PALESTINA
- BALSAM |
II Incontro nazionale degli aderenti al progetto "Gazzella" per l'adozione a distanza di bambini palestinesi feriti
Si è svolto a Roma il 12 aprile 2003 il secondo Incontro nazionale degli aderenti al progetto "Gazzella" per l'adozione a distanza di bambini palestinesi feriti: un resoconto della giornata è dato qui di seguito da Ennio Polito. Per leggere tutti gli interventi: http://www.gazzella-onlus.com/atti II incontro.html
IL POPOLO DI "GAZZELLA" CONTRO L'ASSALTO ALLE
FONDAMENTA DI UN MONDO NUOVO
Come definire le riunioni di "Gazzella"? Ci è
stato chiesto di riferire su quella che si è tenuta in Campidoglio sabato mattina,
poche ore prima del grande corteo contro la guerra all'Irak, e il nostro primo
impulso, non respinto, è quello di cestinare i termini burocratici. La parola
"incontro" ci sembra già un po' meglio. Gli incontri avvengono per lo
più tra esseri umani e gli esseri umani sono, anche se non sempre, gente di sentimenti
vivi, semplici, sensibili all'ingiustizia. Per gli amici di "Gazzella"
possiamo fare a meno di quel "non sempre". Per alcuni di loro, cento,
duecentomila lire da spendere per un bambino palestinese ferito sono una somma
abbordabile, per altri, meno. Ma sono la stessa specie umana: quelli che non si
tirano indietro.
Ricordiamo il primo incontro, un anno fa, a Castiglioncello
. Era ancora tra noi Marisa, che di Gazzella era stata la creatrice, inquieta
e vitale. Non ci si conosceva e ci si voleva conoscere. Ascoltammo insieme il
racconto di un'amica torinese, un medico, che spiegava di non essere entusiasta
della sua condizione umana e guardava alla Palestina come a un luogo di valori.
C'entrava, questo racconto, con "Gazzella"? Marisa non aveva dubbi e
segnò il nome su un quaderno, dove solo lei avrebbe saputo ritrovarlo e riconoscerlo.
Era già avanti negli anni, una buona parte dei quali aveva speso lottando per un mondo, come
si diceva allora, migliore, un mondo nel quale i problemi e le speranze sarebbero
stati di tutti, i bambini non avrebbero cercato i loro quaderni tra le macerie
di una casa demolita, non avrebbero perso occhi, braccia e gambe e non sarebbero
scesi in fosse di sabbia, avvolti nella bandiera di uno Stato che non esiste.
Ora, dice Giovanna nella sua relazione, Marisa non c'è più e il mondo che non sapeva
affrontare i suoi problemi è diventato e diventerà di gran lunga peggiore, è già
di nuovo un mondo con la guerra - con una guerra, ancor più delle altre, orribile
- e sono gli specialisti del terrorismo di Stato a teorizzare la crociata contro
il terrorismo. Dobbiamo fare da soli. In verità, Gazzella ha continuato a crescere.
Nell'ultimo viaggio, in dicembre, Agnese, Luisa e Delia hanno raggiunto quattrocento
bambini.. Dobbiamo però sapere, dobbiamo conoscere i collegamenti fra le diverse
realtà. Agnese ha portato dei lucidi, delle cartografie che illustra a un uditorio
attentissimo. Ha vissuto a lungo in Palestina, conosce il paese, ne parla la lingua.
Luoghi contesi che nelle cronache approssimative e distorte dei giornali del mattino
sono soltanto nomi senza relazione acquistano vita e diventa evidente il sopruso
di chi invoca la sicurezza per divorare gli altri.
Maria Grazia manda
queste "parole per Ahmed"( a proposito del rapporto tra affidatari e
bambini)
custodite da tanto, scritte il 9 di aprile del 2003.
Salam aleicum,
mi chiamo Maria Grazia Terzi, quasi 43 anni, laureata, medico,
ho una sorella di 31 anni.
Cosa ci mette in contatto?
Qualche tempo dopo che la campagna era stata lanciata, ad
un certo punto ho aderito all'invito di "per Gazzella" di aiutare una
bambina o un bambino palestinese ferita/o.
Ho deciso, era una cosa che volevo fare, che sentivo di
dover fare.
Prima asimmetria: io -illesa e al sicuro- al centro dell'azione.
Marisa, proprio Marisa che tanto ci manca, mi ha scritto
di te dopo qualche mese: Ahmed Sabri Abu Musa, 13 anni ferito, alla gamba sinistra.
Ha finito le scuole secondarie, ha due fratelli e tre sorelle. Proseguirà gli
studi alla scuola coranica. E insieme a queste notizie essenziali, ho ricevuto
due foto: così ti ho visto Ahmed Sabri Abu Musa, figura intera e primo piano.
Seconda asimmetria: io ti vedo non vista.
Benvenuto Ahmed, ragazzo, sorriso appena abbozzato, sguardo aperto e severo. Tu, vestito di
bianco, al centro della foto. E i miei pensieri intorno a incorniciarti, sfumando
i palmizi del giardino alle tue spalle e la sabbia del cortile sotto i tuoi piedi.
Scuola, ah bene. Prosegue gli studi, benissimo!
Scuola coranica. Coranica. Bene, mi dicevo "che c'è di strano? anche in Italia
ci sono molte scuole religiose. Tu preferisci un insegnamento laico, fornito a
cittadine e cittadini dallo Stato, ma l'importante è studiare".
Bei pensieri, belle parole. Avercelo uno Stato per esserne
cittadino! Questo il punto.
Terza asimmetria: io cittadina tu no.
Ho risposto, mesi dopo, a una seconda lettera di Gazzella
dicendo che ti volevo scrivere, se qualcuno mi avesse tradotto. Risposta: "scrivere
al bambino è praticamente quasi impossibile, non esistono vie numeri civici nel
campi profughi e poi adesso con la situazione catastrofica che stanno vivendo...".
Già, potevo arrivarci da sola.
Asimmetria che riassume le precedenti: io nella civiltà
del benessere e dell'abbondanza tu no.
Una vita ordinata e prevedibile, la mia. E la tua? occupata.
Com'è un giorno dei tuoi, e quello che lo segue. Il tuo
tempo, è tuo?
Che rapporto può esserci tra me affidataria e te? Che cosa
ci terrà in contatto?
All'inizio del 2003 arrivano tue notizie! Grazie al cielo!
Il cielo? Grazie, sì non so chi ringraziare, ma grazie che sei vivo, nonostante
quel che succede in Palestina. Scopro
che sei grande ormai, provvedi a te con piccoli lavoretti, intanto studi. Tuo
padre paga la retta all'Università. Università statale, Facoltà di lettere. Della
ferita alla gamba non si parla più, tuttavia "per Gazzella" ha ritenuto
opportuno offrirti ancora un modesto aiuto. Hanno interpretato benissimo il mio
pensiero: guarire dalle ferite di guerra non basta. La letteratura e la poesia
siano con te per sempre.
Con queste ultime notizie arriva anche un'altra fotografia:
una nonna, la madre di tuo padre, tua sorella Amal e due tuoi nipoti. Sono contenta
di sapere che non sei solo, che ti vogliono bene. E insieme penso alle tue preoccupazioni
per loro, alle difficoltà che si sommano alle mille impensabili (per me che vivo
"al sicuro") difficoltà delle persone che vivono sotto occupazione.
Tu non ci sei nella nuova foto, ma io ti immagino in relazione a loro.
E saperti cresciuto e adulto, improvvisamente mi riempie
di gioia e di fiducia, anche se non ci conosciamo, se poco sappiamo l'uno dell'altra,
anche se le mie parole, i miei pensieri, le mie congetture sono e saranno sempre
imperfette. Perdona se dico gioia e fiducia, in giorni di guerra e di lutto per
molti. Ma voglio pensare a te con gioia e fiducia.
Tu sei guarito, tu vivi e tanto mi deve bastare. Ogni altra
cosa: come vivi, per cosa vivi, che farai del tuo futuro sono tutte cose preziose
nelle tue mani, e così dev'essere. Grazie alle persone che hanno costituito "per
Gazzella" ho potuto aver una piccola parte nella tua storia: volere in modo
incondizionato la guarigione dopo l'offesa, la ferita e il pericolo.
Grazie, per non avermi sottoposto ad alcun esame di idoneità
per accettare il mio aiuto.
Con i miei migliori e sinceri auguri per il futuro, ti saluto
Maria Grazia.
Nella "sala del Carroccio" si parla di Rachel, la ragazza americana che ha trovato
la morte a Rafah per mano dei soldati di Sharon, l'alleato che Bush sembra apprezzare
di più, anche quando fa ammazzare i suoi connazionali, e di cui si fida di più,
quando dice una cosa puoi essere sicuro che è falsa.
Rafah. A chi scrive
queste righe viene subito alla memoria Nema, una donna del campo profughi tra
i cinquanta e sessanta e il racconto,
fatto con occhi asciutti, della morte dei figli, l'uno dopo l'altro, nella prima
intifada. Prima, il villaggio sul litorale, poco più a nord, uno dei tanti pezzi
di Palestina sbocconcellati da Israele. La casa perduta.. Invece della vita, gli
avanzi di una vita precedente. Poi, il marito, i figli ormai grandi. Restava la
speranza, la lotta. Come in "L'Agnese va a morire", il romanzo emiliano
di tanti anni fa. Ci sarà qualcuno, tra la sua gente, ad accusarla di essere "antiamericana"?.
Quando "loro", gli israeliani si erano presi il Sinai e la striscia,
Eisenhower li aveva fatti sloggiare, riconosceva, in poche settimane; i successori,
neanche a parlarne. Ma Rachel forse le sarebbe piaciuta, col suo copricapo da
coniglio, come si vede nella foto di qualche vecchio carnevale a Olympia, Washington.
Nel reportage clandestino su Rafah, in cui Billie Moskona-Lerman
scopre il volto spietato del suo paese (ma anche i connazionali che lottano accanto
ai palestinesi) sentiamo da testimoni oculari la ricostruzione degli ultimi istanti
della ragazza. L'enorme cucchiaiata di sabbia che la ricopre,
il grido strozzato ("Ho la schiena spezzata!") e il successivo,
mortale silenzio. Qualcuno, in Israele, ha avanzato
l'ipotesi di un omicidio a scopo intimidatorio
.Ma il presidente ha respinto la richiesta di un'indagine indipendente, avanzata
dai genitori sconvolti."Ci fidiamo di quella israeliana". La giornalista
si domanda se l'esistenza stessa di Rafah, questo Lager di centoquarantamila abitanti, lascito di molte
pulizie etniche e di un mini-Stato di polizia sharoniano.
Siamo noi, pensa chi scrive, che rischiamo di sottovalutare
quanto sta accadendo, il colpo di spugna epocale passato sulle pagine decisive
dell'Onu, con la vitale apertura alla coesistenza di regimi politici diversi ,
la rivoluzione anticoloniale e l'aiuto ai popoli in lotta. Pensiamo alla democrazia
americana come a un blocco omogeneo,senza crepe. Ce ne sono tante. In trincea, contro Hitler c'erano,
insieme, Roosevelt e i ducetti latino-americani capofila di un impero.
"La pace sia con voi" dicono i ragazzini della
città profuga alla visitatrice, ma uno di loro non è convinto e le rifila una
sassata. Gli accompagnatori non drammatizzano:"E' il suo modo di esternare
il rifiuto di una cultura estranea". E' importante che la visitatrice abbia
scoperto che il suo mondo non ha le carte in regola. Ma è anche vero che il suo
pentimento viaggia con un pauroso ritardo. Ad ogni buon conto era una sassata gentile, senza rancore. (e.p.)