BALSAM
Lettera dei cooperanti italiani in Palestina del 22 giugno 2001

Il nostro sito http://web.tiscali.it/intifada2000/


EMERGENZA PALESTINA, Diario della seconda intifada (PROSPETTIVA EDIZIONI), di Marco Grazia con una prefazione di Tano D'Amico. I primi cinque mesi di Intifada, raccontati da uno di noi. Lo trovate in tutte le librerie


Aderite all'appello "PER NON DIMENTICARE SABRA E CHATILA" : schiarin@ilmanifesto.it


Marco Gallucci, cooperante italiano, respinto alla frontiera israeliana. Il Ministero degli Esteri Italiano, sebbene sollecitato, non reagisce. Il Consolato italiano se ne lava le mani.


in questa lettera:

- a cosa serve un confine?

- la tregua armata della CIA

- la pace armata della CIA


SE LO DICONO LORO ! La data di Genova e del G8 si avvicina. Anche noi vogliamo diffondere una speranza. In una piazza di Milano, ma ci saranno anche in altre piazze d'Italia, c'e' un enorme manifesto pubblicitario di una nota societa' di telecomunicazioni, crediamo almeno indirettamente ancora a partecipazione pubblica. In un grande cielo leggermente nuvoloso spicca una scritta : A CHE SERVE UN CONFINE ? AD ESSERE SUPERATO. Beh , se lo dicono loro, rappresentanti della new economy e della globalizzazione, perche' non crederci ? Abbiamo anche la sponda filosofica per superare confini di Stato e confini rossi e gialli !!! Avanti, hasta la plaza.


LA TREGUA PER CHI ? Oltre i 3 morti fanciulli e i diversi feriti di questi ultimi 5 giorni, la tregua CIAisraeliana mantiene l'assedio alle zone palestinesi. A farne le spese anche Eyad El Sarraj, psichiatra e direttore del Centro di igiene mentale di Gaza, con passaporto inglese/palestinese. Sarraj era stato invitato in Italia insieme ad altri israeliani e palestinesi per una serie di conferenze a Roma, Modena e Milano, organizzate da centri di ricerca e associazioni. Gli israeliani gli hanno impedito di partire. Come tutti i palestinesi anche lui deve avere il permesso israeliano per uscire da Gaza e andare a prendere l'aereo a Tel Aviv. Anche altri invitati palestinesi forse non riusciranno ad arrivare in Italia. E questo non solo in questi mesi ma da sempre, prima e dopo i tanto decantati, a suo tempo, accordi di pace di Oslo. Pace ? Era pace quella? Stavolta, ma e' sempre cosi', i motivi sono "ragioni di sicurezza". Quali ? non e' dato saperlo. Gli stessi che hanno costretto un cooperante italiano a passare una notte in guardina all'aeroporto ? Entrambi "pericolosi" per la sicurezza del "democratico" e "civile" Israele ? Forse pericolosi perche' hanno un cervello per pensare e occhi per vedere. Ma soprattutto una "pericolosa" voce per raccontare cosa succede da queste parti. Al governo israeliano da' fastidio che si parli delle sue "cose" senza averne il controllo ( visto cosa e' successo alla BBC per aver avuto l'ardire di parlare di Sabra e Chatila? ); facciamo in modo che in Italia se ne parli sempre piu' e soprattutto che parli il governo italiano, se ne e' ancora capace. (L.Zambrano)


LA PAX ARMATA DELLA CIA L'occupazione militare israeliana della Cisgiordania e di Gaza stringe sempre piu' le sue tenaglie. I territori palestinesi sono ancora sotto assedio, alcune zone come Gerico e Mawasi sono completamente isolate, le violenze contro la popolazione civile continuano ovunque. A noi che siamo qui vengono ora richiesti documenti identificativi aggiuntivi, come tesserini, lettere delle organizzazioni e un "permesso speciale" per entrare in molte aree, soprattutto a Gaza. Nonostante la nostra repulsione nel dover scendere a patti con l'esercito occupante che impone la sua sovranita' militare sulle zone occupate, siamo letteralmente costrett@ ad accettare i suoi diktat in merito alle procedure da seguire per ottenere i permessi relativi, altrimenti possiamo anche andarcene, perche' in quelle aree non entreremo mai (in alcune, come appunto Mawasi, nemmeno clandestinamente) e il nostro lavoro non lo faremo mai. Inutile dire che le nostre rappresentanze consolari non sentono affatto il problema. Queste procedure poi, e' bene dirlo, non sono scritte e alle nostre richieste il responsabile del dipartimento internazionale dell'ufficio israeliano di coordinamento per le aree B (amministrazione civile palestinese e militare israeliana) ha rifiutato di darci risposta. Quando lo abbiamo incontrato per "contrattare" il nostro ingresso a Mawasi (Gaza), 15 giorni fa, egli ci ha chiesto solo un fax per informarli della nostra prossima visita nell'area. Oggi pero', le regole erano ancora una volta cambiate. Ci siamo sentit@ rispondere, dopo 2 ore e mezzo di attesa sotto il sole cocente aspettando di entrare e innumerevoli tentativi di raggiungere almeno uno dei 6 numeri telefonici fornitici dal suddetto ufficiale in caso di problema, che non avevamo rispettato le procedure che prevedono almeno 3 telefonate a seguito del fax, (una per assicurarsi che e' stato ricevuto, una per accertarsi che e' nelle mani del citato ufficiale, un'altra per informarsi dell'approvazione) e che comunque la risposta puo' pervenire anche all'ora stessa stabilita per la visita nell'area di Mawasi, e che, ovviamente, essa puo' anche essere negativa. Ricordiamo che nell'area di Mawasi nella Striscia di Gaza vivono 13.000 persone, tenute prigioniere dall'esercito israeliano. Al suo ingresso sono stati piazzati metal detector e fili spinati, e varie torrette di controllo munite di mitragliatrici pesanti, telecamere a lungo raggio e chissa' cos'altro. Questa mattina c'era ancora un'altra sorpresa: un braccio movibile di almeno 12 metri che sorreggeva una cabina gialla munita di mitragliatrici e con due soldati armati fino ai denti all'interno, la quale sovrastava tutta la devastata zona. Qualche giorno fa, 2 persone che si trovavano ad una manifestazione a Khan Yunis (a circa 1 km in linea d'aria) sono state ferite da proiettili sparati proprio da questa nuova postazione!!! L'ufficiale in questione al telefono ci ha urlato e gracchiato per tutti i 10 minuti di conversazione, evidentemente agitato alle nostre richieste, impedendoci di parlare e di spiegare le nostre difficolta' e problemi, e quando abbiamo preteso la parola, l'urlante risposta e' stata "Io sono l'esercito e io ho il diritto di parlare per primo, di dare indicazioni e non il contrario, io non sono al vostro servizio, offro soltanto un servizio". Quale? sicuramente quello di ostacolarci quanto e come piu' possibile. Poco prima i soldati al check point avevano mostrato di non conoscere quest'uomo in evidente delirio di onnipotenza, come altre volte e' capitato e come vi abbiamo raccontato. Ecco con chi ci si obbliga ad aver a che fare. Ogni soldato israeliano puo' essere l'esercito intero o la legge, ognuno di essi ha il potere di dare permessi e negare permessi, di trattenere, di ferire, molestare e uccidere, e allo stesso tempo nessuno di essi e' responsabile per nulla e a nessuno di essi verra' mai chiesto conto delle azioni compiute e perpetrate ai danni tanto dei civili palestinesi, quanto nostri. E il guaio e' che nessuno, da altre parti, glielo richiede esercitando autorevolezza (e si legga consolati, ambasciate, governi e quant'altro). Quaggiu' vale la pax armata complottata con la CIA. Questo e' il gioco...vince solo chi sa resistere fino alla fine. Un pensiero a tutti coloro che pur resistendo non ce l'hanno fatta. (C.Pagano)