12.03.2003
Messaggi di "Palestina Libera"

 

 

Date: Wednesday, March 12, 2003

 

UNO. APPELLO DA HEBRON

DUE. Intervista di Vauro ad Arafat

TRE. Relazione di Corinna

QUATTRO. Palestina - BALSAM

CINQUE. ASSOPACE e GIPP

SEI. Punto AF

SETTE. Ultimatum di STEFANO BENNI

 

UNO. APPELLO DA HEBRON

I residenti di Hebron lanciano un appello urgente alla comunita' internazionale per ottenere

protezione. Continuano le distruzioni e le violenze dell'esercito e dei coloni nei pressi della

colonia illegale di Kiryat Arba...

http://www.palestinemonitor.org

 

DUE. Intervista di Vauro ad Arafat

'Sharon e' gia' in guerra' Intervista a Yasser Arafat: 'Le vittime di Gaza sono state 21.

Sharon non vuole nessuna soluzione politica. Ha presentato 100 emendamenti al piano

di pace del 'Quartetto' da noi accettato. Dov'e' il mondo? Per questo ho scritto a Putin.

Israele vuole la guerra all'Iraq per trarne subito vantaggio qui'

 

VAURO INVIATO A RAMALLAH (CISGIORDANIA)

Sotto una pioggia gelida e sferzante percorriamo a piedi il labirinto di traversine di cemento,

 sacchetti di sabbia, casotti di ferro, e reti metalliche che segna il confine tra Israele e

Ramallah sotto l'Autorita' palestinese, ma sono solo i militari israeliani a controllare il

check point. Vediamo i primi poliziotti palestinesi con il basco verde solo quando arriviamo

al quartier generale dell'Anp, sarebbe meglio dire a cio' che ne resta. La bassa costruzione a

 due piani degli uffici di Arafat appare completamente circondata dalle macerie degli stabili

adiacenti, una muraglia di carcasse contorte di auto erta a protezione dello sconnesso

piazzale antistante aumenta il senso di distruzione che non ci abbandona entrando nella

sede dell'Anp. Corridoi stretti, stanze anguste, barili riempiti di cemento a proteggere

le pareti che danno sull'esterno tolgono la poca luce proveniente dai pertugi che fungono

da finestre. E' un po' piu' ampia la stanza dove Arafat ci riceve, ma disadorna,

un grande tavolo con le sedie al centro, una bandiera palestinese al muro e sulle

pareti nude solo un piccolo orologio a pendolo. Arafat si alza per venirci incontro,

 e' un uomo piccolo, reso quasi minuto dall'eta' che gli ha disegnato macchie sulla

pelle chiarissima delle mani, la kufia scende su una giacca militare consunta sulla

quale ficca una incredibile quantita' di spillette: la bandiera dell'Europa,

 quella palestinese incrociata con quella americana, come a segnare le tappe

 fallite della ricerca di un aiuto politico sostanziale dalle diplomazie internazionali.

L'isolamento, anche fisico, al quale e' stato condannato dalla prepotenza israeliana,

 dall'ambiguita' europea e dalla parzialita' Usa gli si puo' leggere impresso sul volto

segnato e dalle guance incavate, solo lo sguardo, dietro le lenti di grandi occhiali,

appare vivace e mobilissimo.

 

A Gaza, presidente, e' stata un'altra giornata di sangue per il popolo palestinese,

si sono contati 15 morti, senza che sia iniziata una escalation dell'aggressivita' militare

israeliana?

 

Ventuno - (mi corregge con uno scatto)- ventuno sono i palestinesi uccisi ieri e 120 i feriti.

 A Gaza sono state demolite decine di case, distrutte 11 piccole industrie. Gaza e' come

 densita' di popolazione la citta' piu' popolata del mondo e l'esercito israeliano ha distrutto

l'intera rete fognaria facendo aumentare a dismisura il rischio di epidemie.

Questa e' gia' una guerra batteriologica. Del resto noi abbiamo denunciato agli

Stati uniti l'uso da parte israeliana di armi proibite, proiettili all'uranio impoverito,

gas chimici tossici come il Cs, non ci hanno voluto credere, ma il rapporto di

una commissione non governativa americana (me ne porge una copia) la International

Action Center ha confermato la nostra denuncia. Nessun popolo al mondo sta subendo

un'aggressione cosi' feroce come quella che sta subendo il popolo palestinese.

E' arrivato a 70mila il numero delle vittime, tra morti e feriti, il 38 per cento

 dei caduti aveva meno di 17 anni, il 30 per cento dei feriti e' rimasto gravemente

handicappato. La nostra economia e' strangolata dalla distruzione delle infrastrutture,

dalla confisca delle terre. Ad Hebron il 55 per cento degli ulivi, quegli ulivi che

noi chiamiamo 'ulivi romani' per la loro antichita', sono stati distrutti.

Il versamento delle tasse di importazione palestinesi raccolte dall'autorita' israeliana

che ammonta ormai a 2 miliardi e mezzo di dollari e' bloccato al settembre del 2000,

ne abbiamo recuperati solo 70 milioni grazie alle pressioni europee ed americane.

Centoquarantamila palestinesi hanno perso il lavoro - (e qui Arafat continua a

snocciolare con foga le cifre del disastro, poi mi mostra una foto della statua

della madonna della chiesa della Nativita' di Betlemme crivellata di colpi) -

pochi giorni fa hanno fatto saltare la chiesa del villaggio di Abhud, una delle piu'

antiche in terra santa. Perche' il mondo che si e' tanto indignato quando i taleban

hanno distrutto i Buddha in Afghanistan non dice una parola? Non si alza una voce

quando a distruggere opere appartenenti alla cultura universale e' Israele.

L'escalation di guerra voluta da Sharon e' sotto gli occhi di tutti,

di tutti quelli che vogliono vedere. Lo stesso Sharon ha annunciato

l'intenzione di iniziare un nuovo piano militare contro i palestinesi.

 Questo piano e' gia' cominciato, hanno fatto di Nablus il loro banco di prova,

il centro della citta' e' stato distrutto, usano sistematicamente i bulldozer

per rimuovere piu' a fondo la terra ed impedire cosi' ogni tentativo di ricostruzione.

Ma resisteremo a Nablus come a Jeniningrad - Arafat sorride -.

Mi piace chiamare Jenin 'Jeniningrad' perche' la resistenza che la citta' e

il campo hanno opposto all'attacco israeliano e' paragonabile a quella di

 Stalingrado all'assedio nazista.

 

Non pensa che sia necessario cercare uno spazio di interlocuzione con il

 governo Sharon per tentare una soluzione politica?

 

No, non e' possibile, perche' Sharon non vuole nessuna soluzione politica.

 Il suo governo e' stato eletto da estremisti che negano ogni possibilita'

di convivenza pacifica con noi palestinesi. I cosiddetti segnali di disponibilita'

di Sharon non sono che tentativi interni di coinvolgere i laburisti nel suo governo,

 per acquisire maggior credibilita' internazionale e continuare con la sua politica

 di sterminio. Ne sono la prova le assicurazione che Sharon ha dato a Mizhna della

 sua disponibilita' ad accettare il piano di pace americano, il cosiddetto piano del

 quartetto, per poi, il giorno successivo, proporre addirittura cento modifiche al

piano stesso volte a snaturarlo completamente.

 

Gli Stati uniti sembrano determinati ad andare ad una guerra contro l'Iraq,

come incidera' questo sulla questione israelo-palestinese?

 

Quello che si sta addensando sull'Iraq e' come un grande tifone destinato

a scuotere e a scardinare tutti gli assetti e gli equilibri del Medioriente,

 e non puo' essere considerato un problema locale. Ho scritto oggi una lettera

al presidente Putin riaffermando come storicamente ma anche in senso geopolitico,

 non ci possiamo scordare che Europa e Medioriente sono geograficamente collegati,

 proteggere la pace in Medioriente significa proteggerla in tutto il mondo.

Come invece al contrario consentire un'altra guerra nel cuore del Medioriente possa

 comportare l'altissimo rischio di un allargamento del conflitto totalmente

imprevedibile nei tempi e nei luoghi. Anche per l'acuirsi dello scontro dove,

come qui, un conflitto e' gia' in corso. Sharon e' pronto ad approfittare

 dell'aumento della tensione per accelerare il suo piano di annullamento e

deportazione del popolo palestinese. Siamo a conoscenza di un progetto del

governo israeliano per deportare i prigionieri palestinesi con aerei speciali

in Libano e in Sudan quando iniziasse la guerra in Iraq.

 

Presidente, come si sente chiuso in questi uffici, impossibilitato a muoversi da mesi,

 praticamente prigioniero in casa sua?

 

Mi sento come tutti i palestinesi (Arafat sorride) -, soffro cio' che loro

 soffrono quotidianamente da anni ed ho la loro stessa determinazione a resistere.

 

Durante un'ora, tanto e' durato questo incontro con Arafat,

 per tre volte e' mancata la luce elettrica lasciando al buio il

quartier generale dell'Anp e la stanza dove ci trovavamo.

E' stato lo stesso Arafat, con una torcia elettrica, a illuminare il taccuino

sul quale prendevo gli appunti di questa intervista.

 

TRE. Relazione di Corinna

Tel Aviv, 11 marzo 2003

La nostra settimana in Palestina e' appena finita. Il gruppo (Teresa, Anissa, Maria Teresa,

Sandra e Laura) e' ripartito ieri dal Ben Gurion dopo una trafila di controlli davvero

inaccettabili. Hanno subito perquisizioni assurde, i bagagli totalmente rovesciati sui

banconi, senza alcun rispetto di un minimo di privacy, le hanno perquisite fisicamente

e hanno impedito loro persino di portare con se' in cabina cellulari e medicinali.

Quando mi hanno riferito quest'ultimo sopruso non ci ho visto piu' e ho chiamato

la nostra Ambasciata: e se fossero stati medicinali di vitale importanza? Non hanno

chiesto nulla, hanno sottratto tutto e basta, senza dare alcuna giustificazione.

La nostra Ambasciata devo dire che e' stata subito collaborativa, ha telefonato

al Ministero degli Interni protestando e ci hanno chiesto di mandare una lettera

ufficiale denunciando questi trattamenti assurdi. Lo faremo, non si puo' continuare a

 subire in silenzio inutili soprusi!

E di soprusi in questi giorni ne abbiamo visti (e anche in parte subiti) proprio tanti.

 Non e' certo la prima volta per me in Palestina, ma adesso la situazione e' davvero

umanamente insopportabile. Vi manderemo i reports giornalieri che non ci e' stato

possibile inviare quotidianamente, ma certo non ci toglieremo dagli occhi e dal cuore

la disperazione di Rafah, il muro alto piu' di otto metri che stanno costruendo a

 Khan Younis lungo il quale si sposta una torretta mobile, guidata da un computer,

che spara in tutte le direzioni, le donne di Al Mawasi in attesa da sei ore al

check point di poter rientrare alle proprie case, il visino di Alla, la bimba di

dieci anni che, tirandoci per la giacca, ci ha chiesto "ma che cosa abbiamo fatto

noi per essere trattati in questo modo? perche' quando esco di casa per giocare

mi sparano addosso?".

E ci sara' difficile scordarci del colono che, sulla strada da Jenin a Nablus,

ci ha bloccato piantandoci il mitra carico allo stomaco per non lasciarci passare,

solo l'arrivo dei soldati ci ha permesso di continuare il nostro viaggio indenni,

 mentre lui finalmente se ne andava sghignazzando, tutto contento di averci dimostrato

il suo stupido potere.

E il deserto surreale del centro di Hebron, dove abbiamo visto i soldati puntare

I fucili urlando verso dei bimbi affacciati a un balcone, intimando loro di entrare

in casa, e i bimbi restare li', fermi, spavaldi, a disobbedire all'ordine.

E il campo di Jenin, dove le macerie sono state rimosse ed e' rimasto un

immenso spiazzo di terra battuta. E la lunga fila di carri armati che abbiamo

incrociato uscendo da Jenin, loro entravano ed era il preludio a incursioni e arresti.

 E le case della citta' vecchia di Nablus, sfondate per passare da una all'altra,

lasciandosi dietro solo macerie e distruzione.

No, non e' possibile che il mondo continui a tacere, che nessuno fermi questo massacro.

Nonostante tutto questo orrore, abbiamo conosciute donne stupende, nelle citta',

 nei villaggi, che continuano a fare progetti per vivere, che vogliono sperare in un

 futuro migliore per se' e per i propri figli, e noi le aiuteremo, lo dobbiamo fare,

 tutte, tutti, o alzandoci la mattina non potremmo piu' riuscire a guardarci allo

specchio senza provare vergogna e disgusto.

Adesso sono qui, a Tel Aviv, in Israele, ma mentre le altre volte avevo la sensazione

 di essere passata per incanto dall'inferno al paradiso, questa volta non e' cosi'.

 Anche qui si vive male, certo non come nei territori palestinesi occupati, ma si vive male.

 La gente ha paura, paura di tutto, degli attentati, della guerra in Iraq, dei missili

 con testate chimiche che potrebbero colpire la citta', di perdere il posto di lavoro

da un giorno all'altro e non avere piu' di che vivere. I giovani non vedono prospettive

 e cercano di andarsene o si rifugiano in nostalgici e qualunquistici ricordi. Chi da

sempre lotta per cambiare le cose e' depresso e sfiduciato.

Anche loro hanno bisogno del nostro appoggio, della nostra solidarieta', anche loro da

 soli non possono farcela.

In questo luogo e' tutto talmente assurdo e disumano che e' difficile raccontare,

bisogna venire, vedere, sentire. Solo cosi' si puo' davvero capire.

E noi, come sempre, torneremo.

Vi abbraccio tutte, con una tristezza infinita.

Corinna  

 

QUATTRO. Aggiornamenti e documenti in italiano su:

http://www.palestina-balsam.it

 

CINQUE. ASSOPACE e GIPP

l'Associazione per la Pace ha aderito all'appello del GIPP ed alla

campagna di protezione della popolazione palestinese. Roberto,

dell'Assopace,

e' da una settimana nei Territori Palestinesi occupati e ci ha inviato

questa

testimonianza.

per informazioni sulla campagna e contatti

info@assopace.org

Jabalya, Striscia di Gaza 06/03/2003

 

Non ho mai visto un ghetto ebraico, se non in qualche cartolina d'epoca,

ma credo che la Striscia di Gaza sia diventato qualcosa di molto simile

purtroppo; da una parte il mare, dall'altra i reticolati ed il muro di

cemento guardati a vista dall'esercito israeliano. Dallo scoppio della

seconda intifida nessun palestinese puo' piu' uscire ne' entrare.

 

Per entrare nella Striscia di Gaza bisogna passare il posto blocco

dell'esercito

israeliano fare un centinaio di metri nella terra di nessuno e

quindi si arriva al controllo dell' autorita' palestinese, qui

incontriamo,

tre miliziani di guardia, hanno le divise sgualcite e solo uno dei tre e'

armato con un kalashikov, ci  salutano, mentre noi passiamo, basta forse

questa immagine  per poter capire la situazione.

Per arrivare a Gaza City bisogna percorre un pezzo di strada, che scorre

di fianco ad un insediamento, durante questo tratto della strada nessuna

macchine si puo' fermare. pena essere presi di mira dai soldati

israeliani

di guardia... abbiamo fatto appena pochi chilometri e gia' si vedono gli

effetti delle frequenti incursioni israeliane dentro la Striscia di

Gaza:

tutte le infrastrutture, in una zona gia' povera per se' stessa sono state

danneggiate: le strade sono state pesantemente danneggiate dal passaggio

dei carri armati, cosi' come lo sono i marciapiedi , i pali della luce,

le poche cabine del telefono, nei campi gli alberi sono stati sradicati,

questo e' quello che vediamo dalla strada che ci porta a Gaza.

Con la guida di un palestinese del Medical Relief arriviamo sulla scena

dell'ultima incursione dell'esercito israeliano successa solo la notte

precedente,

quando protetti da quattro elicotteri Apaches di fabbricazione americana

e da una sessantina di carri armati un numero imprecisato di soldati

sono

entrati da due diverse direzioni nel campo profughi di Jabalya,

nell'azione

durata sei ore sono morte 14 persone ed un centinaio sono risultate

ferite,

quasi tutte le vittime risultano essere civili anche se l'esercito

israeliano

nega di aver colpito obiettivi civili, secondo il portavoce, come sempre

 

le persone sono morte mentre stavano fabbricando una bomba, mentre in

realta'

un proiettile di un carro armato ha colpito il piano terra di una casa.

Arriviamo nel luogo dove si sono avute il maggior numero di vittime,

entriamo

nella casa, tutto e' nero, l'odore acre della polvere da sparo e' ancora

forte, si vedono materassi bruciati, poltrone, parti di libri, un

lavandino,

una sedia poche cose, poi si vedono i buchi lasciati dalle schegge del

proiettile

esploso..intorno alcuni bambini ci fanno vedere le schegge mentre

gridano

Sharon, Sharon, il resto non lo capiamo.

Lo possiamo solo intendere.

 

Roberto

 

SEI. Punto AF

Questo e' il link del primo sito della storia del web con dominio .af

(afghanistan)

http://www.undp.org.af/

una visitina di cortesia credo sia d'uopo perche' stanno facendo mille sforzi

per uscire dall'isolamento.

(da ariella)

 

Il progetto "SILENCE" nasce per impulso

dellŽassociazione "Il Sogno di Icaro" in

collaborazione con i maggiori centri sociali

autogestiti di Roma e dŽItalia.

Il suo intento e' quello di portare alla luce fatti,

avvenimenti e condizioni della realta' contemporanea

rimossi dalla coscienza sociale attraverso il silenzio

informativo. NellŽesame della condizione mediorientale

ha trovato oggi il suo punto di maggior attenzione.

Il cuore del progetto sara' la rappresentazione dello

spettacolo "Erotomania", scritto e diretto da Eduardo

Fiorito, che lo interpretera' assieme allŽattrice

Maricla Sediari, per la supervisione organizzativa di

Maria Ernesta Berucci. LŽautore cosi' lo descrive: "

Erotomania e' la distanza dallŽoggetto del proprio

desiderio: carnale, umano, politico, ideologico. La

storia comincia in una stanza qualsiasi in Palestina.

La luce sporca del tramonto scivola dalle imposte

semiaperte e bagna di sangue la polvere del letto,

delle valigie, dei vestiti abbandonati dappertutto.

Judith e Ami' in una scena dŽamore senza tempo ne'

luogo, lŽAfrica, il Sud America, potrebbe essere

qualsiasi terra dimenticata. Li scopriremo invece

israeliana e palestinese quando li vedremo vestirsi

dei loro accenti, dei loro nomi, dei loro ruoli, dei

loro pensieri. Ognuno in lotta con se' stesso per

ritrovare quellŽamore perso dŽimprovviso nella

coscienza di essere alla vigilia di un evento che

cambiera' la loro vita in maniera irreversibile. Li

vedremo completamente fagocitati in un contesto

geopolitico che li ha fatti soldati, utili a cause

opposte, prigionieri di fazioni che irrompono nel loro

privato con tutta la violenza di una realta' alla

quale, fisicamente, e' stato impossibile sottrarsi. Li

troveremo in balia di forze che non hanno potuto

controllare, che hanno legato il sentimento

dellŽorgoglio e della rivolta al terrorismo ed allo

spionaggio militare."

"SILENCE" non e' unicamente una sessione di spettacolo,

ma un progetto che coinvolge tutti i livelli

dŽespressione, sia artistica che informativa. Si

avvale per questo della partecipazione di cineasti,

danzatori e fotografi che artisticamente si siano

espressi sul tema del conflitto mediorentale. Il suo

intento e' soprattutto quello di aprire un confronto

oltre che di informare e per questo si avvarra' della

partecipazione di giornalisti, diplomatici, docenti

universitari ed associazioni  non governative.

 

Il progetto prendera' il via lŽ15 marzo il

"Brancaleone" (21.30: Dibattito/incontro, 23.30:

spettacolo "Erotomania"), con una conferenza stampa di

presentazione il 14.03 alle h 11.00 presso la suddetto

sede. Fino ad aprile si tratterra' nella capitale dove

verra' organizzato, fra gli altri, in collaborazione

con il Centro Sociale "Villaggio globale" (20/3), "La

Strada" (21-22/3). Alla fine di aprile si spostera' nel

nord Italia coinvolgendo dal "Babylon"

(24/25.04-Cuneo),allŽassociazione Ya-basta di Genova,

dallŽ "Askatasuna" (2.05-Torino), al "Il Barattolo"

(3/4.05-Pavia), dal "Torchiera" (Milano), al csa "Via

Volturno" (Udine), dal centro multietinico "Semira" di

Pordenone(15.05), al "TPO - teatro polivalente"

(16.05-Bologna),ect... Per concludersi nellŽultima

settimana di maggio allŽ "Officina 99" di Napoli.

 

Ufficio Stampa: Maria Ernesta Berucci.

Tel. 347/9408300 - mberucci@yahoo.it

 

SETTE.Ultimatum di STEFANO BENNI

Al presidente George W. Bush, Casa Bianca, Washington ( Usa)

 

Gentile signor Bush,

questa lettera e' idealmente firmata dalla stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta

che per noi si chiama Terra, per lei Teatro delle Operazioni. Sappiamo che lei, come molti

liberisti, dice di essere maggioranza anche quando non lo e', o lo e' per un pugno di schede

elettorali truccate. Ma le assicuro che siamo piu' del novanta per cento, tutti contrari

alla guerra. Percio' le consegniamo questo ultimatum in 15 domande. Ha una settimana di

tempo per rispondere, dopodiche' la nostra reazione sara' ferma e immediata.

 

1) Ci dica i veri motivi per i quali lei vuole a tutti i costi questa guerra,

e soprattutto chi le da' ordini. La Cia? Le sette sorelle petroliofaghe?

 Gli undici Skulls superfinanzieri? Cosa Nostra, il generale Jack Daniels,

 il suo papa', il suo commercialista ? Oppure lei e' solo un servo e un fantoccio

nelle mani di Berlusconi e Previti ?

 

2) Lei non accetta veti Onu, rapporti di ispettori, anatemi papali e proteste di pacifisti,

 e sforna in continuazione dossier taroccati. Insomma, se ha gia' deciso di attaccare,

perche' questa commedia? Lei e' ipocrita, sadico, o solamente confuso?

 

3) La sua Cia ha recentemente annunciato di aver visto da un satellite Bin Laden che

scappava a cavallo. Saddam viene intervistato ormai anche da Sorrisi e Canzoni.

Come mai soltanto i vostri agenti segreti non riescono a avvicinarsi ai vostri nemici?

 Questione di timidezza?

 

4) Ci dia l'elenco dei prossimi paesi i cui armamenti la turbano preventivamente.

 La Corea, la Cina, Cuba, le Dolomiti? Ce lo dica adesso, cosi' noi prenotiamo la vacanza.

 

5) Ci spieghi, nel trentennale del golpe in Cile, la differenza tra un tiranno armato

 pericoloso e un tiranno armato innocuo.

 

6) Ultimatum e' una parola di derivazione latina, come piu' o meno latini sono i

suoi alleati Aznar e Berlusconi. Le uniche azioni operative che hanno intrapreso

insieme sono state la fuga dai giudici e il matrimonio miliardario di Aznar junior,

ovvero l'Oscar della burineria del secolo. Come parteciperanno allo sforzo bellico?

Li obblighera' a fare sul serio? Regaleranno orologi d'oro a ogni marine che ammazza

dieci nemici? Bombarderanno Baghdad di bomboniere?

 

7) E' vero che ha promesso un quarto del petrolio iracheno a Tony W. Blair?

 Ed e' vero che ha anche promesso a Berlusconi un milione di galloni e lui le

 ha risposto che preferiva dei tacchini?

 

8) I presidenti Usa troppo intraprendenti o che possono disturbare le manovre della Cia,

 vengono ammazzati dalla Cia stessa. Lei e' il vero capo della Cia o quelli della Cia

la considerano troppo cretino per disturbarli?

 

9) Il suo esercito e' cento volte piu' forte di quello di Saddam. Sarebbe cosi' pettinato

 e arrogante se i vostri eserciti fossero pari? Lei ha parlato ultimamente dello spirito

del West. Ma i pistoleri si affrontavano almeno uno contro uno, in fessissimi duelli.

Lei assomiglia al latifondista che assolda cento pistoleri per far fuori un solo

fetentissimo bandito. Il western non le insegna che il fetentissimo bandito alla

fine puo' farci una figura migliore?

 

10) Lei e' un depresso megalomane alcolista. Queste persone meritano normalmente

tutto l'aiuto possibile. Ma lei e' un depresso megalomane alcolista con in mano

la valigetta della distruzione nucleare. Essendo il suo caso anomalo e delicato,

perche' non si fa curare da uno psichiatra, magari su un lettino radioattivo?

 

11) Lei ha dichiarato che prima di prendere una decisione importante sulla guerra,

va a spasso col suo cane e si chiarisce le idee. Lo fa:

 

a) perche' tanto il suo cane non la ascolta?

 

b) perche' lei non ha un cane che la ascolti?

 

12) Lei ha recentemente redarguito alcuni intellettuali americani che le avevano

 attribuito la sindrome di Hitler. Non siamo d'accordo con loro. La Polonia era vicina,

l'Iraq e' lontano. Lei spende sicuramente di piu'. Quanto?

 

13) Lei ammazzera' come al solito un mucchio di civili, ma e' gia' li' che eufemizza e

 minimizza, parla di armi superintelligenti, nuovi sistemi di puntamento e soprattutto

 di armi nucleari 'limitate'. Ci spiega cosa sono queste nuove atomiche a gittata

federalista e regionale? A cosa somigliano ? A uno scaldabagno di Bergamo?

A Borghezio caricato a lenticchie e purganti?

 

14) Dov'e' finita la storia dell'antrace? E le navi irachene piene di armi chimiche

in giro per i mari? E il mullah Omar? E la plastica facciale di Bin Laden?

E le torture ai prigionieri? E lo scandalo Henron? E le sue societa' a meta'

con gli arabi? E i rapporti Cia prima dell'undici settembre? E i rialzi in borsa pilotati?

 E cosa ha chiesto davvero all'Italia? E dov'e' finita la sua cravatta rosa dopo che

il manifesto ne ha parlato?

 

15) E' vero che l'ultima volta che si e' confessato il reverendo Bill Hook,

un prete nero di cento chili, l'ha centrato con un diretto destro attraverso la grata?

 

Caro presidente, ha una settimana per rispondere. Allo scadere dell'ultimatum non

 bombarderemo ne' cancelleremo lei o il suo popolo. Sappiamo che questo per lei

e' bizzarro e incomprensibile, ma e' cosi'. Non tema il nostro odio e disprezzo,

 reazioni possibili ma sterili. Tema l'impegno e la promessa che noi ricorderemo per lungo,

 lunghissimo tempo, ogni inutile e evitabile sofferenza che lei avra' inferto al mondo.

 Questo vale anche per il suo detestabile nemico, ma cento volte di piu' per lei perche'

lei e' cento volte piu' potente e avrebbe cento strade diverse da prendere.

Questo impegno e giuramento di non dimenticare, ha cambiato e puo' cambiare

la storia esattamente come le sue armi.

 

Non aspettiamo una sua risposta scritta, ma le sue azioni.

 

Cordiali saluti, gli abitanti del Teatro delle Operazioni.

 

Ps. Al momento di andare in stampa, riceviamo questa dichiarazione a lei diretta.

lasciaci fuori dalle tue beghe, stronzo. Firmato Osso w..Bingo, presidente del

miliardo di cani contrari alla guerra. Bau.

 

da il manifesto