Balsam
Lettera dei cooperanti italiani in Palestina del 5 giugno 2001

Il server di tiscalinet e' stato modificato. Ora il nostro sito e' ospitato a quest'indirizzo: http://web.tiscali.it/intifada2000/

In esso troverete - Appelli e petizioni da firmare - La Risoluzione del Parlamento Europeo sulla situazione in medio oriente - uno spazio dibattiti (per quanti volessero contribuire: inviare a cooperantipalestina@inwind.it)


Appuntamenti: Venerdi' 8 giugno 2001 - Le Donne in Nero in Italia e altre associazioni e gruppi manifesteranno congiuntamente in risposta all'Appello delle Donne della Coalizione per la Pace per una Campagna Internazionale - Stop all'occupazione israealiana 1967-2001, nelle citta' di: Roma, Napoli, Milano, Piacenza, Modena, Reggio Emilia, Alba, Ivrea, Como, Firenze, Palermo, Venezia-Mestre, Spinea, Grosseto, La Spezia, Udine Per informazioni in Italia contattare il coordinamento iniziative Donne in Nero (e mail: lmorgantini@europarl.eu.int


Cercate in libreria EMERGENZA PALESTINA, Diario della seconda intifada (PROSPETTIVA EDIZIONI), di Marco Grazia con una prefazione di Tano D'Amico. I primi cinque mesi di Intifada, raccontati da uno di noi. Lo trovate in tutte le librerie.
STOP ALL'OCCUPAZIONE IL 5 GIUGNO DEL 1948 LE TRUPPE DELL'ESERCITO SIONISTA DELLO STATO EBRAICO DI PALESTINA ENTRAVANO A GERUSALEMME E OCCUPAVANO LA PALESTINA. SONO PASSATI 53 ANNI E L'ESERCITO SIONISTA DELLO STATO D'ISRAELE OCCUPA ANCORA LA PALESTINA

SENZA STANCARCI DI RIPETERLO Le bombe (messe addosso o lanciate dagli aerei) sui civili sono da condannare. E le condanniamo. Entrambe. Non si possono ammazzare giovani che vanno in discoteca (israeliani) e non si possono ammazzare giovani e donne mentre sono in casa o in macchina (palestinesi). Ma c'e' chi facendo sfoggio di civilta' e democrazia ha un comportamento ben diverso. Abbiamo letto che Blair dall'Inghilterra ha espresso condanna fermissima contro l'attentato ma non abbiamo mai sentito una sua dichiarazione altrettanto dura contro i bombardamenti israeliani. Anche altri esponenti politici hanno lo stesso atteggiamento. Come la solita stampa. Al Tg1 delle 13.30 e al TG3 delle 14:15 del 2 giugno Marc Innaro e Giuseppe Bonavolonta' hanno raccontato delle manifestazioni a Tel Aviv e dell'assalto alla moschea sul lungomare vicino Jaffa (il villaggio arabo), di cui c'erano anche le immagini. Hanno detto della rabbia , della esasperazione ecc. ma chissa' perche' il tono era tipo giustificazionista, le parole usate davano l'impressione che volessero acconsentire alle parole dette dai manifestanti del tipo "gli arabi facciamoli tutti fuori". Innaro ha voluto precisare i "rivoli di sangue" che hanno bagnato l'asfalto. Quando invece fanno vedere i palestinesi che manifestano dopo un attacco israeliano i toni sono completamente diversi e i palestinesi restano sempre "animali". L'assalto ad una moschea a Tel Aviv e' forse diversa ( e per questi campioni della democrazia meno grave) dell'assalto ad una postazione militare presente in una presunta tomba di Giuseppe ? Ripetiamo : perche' si giustificano gli uni(israeliani) e si condannano gli altri(palestinesi) ? Perche' la TV pubblica presenta come dettata da una giustificabile esasperazione cio' che fanno gli israeliani e invece come eccessiva rabbia quello che fanno i palestinesi ai funerali dei loro morti ? Forse che oltre 480 morti avuti negli ultimi mesi pesano meno di 20 a Tel Aviv?


UN GESTO CHE VINCE LA NATURALEZZA DELL'ODIO Giu' il cappello signore e signori ad un gesto che a me che vivo in questo luogo dove l'odio nasce naturale persino tra i bambini dei due popoli, riesce ancora a trovare lo spazio per strappare una lacrima di commozione. Non siamo ingenui ed anche se fosse solo un'opera "pubblicitaria", comunque gli organi di un ragazzo palestinese ucciso da una pallottola vacante aiuteranno a vivere almeno cinque cittadini israeliani. La situazione in Palestina (il suo nome almeno storico se non legale, cosa spesso ribadita dai soldati israeliani ai vari check-point in cui ci fermano) e' peggiorata da pochi giorni in maniera evidente e chiara persino a chi vive lontano ed e' informato dai nostri TG. Sono attimi critici ed i bombardamenti, al momento solo minacciati, vivono nella tensione palpabile della gente di Gaza ed Al-Khalil (il nome palestinese di Hebron ). La paura segue anche noi che ci spostiamo in macchina su strade presidiate da carri armati e soldati a volte troppo solerti nel correrci incontro fermandoci con il fucile puntato, pur riconoscendo gli adesivi visibili da molto lontano, che ci identificano con il nome di "umanitari". Si ahime' il governoisraeliano ha ordinato ufficialmente ai suoi soldati di non impedire il lavoro delle organizzazioni umanitarie, ma, di sicuro, per via informale gli ha anche chiesto di fermarlo ad ogni posto di blocco e di fargli intendere di non essere molto graditi. Cosi ci troviamo di fronte a sorrisi ma anche a frasi che ci lasciano intendere che pensano che stiamo aiutando i terroristi e ci invitano piu' volte ad andare a visitare i loro di feriti. Sono cosi sicuro di questa affermazione perche' le mie esperienze sono identiche a quelle di molti miei colleghi da qualche giorno a questa parte. Sicuramente turbato dagli ultimi avvenimenti, mi e' venuta spesso alla mente la critica (niente affatto velata lo devo ammettere) verso la rai che raramente descrive i morti delle due parti con identica capacita'di particolari, essendosi fatti vedere nei territori molto di rado e dove esistono altrettante tragedie. Un ringraziamento questa volta invece a Marc Innaro che si e' scontrato con l'occupazione israeliana sul campo di Deir el-Balah e ha raccontato un pezzetto della quotidiana realta' palestinese anche agli italiani. Per qualsiasi giornalista ora e' vietato entrare nella zona chiusa di Mawasi (e debbo dire a volte e' molto difficile anche per noi) dove circa undicimila persone vivono in una specie di arresti domiciliari e dove in una particolare zona la presenza di una famiglia di 4 coloni che vive nella sua casa circondata da muri e postazioni dell'esercito, tiene in ostaggio seicentocinquanta famiglie nate e cresciute in riva al mare, che ora e' per loro una sbarra. Un gesto che vince la naturalezza dell'odio oggi, solo uno spiraglio, perche' per avviare un qualsiasi discorso di pace con delle basi durature, la fine dell'occupazione israeliana in Palestina e' l'unica soluzione possibile.