Balsam
Lettera dei cooperanti italiani in Palestina del 13 giugno 2001

Il nostro sito e' a quest'indirizzo: http://web.tiscali.it/intifada2000/


Appuntamenti: il 18-19 giugno 2001 a Roma, alla Facolta' di Ingegneria dell' Universita' di Roma "La Sapienza" IL CONFLITTO PALESTINA-ISRAELE: PER UNA PACE GIUSTA E SOSTENIBILE Seminario Internazionale promosso e organizzato dal Gruppo di lavoro Palestina-Israele afferente al Comitato "Scienziate e scienziati contro la guerra"


Cercate in libreria EMERGENZA PALESTINA, Diario della seconda intifada (PROSPETTIVA EDIZIONI), di Marco Grazia con una prefazione di Tano D'Amico. I primi cinque mesi di Intifada, raccontati da uno di noi. Lo trovate in tutte le librerie.
in questa lettera: Israele riserva un trattamento "speciale" a chi lavora con i palestinesi in campo umanitario - le nostre rappresentanze diplomatiche che fanno in merito?

ISRAELE: INGRESSO NEGATO

(di Marco Gallucci)

Arrivo allĠaeroporto di Tel Aviv ore 12,30 del 8\6\2001 volo Alitalia 810 Y Toccato terra mi reco al controllo passaporti dove una incaricata (circa 25 anni) si appresta al controllo dei documenti, dopo una prima occhiata inizia a farmi delle domande; per prima cosa mi chiede il motivo della mia presenza in Israele a cui rispondo spiegando la mia funzione di cooperante impiegato in un progetto con sede nella striscia di Gaza, a questo punto mi invita a seguirlo in ufficio dove ci sono altre due colleghe, pressapoco coetanee,che dopo una breve consultazione e assumendo un atteggiamento rigido e arrogante incomiciano un vero e proprio interrogatorio. Ricominciano chiedendo il motivo della mia presenza, e io cerco di spiegare loro le motivazioni del progetto rivolto alla assistenza e il sostegno per il miglioramento delle condizioni dellĠinfanzia, a questo punto un ragazzo in divisa e armato (forse un poliziotto ausiliario) che intanto si era aggiunto a loro si rivolge a me dicendo: "Ma noi non abbiamo bisogno di aiuti umanitari, quindi tu andresti ad aiutare i Palestinesi!" Rispondo affermativamente. Alterandosi, una delle due ragazze mi chiede documenti che comprovino lĠufficialitˆ della mia presenza, estraggo dalla mia borsa il contratto stipulato con il CRIC, ma dopo una veloce consultazione mi chiede quando tempo io debba rimanere in loco: rispondo, "come previsto da contratto". Mi chiede se ho con me del denaro, apro il portafogli e mostro loro un poĠ di Shekel e un poĠ di Lire Italiane aggiungendo anche la mia carta di credito. Sempre dopo una breve consultazione con gli altri che si alternavano nelle domande mi viene chiesto se ho un ÒinvitoÓ, chiedo spiegazioni su chi dovesse avermelo fatto ma non mi rispondono Anzi, interviene un altro chiedendomi se ho un ÒvistoÓ, ribatto di non essere a conoscenza di questa nuova procedura visto che non era la prima volta che venivo in Israele essendoci stato unĠaltra volta. Intanto continuavano a venire e ad andare altre persone tutte molto giovani che continuavano a consultarsi ovviamente nella loro lingua ma purtroppo non conoscendola non riuscivo a comprendere. Una delle due ragazze (continuo a chiamarle cosi' per facilitˆ, ma anche loro indossavano una divisa della polizia Israeliana) mi chiede se cĠerano altre persone con cui avrei dovuto collaborare, gli dico che cĠera Gianluca e molto probabilmente era fuori dallĠaeroporto ad aspettarmi, anzi visto la piega che stava prendendo la cosa ho chiesto se era possibile telefonargli, poteva essere utile a chiarire la situazione, ma mi sono sentito rispondere un secco ÒNO!Ó Allora ho chiesto se era possibile parlare con un responsabile dellĠufficio immigrazione, ma anche questa volta si sono rifiutati. Sono usciti dallĠufficio lasciandomi solo e portandosi via i miei documenti e il biglietto aereo. Dopo qualche minuto sono tornati e hanno iniziato a chiedermi sempre con tono arrogante: da quanto tempo lavoravo con questa organizzazione, chi era e cosa faceva, da quanto tempo conoscevo Gianluca e il nome del presidente del CRIC, subito dopo mi hanno chiesto di dargli il numero di telefono di Gianluca che avrebbero provveduto loro a chiamarlo per avere dei chiarimenti. Ho assistito alla telefonata che cĠ stata tra una di loro e Gianluca, i toni usati da lei erano duri e le richieste arbitrarie. Intanto io continuavo a chiedere spiegazioni facendole notare che oramai erano passate un paio di ore ed eravamo ancora liĠ a discutere senza riuscire ad uscire da quella situazione e sollecitavo la necessitˆ di chiamare al telefono il Consolato Italiano sentendomi per˜ ripetutamente negata questa possibilitˆ. Mi hanno di nuovo lasciato da solo. Dopo qualche minuto sono ritornate di nuovo le due ragazze in compagnia di un giovane poliziotto e mi hanno chiesto di seguirli. Siamo passati a ritirare il mio bagaglio che avevo imbarcato a Roma che intanto era stato abbandonato in prossimitˆ dei nastri trasportatori completamente incustodito e ci siamo diretti verso un uscita secondaria in fondo alla sala per il recupero dei bagagli. Entrati in una stanza mi hanno chiesto di poggiare le mie cose su di un tavolo e indirizzandomi in uno sgabuzzino sono stato accuratamente perquisito, stessa sorte  toccata alle mie cose. Avevo in una borsa un computer portatile, loro hanno cominciato a chiedere se funzionava e che uso ne avrei fatto, ho detto che lĠavrei utilizzato per mantenere la corrispondenza. Tutto regolare. Anzi lĠaddetta al check point mi ha offerto un caffeĠ scusandosi se non era un espresso italiano. Oggi controllando meglio mi sono accorto che mi  stato preso il floppy disk che avevo nel computer. Finito il controllo siamo di nuovo usciti, a quel punto le due ragazze che si erano preoccupate di interrogarmi mi hanno lasciato in consegna al poliziotto che invitandomi a seguirlo mi ha portato verso una uscita secondaria, ma oltrepassata la soglia ci siamo ritrovati in un hangar dove ci tengono i carrelli per il recupero di bagagli e vari altri materiali. Ci siamo fermati davanti a una porta e dopo aver bussato  uscito un altro poliziotto, hanno scambiato due parole e sono passato in consegna allĠaltro che mi ha subito ordinato di entrare. Sollecitato della mia continua richiesta di chiarimenti il mio nuovo custode mi ha finalmente detto quali fossero le intenzioni: domattina rimesso sul primo aereo e rispedito in Italia. Ha poi aperto una porta su cui cĠera una finestrella e mi ha indicato di entrare. CĠ stato anche un momento di tensione mentre rivendicavo i miei diritti, ma mi ha detto che liĠ decideva lui. Erano ormai circa le 17 e non avevo altra possibilitaĠ che entrare in quella stanza di circa 3m x 4m con tre letti a castello, una finestra sfondata che dava sul deposito da cui provenivano rumori di tutti i tipi, sporca, con un condizionatore che sparava aria fredda. Mi sono accorto che cĠera un'altra persona, un ragazzo Bulgaro (turista) anche lui sequestrato, che poi di questo si tratta, li dentro oramai da due giorni e non sapeva quando sarebbe uscito per essere poi rimpatriato, forse lunediĠ. Mi ha detto che finalmente gli avevano permesso di telefonare. Mi ha anche regalato un pacchetto di sigarette Bulgare. Dopo circa mezzĠora sono arrivati altri due ragazzi (Ungheresi) con i classici vestiti da turisti e forse in attesa di essere rimpatriati. Non sono riuscito a comunicare con loro visto che non parlavano nessunĠaltra lingua oltre la loro, li ho peroĠ sentiti chiedere alla guardia di andare in bagno in lingua ebraica. Hanno dormito tutto il tempo. Non sto qua a descrivere le condizioni igieniche del bagno. Dalle scritte che erano sulle pareti ci dovevano essere passate un bel poĠ di persone liĠ dentro negli ultimi tre o quattro mesi, di tutte le nazionalitˆ! Ho notato dalla feritoia sulla porta di un'altra stanza (o cella) che dentro cĠerano due donne credo nelle nostre stesse condizioni. Verso le ore 20 ci hanno portato da mangiare, credo gli stessi vassoi che usa la compagnia aerea di bandiera. Le nostre guardie si sono dato il cambio piuĠ volte. Alle 4,30 della mattina seguente sono arrivati allĠimprovviso e svegliandomi di soprassalto mi hanno detto di prepararmi percheĠ sarei partito con il primo volo Alitalia per lĠItalia, hanno preso il mio bagaglio da imbarcare e sono usciti. Sono ritornati dopo circa 1ora mi hanno fatto uscire e salire su un furgone della polizia e scortati da una macchina siamo partiti in direzione delle piste. Ho ancora una volta rimarcato lĠillegalitˆ della procedura ma non sono stato ascoltato. Ci siamo diretti verso il primo aereo dellĠAlitalia che si trovava sulle piste e mi hanno detto di salire nonostante il volo non fosse per Roma ma per Milano. E' stato provvidenziale lĠintervento del pilota e di una hostess che hanno spiegato che non era possibile, quindi risaliti in macchina ci siamo diretti verso un altro aereo dellĠAlitalia, questa volta quello giusto, dove sono stato fatto salire. Arrivato allĠaeroporto di Roma cĠera una macchina della polizia Italiana ad attendermi, sono stato invitato a salire e accompagnato in unĠufficio dove dopo aver espletato il controllo dei documenti e dopo aver preso informazioni sulla mia persona, non riscontrando nulla di irregolare sono stato lasciato andare. Sul passaporto ora ho il timbro dello stato ebraico INGRESSO NEGATO.


COSA FANNO LE NOSTRE RAPPRESENTANZE????

(di Carla Pagano e Gianluca De Luigi)

Fin'ora nulla. Ma cio' che e' peggio e' che li', in aeroporto, quando abbiamo capito che le cose si stavano mettendo male per Marco e che non c'era nessuna ragione plausibile perche' lo stessero trattenendo, nonostante avessimo fatto appello all'intervento diplomatico delle nostre rappresentanze, la voce del diplomatico al telefono ci ha chiesto per prima cosa se noi "eravamo stati educati o scortesi" con chi (la sicurezza israeliana) al telefono, ci sottoponeva ad un interrogatorio serrato e senza identificarsi, con i modi classici di questa gente. A noi sorge spontanea una domanda, cioe' se condividiamo lo stesso significato per la parola CORTESE': se significa essere gentili o rinunciare in partenza ai propri diritti e sottomettersi senza fiatare a chi li vuole calpestare. E' stato inoltre difficile poter parlare con il nostro rappresentante, poiche' il numero fornitoci, ormai sette mesi fa per questioni di sicurezza, non rispondeva e nemmeno quello del nostro consolato. Abbiamo allora chiamato la cooperazione italiana per chiedere un altro numero dove poter raggiungere il responsabile della sicurezza presso il consolato, ma ci siamo sentit@ rispondere un laconico NO. Allora si'...non siamo stat@ molto cortesi con l'impiegata di turno, abbiamo caldamente preteso il numero!!! Fortunatamente abbiamo trovato appoggio dai rappresentanti della UE. Chissa' come andra' a finire questa vicenda, noi lotteremo con tutte le nostre forze perche' venga riconosciuto l'abuso di potere delle autorita' israeliane nei confronti di un cittadino europeo, perche' gli venga permesso di ritornare e di svolgere il suo lavoro, cosi' come continuiamo a impegnarci perche' cessino gli abusi di forza del governo israeliano nei confronti di tutt@, europei e non, e perche' il suddetto governo sia coerente con le dichiarazioni tanto accuratamente sbandierate al monndo di non ostacolare lo svolgimento delle operazioni umanitarie e di cooperazione allo sviluppo a favore del popolo palestinese. Vi terremo aggiornat@.