vengono bombardati
e distrutti dall'Esercito di Israele: il caso del progetto di CROCEVIA
- Riflessioni dai territori nella commemorazione della Nakba - Sharon
non si ferma ai blocchi stradali (Tradotto dal quotidiano Ha'aretz)
La violenza e prepotenza dell'Esercito Israeliano ha mirato ancora
una volta ad una struttura di produzione palestinese. Il Centro
Agricolo di Khaduri (Tulkarem) a ridosso della linea verde, ma in
area PALESTINESE, beneficiario di un progetto promosso dal Ministero
degli Esteri italiano e realizzato dalla ONG italiana CROCEVIA in
partneriato con l'organismo palestinese LAND RESEARCH CENTRE, e'
stato bombardato violentemente e distrutto dall'artiglieria e dai
bulldozer israeliani. L'azione persegue il perverso scopo in cui
Israele e' sempre piu' impegnata: il sistematico annientamento dell'economia
autonoma palestinese...e poco importa se essa e' il risultato di
azioni di sviluppo costruite per anni e molto ben riuscite. Il rapporto
che segue, triste conto dei danni e' a cura del LRC. Luned“ 14.05.01,
ore 02.00, dopo un bombardamento al Centro Agricolo di Khaduri,
sono entrati in operazione I bulldozer accompagnati da mezzi militari
pesanti nello spazio appartenente allo stesso Centro. Tale aggressione
ha causato I seguenti danni: - Demolizione di un edificio che consiste
di 6 stanze - Distruzione delle stalle usati per allevamento di
mucche e ovini - Demolizione e distruzione della sala mungitrice,
sala per la raccolta del latte con una superficie totale di 150
mq - la morte di 6 vitelli ( di cui uno appartiene al progetto 2373/CIC/PAL)
- la morte di 2 capre - distruzione dell'unita' di svezzamento dei
nuovi nati - distruzione del deposito mangime con 2 tonnellate di
mangime dentro - distruzione della bilancia - distruzione di 5 mungitrici
- distruzione del generatore elettrico - distruzione di una cella
frigo per la conservazione del latte - distruzione del riscaldatore
dell'acqua - distruzione dei mobili del centro - danni gravi ai
sistemi idrico ed elettrico.
VORREMMO SAPERE COSA NE PENSANO AL MINISTERO DEGLI ESTERI, ALLA
COOPERAZIONE ITALIANA, AL CONSOLATO GENERALE D'ITALIA A GERUSALEMME
E COSA HANNO INTENZIONE DI FARE. NON CI RISULTA CHE AL MOMENTO SIA
STATA INTRAPRESA ALCUNA AZIONE. CHIEDIAMO AL NOSTRO GOVERNO DI IMPEGNARSI
NELLA DIFESA DEL SENSO DELLA NOSTRA PRESENZA QUI E DEL LAVORO NOSTRO
E DEI NOSTRI PARTNER PALESTINESI CHE E' COSTATO ANNI DI DURO IMPEGNO
E CHE NON PUO' ESSERE DISTRUTTO NELL'IMPUNIBILITA' PIU' ASSOLUTA
L'incessabile catastrofe 4 morti e oltre 200 feriti. Ecco il triste
bilancio della giornata di commemorazione del 53esimo anniversario
della Nakba (la catastrofe, in arabo) del 1948, data dell'occupazione
militare israeliana della Palestina e della deportazione della popolazione
araba che rese profughe oltre 700.000 persone. La giornata e' cominciata
presto, al suono degli slogan delle moltissime manifestazioni in
tutta la Palestina, in Israele e in Giordania, la maggior parte
delle quali sono sfociate in scontri con i soldati israeliani o
sono state attaccate dall'esercito che in molti casi ha sparato
sulla folla (ferendo, tra gli altri anche 2 giornalisti della televisione
francese), esito consueto di quasi tutte le proteste palestinesi
all'occupazione in questi mesi. Israele da parte sua sembra avere
tutti gli interessi ad intensificare l'offensiva ormai dichiaratamente
lanciata verso il popolo palestinese tutto, non solo la sua o le
sue leadership. Gli attacchi degli ultimi giorni parlano chiaro.
Nessun elemento scatenante che fosse dimostrabile, finche' la maschera
che nascondeva la menzogna della difesa dai presunti attacchi palestinesi
non e' crollata. Ora si parla appunto di attacchi preventivi. Tuttavia,
leggendo i dati, emerge che il 34% di questi attacchi hanno pero'
colpito civili (il che - se si considera che i "colpiti" ammontano
alla considerevole cifra di 2900, fa 986 persone!!!). La politica
militare israeliana e' volta all'eliminazione fisica di quanti piu'
palestinesi possibile...per farsi largo. Proprio la tecnica, ben
consolidata anche in Libano e nel Sinai (e propria di Sharon), del
farsi largo a suon di cannonate per poi liberamente avanzare sulla
terra bruciata, e' in questi ultimi giorni piu' evidente che mai.
La distruzione sistematica delle postazioni della polizia e delle
forze di sicurezza palestinesi (e di cio' che vi e' immediatamente
intorno, cioe' le case dei civili in un territorio cosi' esiguo
in quanto a spazio), il terrorismo di stato che uccide, persino
nelle proprie case o preferibilmente in macchina (anche questa,
tecnica di cui i servizi segreti israeliani si sono guadagnati una
non onorevole fama internazionale e ben consolidata), chiunque abbia
una qualsiasi divisa palestinese o venga individuato come appartenente
a gruppi politici, di qualsiasi genere essi siano, l'umiliazione
e le minacce costanti alla popolazione mirate a scoraggiarla dall'oltrepassare
i limiti arbitrari e sempre piu' numerosi imposti, rendono veramente
evidenti le intenzioni della politica di Sharon. Negli ultimi due
giorni, mentre la bagarre elettorale italiana ingurgitava tutto
lo spazio dell'informazione televisiva italiana, gli attacchi militari,
per terra, per mare e per cielo, sono stati scagliati simultaneamente
e a piu' riprese su Cisgiordania e Gaza e sono stati violentissimi.
Sono continuati anche ieri in piu' zone e proprio in questo momento
stiamo sentendo i colpi delle cannonate sul campo profughi di Jabaliya
qui a Gaza. Ci arriva la notizia dell'irruzione dei soldati israeliani
in una fabbrica di trasformazione del latte a Deir al-Balah, gestita
del Ministero dell'Agricoltura palestinese, in piena area A. Oggi
intanto sempre in quella zona ci sono stati ancora scontri e i soldati
hanno uucciso un altro ragazzo di 14 anni. La situazione e' sempre
piu' precaria, e anche pericolosa. Cosa succedera'? E' una domanda
che molte e molti di noi si pongono da molti mesi. La guerra c'e'
gia', e non dichiarata, come del resto sono e sono state tante guerre.
Avra' forse lo stesso destino? Fin'ora e' chiaro di si'. La politica
istituzionale internazionale e' la grande assente, non vede, non
sente e non parla. L' Autorita' Palestinese ha appoggiato ieri il
rapporto della Commissione Mitchell, cui pero' Israele rifiuta di
dare credito perche', oltre a rilanciare il piano egiziano-giordano
per la ripresa dei negoziati, prevede il congelamento delle colonie
israeliane in Cisgiordania e a Gaza, cosa che contravverrebbe alle
promesse elettorali di Sharon, nonche' alle sue reali intenzioni.
In questo vuoto incolmabile dato dall'assenza di volonta' internazionale
ad una soluzione giusta e duratura del conflitto, dove nessun diritto
e' tutelato, il popolo palestinese e la societa' civile in molti
paesi chiamano alla mobilitazione civile per costruire reti su reti
di solidarieta' ed azione sociale in cui imbrigliare questo sistema
di abuso e sopruso. La strada potrebbe essere ancora molto lunga,
ma la lotta per il diritto ad esistere di tutti i popoli ovunque
nel mondo ci appartiene. Non facciamocela togliere.
Sharon non si ferma ai blocchi stradali
di Meirav Arlosoroff
Come di consueto, la pubblicazione del rapporto annuale del Fondo
Monetario Internazionale sull'economia israeliana avviene sullo
sfondo della vecchia battaglia tra il Tesoro e la Banca d'Israele
su chi vince ogni anno la lotta per i cuori degli esperti del FMI.
Quest'anno, tanto per cambiare, l'ha vinta il Tesoro. Ma la messa
a fuoco su questo conflitto e il criticismo del FMI sugli esorbitanti
tassi di interesse ha distratto l'attenzione dai commenti del FMI
sullo stato dell'economia che in particolare sono l'elogio per la
fermezza dei politici. I funzionari del FMI hanno espresso meraviglia
sulla forza economica di Israele - la forza dello shekel (NIS, la
valuta israeliana - n.d.t.) e il tasso di inflazione consistentemente
basso - di fronte ai principali avvenimenti che hanno colpito l'economia
negli ultimi sei mesi: l'Intifada e il crollo del Nasdaq. Il FMI
ha detto che cio' "riflette successo nel creare credibilita' sia
nella politica finanziaria sia in quella monetaria" cosa per cui
i politici dovrebbero essere lodati. E continua dicendo che e' della
"massima importanza" che le politiche macro-economiche continuino
a condizionare la stabilita' economica, cioe' "allentamento delle
limitazioni monetarie preservando la disciplina fiscale". Il rapporto
del FMI fa sonoramente eco dopo le dimissioni di Rafi Peled da direttore
generale dell'Ufficio del Primo Ministro. Ieri Ha'aretz ha rivelato
che Peled si e' dimesso perche' non ha voluto essere associato alle
politiche ammazza-bilancio del primo ministro Sharon. Secondo Peled,
Sharon ha dispensato promesse per piu' di 10 miliardi di NIS ()
a vari gruppi di particolare interesse, che vanno dai Beduini, agli
insediamenti del nord, all'industria delle costruzioni (che, secondo
il piano del Ministro dell'Edilizia, Natan Sharansky, supportato
da Sharon, incassera' 1,5 miliardi di NIS) a, ovviamente, le colonie.
Le colonie avrebbero dovuto incassare per proprio conto 1,5 miliardi
di NIS di sovvenzioni, se gli americani non si fossero alzati sulle
zampe posteriori per dire no, per cui Sharon sembra aver fatto marcia
indietro. Il problema e' che non c'e' nessun altro che possa alzarsi
sulle zampe posteriori ripetto ad altri elementi nel bilancio, o
almeno nessuno forte quanto Sharon. Il famoso bulldozer, cui persino
l'Alta Corte non impedisce di usare suo figlio come emissario diplomatico
contro le richieste del Procuratore Generale, non si ferma a nessun
blocco stradale, come la struttura del bilancio, l'obiettivo del
deficit, il livello del debito nazionale rispetto al prodotto nazionale
lordo o il bisogno di investire il denaro dello stato in modi che
favorirebbero la crescita. Secondo i rapporti pubblicati ieri, Peled
ha capito proprio questo e ha deciso di non esserci quando i bilanci
della ripartizione delle imposte alzeranno il fattore di rischio
di Israele, che a sua volta alzera' gli interessi che lo stato paga
per i crediti sui suoi debiti. Il problema e' che, quando succedera',
noi saremo tutti qui. Noi pagheremo tutti il prezzo dei tassi di
interesse dei bombardamenti, dello stallo della crescita, della
disoccupazione che non diminuisce e, in generale, la delusione della
realizzazione che Israele non e' piu' un paese prospero, sebbene
abbia avuto tutto cio' di cui aveva bisogno per esserlo.