L'Inpgi 2, che gran fregatura...

24 Gennaio 2001 - Alleggeriamo le tasche degli editori

Finalmente Vera Paggi ha detto una cosa ragionevole: bisogna arrivare a far pagare agli editori il 6,66 per cento del carico Inpgi2.

Questa sarebbe una svolta, perché il problema di fondo dell'Inpgi2 è che pesa troppo sulle tasche dei collaboratori. In numeri:
1/6 sugli editori, 5/6 sui collaboratori. Per l'Inps invece è 2/3 sui datori di lavoro, 1/3 sui collaboratori.

Come arrivare ad una giusta proporzione? Si potrebbe fare una
raccolta di firme, o qualcosa del genere (sul come ci pensi lei, non è il suo lavoro?). Vera Paggi non abbia paura di chiedere l'opinione in merito ai co.co.co. Tutti le risponderanno di seguire questa strada, perché va nella direzione migliore per i collaboratori.
Sandokan


23 Gennaio 2001 - Mica scrivo canzonette

Caro Barby, ti scrivo per far conoscere il problema che alcuni autori testi di mamma Rai hanno con i contributi previdenziali. Dal 1996 sono pubblicista e dal '97 sono iscritto all'Inpgi 2. Collaboro ad un inserto de "Il Messaggero" che regolarmente mi paga il 2 per cento in più su ogni prestazione.

Dal 1998 lavoro per una rubrica del Giornale radio Rai. Il mio contratto non è giornalistico. Nonostante io produca servizi giornalistici in voce e firmati. Ecco, il problema è che la Rai se ne infischia dell'Inpgi e paga i contributi all'Enpals. Ma io non sono un lavoratore del mondo dello spettacolo. Sono un giornalista.

Per complicare la situazione, qualche anno fa un settimanale al qual collaboravo mi ha costretto ad aprire una "posizione" con l'Inps.
Caro Barbiere, avrò mai una pensione? E soprattutto da chi?


22 Gennaio 2001 - Vera Paggi torna all'attacco e spiega

Aumentare il contributo minimo a un corrispettivo di 5 milioni lordi annui e' vessatorio? Forse si'.

Cara Simona Fossati non hai tutti i torti, chi non fa la professione giornalistica a tempo pieno, o non la fa per nulla, ma ha un altro mestiere non c'e' dubbio che possa sentirsi vessato. Ma come tu sai e come hai condiviso per tanto tempo con me, l'Inpgi2 nasce per i freelance, per i giornalisti freelance, non per le migliaia di iscritti all'albo dei pubblicisti che questo mestiere non lo fanno e non l'hanno mai fatto.

Sai qual e' la percentuale degli iscritti all'Inpgi 2 sul totale degli iscritti all'Ordine? Meno del 14 per cento. Vuol dire che gli altri eludono? Formalmente si', nel senso che la legge (il decreto 103 che ti invito a leggere con attenzione e a non fermarti al titolo) che ha istituito le gestioni separate come l'Inpgi2 prevede che tutti gli iscritti a un ordine professionale che svolgono lavoro autonomo hanno l'obbligo di iscrizione.

In realta' credo che non siano tutti "evasori", certo, una quota di elusione ci sara' e', diciamo, "fisiologico", ma la maggioranza? No, non si iscrivono semplicemente perche' non fanno lavoro autonomo giornalistico. E per i pubblicisti, che non scrivono, magari da anni, questo dovrebbe significare la cancellazione dall'Albo dei giornalisti, come prevede una legge del 1963, che ti invito a rileggere con attenzione. Gli Ordini invece non fanno le revisioni, ma non puo' essere un problema dell'Inpgi2.

Cara Simona Fossati, ma ti ricordi quando il precedente comitato amministratore dell'Inpgi2 delibero' di abbassare il contributo minimo, che gia' allora (fino al 1997) era di 500.000, che nel dipartimento Freelance della Fnsi, cui tu partecipavi, esprimemmo, unanimemente e con forza parere contrario?

Anche allora il ragionamento che abbiamo fatto insieme partiva dal presupposto che la gestione separata nasceva per dare una pensione ai giornalisti liberi professionisti. Sono passati quasi quattro anni, forse la tua memoria e' piu' corta. Ma non fai un favore ai colleghi nel sostenere una polemica strumentale.

Quanto all'avere anticipato ad aprile l'invio della comunicazione reddituale, mi devi spiegare perche' dovrebbe essere un "odioso" atteggiamento di sfiducia. Sfiducia rispetto a che? Sai quante centinaia di milioni sono state messe a bilancio nel consuntivo 2000 per sanzioni? Sono la conseguenza di errori, dimenticanze, disinformazione di molti colleghi che si fanno la dichiarazione dei redditi da soli, che in futuro vorremmo evitare proprio ai colleghi.

Per questo il fatto che sia l'Inpgi a fare i conti e' solo una forma di agevolazione. E non credere che questo non comportera' un aumento del lavoro agli uffici di via Nizza. Non e' un atto di polizia, vorrei tranquillizzare i colleghi, anche perche' l'Inpgi non avrebbe bisogno di questi strumenti per cercare chi elude il contributo.

Per quanto riguarda la tua, vostra proposta, e' anche la mia e quella, credo di poter dire, tutto il comitato amministratore, ma vorrei ancora invitarti a leggere tutta la legge 103 che ha istituito le gestioni separate e da cui nasce il regolamento dell'Inpgi 2: NON SI PUO'. Almeno finche' non sara' il PARLAMENTO a modificarla, perche' e' quella legge che prevede che sia il giornalista a ricevere il contributo del 2 per cento dagli editori.

Vedi, io e altri componenti del Comitato amministratore vorremmo fare di piu' modificare anche la percentuale a carico degli editori, affinche' si avvicini a quel 6,66 per cento che versano i committenti per i lavoratori autonomi iscritti all'Inps2. Ma anche questa e' una modifica alla legge. Non vuol dire che non si puo' fare, vuol dire pero' che per farlo dobbiamo essere forza di pressione sul Parlamento. Credi che se gli iscritti fossero trentamila, invece degli attuali diecimila avremmo maggiore potere contrattuale?
Buon lavoro a te e ai colleghi dello sportello freelance.
Vera Paggi 
Comitato amministratore gestione separata Inpgi


22 Gennaio 2001 - Agguanta la collaborazione e scappa

Cari colleghi, volevo intervenire sulla dolorosa questione dell'Inpgi2. Alla domanda «Contributo o rapina?», rispondo senza ombra di dubbio «Rapina».

Non entro nei dettagli tecnici, o filosofici. Voglio solo far
presente che secondo me questa simpatica iniziativa di innalzare il contributo minimo a questi livelli avrà due effetti:
a)Favorire l'evasione
b)Favorire la corsa all'arraffa-arraffa collaborazioni.

Faccio un esempio pratico: nell'anno 2001 mi arriveranno pagamenti di collaborazioni fatte nel 2000, quando ancora non si sapeva di questo scherzetto, quindi mi toccherà sborsare queste 650.000 lire. Peccato che le collaborazioni ammontino si e no a 500 mila lire lorde (e il 2 per cento, come hanno già fatto rilevare molti colleghi, non lo versa quasi nessuna azienda).

Allora, essendo che non ho alcuna voglia di elargire donazioni (trovo che le mie trattenute in generale siano più che sufficienti), naturalmente cosa ho fatto: mi sono procurata altre collaborazioni (cosa che altrimenti non mi
sarei sognata di fare), togliendo il pane di bocca a gente che forse ha più bisogno di me, di lavorare (visto che io un posto fisso ce l'ho). Quindi complimenti a chi ha avuto questa idea veramente geniale!
Marina Morpurgo


22 Gennaio 2001 -  Quasi quasi lavoro gratis

A me è capitato varie volte di fare collaborazioni per 2-300 mila lire all'anno. Bene. Domando io: perché una persona sana di mente dovrebbe pagarci sopra 650 mila lire di contributo Inpgi?

Che dice Vera Paggi? Di smettere o di collaborare gratis. Fantastico. Proprio quello che ho pensato io. Solo che ho pensato anche che Vera Paggi e Gabriele Cescutti stanno probabilmente pensando di cedere la presidenza dell'Inpgi ad Alberto Donati.
Die Scheere


22 Gennaio 2001 - L'Inpgi2, un avvoltoio

Ora che iniziano a lamentarsi anche gli articoli 1 forse ci si renderà definitivamente conto quanto l'Inpgi 2 sia una fregatura. Nella precedente polemica (ottobre) erano stati coinvolti solamente i free lance, così in molti avranno pensato al lamento di un gruppo di pezzenti. Ora la lunga mano della cassa di previdenza arriva anche agli iper garantiti e magari il problema verrà visto e affrontato in maniera più seria.

Parliamoci chiaro: è ormai evidente come l'Inpgi 2 sia una truffa. I costi di gestione sono esorbitanti (come sottolinea giustamente Sabbatini), l'obbligatorietà è assurda, il fatto che se l'editore non paga il proprio 2 per cento (ha paura di fallire?) il balzello tocchi al free lance è un abominio

Come ciliegia sulla torta ecco l'obbligatorietà anche per gli articoli 1: non si aspettava altro per dimostrare senza prova di appello di come l'Inpgi 2 si sia trasformata (o lo è sempre stato?) in un dracula che succhi i soldi a chi lavora. Perché, parliamoci chiaro, cosa se ne fa un articolo 1 della pensione dell'Inpgi2? Nulla, e non stiamo a raccontarci storie. 

Per noi co.co.co possono anche cercare di convincerci che lo fanno per noi, per la nostra vecchiaia, ma per chi non ha solo la pensione dell'Inpgi ma anche quella della Fnsi... non si può proprio sostenere la necessità di un'altra pensione. 

Rimane allora solo l'atroce sospetto che si tratti di una mossa per ramazzare qualche "dollaro in più". Evidente: l'ente - dopo aver visto calare le proprie entrate perché sono calati i giornalisti assunti - ha pensato bene di sopravvivere. Se si è nella condizione di cercare la sopravvivenza vuol dire che si è in un momento di difficoltà, ed è quindi più facile rivolgersi ai deboli (i free lance) che ai forti (gli editori). 

Allora al posto di cercare incentivi per far aumentare le assunzioni (non sarà impossibile! L'uomo va sulla luna e non si può trovare un modo per sbloccare le assunzioni!! Non ci credo) meglio rivolgersi ai collaboratori. In tutto questo la Fnsi non fa nulla, anzi avvalla, così mi chiedo perché esista e perché io mi debba sentire rappresentato da Serventi Longhi e soci (per favore non chiedetemi più di scioperare la prossima volta). Non parliamo dell'Ordine, che nella sua immobilità si sa solo appellare alla legge (specialità di Ciccio Abruzzo, vedi polemica di ottobre su Inpgi 2).  
Quindi per farla breve una persona che vive di collaborazioni si vede prima decurtare lo stipendio dalla ritenuta d'acconto, poi da conguaglio, e infine arriva l'avvoltoio Inpgi2. Poi finalmente può pensare cosa fare con quello che gli hanno lasciato.  Direi che ha proprio ragione Vera Paggi: non conviene quasi più fare certe collaborazioni, conviene andare a fare una gita in alta montagna, almeno se lì si paga il biglietto della funivia in cambio ti danno qualcosa. 
Sandokan


11 Settembre 2000 - L'Inpgi 2, che gran fregatura...
Cari amici del Barbiere, non vi conosco ma immagino che siate tutti giornalisti assunti ex articolo 1 contratto fieg/fnsi. Questo forse vi porta a non conoscere quella grande fregatura che è l'Inpgi 2. Grande fregatura di cui mi sono accorto da pochi mesi. Sono diventato professionista attraverso il praticantato d'ufficio, cosa che mi ha portato per un paio d'anni a collaborare con molte testate senza aver nessun contratto. 

Scriverei free-lance se ormai non fosse sinonimo di disoccupato o sfruttato (o tutti e due). Poi dopo tante peregrinazioni ho trovato un giornale di settore che mi faceva un contratto. Ovviamente si tratta di un coordinato e continuativo, però dopo mesi di "Free lance" è stata una gioia, anche perché mi sono trovato in un ambiente serio. 

Al momento del contratto mi dicono: devi iscriverti all'Inpgi 2, perché noi ti paghiamo il 2%. A questo punto mi incuriosisco e scopro che sul netto che guadagno devo pagare ben il 10% all'Inpgi. Per alcuni giorni ho dato testate ai muri e maledetto l'ordine, la Fnsi, l'Inpgi e mezzo mondo. Il punto è questo: non solo non sono assunto, ma mi devo pure pagare il 10% all'Inpgi per un futuro per nulla certo, visto le sorprese che ogni governo prepara per le pensioni (e se pensiamo che è in arrivo il Polo.). 

Ma il punto è un altro ancora: i vari organismi di categoria, al posto di cercare con incentivi o con altri mezzi (quali, saranno fatti loro, esistono facciano pur qualcosa) di far aumentare le assunzioni, hanno pensato bene di garantirsi altre entrate previdenziali per pagare le pensioni ai vecchietti che hanno avuto tutti i privilegi del mondo e per pagarle a quelli che i privilegi li hanno ora. 

Visto che gli editori assumono sempre meno, facciamo pagare anche i non assunti. Così non solo io mi trovo non assunto (quindi niente tredicesima, niente liquidazione niente liquidazione extra (non mi ricordo il nome), niente Casagit) ma devo pure pagare per i privilegiati, che sono sempre meno e che per garantirsi i loro privilegi hanno bisogno dei miei soldi. Insomma un esproprio proletario al contrario. 

E non venite a parlarmi di come l'Inpgi pensi alla mia vecchiaia o cose del genere, perché l'andamento delle pensioni (sempre più basse) mi fa sperare per il peggio. Inoltre visto che non sono assunto potrò almeno gestirmi i miei soldi come voglio, scegliendo se fare un'assicurazione privata, se investire in fondi obbligazionari, se sputtanarmeli tutti in viaggi. Non, devo darli a chi sta meglio di me! Evviva, questo è il vero contributo di solidarietà. 

Ora capisco perché all'esame passano anche i peggio somari: hanno bisogno di carne da previdenza, di gente che gli paghi la pensione. Esattamente il contrario di quello che succede con gli avvocati, che vengono bocciati per non creare nuova concorrenza. Ovviamente l'Inpgi e l'Fnsi si guardano bene dal fare una visita a sorpresa nei palazzi dei grandi editori: scoprirebbero un esercito di abusivi. Ma forse è meglio di no. 

Dopo le testate al muro (visto che sono un pesce piccolo non provo a sgarrare altrimenti mi pescano subito e mi squamano) ho detto: «Ok, vediamo che vantaggi mi dà questo diavolo di Inpgi». Visto che voglio comprare casa ho chiesto per il mutuo: «No, ci spiace per voi dell'Inpgi 2 non è possibile». Evviva. Case in affitto? «Sì, forse quelle sì». Inoltre mi chiedo a cosa servano l'ordine e l'Fnsi. Non so come siano andate le trattative per questa figata dell'Inpgi2 (ne voglio andare a cercare i particolari, mi basta il presente, inutile andare a cercare nel passato) però vorrei proprio sapere come è possibile che si sia arrivati ad avere un carico previdenziale che pesa per il 2% sull'editore (che manco mi assume) e per il 10% su di me (che manco sono assunto). Vorrei sapere chi è il genio che ha concluso questa trattativa. 

Se non fosse per la speranza di essere un giorno assunto con il contratto, rinuncerei immediatamente all'iscrizione all'ordine così non dovrei subire questa espropriazione da parte dei privilegiati. Infine l'ultima considerazione: a me è andata bene, il mio contratto di Coordinata e continuativa è alla lettera. Dicevo prima persone serie e lo sono: non ho orari, non devo rendere conto dei miei spostamenti o assenze. Devo solo rendere conto del lavoro che va fatto. Quindi mi posso organizzare e collaboro anche con altri giornali. La domanda per tutti gli organi della professione però è: quanti contratti coordinati e continuativi non sono altro che mancate assunzioni, visto che la gente è poi obbligata di fatto a seguire orari da assunti. Perché non andate a verificare questa realtà? Grazie per il sito che è veramente bello. Ciao a tutti.
Sandokan

Be’, questo e’ un argomento interessante. Qualcuno, magari dall’Inpgi, desidera replicare? Ci montiamo su una bella discussione? Vedete voi.
Bds 


20 Settembre 2000 - Vera Paggi:" ci stiamo lavorando"
Caro collega, hai ragione di lamentarti, ma non credere che proprio sulla questione dei prestiti agli iscritti all'Inpgi 2 non ci abbiamo pensato. Ci sono problemi di natura "tecnica", ovvero di garanzie di copertura finanziaria. Se sei lavoratore dipendente l'Inpgi si puo' rivalere, per esempio, in caso di insolvenza, sulla tua liquidazione, se chiedi un prestito per la casa, sulla casa, e cosi' via. Se sei in trattamento di disoccupazione sulla disoccupazione. nel caso dei freelance abbiamo cominciato a studiare come fare. Si potrebbero far pagare fidejussioni, ma siccome su un prestito senza garanzie il rischio che la fidejussione pagata dal freelance sia troppo salato stiamo cercando soluzioni meno onerose possibile. Siamo alla ripresa dei lavori del Comitato amministratore dopo la pausa estiva e questo argomento e' fra i primi all'ordine del giorno. Spero di poterti dare al piu' presto qualche buona notizia. 
Cordialmente. 
Vera Paggi 
Consigliere di amministrazione Gestione separata Inpgi
13 Settembre 2000 - Ogni Sandokan ha la sua Marianna
 Ciao Sandokan, sono Marianna e come vuole la leggenda io e te siamo sempre uniti nelle nostre battaglie. Anch'io sono una sfigata costretta da questa fantomatica riforma a versare i miei soldini all'Inpgi 2 per contribuire all'arricchimento di tanti vecchietti che sicuramente non pigliano una povera pensione sociale. Certo grazie a questi versamenti (io il 10 per cento, l'azienda, che soldi ne ha, il lauto 2 per cento!!) è il mio stipendio ad assomigliare sempre più a una pensione sociale. 

C'è qualcuno in questa categoria che difende i non assunti? Vorrei ricordare all'Inpgi che in un paese libero e democratico ogni cittadino deve poter essere lasciato libero di scegliere come gestire i propri soldi. Ho sognato di fare questo mestiere fin da piccola, ho faticato fra un giornale e l'altro per anni da abusiva per riuscire ad arrivare a Roma. Finalmente ci riesco, divento professionista e ottengo perfino un contratto di collaborazione coordinata etc, etc. Poi cosa vengo a scoprire? . Che essendo giornalista  - non importa se te lo puoi permettere, se magari, dico magari, i soldi che guadagni ti servono per vivere - devo versare ben il 10 per cento a giornalisti di altre generazioni che di privilegi ne hanno certamente goduto. Ora io non dico di volere privilegi, ma, perbacco, lasciatemi libera di avere i miei soldi. 

Chi mi garantisce, con i tempi che corrono, che anch'io "da grande" avrò la mia pensioncina? Me lo garantisce l'Inpgi2? O l'Ordine, da cui mi sento così tutelata? Questi contributi anch'io come Sand (lo chiamo così per affetto spero che lui accetti) li verso alle casse dell'Inpgi 2, perché non ho parenti noti e, ovviamente, perché non sono assunta da grandi e per questo intoccabili editori! A questo punto mi chiedo perché nessuno si incuriosisca, perché nessuno si prenda la briga di vedere come tanti giovani colleghi vivano. Come tanti altri, anch'io sto facendo la mia sana gavetta e ne sono fiera, non mi piacerebbe lavorare perché sono figlia, amica o parente di... Sono fiera della mia gavetta, ma per piacere un po' di serietà e di giustizia non guasterebbero. Forse io e Sand sembriamo crudeli e duri nei confronti di tanti vecchietti. Caro Sand, ti do' un consiglio. Non arrabbiarti e cerca di essere più buono e solidale. D'altronde questi vecchietti non fanno niente di male. Non te la prendere se loro viaggiano in treno, in aereo o in barca e tu a piedi. Così è la vita!
Marianna


13 Settembre 2000 - Noi co.co. abbiamo bisogno di affetto
Caro Sandokan, è vero che questa faccenda del dieci per cento più due è un modo come un altro che lo Stato aveva per fingere di dare ai collaboratori coordinati e continuativi il diritto a sperare in una pensione (vorrei vederla, questa pensione, tra una ventina d'anni...), ed è anche vero che è un modo come un altro per dare qualche lira all'Inpgi, che da qualche anno a questa parte non fa che ripetere quanto sia pesante sul suo bilancio l'incidenza di provvidenze, indennità e sussidi di disoccupazione.
Ma purtroppo è una legge dello Stato ad obbligare i co.co. (coordinati e continuativi...) al versamento di una percentuale all'istituto di previdenza; nel nostro caso, diamo queste lirette all'Inpgi, che - per la verità - chiede effettivamente al nostro buon cuore uno sforzo economico maggiore di quello che l'Inps chiede ai suoi iscritti.
Il fatto che sia la legge a prescrivere questo simpatico obbligo non diminuisce certamente la mia indignazione di giornalista professionista contrattista a termine e collaboratrice coordinata e continuativa e parasubordinata (quante cose ero, senza saperlo!). Tanto più che i casi 
sono due:
- se sono dipendente, allora vorrei che i contributi me li pagasse il datore di lavoro;
- se sono autonoma (e quanta retorica hanno fatto, i nostri organismi di categoria, sull'autoimprenditorialità?), vorrei poter decidere cosa fare del mio denaro.
Comunque, ascoltate qua. Facciamo che prendevo - ipotesi - quindici milioni da lavoro dipendente con i miei contratti a termine (mai sentito parlare di sostituzioni estive qua e là per l'Italia?); facciamo che altri dieci mi arrivino dalle collaborazioni (facciamo, ho detto).
Facciamo che sia ora di presentare la denuncia dei redditi.
Allora: il datore di lavoro che mi ha assunto a termine come 
professionista mi ha trattenuto il minimo di Irpef, perché col reddito che ho guadagnato da lui raggiungevo solo l'aliquota di tassazione più bassa. Ma se ci si somma il mio reddito da co.co. - e a giugno lo devo ben fare - sorpresa: l'aliquota aumenta!!!
Sul mio lauto compenso annuale di co.co. devo poi versare il dieci per cento all'Inpgi (e pensare che quel genio di Raffaele Morese propone di elevare al 23 per cento le ritenute previdenziali per i parasubordinati: ma questo qua dove vive?). In più, ho da pagare la casagit, l'iscrizione annuale all'ordine, e - chissà se gliene frega a qualcuno, del fatto che in questo Paese noi co.co. non possiamo detrarre le spese per la produzione del reddito... - quelle bollette 
Telecom Infostrada Tele2 Omnitel, quei pieni di benzina che servono per muovermi di qua e di là per lavoro, quelle gomme della macchina che consumo per spostarmi di qua e di là, e tutto quel che mi occorre per poter lavorare, compresi i computer che gestiscano immagini e filmati e quant'altro...

Ora: leggo che la Fnsi, in sede di rinnovo contrattuale, si sta acconciando a cedere tutto sui neo-assunti. Non m'aspettavo davvero che cedesse sulle posizioni consolidate, per carità. Ma che pretenda di essere ancora l'unico sindacato della categoria, beh, questo mi sembra troppo. I miei interessi, cara Fnsi, divergono terribilmente da quelli 
che tu sei disposta a rappresentare. Capisco bene che la tua base siano le redazioni strutturate: ma allora lascia perdere quelli come me. Non far finta di avermi a cuore, non fingere di soffrire per me. E' vero che gli editori sono, di questi tempi, la più terribile delle controparti; è vero che i direttori sono i rappresentanti della proprietà ed esistono sempre meno come "pezzi" di professione giornalistica; ma è anche vero che quando un sindacato s'inventa i contratti differenziati come quelli che sono stati sottoscritti in 
Veneto per le radiotelevisioni dicendo che "vabbè, il reddito sarà più basso ma tu radiotelevisivo avrai finalmente un cdr", quel sindacato sta aprendo varchi MICIDIALI agli editori, alla frammentazione dei contratti di categoria, all'istituzione di figure di serie b, e senza nemmeno domandarsi se quel reddito sia sufficiente a garantire un'esistenza dignitosa (oppure decidendo in proprio che quel reddito è esattamente quel che basta alla vita del neo-paria: ma è la stessa cosa)...
Per carità: il sindacato ha ben il diritto di fare tutto questo. E' una strategia che capisco: ma non vorrei più sentir dire che quel sindacato è anche mio. Soprattutto perché se chiude l'Unità la Fnsi fa il diavolo a quattro, e se chiudono i giornali di provincia la Fnsi si limita a qualche comunicato di circostanza. Mai sentito parlare, o caro sindacato, di accordi di cartello? Mai sentito parlare di intese che, 
raggruppando editori che detengono il tre per cento da una parte e il due per cento dall'altra e il sei per cento da un'altra parte ancora, riescono a far aprire e soprattutto a far chiudere tutti i giornali che vogliono, immettendo decine di disoccupati su quello che a voi - e anche agli editori: guarda un po' la coincidenza - fa piacere considerare un mercato? Perché questo sindacato si ostina ad accreditare l'idea che le uniche concentrazioni editoriali che limitano 
la concorrenza siano quelle che tengono in mano percentuali enormi dei mezzi di informazione?
Troppo lunga la mia mail? Forse... Ma voi mi saprete perdonare: noi co.co. abbiamo quasi sempre bisogno d'affetto!
Ciao
Federica


13 Settembre 2000 - Il parere di Franco Abruzzo
Caro Barbiere, ho letto il messaggio di Sandokan, irato quanto affrettato. Non tocca a me difendere l'Inpgi. Ma  Sandokan chiama in causa (erroneamente) l'Ordine professionale, che pur nei suoi riguardi ha compiuto un atto di giustizia (il praticantato d'ufficio).
Per i giornalisti l'obbligo dell'iscrizione alla Gestione previdenziale separata per il lavoro autonomo è indicata dall'articolo 6 del  Decreto legislativo 103/96 (comma 1, lettera a) e riguarda tutti i giornalisti iscritti all'Ordine, anche se già dispongano di una posizione previdenziale derivante da un rapporto di lavoro subordinato 
(giornalistico o non giornalistico). La legge dice: "Il presente decreto legislativo, in attuazione della delega 
conferita ai sensi dell'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, assicura, a decorrere dal 1° gennaio 1996, la tutela previdenziale obbligatoria ai soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è condizionato all'iscrizione in appositi albi o elenchi".
L'Inpgi  e l'Ordine, quindi, hanno attuato disposizioni legislative: va detto che la gestione separata è una cosa, quella dei giornalisti dipendenti un'altra. I conti e le casse sono divisi per legge. L'Inpgi peraltro ha  adottato una decisione saggia e generosa (che la gestione separata dell'Inps non ha fatto). Dice il regolamento dell'Inpgi: "Ai 
fini del diritto alla pensione di vecchiaia è riconosciuto utile il periodo di contribuzione nell'assicurazione obbligatoria IVS o in forme sostitutive, esclusive o esonerative e nella Gestione Previdenziale Separata, costituita in favore dei giornalisti che svolgono attività 
autonoma di libera professione anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa". 

I periodi  legati all'Inpgi 1 e all'Inpgi 2  sono uniti. Non è poco. Voglio dare a  Sandokan e ai lettori del "Barbiere della sera" una notizia, di cui ho parlato su "Il  Sole 24 Ore" del  7 settembre: una recentissima direttiva Ue impone alle aziende di pagare le fatture entro 30 giorni, anche quelle dei giornalisti liberi professionisti. La notizia può essere sintetizzata così: "E' finita la pacchia per gli editori: giustizia per i giornalisti free lance. Anche le professioni 
liberali (compresa quella di giornalista, ndr) vengono assoggettate alla direttiva, senza tuttavia obbligare gli Stati ad equipararli alle imprese". 

Gli editori dovranno rispettare la direttiva comunitaria e pagare le collaborazioni entro trenta giorni. Un tempo incredibilmente corto rispetto ai 4-8 mesi di oggi. Giustizia per i giornalisti liberi professionisti o free lance!!! Era ora. Dal tavolo delle trattative così è stato tolto un macigno enorme, che aveva contribuito a determinare un clima di scontro tra Fnsi e Fieg. Cordiali saluti,
Franco Abruzzo


13 Settembre 2000 - Questo si' che la sa lunga...
Cari giovani colleghi, le vostre lettere di sfogo e polemica sull'Inpgi 2 contengono una serie di inesattezze sbalorditive. Fossero venute da 'estranei' al mondo del giornalismo, pazienza. E' grave invece che provengano da due colleghi. Ecco alcuni utili chiarimenti. 

1) dal 1995 esiste in Italia un obbligo di legge in base al quale qualunque reddito da lavoro deve essere assoggettato alla contribuzione ai fini pensionistici (il 10%). A tale obbligo sono soggetti indistintamente tutti i cittadini. Sia con quelli con un contratto da consulente, sia quanti esercitano forme di collaborazione coordinata e continuativa, sia quanti esercitano la libera professione. 

Tale obbligo fu introdotto per due ragioni: anzitutto, contrastare la 'furbata' di molti datori di lavoro che sostituivano i rapporti di lavoro dipendente con rapporti di consulenza, al fine di non pagare i contributi. In secondo luogo, tale norma fu introdotta per far si' che anche i protagonisti (a volte, loro malgrado) di forme di lavoro flessibile e non sempre disciplinato da dipendenza piena, avessero una qualche tutela previdenziale. 

2) la legge obbligava tutti i cittadini a iscriversi presso una speciale cassa amministrata dall'Inps, quella dei cosiddetti 'lavoratori parasubordinati'. Con una sola esclusione : i liberi professionisti (avvocati, ingegneri, notai, ecc.) gia' obbligati dai rispettivi ordinamenti a versare i contributi alle proprie casse di previdenza. Nel 1996 l'Inpgi, l'Ordine e la Fnsi, d'accordo con la Fieg, chiesero al ministero del lavoro di esentare i giornalisti dall'obbligo di versare i propri contributi all'Inps, e di consentire che il versamento venisse fatto presso un'apposita cassa autonoma costituita presso l'Inpgi, quella che poi prese il nome di ''Gestione separata''. 

3) Dopo qualche tempo il ministero del lavoro ha riconosciuto fondata tale richiesta ed ha previsto per i giornalisti iscritti all'albo l'obbligo di versare il famoso 10% all'Inpgi, anziche' all'Inps

4) I soldi che ogni singolo contribuente versa alla 'gestione separata'' dell'Inpgi non servono a pagare le pensioni dei giornalisti che hanno gia' lasciato il lavoro (chi ha mai detto una sciocchezza simile ?). Quei soldi servono a pagare le pensioni degli iscritti alla stessa ''gestione separata''.

Cio' che non accade all'Inpgi, pero', accade invece all'Inps: li' si, infatti,i contributi versati alla cassa dei lavoratori parasubordinati finiscono nel calderone unico da l quale vengono prelevati i fondi per pagare le pensioni ogni fine mese. Ma questo appartiene appunto, all'Inps. 

5) I soldi versati alla ''gestione separata'' vengono gestiti da un comitato amministratore di cui fanno parte il presidente dell'Inpgi e il suo vice, nonche' i rappresentanti degli stessi contribuenti, eletti su scala nazionale. Il bilancio della 'gestione separata' e' totalmente autonomo e indipendente da quello del cosiddetto Inpgi 1, quello cioe' cui sono iscritti gli articoli 1 e gli articoli 2 professionisti. 

6) I soldi versati all'Inpgi daranno diritto ad una pensione, il cui importo sara' proporzionale ai contributi versati. Chi avra' versato tanti contributi ricevera' una pensione piu' alta, chi avra' versato poco, poco avra'. Il sistema di calcolo di queste pensioni e' quello considdetto a capitalizzazione, con una serie di aggiustamenti tecnici il cui dettaglio vi risparmio in questa sede. 

7) Per una serie di circostanze legislative, che qui e' inutile ricordare, i giornalisti iscritti all'Inpgi 2 oggi continuano a versare il 10% del loro reddito (anche se spesso ce ne rimettono un altro 2 %, visto che molte aziende si rifiutano di pagarlo). Gli iscritti all'Inps versano invece gia' il 13%, e in breve tempo l'aliquota arrivera' al 19%. 8) Al di la' dell'obbligo di legge, la convenienza dei versamenti all'Inpgi 2 per i giornalisti e' totale: intanto quei soldi sono deducibili dalle tasse per intero; inoltre, se uno versa per meno di 5 anni, puo' chiedere al momento del pensionamento di ricevere indietro il capitale versato debitamente rivalutato; in terzo luogo, i suoi contributi potranno essere 'totalizzati' con quelli versati all'Inpgi 1 ai fini del diritto alla pensione, cosa che invece con l'Inps non sarebbe possibile; infine, la pensione dell'Inpgi 2 e' totalemtne cumulabile con quella dell'Inpgi 1, anche se si riferiscono allo stesso periodo di lavoro. 

Credo che tali osservazioni siano sufficienti a diradare qualche dubbio inutile, anche se sono comprensibili le lamentele di chi guadagna poco e da quel poco deve pure detrarre ulteriori somme per far fronte agli obblighi derivanti dalle leggi in vigore. 

Non trovo comprensibile invece il tentativo di 'sparare' nel mucchio di quelli che hanno l'articolo 1, che vengono dipinti quasi come dei profittatori. Sicuramente ci saranno dei raccomandati che hanno ottenuto piu' di quanto avrebbero meritato, ma ci sono e sono la maggioranza anche quelli che hanno fatto enormi sacrifici, che hanno studiato tanto e fatto tanta gavetta, che si sono guadagnati lo spazio lavorando come dannati, e che sanno svolgere questa professione con grandissima dignita'. In ogni caso, non e' detto che nella vita tutti debbano fare i giornalisti, solo perche' alcuni gia' lo fanno . Cordiali saluti
Franco


15 Settembre 2000 - Fatta la legge, trovato l'inganno
Cari Sandokan e Marianna,  ma in che mondo vivete? Perchè, anzichè lamentarvi dell'INPGI2, non fate come moltissimi free-lances italiani che aggirano il problema facendosi compensare le prestazioni giornalistiche sotto forma di diritti d'autore? 

Provate a chiedere ai vostri colleghi che lavorano per qualche importante gruppo editoriale. Loro (e probabilmente molti altri) sì che sono fortunati. Loro, l'INPGI2, non sanno neppure che cosa sia. Il by-pass funziona così: certe aziende anzichè acquistare per una sola volta e per un solo giornale un pezzo, lo acquistano come se fosse un libro o una canzone: per sempre. 

I vantaggi sono enormi. Il giornalista paga le tasse su un imponibile ridotto del 20 per cento e non paga il 10 per cento di INPGI2. L'editore non paga il 2 per cento a suo carico di INPGI2 e in teoria potrebbe anche pagare di meno convincendo il free-lance che il lauto bottino in qualche modo va pur diviso. In più, se volesse ripubblicare gli articoli in Italia o all'estero, on-line o off-line, non dovrebbe pagare ulteriori diritti al free-lance. 

Così funziona, cari amici, ma... Ma cosa succede se la Finanza (magari imbeccata dall'INPGI2 che ha visto negli ultimi due anni ridursi paurosamente le entrate) decide di contestare agli editori e ai giornalisti questa simpatica consuetudine? Cosa succede se il raggiro viene scoperto e giornalisti ed editori si troveranno insieme imputati di associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale? 

Certo, gli uffici legali delle case editrici sanno il fatto loro, ma in caso di contenzioso con il fisco al piccolo giornalista cosa succederà? Il problema è serio perchè mette i free-lances nelle condizioni di rischiare molto per il solito, insufficiente, insultante pezzo di pane. E l'INPGI2 cosa dice? Per ora niente. sarebbe auspicabile un suo autorevole intervento sulle pagine del BdS
Gambadilegno


15 Settembre 2000 - Che voglia di evadere...
Cari amici, penso che non ci sia molto da discutere. Chi non ha un contratto guadagna generalmente meno di chi ce l'ha, lavora spesso di più e a ore improbabili, deve pagare un botta di IVA tutti i mesi, non sempre i pagamenti sono puntuali (le fatture c'è che le paga subito, chi a 30, chi a 60 e chi a 90 giorni), fa risparmiare agli editori fior di denari di contributi e può essere scaraventato fuori quando meno se l'aspetta. Come se non bastasse deve pure, il nostro povero free lance, pagarsi il 10% obbligatorio. Ma ci stiamo dimenticando la Casagit. I contributi volontari sfiorano cifre da terrore se non ricordo male e se non hanno cambiato sistema. E se domani mi si spacca un dente? Con i soldi che avrei bisogno per pagare il dentista ho già dovuto pagare l'INPGI 2. Devo dire la verità ai signori dell'INPGI. Pago perchè ho fatto l'errore di iscrivermi. 
Ma ho tanta, tanta, tantissima voglia di evadere. 
Filippo
15 Settembre 2000 - Ma almeno rispondetemi...
La regione Emilia-Romagna, lo scorso luglio, ha avviato un bando di finanziamento riservato ai cosiddetti "atipici". "Chi più atipico di me?" ho pensato. In fondo il mio lavoro giornalistico è pagato con le formule più strane, dalla collaborazione coordinata e continuativa alla cessione di diritti d'autore, neanche fossi un epigono di Mogol. Ho chiesto informazioni, chiedendo se fosse possibile avere contributi per l'acquisto di un portatile e l'abbonamento ad alcune pubblicazioni specializzate. Tutto bene, finché l'addetto non si è reso conto che sono iscritto all'Inpgi2 e, dunque, all'ordine dei giornalisti. "Ma non sono professionista", ho protestato. "Guardi, lo dice anche la tessera: sono un pubblicista, un paria della comunicazione". "Mi dispiace, gli iscritti ad un ordine professionale e a un organismo previdenziale diverso dall'Inps non possono richiedere i contributi". Addio aggiornamento e formazione, addio agli strumenti informatici. Credo che il tutto si commenti da solo. Ho scritto alla FNSI per chiedere almeno una protesta ufficiale. Nessuna risposta. La tentazione di strappare la mia tesserina, tanto sudata quanto inutile (e anzi dannosa), diventa ogni giorno più forte. Cordiali saluti, Emilio Gelosi
18 Settembre 2000 - Direttive europee? Ma chi ci crede?
Scusate, ma citare il riferimento alla direttiva europea che obbliga il saldo delle fatture passive entro 30 giorni dalla emissione è un insulto all'intelligenza. Vorrei conoscere il "fornitore" disposto a citare il proprio "cliente" ritardatario. Quanto probabilità ha di continuare a lavorare? In questo paese c'è la cultura diffusa di finanziare l'impresa ritardando i pagamenti. Tanto più se questi pagamenti riguardano i "forzati" della libera professione. Non sarà certo una direttiva europea a far cambiare questa mentalità. Buona sfumatura. 
Paolo 
Ps. Perché la FNSI, che difende la categoria, non procede d'ufficio dopo aver fatto, sempre d'ufficio, magari con la collaborazione dell'INPGI, periodiche verifiche amministrative nelle aziende editoriali?
18 Settembre 2000 - Caro Franco, il problema e' un altro...
Risposta a Franco. E' vero, i "giovani colleghi" hanno scritto delle inesattezze sull'Inpgi 2, ma che faccia tosta, caro Franco, a non cogliere il nocciolo del problema. E a sommare, permettimi, inesattezze ad errori e omissioni. 

1) Non è vero, come tu dici, che gli iscritti all'Inps versano il 13% e quelli all'Inpgi 2 il 10%. Gli iscritti all'Inps versano UN TERZO del 13%, cioè il 4,33%, mentre gli altri due terzi sono a carico del datore di lavoro. Per gli iscritti all'Inpgi 2 l'intero 10% è a carico del collaboratore. Anche quando l'aliquota sarà al 19%, il collaboratore verserà il 6,33%, quindi meno di quanto spetta oggi all'iscritto Inpgi 2. 

2) Il costo complessivo dei contributi Inpgi 2 è del 12%, grazie al 2% aggiuntivo versato dal datore di lavoro (contro l'8,66% che verserebbe a un collaboratore Inps). Ma, attenzione, non tutto questo 12% finisce al conto previdenziale, bensì solo l'83%. Il rimanente 17% viene intascato dall'Inpgi 2 per spese di gestione e per costituire un fondo di riserva. Nessun istituto previdenziale pubblico o privato ha commissioni di gestione così elevate. Per recuperare i soldi versati all'Inpgi 2 dal lavoratore e dal datore di lavoro, bisogna sperare che il fondo previdenziale renda il 20%. Ipotesi da considerare più l'eccezione della norma. 

3) Franco riconosce che spesso le aziende non versano il loro 2%, ma omette di ricordare che in questo caso l'Inpgi 2 non si rivale sull'azienda ma sul collaboratore, tenuto a versare anche le somme non di sua competenza. Unico caso in cui il sostituto d'imposta è la parte debole del rapporto di lavoro. 
Franco, come puoi sostenere che "la convenienza per i versamenti all'Inpgi 2 per i giornalisti è totale"?. 
Marco Esposito


18 Settembre 2000 - Ma Franco non ha tutti i torti
Intervengo un attimo nel dibattito, giusto per dire che condivido in parte ciò che dice Franco, il pezzo grosso dell'Inpgi. In parte, appunto. E mi riferisco a (cito testualmente): «Tale obbligo fu introdotto per due ragioni: anzitutto, contrastare la 'furbata' di molti datori di lavoro che sostituivano i rapporti di lavoro dipendente con rapporti di consulenza, al fine di non pagare i contributi». Non ditemi che credete davvero di essere riusciti a contrastare tali "furbate"... Vi prego no, non ditemelo! OK l'Inpgi 2, OK il 10 per cento che poi diventa 12, OK la flessibilità, i co.co., i soldi che spendo per poter lavorare.. OK TUTTO. Ma questo no. Credo sia ora che i vertici di Fnsi, Ong e Inpgi si facciano un bell'esame di coscienza e - almeno - ammettano che la questione dei co.co "finti" è tutt'altro che affrontata o contrastata. Un affettuoso saluto a tutti e complimenti per il sito.
Brillantina professionista co.co (collaboratrice coordinata e continuativa)
18 Settembre 2000 - Sandokan parte alla riscossa
Sandokan alla riscossa!! Le risposte di Franco & Franco (Abruzzo) per quanto possano rasserenare (evviva, riavrò i miei soldi!! Un giorno o l'altro) non convincono del tutto. Abruzzo fa appello alla legge, dimenticandosi però che è spesso figlia di lavori di pressione, lobby, interessi. I nomi li fa l'altro Franco: Inpgi, Ordine, Fnsi, Fieg. Quello che continua a stupire non è l'obbligo di legge che assoggetta qualsiasi reddito alla contribuzione pensionistica, bensì il fatto che questa ricada completamente (almeno per i giornalisti, altre categorie non so) sui lavoratori. Questo non contrasta, come sostiene Franco, le furbate dei datori di lavoro, ma le invoglia. Un editore perché deve assumerti quando con un co.co. può avere più o meno lo stesso? 

Inoltre non per tutti vale il discorso: «mi dai 2 milioni netti, aumentiamoli del 10% visto che mi pago io l'Inpgi». La risposta, con il sorriso liberale sulle labbra, è «Ti avrei dato 1 e 800, ma visto che c'è l'Inpgi ho arrotondato a 2». Balle, mi avrebbe dato comunque 2!! Inoltre se come Franco & Franco (Abruzzo) sostengono l'Inpgi2 è così bella (quasi una favola direi) perché è obbligatoria? Se fosse realmente così bella non dovrebbe essere obbligatoria, tutti si iscriverebbero spontaneamente. 

Inoltre Franco dimostra di ben conoscere la realtà: molti editori non pagano il loro 2% (avranno paura di fallire?). Quindi anche questo ricade sulle nostre spalle. Perché l'Inpgi non manda gli ispettori a verificare. Sono certo che se sgarro io, Federica o Marianna, ci prendete per squamarci per bene. E gli editori? E non parlo solo di piccoli editori, lo fanno pure le grandi realtà. Prego, "sguinzagliate" gli ispettori!

Infine una risposta al buon Franco: la sua frase «In ogni caso non è detto che nella vita tutti debbano fare i giornalisti, solo perché alcuni già lo fanno» non può passare inosservata. Probabilmente il caro pezzo grosso dell'Inpgi è nato e cresciuto in un'altra epoca. Io ho dimostrato di saper fare questo lavoro, e le dimostrazioni sono arrivate da miei pezzi e servizi pubblicati anche da quotidiani e settimanali nazionali di grande diffusione (non giornaletti parrocchiali). Certo, non sono un fuoriclasse ma sono in grado di svolgere questo lavoro in maniera seria, questo lo dicono i fatti. Probabilmente se le condizioni fossero ancora quelle di una volta sarei già stato assunto e avrei avuto la possibilità di imparare ancora meglio la professione, lavorando a stretto contatto con colleghi con decine d'anni di esperienza. Questo per ora non mi è successo, ma non dispero. Comunque è una situazione comune a molti colleghi giovani, che (piaccia o meno) va a impoverire la professione in generale. Di questo gli organi di categoria dovrebbero preoccuparsi. Probabilmente anche il buon Franco se fosse un giovane giornalista di oggi si troverebbe alle prese con un contratto di coordinata e continuativa, la ritenuta d'acconto del 20%, l'inpgi al 10% ecc ecc.
Sandokan 


20 Settembre 2000 - Cos'e' l'Inpgi2 ve lo spiego io
Che strano Paese e' questo: le regole valgono solo per gli idioti. I furbi, si sa, hanno altre risorse. Forse sarebbe ora che molti colleghi prima di dare informazioni sbagliate si documentassero. Passi (si fa per dire) per le numerose inesattezze che costellano le altrettante numerose lettere che riguardano l'Inpgi2 - visto che in questo caso facciamo solo del male a noi stessi se prendiamo lucciole per lanterne - ma sarebbe ora che chi, giornalista, vuole dare informazioni non solo ai colleghi, ma anche ai lettori, riflettesse su quanto sia irrinunciabile la verifica di queste informazioni. 

Nel leggere  la "furbizia" suggerita da Gambadilegno, mi sembra di rivedere tutto quel pressappochismo di tanto giornalismo italiano che in questi anni e' riuscito a far perdere a molti lettori la fiducia nella nostra professione e professionalita'. Allora, qualche chiarimento (ma sono a disposizione dei colleghi per tutti i dubbi che volessero chiarirsi, o in caso volessero lanciare pomodori agli amministratori) sull'Inpgi2. 
 

L'Inpgi2 non ha problemi finanziari, caro Gambadilegno. E' una Gestione separata (si chiama separata proprio perche' non ha nulla a che fare con l'Inpgi1), nella quale confluiscono solo esclusivamente i versamenti previdenziali dei giornalisti freelance, regolarmente iscritti a questa gestione. Questi colleghi sono oltre 9000 (dati aggiornati al 1 settembre 2000).
 

Dal 1996 a oggi, gli iscritti hanno versato complessivamente all'Inpgi2,  45  miliardi di lire. Questi soldi non servono per pagare le pensioni dei giornalisti dipendenti, come qualcuno ha erroneamente scritto, ma alimentano conti individuali. Piu' verso, piu' metto via, piu' soldi avro' alla fine dell'eta' lavorativa. Questi soldi, pero' non stanno "fermi" (per fortuna, senno' fra vent'anni non resterebbero che noccioline).  Innanzitutto, Il 10% del reddito netto fiscalmente dichiarato, che i colleghi versano annualmente, viene (sempre annualmente) rivalutato di una percentuale pari al prodotto interno lordo riferito al quinquennio precendente la rivalutazione. 

La rivalutazione effettuata sul bilancio '99 e' del 5,3597% (netta), quella stimata per il 2000 e' del 4,70%. Il 2% versato dagli editori serve invece a coprire le spese generali di gestione della cassa, le percentuali di rivalutazione, e il Fondo di Riserva (da cui vengono attinte le disponibilita' per far fronte alle pensioni di invalidita', sempre dei freelance, ma finora pari a un esborso zero). Una volta dedotte le spese, la rivalutazione, l'accantonamento, il totale versato viene reinvestito in titoli mobiliari. Nel 1998, questi investimenti (in fondi comuni e gestioni partimoniali obbligazionarie) hanno dato un rendimento del 20,8%; nel 1999 il rendimento e' stato dell'11,7%. 
 

Chiarito di chi sono, dove finiscono e quanti sono questi quattrini, chiariamo il secondo punto, e cioe' chi li deve versare. Tutti i giornalisti iscritti all'albo (pubblicisti e professionisti) che svolgano attivita' di lavoro autonomo e tutti i dipendenti che prestino la loro attivita' professionale, al di fuori del loro rapporto di lavoro subordinato. E cioe' chi ha un contratto regolato dal codice civile di attivita' coordinata e continuativa, chi ha la partita Iva, chi non ha un contratto ma viene pagato a prestazione 9i cosiddetti occasionali). Chi e' iscritto all'albo dei giornalisti (pubblicista o professionista), non svolge attivita' occasionale quando scrive un pezzo, fa un'inchiesta, insomma fa il proprio lavoro. L'occasionalita', che fa decadere l'obbligo di versare il 10(+2)%, riguarda solo la "natura" della prestazione, e non la "quantita'". 

Mi spiego: se un giornalista, nel tempo libero, fa anche il barbiere, non dovra' versare nessun contributo previdenziale all'Inpgi e nemmeno all'Inps, perche' quell'attivita' di barbiere non rientra nelle sue prerogative professionali. Se invece scrive articoli, anche solo 3 volte all'anno, su quegli articoli dovra' versare il contributo previdenziale. 

La legge che istituisce l'Albo dei giornalisti prevede che fra i requisiti per l'iscrizione anche all'albo dei pubblicisti, ci sia la non occasionalita' dell'attivita'. Le migliaia di pubblicisti iscritti all'Ordine, che nella vita fanno altro e scrivono un articolo o due all'anno, dovrebbero essere cancellati dall'Albo, cosa che la maggior parte degli ordini Regionali si guarda bene dal fare. Ma questo e' un altro argomento sul quale varrebbe la pena aprire piu' di una pagina. 
 

E veniamo al diritto d'autore. C'e' una legge che regola la cessione del diritto d'autore e vi invito ad andarvela a leggere. Per quanto riguarda i giornalisti, articoli, inchieste, rubriche, sono attivita' professionale e non cessione di diritto d'autore. A meno che non abbiate scritto un libro, ideato e curato una trasmissione radiofonica o televisiva, ideato un sito Internet, fornito i testi per un programma radiofonico o televisivo. Il resto e' attivita' professionale. Gli editori lo sanno bene, ma cominciano a saperlo anche i colleghi. Chi accetta, senza denunciarlo, un contratto di diritto d'autore per la cessione di articoli, inchieste e cosi' via, rischia due volte: di pagare per evasione fiscale, e di dover pagarsi i contributi previdenziali oltre alle sanzioni.
 

Naturalmente, sull'equita' di questo sistema di previdenza, piuttosto che su un regime fiscale che penalizza i giornalisti freelance e favorisce gli editori, sulle tariffe vergognose che gli editori pagano per gli articoli, le inchieste, le foto e chi piu' ne ha piu' ne metta, ci sarebbero da dire tante cose, e come amministratori dell'Inpgi2, tante cose abbiamo gia' detto e ancora diremo e faremo, ma vorrei - e concludo questa lunga ma doverosa risposta -  che tutti i colleghi freelance riflettessero sul proprio futuro. L'Inpgi2 non e' una tassa, e' un accantonamento previdenziale. E' uno strumento per garantirsi la vecchiaia. 
Qualcuno ha parlato di libero stato democratico, che libero non sarebbe perche' impedisce ai freelance di decidere che fare dei propri soldi. Non so, cari colleghi, quante gestioni patrimoniali possano garantire analoghi rendimenti al vostro denaro. Il nostro obiettivo, come amministratori dell'Inpgi2, e' quello di farlo rendere sempre di piu'. E poi, non guasterebbe, se chi si indigna per il trattamento che gli editori riservano ai freelance, decidesse anche di dedicare una parte del proprio tempo libero all'attivita' sindacale,  per non lasciarci sempre di meno a cercare di difendere i diritti di tutti. Sono a vostra disposizione.
Vera Paggi, Consigliere di amministrazione Gestione Separata Inpgi - Verpaggi@tin.it


22 Settembre 2000 - Una Vera provocazione
Mi dispiace che Vera Paggi, ai quali tutti riconoscono la sua seria battaglia a favore dei diritti previdenziali dei giornalisti free lances, abbia frainteso il senso della mia denuncia. Non volevo, e se ho dato questa impressione me ne scuso, invitare i colleghi ad esercitare l'italico mestiere dell' "essere più furbi". Al contrario: la mia era una provocazione proprio per denunciare quegli editori che approfittano della scappatoia dei diritti d'autore per essere ancora più furbi di quei colleghi che si credono furbi... 

Del resto Vera Paggi sa benissimo quali sono gli editori che praticano questo malcostume e credo che proprio l'INPGI2 possa e debba fare due operazioni sacrosante: informare meglio i colleghi sui vantaggi della gestione separata e agire sugli editori per evitare ulteriori scorciatoie. Ancora una cosa: la comunicazione che ricevo dall'INPGI2 è sicuramente abbondante. Ma è troppa e non sempre chiara. La dimostrazione è in alcuni degli interventi sul BdS: molti iscritti sono assolutamente fuori strada. Forse uno sforzo di chiarezza sarebbe produttivo. In fondo se dobbiamo pagare almeno ci si metta in condizione di farlo con un mezzo sorriso sulle labbra. Gambadilegno


25 Settembre 2000 - Due domande a Franco & Franco
Carissimi, sono un collega professionista che lavora come addetto stampa in un ente locale (ad incarico). Ho già scritto in passato una breve lettera per raccontare la vicenda delle Mattine che mi vide partecipe. Ancora una volta però decido di scrivervi. Non lo faccio spesso ma "Il Barbiere della Sera" è una delle poche cose serie rimaste ancora in questo ambiente. 
Quello che voglio dire non può prescindere dalla mia esperienza: forse dovremmo iniziare a raccontare di più le nostre storie. Ci farebbero capire che poi sono molto simili.

o in 5 anni ho cambiato più volte status: prima collaboratore (inizialmente bisognava iscriversi all'Inps), poi assunto in contratto di formazione lavoro, poi riconosciuto il praticantato d'ufficio, poi disoccupato, ora "lavoratore autonomo?". Quest'anno ho versato circa 5 milioni lo scorso 28 agosto. Per chi ne guadagna quanto me significa non prendere lo stipendio per due mesi. Ho 33 anni e una famiglia. Solo per "seguire" le mie vicende previdenziali e per capire come muoversi per non incappare in multe, sanzioni e illegalità ho speso giornate intere. 

Inoltre, anche se gli uffici dell'Inpgi, si sono dimostrati estremamente disponibili e gentili, a me risulta, proprio da un colloquio telefonico (abito in provincia) che non è possibile ricollegare le due posizioni Inpgi 1 e Inpgi 2. Dovè la verità? Abruzzo dice una cosa l'Inpgi un'altra? E proprio agli amici Franco & Franco chiedo: ma non non vi abbiamo chiesto di avere la pensione. perchè non ci avete almeno intepellato? Chi si può permettere di gestire i nostri soldi senza chiederci nulla? Ve lo immaginate se avessero deciso un contributo di 5 milioni per un pensionato medio della nostra categoria quanta gente si sarebbe stracciato le vesti? Voglio inoltre farvi notare che sul mio stipendio grava anche un carico fiscale determinato dalle tasse che questo Paese oggi è costretto a far pagare per risanare un debito (due milioni e mezzo di miliardi: si scrive così, 2.500.000.000.000.000) creato dalle generazioni che mi hanno preceduto e che hanno governato questo Paese. 
 

Vorrei poi aggiungere caro Franco (2) che è vero che non bisogna fare per forza i giornalisti: a quelli come me, figli di operaio, tu avresti fatto fare chiaramente l'operaio. Magari minacciandolo di usare un extracomunitario al posto mio se avessi avuto il coraggio di chiedere un aumento salariale. E' chiaro che questo accadrà tra breve: quando il tuo omonimo (che mi risulta insegni nelle scuole) sarà riuscito a far passare l'idea che bisogna laurearsi in giornalismo per fare questo mestiere (quando mi risulta già che ormai alle stesse scuole accede solo chi può permetterselo?). 

Ma non era un certo Einaudi (che non mi risulta essere stato un comunista) a dire che il giornalismo, come la politica, non si può imparare nelle scuole. La mia impressione è che la situazione è già ormai irrecuperabile. Questo Paese ha già le caste (o forse sono le corporazioni di "ventennale " memoria che ritornano?) e quelli che come me stanno scrivendo su questo onesto foglio altri non sono che i reietti, gli scarti, di questa corporazione. Non perchè non sono bravi giornalisti, anzi... Ma perchè non sono conformi a questa corporazione... E l'Inpgi due è il nostro dazio, la nostra tassa sul pane... saluti 
Lucky


25 Settembre 2000 - Il diabolico quadrilatero
L'Inpgi2 è una fregatura? Magari! Io temo che, col tempo, l'intero "quadrilatero" Ordine-Fnsi-Inpgi-Casagit sia stato occupato, senza che ce ne accorgessimo, dal nemico, e sia oggi una fortezza che lavora contro e non già a favore della grandissima maggioranza dei giornalisti italiani, cioè di quelli che non lavorano alla Rai, né al Corriere, né a Repubblica. Le istituzioni che furono create a difesa della libertà della categoria sono quelle che la stanno affondando. E' ridicolo che si dia la colpa alla "cattiveria" degli editori invece che alla cattiva qualità delle politiche sindacali di categoria. 

Gli altri ordini professionali, d'intesa con le università, perseguono un'accorta politica di numeri "controllati" per l'accesso alla professione. Soltanto l'Ordine dei giornalisti fa una politica dissennata e riversa sul mercato centinaia di disoccupati l'anno, destinati a pesare sull'Inpgi e ad inflazionare la domanda di lavoro, con il naturale effetto di farne precipitare il valore di mercato.
 

Su questa prima follia s'innesta la follia, e la solenne ingiustizia, di contratti nazionali che discriminano in maniera immorale i nuovi assunti, che hanno stipendi da fame. Io mi vergogno a lavorare fianco a fianco con colleghi bravi quanto me, che fanno lo stesso lavoro con uguale impegno, e prendono un terzo di quello che prendo io. In realtà poi, quello che il sindacato fa a noi privilegiati è un favore a doppio taglio, perché in cambio di un denaro in più oggi ci espone al rischio di venir licenziati per essere sostituiti con colleghi che costano meno. 

Questo rischio, nei piccoli giornali, è ben concreto: soltanto i pochi che lavorano in grandi gruppi editoriali o per la Rai, dove gli stipendi li paga Pantalone, possono stimarsi abbastanza forti da conservare i loro privilegi ancora per vent'anni. Per tutti noi altri, temo, prima o poi la distanza abissale che di contratto in contratto si sta creando tra il valore di mercato del lavoro giornalistico e il costo di un giornalista assunto anni fa determinerà la nostra espulsione. Anche noi, come i disoccupati creati dall'Ordine, andremo ad arricchire le schiere dei service e dei colleghi pronti a tutto pur di portare a casa la pagnotta, con ulteriori aggravi per l'Inpgi e inasprimento della concorrenza ai "privilegiati" rimasti.
 

E l'Inpgi? Avete dimenticato le lettere e gli articoli di Cescutti, di Serventi Longhi e di altri stimatissimi colleghi, quando la legge ci consentiva di optare per l'Inps? Io le conservo e qualche volta, in redazione, le rileggiamo ridendoci sopra con amara ironia. Mentre potevamo optare per l'Inps, l'Inpgi ci venne dipinto come il paradiso terrestre, come l'ente previdenziale più solido della terra. In un'occasione, su un giornale di categoria, un collega assai stimato, che ora ha una posizione importante all'Inpgi, giunse a dare testualmente dello stupido a chi fosse stato tanto pazzo da lasciare i vantaggi dell'Inpgi per affidarsi all'Inps. 

Pochi mesi dopo averci così dipinto l'Inpgi, quegli stessi colleghi o i loro compagni di corrente vararono la prima "manovra" che dimezzava i cosiddetti vantaggi dell'Inpgi e noi scoprimmo esterrefatti che il solidissimo Inpgi spendeva quasi il 100 per cento di quanto noi accantonavamo per pagare le pensioni in essere, e che bastava la crisi di un paio di giornali per mettere a repentaglio i conti. Se vi fosse un sindacato vero, vi sarebbero gli estremi per ricorrere al giudice per ottenere ad personam la riapertura dei termini per l'opzione verso l'Inps, per esserci stata allora falsamente rappresentata una solidità dell'Inpgi che si è rivelata inesistente, tanto che oggi si parla di ulteriori tagli e aggravi di contributi, che allineereanno in pratica le prestazioni Inpgi a quelle Inps, con l'handicap di una ben minore solidità e con l'assenza di paracadute: se l'Inpgi va a rotoli, a noi ci danno la pensione minima sociale. Ma questo non fa certo paura a chi intanto sarà andato in pensione con sei, otto, dodici e venti milioni al mese.
 

L'Inpgi, poi, investe ancora una parte importante dei propri capitali nella disastrosa gestione di un patrimonio immobiliare che rende, se ho ben capito, l'uno per cento, cioè distrugge capitale se si tien conto dell'inflazione. Evidentemente l'obiettivo primo della gestione di questo patrimonio non è garantire una buona redditività per finanziare le future pensioni, ma permettere ai padroni del quadrilatero sindacale di fare favori e cortesie a politici e vip, mettendo a loro disposizione appartamenti di pregio a buon prezzo. Tanto, paghiamo noi. 
 

L'Inpgi2 fa parte di questa "grande fregatura" non perché il denaro raccolto dagli autonomi serva a finanziare le pensioni dei lavoratori dipendenti, il che non è vero, ma perché estende il monopolio: una dinastia di sindacalisti è padrona del sindacato unico, dell'assistenza sanitaria, decide a chi dare le case, ora è padrona anche delle pensioni degli autonomi. E se avete la pazienza di leggere le letterine buoniste e solidariste dei padroni dell'Inpgi2, e riuscite a confrontarle con le condizioni praticate all'Inps, scoprite che l'Inps ci costava meno. Pensate che quel 2% che costituisce il "vantaggio" presunto, essendo la quota versata dall'editore, non va ad irrobustire il vostro castelletto individuale, ma viene requisito dai Signori dell'Inpgi2 a copertura delle spese di amministrazione e per imprecisate iniziative solidaristiche. Siccome il versamento totale è del 12%, il 2% rappresenta un sesto dell'intero versamento: credo non esista al mondo un ente previdenziale tanto rapace da rubare UN SESTO delle somme accantonate per le proprie spese di funzionamento e per altre spese, comunque discrezionali del consiglio d'amministrazione e comunque sottratte al castelletto individuale. 
 

Ulteriore ruberia, e vera tassa impropria a favore dell'Inpgi2, sta nel fatto che i giornalisti, sol per il fatto d'essere iscritti all'Ordine, siano tenuti ad aprire una posizione Inpgi2, a compilare burocrazie peggiori di quelle del fisco nazionale, a pagare denari su collaborazioni del tutto occasionali, che non faranno mai maturare una pensione. Capisco che chi fa di mestiere il free lance, o comunque ricava una fetta importante del proprio reddito dalle collaborazioni giornalistiche possa essere obbligato ad accantonare somme per la pensione. 

Ma le migliaia di colleghi che come me ricavano il 99 per cento del proprio reddito dal lavoro dipendente, e occasionalmente, magari una volta sola, hanno prestato collaborazione autonoma, perché debbono venir espropriati, oltre che delle tasse, anche del 10 per cento, e accantonarlo all'Inpgi2 per decenni? Chi versa, come me, il minimo o poco più, e magari per un anno solo, o non avrà la pensione o avrà una pensione che non basterà per le sigarette: quel 10 per cento è dunque una tassa, e basta.
 

Ma vi è un'altra pensione Inpgi: quella integrativa. I famosi fondi pensione, ricordate? Quelli che dovevano fondarsi sulla "volontaria adesione" e dovevano essere in competizione tra loro. Bene: noi giornalisti con qualche anno di anzianità siamo stati automaticamente iscritti al fondo pensione Inpgi, ci è proibito di optare per un altro fondo. A tutt'oggi, in barba a precise ed esplicite garanzie di legge, non sappiamo neppure a quanto ammontano le somme che dovrebbero essere state accreditate sulle nostre posizioni individuali negli anni di precedente funzionamento del fondo. Non sappiamo né quando, né se, né come, né a quale prezzo potremmo, volendo, svincolarci da questa dittatura e iscriverci ad altro fondo. I prelievi in busta paga invece, sono iniziati puntualissimi. Anche qui, se le condizioni fossero così favorevoli, perché ci obbligano a iscriverci e a restare iscritti, quando invece, avendo la pensione principale all'Inpgi, sarebbe saggio, se non altro per diversificare il portafoglio, fondare la pensione integrativa su un fondo pensione che con l'Inpgi non abbia nulla a che fare? 
 

E infine, la Casagit. Ci costa parecchi milioni all'anno. Basta avere una famiglia e un reddito giornalistico medio per dover pagare somme vicinissime ai dieci milioni l'anno. Ho fatto una verifica presso un broker e ritengo che con la metà delle somme che pago alla Casagit sarebbe possibile sottoscrivere polizze assicurative collettive che forniscono pari o migliori prestazioni. Poco tempo fa, poi, tanto per favorire la famiglia, la Casagit ha raddoppiato di soppiatto la quota-coniuge. Raddoppiato, capite? Ed esteso la copertura al "coniuge" omosex, perché così tira il vento. Ad ogni lettera dalla Casagit, mi aspetto prelievi aggiuntivi. E mi piacerebbe fare un'inchiestina di ispirazione leghista, perché ho l'impressione che in certe parti di questo paese i giornalisti abbiano in media almeno 80 denti in bocca. Chissà se la Casagit mi fornirebbe i dati disaggregati per Regioni... 
Alvise


25 Settembre 2000 - Ma lasciateci in pace, almeno
Sono quella Federica che, nelle lettere relative all'Inpgi 2, avete incuneato tra la risposta di Marianna e quella di chi si stupisce delle imprecisioni dei colleghi. Rubo quindici centimetri di spazio alla vostra cortese ospitalità per dire una parola a Vera Paggi, che invita i contestatori a fare un po' di attività sindacale invece di lasciare che quei pochi esausti attivisti difendano da soli gli interessi di tutti... 

Uno: eccepisco intorno al fatto che gli interessi rappresentati siano quelli di tutti, e ne fa fede la storia recente del sindacato, che - legittimissimamente - rappresenta i legittimi interessi di chi ha un legittimo lavoro a tempo indeterminato in una legittima testata. Mi va bene, mi va benone: ma non stiamo a raccontarcela, per favore. 

Due: io sono una che a impegnarsi nel sindacato ha provato, con passione, partecipazione ed entusiasmo. Ebbene: è andata a finire che sono stata estromessa (e che, naturalmente, ho preferito lasciarmi estromettere perché la mia vita ha altre battaglie da fare, per le quali mi occorre conservare energie). Nessun vittimismo, ci mancherebbe altro: è perfettamente giusto che chi politicamente non "vince" resti minoranza, e magari anche isolato. E' normale che chi porta idee diverse da quelle della maggioranza debba misurarsi con le cifre che ne attestano la "minorità". Ma per favore, non invitateci più a fare attività sindacale. Fate voi, fate voi: avete voluto fare, da soli, per tutti gli altri? Adesso, per favore, fate! Ma lasciateci in pace. Grazie 
Federica


27 Settembre 2000 - Eh no, Franco, cosi' non va
Caro Barbiere, il dibattito sull'INPGI 2 è davvero un segno importante. Un segno che evidentemente qualcuno non ha colto. Mi riferisco a Franco che nella sua presa di posizione non ha saputo cogliere il nocciolo del problema. All'egr.sig. Franco (con tutti questi titoli che gli ho dato spero non si offenda) vorrei dire che il punto della situazione non è la spiegazione dettagliata delle riforma Dini. Mi dispiace, caro sig. Franco, ma non ci ha visto bene liquidando noi povera gente, offendendo la nostra buona volontà con l'invito a cambiare mestiere. Da un dibattito nascono idee, proposte. Sarebbe indecoroso, oltre che antidemocratico cercare di spegnerle. Mi sembra assurdo che non si comprenda un certo malessere di tanti, tantissimi giovani (e non) colleghi. E poi caro sig. Franco più che dare consigli (che non servono) si sforzi lei di prendere esempio dalla dignità di alcuni colleghi come Lucky
27 Settembre 2000 - Caro Alvise, cara Federica...
Caro Alvise e cara Federica, vorrei continuare ad aggiungere qualche chiarimento alle vostre sottolineature, diciamo cosi'. 
Il primo lo rivolgerei ad Alvise, ma solo perche' nell'impaginazione del Barbiere e' arrivato per primo. Allora, tu dici che le istituzioni della categoria (oltre al sindacato), e cioe' Casagit e Inpgi, sono monopolizzate da una dinastia di sindacalisti. Vero. Per statuto i giornalisti in entrambi gli istituti fanno parte degli organismi amministrativi. Naturalmente il motivo e' che visto che paghiamo (come categoria) per questi istituti, non si vede perche' ad amministrarli debbano essere altri. Ma tant'e'. 

Quello che pero' non dici, e' che queste cariche sono ELETTIVE, gli iscritti alla Casagit votano i nomi dei loro amministratori e se non piacciono, visto che siamo in uno stato democratico, si possono cambiare: alle prossime elezioni basta non votarli piu', o votarne altri. Lo stesso vale per l'Inpgi (l'Uno e il Due). Ti pare? 

Per quanto riguarda il presunto "furto" di un sesto dei versamenti che i colleghi fanno alla gestione separata, ti invito a leggere la relazione al bilancio consuntivo '99 approvato dal Comitato amministratore e fatta dal presidente Cescutti (nel sito dell'Inpgi alla voce Archivio circolari).

E' vero poi quando dici che nessuna gestione patrimoniale si trattiene un sesto di quanto versano i risparmiatori. Peccato che la legge (Decreto legislativo 103/96) l'abbia fatta il Parlamento e non l'Inpgi. Come amministratori lo sappiamo bene e il nostro impegno a batterci per una modifica della legge riguarda questo e altri delicati punti cui ho gia' accennato nel mio precedente intervento. Ma di questo dobbiamo davvero continuare a parlare perche' ci sia possibile, come amministratori, fare tutte le dovute pressioni presso i ministeri vigilanti (Lavoro e Tesoro) per "correggere" tutto quello che dell'Inpgi2 non funziona. Una "correzione" che purtroppo non dipende dalla buona volonta' ne' del Presidente, ne'degli amministratori, ne' del Direttore generale. Infine, per dovere di cronaca, aggiungo che anche l'obbligo per i lavoratori dipendenti, di versare sulle collaborazioni occasionali il 12%, dipende dalla legge istitutiva della gestione separata.
 

A Federica, invece, vorrei dire: personalmente non ho un legittimo lavoro a tempo indeterminato, ne' pretendo di rappresentare i diritti di tutti cui avevo accennato. Ma, cara Federica, l'impegno, le proposte, la disponibilita' ad esserci sono indispensabili se si vuole contare, se vogliamo che queste idee e proposte trovino interlocutori e consensi. Certo, non e' facile essere "minoranza", ma ti invito ad esserci, a recuperare la tua passione per la battaglia sindacale, perche' questo sindacato di passione ne ha davvero bisogno. 
Vera Paggi


27 Settembre 2000 - Aiuto! Non ci capisco piu' niente!
Caro Barbiere, intervengo in merito al dibattito sull'INPGI 2, con due questioni a mio avviso importanti. 

1. Leggo che Vera Paggi, nostra rappresentante sindacale, scrive: «Dal 1996 a oggi, gli iscritti hanno versato complessivamente all'Inpgi2, 45 miliardi di lire. Questi soldi non servono per pagare le pensioni dei giornalisti dipendenti, come qualcuno ha erroneamente scritto, ma alimentano conti individuali. Piu' verso, piu' metto via, piu' soldi avro' alla fine dell'eta' lavorativa». 

Dando un'occhiata ai bollettini che io, freelance, pago ogni anno all'INPGI 2, noto tre voci, di cui la terza suona come "contributo maternita'". Ora, se e' vero che i miei soldi alimentano un "conto individuale" e non un calderone unico in cui si mescolerebbero con i contributi dei miei compagni di sventura, mi chiedo quando mai potro' usufruire di questo contributo. Resteranno quei soldi nelle casse dell'ente, o cosa? 

2. checche' se ne dica, l'INPGI 2 e' nata male e cresciuta peggio: lo dice uno che l'ha vissuta in prima persona. Non mi dilungo sul come nel 1996 il numero verde appositamente istituito dall'INPGI non sapeva dirci con certezza se dovevamo iscriverci all'INPS o aspettare il protocollo d'intesa con il nostro ente prima di versare il dovuto 10% (particolare: la direttiva ministeriale era stata emanata ormai da settimane). 

Non mi dilungo nemmeno sul fatto che oggi, a causa di questa assenza di assistenza, mi ritrovo a pagare per la seconda volta i miei contributi, stavolta *tutti* di tasca mia, visto che gli editori non pagano di certo un secondo dazio, specie a distanza di quattro anni, rischiando di crearsi tutta una serie di problemi fiscali e amministrativi. Quel che mi preme chiedere e': perche', dopo quattro anni, non c'e' ancora uno straccio di certezza? 

Nel 1997 mi si disse "paga l'INPS", nel 1998 "non occorreva che pagassi", nel 1999 "paga anche l'INPGI e l'INPS verra' restituita, anche se e' ancora da decidere a chi" (giornalista o azienda); oggi, nel 2000, l'INPGI mi informa non solo che non si sa ancora se questa benedetta INPS verra' restituita a noi o alle aziende (soluzione, quest'ultima, ignobile: figurarsi se un'azienda ci girera' mai questi soldi, una volta ricevutili), ma addirittura che c'e' una terza opzione: che i soldi vengano girati dall'INPS dritti dritti alle casse dell'INPGI. Insomma, io che ho fatto il classico perche' di matematica ne capivo poco, sono confuso. Ho perso giornate tra scartoffie, telefonate a Roma, ragionamenti, ricalcoli, fax e telefonate alle aziende; e oggi non so piu' nemmeno cosa chiedere agli editori in questione, perche' manca una pur minima parvenza di certezza del diritto. Gentile signora Paggi, mi illumini lei, se sa e se puo'. Gliene saro' grato. Cordialmente, 
Paolo Jugovac


14 Novembre 2000 - Scusate lo sproloquio
Caro Barbiere, Dio che risate mi sono fatto a leggere l'interminabile carteggio sull'Inpgi 2 con annessi e connessi, ovvero sull'eterna questione dei free lance. Una questione dietro la quale si celano a mio parere, in egual misura, il sacrosanto disagio e la strabiliante dabbenaggine di tanti colleghi. Lo dico subito: sono, e non da poco, un free lance per scelta. Di quelli, per capirci, che da sempre fanno i liberi professionisti e che in nome di questa vocazione hanno rifiutato fior di assunzioni in quotidiani e periodici di prima grandezza. Chiariamoci, non lo affermo per farmi bello o per passare da eroe, ma solo per far capire che conosco a fondo l'argomento. Dopo tanti anni di attività, di battaglie, di cause contro editori che non pagano, eccetera, ho maturato la convinzione che la faccenda non sia, come sembra, complessa, ma di una semplicità disarmante. Provo a riassumerla in pochi punti. 
1) Per fare i free lance non basta essere bravi giornalisti. La professionalità è importante, certo (e tutti sanno, anche se fanno finta di non saperlo, quanta ne manca all'interno di una categoria approssimativa e rapace come la nostra), ma per vivere da "autonomi" ci vuole ben altro: determinazione non comune, capacità di riciclarsi, prontezza d'intuito, forte senso della deontologia, cultura generale elevata, fiuto nell'interpretare i fatti e le notizie, capacità di relazionarsi e così via. Ne deriva che NON tutti i pur bravi giornalisti hanno la pelle sufficientemente dura per fare i free lance. E' una constatazione difficile da accettare, ma crudelmente e assolutamente vera.
2) Il punto di cui sopra è tanto più pregnante quanto più di consideri che, di contro e viceversa, anche grazie all'atteggiamento dell’O.d.g. l'Italia è divenuta oggi un formidabile "giornalistificio". Praticamente chiunque può iscriversi all'albo senza il minimo sforzo. Ed essere iscritto non garantisce ormai, viceversa, l'acquisizione di alcuna minima soglia di capacità professionale. Poiché dunque per fare i free lance a tempo pieno (e quindi anche per esercitare l'attività in forma esclusiva e professionistica) è sufficiente essere pubblicisti e per diventare pubblicisti bastano un paio d'anni di collaborazioni esterne formalmente "retribuite" (intendendo per tali anche le 5mila lire a pezzo, "spese incluse", di certi quotidiani di provincia), il risultato è che ogni anno il (ristretto) mercato del giornalismo free lance si trova ingolfato di migliaia di (incolpevoli) giovani di belle speranze, convinti di essere e di saper fare i giornalisti, pronti a immolare sull'altare dell'informazione studi universitari, fidanzamenti, onesti lavori. Quanto, anni dopo, costoro si renderanno conto dell'imperdonabile errore commesso nel gettarsi in un mondo più grande di loro, sarà tardi: oltre alla qualifica di disoccupati o di precari cronici (le eccezioni non faranno che confermare la regola), avranno perduto i classici "treni" del lavoro "normale" e non potranno far altro che continuare a farsi concorrenza tra poveri, subendo ogni anni l'assalto di nuove, fameliche, sempre più illuse generazioni di neogiornalisti. Questa è la realtà ed è sotto gli occhi di tutti. 
Le conseguenze dell'esistenza di questa pletora di affamati si vedono subito anche sotto il profilo deontologico: chi ha bisogno di lavorare è disposto (come dargli torto?) anche alle più miserabili marchette, ai più vergognosi compromessi, ai più umilianti sottocompensi e ai più inaccettabili precariati.
3) Questo generico "basso profilo" del free lance si riscontra poi inevitabilmente anche nella scarsa consapevolezza della categoria della propria consistenza professionale: sia sul piano delle strette capacità, sia su quello, più ampio, della generale posizione del giornalista come soggetto fiscale. Ed ecco l'ingenuo sconcerto di fronte ai prelievi dell'Inpgi 2 e all'inesistenza di qualsiasi tutela sindacale. Il giornalista libero professionista è oggi, ammettiamolo, quasi sempre un ignorante e un impreparato, anche sulle questioni che lo riguarderebbero più da vicino (molte delle lettere sul forum lo dimostrano). Pressato, sottopagato, frustrato, intimidito, inquieto, il free lance si scaglia quindi contro tutto ciò che sappia di "gabella". Non comprende invece che proprio l'esistenza di un forte "prelievo" (previdenziale, fiscale, eccetera) costituisce la migliore prova della sua "esistenza" di figura professionale e del suo riconoscimento come "cittadino" della comunità "normale" dei giornalisti. Strepita, toccato nell'esangue portafogli, contro il famigerato 10%, senza rendersi conto che questo pur doloroso adempimento costituisce invece la sua prima opportunità di affacciarsi al mondo del giornalismo "riconosciuto" ed "emerso", ovvero sanzionato, tutelato, regolamentato. In due parole: vero. 

4) E veniamo al cuore del problema: con buona pace di O.d.G., Fsni, Inpgi, eccetera, infatti, il giornalista free lance è, di fatto, un non-soggetto, una figura inesistente, un fantasma, un simulacro. Un ottimo argomento se c'è da fare cassetta (le quote annue di 30mila pubblicisti "buttano" più di quelle di 7mila professionisti) o propaganda (da un paio d'anni l'argomento è i fra i "titoli" di tutte le rivendicazioni sindacali fin qui condotte, peccato con esiti modestissimi), ma in buona sostanza un signor nessuno. I più buoni lo chiamano "atipico", tanto per sottolineare che questo operatore dell'informazione non ha appunto nulla in comune con il "tipico", cioè il contrattualizzato.
Ne deriva che, in quanto tale, il giornalista libero professionista è "altro" rispetto al giornalista "tipo" tutelato dalla Fnsi. Risultato: nonostante i proclami, la Federazione NON è il sindacato dei free lance e quindi NON è in grado di fare nulla per loro. Migliaia di controversie stanno lì a provarlo. Checché ne dicano Serventi Longhi e compagnia, la FNSI sta al free lance come il sindacato dei ferrovieri sta al camionista: non hanno nulla o quasi in comune. 
5) Per tutta questa serie di ragioni, il giornalista libero professionista in Italia è costretto a vivere in uno stato di inferiorità assoluta e di servaggio latente nei confronti dell'editore. Il quale forse non sarà un santo, ma fa semplicemente ciò che la mancanza totale di regole nel settore dei free lance gli consente di fare: approfittare di un mercato professionale assolutamente libero. Non solo quindi - si badi bene - per ciò che riguarda i minimi compensi e le garanzie contrattuali da riconoscere alla controparte (cioè noi giornalisti), bensì anche per quanto concerne lo spessore e le capacità professionali da pretendere dall’interlocutore. In questo mare magno del giornalismo free lance sguazza infatti di tutto: dilettanti, hobbisti, dopolavoristi, pensionati. Gente disposta ad accettare decurtazioni del 50% sui compensi, o perfino a lavorare gratis, pur di vedere il proprio nome stampato sul giornale. O ancora: gente che, avendo altri redditi, si può permettere di fare il giornalista nei ritagli di tempo, o magari (peggio!) di lucrare sulle opportunità offerte dal fatto di svolgere attività di Pr e ufficio stampa conto terzi. In questo quadro, come è pensabile che possa esserci uno spazio tranquillo per il free lance "professionale", che deve campare del proprio lavoro? 

Ecco quindi che il settore finisce per dividersi drasticamente in due: da una parte una ristretta cerchia di professionisti effettivi (scafati, battaglieri, determinati oltre che - perché no? - bravi), dall'altra una corte dei miracoli fatta di bravi ma deboli, di forti ma incapaci, di illusi, aspiranti, disoccupati, eccetera.



6) E veniamo ai rimedi possibili, prima di terminare questo sproloquio (per il quale mi scuso). Io ne vedo uno solo, composto di due elementi: 
-la fissazione, sotto forma di contrattazione collettiva sottoscritta con la Fieg dalla Fnsi o da altri, di un minimo tariffario inderogabile, che sposti sulla qualità del prodotto giornalistico fornito, anziché sull'entità del compenso, il fulcro del rapporto giornalista-editore (se obbligato comunque a spendere lire x per la realizzazione di un certo servizio, io editore sceglierò il più bravo, e non il meno costoso, dei miei collaboratori); 
-una riforma dell'ordine che cancelli l'anacronistica divisione tra professionisti (ovvero assunti) e pubblicisti per introdurre quella (già acquisita dal nuovo statuto della Fnsi) tra giornalisti professionali e non. Laddove professionali saranno da intendersi non solo coloro che traggano dall'attività giornalistica un volume di reddito tale da garantire una soglia dignitosa di effettiva sopravvivenza, ma anche che abbiano dimostrato di essere in possesso di una effettiva professionalità e consapevolezza del loro ruolo di operatori dell'informazione. 
Va da sé che io sono il primo a rendersi conto di quanto utopica sia oggi un'aspirazione del genere. In gioco, del resto, c'è il futuro della professione giornalistica. Altro che Inpgi 2... Grazie dell'attenzione e scusate la prolissità. Et de hoc satis. 
Stefano Tesi

 

VUOI INTERVENIRE NEL DIBATTITO?
SCRIVI AL BARBIERE DELLA SERA



Barba e capelli - Una spia in redazione - Sempre meglio che lavorare?
Diritto di Replica - Bacheca - Sala stampa - PressKit - Curricula
Offerte e convenzioni - Cdr - Associazioni professionali
Inpgi, Casagit, Ordine dei giornalisti - Scrivici - Home