La campagna elettorale e le atrocità israeliane in Libano

di Ennio Polito

A pochi giorni dal voto, l’autorevole Haaretz, uno dei tre quotidiani più diffusi di Israele, sferra un nuovo attacco al candidato della destra per la carica di capo del governo, Ariel Sharon, ribadendo l’accusa già mossagli di aver ingannato il governo sugli obbiettivi e sulla portata dell’invasione del Libano, da lui progettata e portata avanti nel 1982 con risultati politicamente disastrosi. In un lungo articolo a firma di Yossi Melman, il giornale scrive che l’imbarazzo e le contraddizioni in cui Sharon è caduto provano la fondatezza degli addebiti.

Il candidato della destra ha finito con il trincerarsi dietro una presunta continuità con le iniziative del governo presieduto da Yitzhak Rabin (1974-77), con Shimon Peres nel ruolo di vice-premier. C’è del vero, ribatte Ha’aretz, in questa chiamata di correo, che anzi Può essere estesa ai precedenti governi laburisti e, prima del ’48, anno della proclamazione dello Stato, ai servizi speciali della Haganah, nucleo del futuro esercito, al Mossad e alla sezione politica dell’Agenzia ebraica. Ma l’operato e gli orientamenti di Sharon rappresentano, rispetto a questo pur “tortuoso” itinerario, più una deviazione che un momento di continuità.

Come aveva già fatto il suo collega nella bordata precedente, Melman mette da parte le reticenze che accompagnano solitamente la rappresentazione israeliana dei fatti e ricostruisce nei dettagli l’ingerenza negli affari del paese vicino, cominciata ancora prima della costituzione dello Stato, nel 1948, di intesa con le autorità britanniche del mandato, con la Francia e con gli Stati Uniti.

Emerge in particolare che:

Tutto questo, scrive Melman, rientrava certamente in una politica di crescente attivismo militare oltre il confine settentrionale di Israele, ma restava nei limiti della linea tracciata da Rabin e da Chamoun in un incontro segreto al largo delle coste libanesi, riassumibile, sul versante israeliano, nella direttiva: armi e consiglieri, sì, alleanza aperta e soldati, no. Proprio questa è la linea che l’avventurismo di Sharon, in cerca di alleanze per liquidare le rivendicazioni palestinesi, ha varcato nell’82, aprendo una crisi nelle relazioni con il protettore americano.
 

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