Nel 2012 destra, sinistra e centro compreso,
hanno piazzato Mario Monti a Premier. Nel 2013
cosa ci si aspetta? Non è il populismo o
l’antipolitica che hanno rovinato gli italiani,
ma i professionisti della politica!!!
La cattiva politica, ha creato una
notevole disaffezione tra gli elettori, che si
sono allontanati dal voto, facendo crescere
vertiginosamente la percentuale degli
astensionisti nelle adunanze elettorali. Nelle
elezioni politiche bisogna diffidare dei
professionisti della politica, che hanno portato
in miseria un’intera Nazione: L’Italia. Urge
negli interessi degli Italiani, puntare sul
Nuovo. La crescente distanza tra i cittadini ed
i partiti è dovuta al fatto reale e concreto che
i partiti vivono in un mondo distante anni luce
dai problemi reali e concreti che la gente è
costretta ad affrontare giornalmente.
L’astensionismo, la disaffezione alla politica
nasce e si è sviluppata nel tempo, perché i
politici ed i partiti sono rimasti soltanto
vincolati ai propri tornaconti. La regola
principale da seguire da parte dei partiti e dei
nostri politici è stata quella di incassare e
proteggere i propri privilegi e contributi ai
partiti che hanno saputo sperperare e
dilapidare spesso per fini personali e non
nell’interesse della collettività. Ma quale è
il loro progetto serio e di cambiamento (solo a
parole) la loro credibilità va vista e
commisurata a ritroso nel tempo. I partiti
tradizionali non sono riusciti ad abolire: le
assunzioni clientelari, la riduzione dei costi
della politica; l’abolizione dei finanziamenti
ai partiti; la riduzione del numero dei
deputati. Nella gente comune da più parti si
eleva un coro unanime: bisogna diffidare dei
professionisti della politica e dei partiti
tradizionali.
L’avversario più temuto è il politico di
lungo corso e di professione che continua a far
viaggiare col vento in poppa le illusioni che ci
ha somministrato a tutti noi remissivi e
sprovveduti elettori italiani. In questa tornata
elettorale, il nostro filo conduttore di guida
mentale al voto, non è da puntare ai programmi
oppure ascoltare i proclami che ci vengono
esposti nei pubblici comizi, ma guardare a
ritroso nel passato dei nostri politici.
Dobbiamo combattere contro i partiti e politici
che non si sono interessati dei nostri problemi.
Noi dobbiamo votare nel nostro interesse.
Dobbiamo sfidare la politica e i politici
tradizionali. Bisogna lanciare un monito: state
attenti con i programmi di facciata, perché non
si va da nessuna parte. Bisogna dare un voto per
un rinnovamento e cambiamento della nostra
classe politica. Diffidate delle promesse fatte
quando si è in piena campagna elettorale, è la
cosa che i politici “di professione” riescono a
fare meglio. E non mi riferisco a Beppe Grillo
ad
Antonio Ingroia, eccetera, eccetera,
ma ai nostri mestieranti della politica che, con
le loro promesse mai mantenute andrebbero citate
in giudizio d’innanzi all’autorità giudiziaria
per falsità e truffa continuata consumata a
danno e nei confronti dei propri elettori e di
tutto il Popolo Italiano…
3
In Italia chi sono i maggiori responsabili della
macelleria sociale?
I maggiori responsabili
della macelleria sociale in Italia, sono
soprattutto coloro che hanno piazzato nella
poltrona di premier Mario Monti, perché non
potevano non sapere le sue origini e la sua
matrice culturale che lo tengono ben saldamente
unito con i poteri economici e finanziari del
nostro paese.
Ai nostri tanti politici (forse) preme soltanto
di occupare una poltrona nelle stanze del
potere. Mi auguro che i suicidi dei nostri tanti
concittadini rimangano nei loro pensieri e nelle
loro coscienze (sempre se gli uomini della
nostra classe politica abbiano una coscienza).
Solo una grazia divina ci può liberare da tanta
insolenza e indifferenza che prolifera nella
maggior parte degli uomini che compongono la
nostra classe politica. Loro con i loro
privilegi e sprechi hanno ridotto in povertà i
cittadini italiani e lasciano un futuro
desolante ai nostri giovani. Il debito pubblico
è il risultato non solo della loro cattiva
amministrazione, ma anche in conseguenza dei
benefici e sperperi che i nostri politici e
burocrati si sono distribuiti nel tempo con
tanta spudoratezza. Sono convinto che oggi
Benedetto Croce si vergognerebbe di sentirsi
Italiano.
Siamo arrivati alla fine di un anno dai
risultati che non possiamo sottrarci do
ricordare e meditare. 1. il 30% degli Italiani
vive in stato di povertà o esclusione sociale
mentre il 10% possiede il 50% della ricchezza
del Paese; 2. Durante il 2012, sono nati 560
mila bambini a cui è stata consegnata in
eredità un’ipoteca di 3,5 milioni di euro di
debito pubblico, il più alto d’Europa. Il 7% dei
minori – pari a 720.000 – vive in povertà
assoluta: 417 mila dei quali residenti al Sud.
3. L’incidenza di povertà assoluta e’ pari al
5,2% corrispondente a 1 milione e 297 mila
famiglie per un totale di 3 milioni e 415 mila
individui. 4. I senza tetto in Italia sono circa
50.000. Di essi, il 62% lo è diventato dopo aver
perso il lavoro, soprattutto a seguito di
licenziamento o della chiusura dell’azienda dove
erano impiegati (22,3%) oppure per il fallimento
della propria attività (14,3%). Solo il 6,7% dei
senza tetto non ha mai avuto un’occupazione. 5.
Gli attuali 2,9 milioni di disoccupati
rappresentano il massimo storico. Tra i giovani,
il tasso di disoccupazione ha toccato il 36,5%.
I precari sono 2 milioni 877 mila, il livello
più alto dal terzo trimestre del 2004. I
dipendenti a termine sono 2 milioni 447 mila: il
dato più alto dal terzo trimestre 1993. I
lavoratori part time hanno raggiunto la soglia
record di 3 milioni 847 mila unità 6. Quasi 35
imprese al giorno hanno chiuso i battenti nei
primi sei mesi del 2012: Si tratta di 6.321
fallimenti:oltre 1000 al mese. E dal gennaio
2009 sono complessivamente 39.159 le imprese che
hanno portato i libri in tribunale. Il Prodotto
Interno Lordo si è ridotto in un anno del 2,4% e
i consumi di oltre il 3% mentre il debito
pubblico ha superato la cifra critica dei 2000
miliardi.
Il presidente Giorgio Napolitano che chiede agli
altri di fare i sacrifici perché non comincia a
farle pure lui togliendosi e dimezzandosi tutti
i compensi che percepisce e incassa ogni mese?
E’ facile demandare al Popolo Italiano e
soprattutto alle fasce sociali più deboli di
fare sacrifici ! Personalmente sono nauseato di
essere governato da questa classe politica che
in conseguenza esclusiva della loro cattiva
amministrazione del denaro pubblico, hanno in
modo scellerato ridotto in miseria un’intera
Nazione. Per tutto questo la nostra classe
politica in maggioranza si dovrebbe vergognare.
Oggi nella nostra Italia non bastano più le
chiacchiere ma occorre perseguire con somma
urgenza, politiche d’intervento che agevolino
veramente il territorio e i suoi cittadini,
attraverso uno sviluppo economico positivo per
tutti. E soprattutto attraverso una reale
attenzione ai problemi concreti e reali, che non
possono più continuare a concretizzarsi soltanto
in slogan ad effetto e promesse vane e illusorie
soltanto per prendere consenso elettorale. La
posta in gioco è alta e riguarda il nostro
futuro e quello di centinaia di giovani che,
sino a oggi, assistono indifesi alla demolizione
dei residui frammenti di speranza verso un loro
futuro migliore...
Elezioni regionali
2012
Nulla di nuovo nello
scenario politico
Don Luigi Sturzo e Silvio Milazzo che, nel lontano
passato furono i promotori, insieme con altri, di
questa nostra autonomia siciliana. Se potessero
comunicarci dall’Aldilà i loro giudizi, si
rivolterebbero dalle loro tombe, per manifestarci la
loro ira e la loro esecranda avversità, a tanto
populismo gridato dai nostri politici soltanto col
fine di continuare a incassare potere, ricchezza e
poltrone!
A
ottobre i siciliani saranno chiamati alle urne per
eleggere il nuovo Presidente della Regione Siciliana
e novanta deputati all’Assemblea Regionale. La
campagna elettorale è iniziata e già si profilano le
candidature di molti dei deputati uscenti e indagati
dalla magistratura che senza alcun pudore e con
un’incredibile faccia tosta, si ripropongono
all’elettorato siciliano. Ecco che il 28 Ottobre,
quando si voterà per eleggere il Presidente e
l’Esecutivo della nostra Assemblea Regionale, ancora
una volta, le elezioni si avvieranno con un errore
di fondo che, purtroppo, ancora oggi, convive nella
volontà ispiratrice delle nostre attuali norme
elettorali. Ma siamo proprio sicuri che le
candidature fatte dagli schieramenti politici
contrapposti, rappresentino la volontà del Popolo?
Il popolo siciliano non può solo lamentarsi, urlare
la propria rabbia e poi riconfermare la fiducia ai
sempre soliti noti che hanno ridotto la Sicilia in
questo stato! Politici che nel tempo recente hanno
dimostrato tutta la loro incapacità e il loro
disinteresse per le sorti della Sicilia. I siciliani
devono riappropriarsi della propria identità, della
propria dignità calpestata ormai da troppo tempo. In
ballo c’è anche il futuro della nostra terra e dei
nostri figli! In tutta franchezza: se il macellaio o
il fioraio non fanno bene il loro lavoro noi, li
cambiamo. Se il nostro sarto ci rovina un vestito,
noi non solo non ci serviamo più delle sue
prestazioni ma vogliamo anzi un risarcimento. Loro
gli ex onorevoli hanno governato bene la Sicilia? La
risposta è secca: no.
In questa nostra terra di Sicilia, non si
è riusciti e sino a oggi neanche a difendere e
vigilare la nostra autonomia Regionale. Oggi è
doveroso e conveniente nel nostro interesse, fare
per tempo un’attenta analisi a ritroso sulla storia
dei nostri candidati alle Regionali del 28 Ottobre.
Oggi occorre con fermezza, non andando a votare e
manifestare la nostra avversione ai nostri attuali
politici e alla legge elettorale vigente. Nel nostro
panorama politico nel presente (più di prima) siamo
ridotti male, anche all’interno dei personaggi nuovi
e dei partiti nuovi, sono riusciti al introdursi,
ancora una volta nel nostro territorio, soggetti
politici legati con i vecchi gruppi di potere. Non
basta fare un buon comizio con parole che
trasportano in alto per poi cadere in basso
guardando nella nostra realtà quotidiana in qui ci
ritroviamo immersi certamente per colpa anche di
questi personaggi politici che ormai da troppo tempo
vivacchiano e si arricchiscono sempre di più
rosicchiando all’osso il popolo siciliano. I fatti
contano più delle belle parole riconosciamolo non
facciamoci illudere ancora una volta soltanto di
parole, parole, parole. Purtroppo ancora oggi dopo
una attenta analisi in profondità il nostro scenario
politico siciliano che si affaccia all’orizzonte
appare ancora oggi: opaco, illusorio e ingannevole.
Come contrastare la Corruzione
La corruzione minaccia il prestigio e la
credibilità delle istituzioni, inquina e
altera gravemente l'economia, sottrae
risorse destinate al bene della comunità,
corrodono il senso civico e la stessa
cultura democratica. La corruzione è uno
dei peggiori mali che si annida nella nostra
società.
Non c’è troppo da meravigliarsi del
malcostume e inefficienza che monopolizzano
le cronache italiane. Siamo sempre stati «un
paese allo sbando. Davvero la corruzione
italiana si riduce a quella dei politici?
Davvero in questo Paese la sfera della
politica è malata e il resto della società è
sano? Non è così, con ogni evidenza. Ognuno
di noi sa bene che non è così. Proprio
perché la corruzione non è soltanto di
natura politica ma affonda radici
profondissime nel nostro corpo sociale -
cosicché nella politica essa si riversa ,
essendo uno degli ambiti dove più facile è
la sua opera - la corruzione italiana sfugge
a ogni facile terapia. Abbiamo creduto che
almeno per ridurne la portata bastasse
mutare il sistema elettorale, o fare le
privatizzazioni, o cambiare la legge sugli
appalti, o finanziare i partiti in altro
modo dal finanziamento diretto; o che
l’esempio di «Mani pulite», potesse segnare
una svolta. Invece è stato tutto inutile. La
corruzione italiana appare invincibile.
Rinasce di continuo. Le tangenti continuano
a girare vorticosamente anche nel privato:
che dappertutto qui da noi, quando ci sono
soldi in ballo, non si dà e non si fa niente
per niente? Le gare d’appalto sono sempre,
in misura maggiore o minore, manipolati.
Riservati agli amici e ai protetti quando
non direttamente truccati in un modo o
nell’altro dai concorrenti con la complicità
delle commissioni, e il tutto naturalmente
in barba a ogni credo politico. O i
tentativi a cui si dedicano incessantemente
milioni di italiani di violare i regolamenti
urbanistici ed edilizi in tutti i modi
possibili e immaginabili (spessissimo
riuscendoci grazie all’esborso di mazzette)?
Il sistematico taglieggio che da noi viene
praticato da quasi tutti coloro che offrono
una merce o un servizio al pubblico, come le
società autostradali, quelle di
assicurazione, le compagnie telefoniche, le
compagnie petrolifere, quelle aeree, le
banche, le quali tutte possono a loro
piacere fissare tariffe esagerate, imporre
contratti truffaldini, balzelli
supplementari, clausole capestro, sicure
dell’impunità. In molti altri Paesi
comportamenti del genere sono severamente
sanzionati anche sul piano penale. Da noi
no, sono considerati normali. L’Italia,
oltre alla crisi economica, presenta un
tasso allarmante di corruzione. Come
affrontare questo problema? Sì, siamo al top
delle classifiche mondiali dei paesi
corrotti, o giù di lì. Con effetti
gravissimi sulla stessa economia, perché la
corruzione scoraggia gli investitori. La
corruzione prospera se l’azione
amministrativa è lenta, farraginosa, priva
di principi certi e conosciuti. Alcuni
studiosi sottolineano il rischio di
penetrazione dell’economia criminale, la
quale rappresenta oggi l’unica
organizzazione illegale che detiene
liquidità.
Sessanta miliardi di euro all'anno in
Europa, quasi otto solo in Italia persi per
inefficienza sul lavoro. Sessanta miliardi
di euro all'anno in Europa, quasi otto solo
in Italia: è questo il costo
dell'inefficienza sul lavoro. Ai costi della
politica, parzialmente ridotti dai tagli, si
aggiungono quelli dell'inefficienza. Per la
politica (e c'è chi dice per la democrazia)
è un momento delicato. Non a torto c'è chi
afferma che l'inefficienza è uno dei costi
più alti della politica (e della
burocrazia). Come mai dopo oltre 30 anni di
politiche pubbliche per la riforma
amministrativa, siamo ancora quasi fermi al
punto zero? E nella prossimità troppo
accentuata tra amministrazione e politica si
annida sempre il germe della corruzione. Uno
dei punti critici del precedente governo è
stato che, nella politica dei tagli lineari,
si è lasciata la polizia senza benzina per
le macchine e con organici incompleti.
Il nostro governo ha il compito di non far
ricadere i costi della corruzione e delle
bustarelle sulle tasche dei cittadini. Ora
come mai serva un segnale davvero forte per
contrastare il fenomeno della corruzione. Il
contrasto alla corruzione deve partire sin
da subito, visto che ogni giorno stanno
emergendo casi nuovi e allarmanti. La prima
cosa da fare è eliminare quello che è
l’ambiente della corruzione amministrativa,
e cioè la lentezza e macchinosità delle
procedure, la poca trasparenza
dell’amministrazione, il dominio
incontrollato delle burocrazie. In termini
di miglioramento dell'efficienza, per
ottenere benefici economici anche rilevanti.
Quando l'economia è incerta e il periodo
difficile, come quello che stiamo vivendo,
le aziende hanno solo due strade per
incrementare i profitti: l'innovazione o
l'efficienza. Per risollevare le proprie
sorti, la politica dovrebbe riacquistare la
credibilità perduta. La politica e le
istituzioni possono difendere il loro ruolo
democratico solo se puntano su efficienza e
credibilità. Come se ne esce, con un’azione
di ripristino della moralità pubblica. Che
ha due componenti: una penale (i corrotti, a
tutti i livelli, devono essere colpiti la
seconda culturale, di dissuasione etica: e
qui c’è moltissimo da lavorare. Bisogna
innanzitutto bonificare la politica, che del
fenomeno costituisce il campo principale.
Dotando i partiti e le associazioni di
precisi codici etici. I loro privilegi
diventano odiosi quando i cittadini sono in
condizione di sofferenza. La crisi esige e
gli elettori pretendono che le istituzioni
democratiche diano il massimo per
contribuire a un effettivo rilancio
economico e sociale. Più che leggi nuove,
mi pare occorra molta buona amministrazione.
E risorse adeguate. Si deve e si può fare di
più. Inoltre si deve tenere il più
possibile la politica lontana dagli affari
con una legislazione seria sul conflitto di
interessi, più trasparenza nel finanziamento
dei partiti, verifiche vere sui bilanci dei
partiti ecc. Quindi dobbiamo imporre
verifiche di tempi e costi, standard medi,
ispezioni, monitoraggio dell’attività degli
uffici, specie di quelli a contatto con i
grandi interessi. La seconda cosa da fare è
ripristinare le ispezioni. Ci vuole insomma
più competenza tecnica specifica, più
competenti all’interno delle pubbliche
amministrazioni a difesa dello Stato.
La
via da seguire per la crescita
Urge ridurre le tasse per consentire alle
aziende di assumere.
Una via d’uscita per l’Italia è da ricercare
in una profonda rinascita della politica.
Sulle politiche da realizzare e sulle forze
in campo, possiamo e dobbiamo cambiare
direzione rispetto alle decisioni prese a
Bruxelles e a Roma.
E’ poco condivisibile l’idea che siano i
liberi professionisti, riuniti in ordini o
collegi, con accesso limitato dal
superamento dell’esame di abilitazione, un
ostacolo alla crescita del PIL. L’eccesso di
offerta, rispetto alla domanda, non crea
ricchezza, bensì abbassamento indiscriminato
della qualità e dei prezzi, cosa questa non
proprio auspicabile, specie per certe
professioni che incidono fattivamente sulla
qualità della vita delle persone. Sono gli
ordini professionali e i relativi iscritti,
i tenutari di magnifici privilegi? Sono una
delle principali cause della nostra crisi? O
dovremmo parlare di altro? Ma oggi, dopo
oltre quaranta anni di folle politica
liberalizzante sulla formazione, con
università aperte indiscriminatamente a
tutti, i “professionisti” in buona parte dei
settori sopra menzionati (ad eccezione dei
Notai e Farmacisti) sono diventati una
moltitudine, rispetto al passato in larga
parte poco preparati, e destinati ovviamente
in larga misura al precariato e alla
insoddisfazione perenne. I nostri governanti
hanno affrontato la crisi molto tardi, in
modo incerto e poco coerente. Alla base di
tutto, c’è il debito accumulato dallo Stato
italiano che ha raggiunto i 1.900 miliardi
di euro, cioè il 120% della ricchezza
prodotta dal nostro Paese in un anno, il
cosiddetto Pil. Oggi l’Italia è meno
credibile ed è stata degradata dalle agenzie
che valutano la capacità dei debitori di
restituire i prestiti e per farsi prestare
soldi deve offrire interessi sempre più
alti. Il che accresce i debiti, e si
comincia a temere che non potremo pagarli.
L’Europa è sotto attacco, l’euro è in
pericolo e la politica propone solo tagli
alla spesa e austerità. L’Europa è sotto
l’attacco della finanza, la crisi del debito
pubblico ha travolto Grecia e Portogallo,
investe Italia, Spagna e Francia. L’euro è
in pericolo, l’Unione ha perso la rotta e la
politica europea non sa dare risposte
all’altezza della crisi. A Bruxelles come a
Roma le politiche liberiste lasciano fare
alla finanza, peggiorano le condizioni di
vita, non si progetta uno sviluppo diverso e
sostenibile dalle nostre aziende che sono
sempre più soffocate dalle tasse. La nostra
pressione fiscale e la più alta rispetto a
tutti gli altri paesi Europei. Dietro
l’emergenza economica a Bruxelles come a
Roma c’è anche un problema di democrazia.
In Europa la democrazia è sempre stata
debole e viene espropriata dal potere della
finanza, dall’“autonomia” della Banca
centrale europea, dall’asse Berlino-Parigi,
le quali con le loro decisioni hanno fatto
precipitare la crisi dell’euro. In Italia
la democrazia è stata devastata dal
berlusconismo, indebolita da una politica
dei partiti sempre più lontana dalla
società, e deve ora lasciare spazio alla
natura “tecnica” del governo di Mario Monti
e alla regia del Presidente della
Repubblica. È crisi della democrazia anche
l’attacco ai diritti e alla dignità del
lavoro, non più luogo di cittadinanza e
partecipazione, ma mero ingranaggio della
macchina produttiva, assoggettato alle
dinamiche del mercato, privo di identità e
voce. Un governo il nostro non credibile e
capace di imporre a tutti, in modo equo, i
sacrifici necessari per ridurre il debito e
riavviare l’economia. E’ compito dello
Stato creare un rapporto di fiducia con il
cittadino stabilendo criteri equi per tutti.
In Italia purtroppo questo rapporto si è
incrinato a causa dell’eccessivo ricorso ai
condoni. Questo strumento è sostanzialmente
un invito al cittadino a non pagare oggi le
imposte dovute in attesa di poterle pagare
molto meno un domani. Il condono non è uno
strumento tipicamente italiano, ne fanno uso
tutti i Paesi, ma la nostra anomalia è che
creiamo condizioni troppo favorevoli agli
evasori. È il caso dello scudo fiscale
varato lo scorso anno, che consentiva di
riportare in Italia capitali esportati
illegalmente pagando una penale di appena il
5%. Germania e Gran Bretagna hanno adottato
misure simili, ma con percentuali di penale
compresi tra il 30 e il 40%. Il modo
migliore per indurre i cittadini a fare il
loro dovere è quello di creare una
situazione in cui convenga pagare piuttosto
che non pagare le tasse. Oggi ci ritroviamo
con le 3 manovre fatte dal governo tra
giugno e settembre, si sono soprattutto
aumentate le tasse (la parola più esatta
sarebbe “tributi”, che comprendono tasse e
imposte): ticket sanitari, aumenti dell’Iva,
tassa sulla benzina, sui giochi,
eliminazione delle agevolazioni fiscali.
Risultato: si preleverà una percentuale
record, il 44,5% dei redditi degli italiani
e il dato potrebbe crescere fino al 48% nel
2014. Troppo? Mentre i Paesi occidentali,
nel decennio 2001-2010 sono cresciuti in
media dell’1,5%, l’economia italiana si è
contratta dello 0,3 - 0,4%. Peggio di Grecia
e Portogallo. Per le difficoltà della
produttività in Italia come superarle, è
necessario più spesa pubblica e investimenti
non speculativi, distribuzione del reddito
ed esportazioni. Far crescere la spesa
pubblica, in particolare, per le
infrastrutture, porre le condizioni affinché
vi siano investimenti da parte degli
imprenditori in attività non speculative,
favorire le esportazioni del made in Italy,
proteggendolo con accordi internazionali.
Per far ripartire la crescita è necessario
migliorare il sistema fiscale, contributivo
e degli ammortizzatori sociali per sostenere
la domanda interna. Ma bisogna anche, dal
lato dell'offerta, varare una vera e propria
strategia di sviluppo dell'economia,
qualcosa di più profondo di una semplice
politica industriale, per migliorare la
competitività delle esportazioni e la
sostituibilità delle importazioni,
altrimenti l'aumento della domanda interna
si tradurrà in un accentuato squilibrio
esterno e in un ulteriore aggravamento
finanziario. Come si stimola la crescita?
Con la riduzione delle tasse sul lavoro
(quelle che colpiscono imprese e
lavoratori), il ripristino della concorrenza
e la lotta ai cartelli (società di uno
stesso settore produttivo che si mettono
d’accordo per non farsi concorrenza sui
prezzi). Mentre tassare il lavoro, significa
ridurre ulteriormente i redditi delle
famiglie e scoraggiare la loro capacità di
acquisto. Poi la lotta all’evasione
fiscale, alla corruzione e alle mafie che
taglieggiano sia lo Stato (ad esempio
vincendo con l’inganno appalti gonfiati) per
dirottare alle organizzazioni criminali
fondi statali, cioè dei cittadini.
Eliminando l’evasione fiscale, la corruzione
e abolendo le varie caste si ridurrebbe
drasticamente il deficit annuale dello Stato
e questo risolverebbe molti problemi della
crisi. Una strada importante da seguire è
anche il rilancio della ricerca e
dell’istruzione, perché, sia pure in tempi
non immediati, la ricerca crea innovazione e
l’innovazione crea ricchezza, come
dimostrano le tecnologie che hanno trainato
la crescita economica mondiale negli ultimi
decenni.
Ponte di Caldera: oltre il danno la beffa!
Attraverso voci provenienti dalla Francia e
che giungono a Barcellona per poi approdare
a Messina un’amara beffa è stata servita
alla popolazione di Calderà. Ecco che oggi,
si accresce sempre di più la rabbia.
Soprattutto da parte di chi vive tutto
l’anno sempre in questa nostra cittadina e
non ha la possibilità di andare via neanche
per qualche giorno ed è costretto a sentire
sempre le stesse chiacchiere. Il ponte
provvisorio di Calderà non è ancora
utilizzabile e la stagione estiva sta per
finire. Il danno all’economia locale di
Calderà ormai è stato consumato! I tempi di
consegna dell’opera erano fissati prima per
giugno, dopo si è detto per luglio, ma come
spesso accade (nelle nostre zone) quando si
tratta di lavori pubblici, le opere per il
suo completamento si allungano anche per
colpa delle nostre istituzioni locali e
provinciali. Diciamocelo in tutta sincerità:
il ponte provvisorio è costato 250 mila euro
e costerà alla Provincia circa 100 mila euro
l’anno. Tale spesa avrebbe avuto un senso
nel periodo estivo e sarebbe servito a
ridurre il disagio di chi doveva spostarsi
lungo la litoranea. Aprire il ponte
provvisorio oggi diventa quasi inutile è uno
spreco di denaro prelevato alla fonte (da
pensioni e stipendi) ai contribuenti
messinesi. Ecco che non bisogna
temporeggiare oltre. Occorre e urge invece,
ricostruire (in tempi brevi) un ponte
definitivo a tutela degli interessi
dell’intera cittadinanza che vive nel nostro
territorio e che pur troppo ancora oggi,
continua a essere considerato un umile
servitore del feudatario di turno.
Il sindaco
che vorrei!...
Sul ruolo assunto in questa città e sul
lavoro svolto in tutti questi anni dai
nostri politici locali, mi sento in dovere
di ricordare in occasione di queste
amministrative, quali dovrebbero essere le
linee fondamentali di un sindaco che
realmente dovrebbe operare per il bene della
collettività.
Ritengo indispensabile che coloro che
andranno ad amministrare il bene comune di
Barcellona, dovranno dimostrare
un’attitudine al servizio della città e non
un’inclinazione a servirsi della città per
interessi personali, di qualunque natura
essi siano: malaffare, interessi economici,
di potere, protagonismo, e simili.
Sembrerebbe qualcosa di scontato quello che
sopra si richiede, ma purtroppo in questa
città è stato realizzato poco e niente dai
nostri amministratori. Allora chi appare
essere anche minimamente portatore
d'interessi propri e non
finalizzati unicamente al bene collettivo,
non può e non dovrebbe assolutamente
accedere alle poltrone di Palazzo Longano.
Noi cittadini, non possiamo ancora una volta
affidare i nostri soldi, il nostro
territorio, ambiente, risorse, servizi, beni
culturali, e tutto ciò che ci necessita a
qualcuno che li utilizzi a vantaggio suo o
di pochi, perché questo certamente va contro
noi stessi e la collettività cui
apparteniamo. IL nuovo Sindaco deve essere
consapevole, che Barcellona è in totale
disastro, sia sociale, economico e culturale
per un male, chiamato “tornaconto
personale”, di cui i tanti sono affetti a
vari livelli. Da questo male non si può
certamente guarire se non si restituisce la
fiducia ai cittadini, per raggiungere un
bene collettivo che possa assicurare un bene
sociale, economico, ambientale e culturale.
Il nuovo eletto, deve essere capace di saper
creare le condizioni istituzionali valide in
modo che, anche i cittadini possono dare un
contributo per la rinascita della nostra
città.
Al ballottaggio del 20 e 21 maggio che
decreterà
il nuovo Sindaco tra i candidati prescelti
non ho alcuna certezza se posseggano
pienamente questi requisiti, ma quello che è
certo nel prossimo futuro solo chi agirà in
piena autonomia e con l’ausilio dei
cittadini potrà essere un buon Sindaco e
sono sicuro che su questa retta via, la
città di Barcellona potrà rinascere e avere
un futuro migliore, diversamente questa
città continuerà a degradarsi e i nostri
giovani saranno costretti ad emigrare per
conquistarsi un futuro migliore.
Dov’è la città dei servizi?...
Barcellona affonda sempre di più nel decadimento
non solo di pensiero politico ma anche
ambientale: polvere, emergenza rifiuti, strade
danneggiate e collegamenti stradali interrotti
(vedi il ponte di Calderà). Tutto questo nella
realtà dei fatti concreti continua a incidere
fortemente in negativo sulle attività
commerciali del nostro territorio. Oltre il
danno la beffa: Le primarie sia di sinistra, sia
di destra e centro compreso sono un ulteriore
inganno e servono ben poco per risolvere i veri
problemi che ormai da troppo tempo affliggono la
nostra città. Nella realtà dei fatti concreti,
se non cambia il pensiero di concepire la città
come un bene di tutti: le parole, i discorsi
illusori e ingannevoli, servono ben poco. La
città se si ama veramente con il cuore i
problemi vanno risolti prontamente: Vigilando e
operando a tutela esclusiva di ogni cittadino
che vive e opera nella nostra città. Purtroppo
nella realtà, sino a oggi, i partiti e i
politici di Barcellona hanno principalmente
lavorato nell’interesse di se stessi e del
proprio partito! La realtà vera dei nostri
giorni è quella che le aziende e le attività
commerciali di Barcellona oltre ad essere
tartassati dal nostro governo nazionale,
regionale e locale dall’eccessiva pressione
fiscale (la più alta rispetto a quella di tutti
gli altri paesi europei), sono costrette anche a
esercitare la loro attività in tale degrado
ambientale. Gli altri discorsi o parole dette
attraverso le televisioni locali, sono soltanto
chiacchiere e favole raccontate soltanto per
accrescere la propria immagine politica mentre
la realtà quella vera è sotto gli occhi di
tutti! Ai politici si rivolge un accorato
appello: se vogliamo veramente il bene della
nostra città, dalle parole urge passare ai fatti
concreti affinché Barcellona possa trovare
finalmente il giusto percorso per risollevarsi
dal fango e ritornare a rinascere…
Un
accorato
appello ai
nostri Amministratori
Per sviluppare la crescita economica del
Paese, i lavori a rilento ormai da troppo
tempo, in Piazza Convento e in altre zone
della nostra cittadina: sono altamente
negativi e recano danno ai cittadini e ai
commercianti che operano con difficoltà
nella nostra città. Le vie di accesso
in tali zone contribuiscono in negativo e in
modo incisivo non solo sulla circolazione
delle autovetture, ma soprattutto sulla
nostra economia locale. Tale caos nella
circolazione non è più tollerabile! Si
chiede ai nostri amministratori locali a
intervenire prontamente per sanare tale
irregolarità. Oggi i cittadini ed i
commercianti si ritrovano a sopportare con
considerevole difficoltà, non solo la crisi
dovuta all’elevata pressione fiscale imposta
dai nostri governanti nazionali, ma si
ritrovano a sopportare anche le difficoltà,
causate per esclusiva colpa delle nostre
istituzioni locali. Le nostre istituzioni
locali, devono vigilare adeguatamente
sull’andamento di tali lavori che già da
troppo tempo proseguono a rilento con
conseguente ulteriore danno posto
soltanto a totale carico dei cittadini e dei
commercianti che svolgono la loro attività
in Piazza Convento e nelle altre zone della
nostra città. Tali lavori vanno eseguiti
prontamente e con somma urgenza soprattutto
perché ricadono all’interno del territorio
urbano e il loro prolungarsi nel tempo
influisce ed influirà sempre più
pesantemente non solo sull’incolumità dei
nostri cittadini ma anche con un particolare
svantaggio sull’economia delle nostre
piccole imprese e aziende che operano nella
nostra città.
Caro Presidente
il posto fisso non è monotonia!...
A che futuro va
incontro un Paese che non riesce ad assicurare
un futuro ai suoi ragazzi? Io vedo ancora un
forte allontanamento dalla realtà da parte di
chi dovrebbe occuparsi di fare le riforme che
servono ai giovani.
In Mario Monti si
denota una scarsa comprensione dell’esperienza
quotidiana di vita dei giovani, soprattutto
quelli precari. La monotonia non deriva dal
lavorare in modo stabile e continuativo, ma nel
non poter scegliere che lavoro fare. Servono
regole moderne, ma non priviamo i giovani di
certezze! Il leggendario humor inglese di Mario
Monti questa volta è risultato piuttosto fuori
luogo! anche perché la battuta segue di poche
ore la pubblicazione dei dati Istat sulla
disoccupazione nel nostro Paese ed a guardare le
cifre c’è davvero poco da scherzare. In
pratica, 1 su 3 non ha mai lavorato o se lo ha
fatto è già di nuovo a casa, mentre in 4 milioni
hanno smesso sia di studiare che di cercarsi
un’occupazione. Secondo i dati Istat 8 ragazzi
su 10 hanno perso il lavoro nel 2011 e vivono in
famiglia, ma è evidente che la capacità dei
genitori di surrogare a un sistema di welfare
che non esiste non può durare in eterno. L’Istat
dice anche che 4 milioni di giovani, non
studiano né lavorano. Quale sarà la conseguenza?
E’ “monotona”
l’idea di aspirare a un lavoro fisso? Per non
continuare, anche a 30-40 anni, a gravare sulla
propria famiglia d’origine? Assolutamente no. E
non lo è anche alla luce del fatto, che molti
giovani che non possono contare su questa rete
protettiva di ultima istanza rappresentata in
Italia dalla famiglia, diventano i cosiddetti
“nuovi poveri”. Sono aumentati in modo
esponenziale i ragazzi ospiti del dormitorio
pubblico, ci sono finiti da precari senza una
famiglia alle spalle. Si perde il lavoro, non si
hanno indennità di disoccupazione e ci si
ritrova senza soldi per pagare l’affitto. Cosa
succederà, quando anche nelle famiglie che
invece i figli li aiutano finiranno i soldi?
Niente mutuo se sei precario, niente
finanziamento per un'auto senza la garanzia dei
genitori, nessuna considerazione finché non
trovi un posto a tempo indeterminato. Per non
parlare di quanto sia poco stimolante accedere a
un mutuo per l’acquisto di una casa, senza dover
trascinare i propri genitori in banca a far da
garanti con le loro pensioni. E noia vedersi
accreditare lo stipendio puntualmente ogni fine
mese? Ricevere la tredicesima e magari anche la
quattordicesima, poter rimanere a casa ogni
volta che si è ammalati?
I nostri giovani hanno il diritto
e il dovere di chiedere a nostri politici, di
non essere privati ad un futuro migliore! Io se
fossi un giovane disoccupato, gradirei davvero
sentirmi un po’ monotono, con una retribuzione
fissa e dignitosa e con una continuità
lavorativa che mi permetta di programmare
serenamente il mio futuro! Caro Presidente, più
che pensare alla monotonia di un posto fisso
sempre lo stesso e sempre uguale,
preoccupiamoci invece dell’insostenibilità di un
lavoro instabile, sempre precario
e sempre incerto. Talmente
discontinuo da risultare monotono. A
differenza dei politici che nel tempo non sono
riusciti a incrementare il lavoro per i nostri
giovani, come tecnico signor Presidente, si
impegni veramente affinché i nostri giovani
possano sperare in un futuro più dignitoso.
Il danno lo subisce il Popolo Siciliano!
La protesta non da onore e merito ai
lavoratori siciliani. La Sicilia piegata
dallo sciopero degli autotrasportatori è in
ginocchio, scarseggiano i viveri e vengono
al pettine nodi irrisolti da mezzo secolo.
Il malcontento monta sempre di più, la
miccia rischia di esplodere.. La
protesta promossa dal movimento 'Forza d'urto',
del quale fanno parte, tra gli altri, l'Aias
e il Movimento dei Forconi, contro le
politiche del governo nazionale in materia
di accise sui carburanti per il trasporto e
sulla mancanza di aiuti all'agricoltura.Certo è che la protesta degli agricoltori
del movimento dei Forconi, pescatori,
camionisti, il movimento politico Forza
D'Urto, ha già avuto un primo effetto:
paralizzare tutti i comparti produttivi
della Sicilia, fermare il rifornimento di
benzina causando la chiusura di tutte le
pompe, rendere difficile il rifornimento dei
supermercati dove le scorte stanno quasi per
finire.Le prime stime dei danni
arrivano da Confindustria Palermo: dalla
manifattura alla chimica, dal legno
all'agroalimentare, dalla meccanica al
tessile fino ai servizi, si registra un calo
della produzione del 70% e una flessione
sensibile intorno al 30% è segnalata dalle
industrie del settore turistico.
Sempre più imprese stanno comunicando le
procedure di cassa integrazione per il
proprio personale.A questo punto
viene spontaneo chiedersi: tale protesta fa
onore e merito ai lavoratori siciliani,
quando il danno di tale protesta lo subisce
soltanto la gente comune che purtroppo vive
in questa desolata isola?La protesta
è legittima nelle motivazioni, ma non andava
e non va fatta a danno dei cittadini, ma
rivolta (con altri mezzi di contestazione)
unicamente contro chi ci governa nei palazzi
del potere dorato di Roma e di Palermo.
Al danno si aggiunge la
beffa
Nella manovra di Mario
Monti manca l’equità
La situazione economica
del Paese e dell'Europa è davvero drammatica,
siamo a un rischio fallimento! ma proprio per
questo, accanto al rigore e sacrifici necessari,
c'è bisogno di una vera equità!
La povera gente da questa
manovra sarà massacrata e soprattutto il
cittadino del ceto medio sarà ancora oggi la
vacca da mungere. Questa manovra è una musica
già sentita negli ultimi 40 anni, ci dicono che
servono sacrifici e che i conti saranno sanati.
Dal 1986 a oggi, abbiamo avuto una manovra
l’anno e il debito pubblico non è stato mai
sanato, perché le manovre quando non toccano i
sacrifici di tutti non servono a nulla! Mettere
in campo una manovra centrata su un aumento di
tasse, in un Paese che già vanta il triste
record della pressione fiscale, è un errore
drammatico, e avrà solo un effetto depressivo e
recessivo, con gravi conseguenze per le famiglie
e le imprese. Non è questo ciò di cui l'Italia
ha bisogno perché, questa manovra ricolma
massimamente di tasse e imposte, è priva di
misure per lo sviluppo. E’ troppo facile far
quadrare i conti pubblici tartassando soltanto
poveri cittadini. Sulle pensioni, settore che ha
già pagato prezzi salati negli anni precedenti,
non può gravare il peso prevalente. Il
concertato disposto di allungamento dell'età per
ottenere l'assegno della pensione,
penalizzazioni per chi non ha almeno 63 anni di
età e la notevole decurtazione delle
indicizzazioni che fa salve soltanto le pensioni
minime, colpisce in modo pesante e indistinto
soprattutto le pensioni medie basse. La
decisione di reintrodurre l'Ici sulla prima
casa, soprattutto quando è l'unica, gli aumenti
dell'Irpef, diciamocelo non saranno solo quelli
usciti dal governo perché anche Comuni e Regioni
potranno modificarne i parametri.
E per rendersi conto degli
effetti reali sulle
famiglie italiane,
non bisogna dimenticare quanto già deciso e
varato dal governo Berlusconi in termini di
aumento sulla benzina,
reintroduzione di
ticket sanitari,
oltre al peso delle
bollette energetiche
ci portano: a una batosta da 2.458 euro l'anno.
All'Italia servono tagli sulla spesa pubblica,
non nuove tasse. Eppure neanche il Governo Monti
ha deciso in questo senso, ritengo
che alcune delle misure possano essere
modificate. Penso al blocco dell'indicizzazione
delle pensioni che rischia di avere conseguenze
gravi, ed anche ad una più rigorosa
tracciabilità del denaro. E più in generale
bisogna dare segnali chiari che a pagare sia chi
ha di più, non tanto chi già paga le tasse ma
chi fino a oggi non le ha pagate, intervenendo
sui grandi patrimoni. I sacrifici che sono
richiesti debbano essere ripartiti con maggiore
equilibrio e maggiore attenzione alle condizioni
reali delle famiglie. Il rigore non è a senso
unico.
Ben poco si vede sul
fronte della lotta all'evasione fiscale, e ben
poco sarebbe previsto per tassare non il lavoro
ma i patrimoni e le rendite finanziarie. Così
come non si può ritenere credibile che
lo stimolo alla crescita
risieda nella diminuzione dell'Irap, nella
liberalizzazione degli orari di apertura dei
negozi, nel credito d'imposta sulla ricerca o
sul 55% per l'efficienza energetica. Si tratta
di briciole davanti alle stime dell'Ocse
sull'Italia che prevedono una recessione già nel
2012.
La gente attende dei correttivi e che nella
manovra, ci sia un indispensabile equilibrio
degli interventi. Monti deve seguire due cardini
importanti: equità e sviluppo, quindi tutela
della fasce più deboli e rilancio del settore
delle piccole e medie imprese, altrimenti il
rischio è di non riagganciare l'Italia al treno
del superamento della crisi e a quello della
crescita, con il conseguente drammatico urto
contro il muro della recessione. La manovra per
essere veramente equa deve contenere grandi
elementi di discontinuità rispetto al recente
passato. Proporre misure urgenti, per tagliare
gli enormi sprechi dell'apparato statale e per
dare una nettissima sforbiciata ai costi della
politica. La priorità della manovra deve puntare
anche e soprattutto a una serrata lotta
all'evasione, elemento essenziale di giustizia
sociale e riequilibrio economico. Nella manovra
non c'è nessuna misura a favore delle imprese,
soprattutto quando hanno bisogno di un sostegno
per attraversare un periodo limitato di crisi.
Invece la manovra di Mario Monti è incompleta e
sbilanciata ed è ingannevole. Rigore, equità e
crescita sono i tre principi che Mario Monti
aveva indicato quali pilastri su cui basare le
scelte di politica economica. Nella manovra
varata dal suo governo c’è molto rigore, forse
troppo. Manca l’equità. E soprattutto pochissima
crescita. Il pareggio di bilancio verrà
raggiunto solo se la manovra non avrà effetti
recessivi, sulla qual cosa è legittimo nutrire
non pochi dubbi. Viene da domandarsi se era
utile immolarsi sul pareggio di bilancio nel
2013, che l’Europa non ci ha mai chiesto, e non
valesse invece la pena di puntare su tagli alla
spesa che avrebbero avuto effetti più diluiti
nel tempo, ma più consistenti di quelli previsti
e mirati ad accrescere il potenziale di crescita
della nostra economia, in linea con quanto i
mercati ci chiedono da tempo. Rimborsi
elettorali ai partiti, il taglio che Monti ha
dimenticato! Il compenso che i partiti ricevono
per il voto di ogni potenziale elettore - circa
5 euro a testa - sono il vero taglio che il
nuovo governo dovrebbe decidere per dare il buon
esempio. Vitalizie
numero dei parlamentari,
infatti, sono poca cosa rispetto a quanto
ricevono i partiti (anche quelli che non entrano
in parlamento), ad ogni tornata elettorale.
Nel 2006 sono stati versati ai partiti
200milioni 819mila 044 euro:
200.819.044 euro, per dirla in
cifre.
Cresciuti nel 2007 di altri tre milioni di euro.
Partiti che in molti casi alle ultime elezioni
non sono neanche entrati in Parlamento o che -
addirittura hanno solo cambiato nome. Tra tanti
tagli, dunque, ne manca uno che avrebbe permesso
di risparmiare fin da subito diverse centinaia
di milioni di euro. Il dubbio però è che il
Parlamento non l'avrebbe mai votato.
La mannaia ancora una
volta colpisce chi ha sempre pagato e non chi
non ha mai pagato.
Non si può chiedere di più
a chi ha sempre fatto la sua parte e dato il
proprio contributo. Ecco che per tutti i motivi
sopra elencati nella manovra, non si vedono quei
profili di equità sociale tanto sbandierati dal
Mario Monti e che era ed è indispensabile per
chiedere a tutti i necessari sacrifici. La
manovra proposta nel presente è la prova
innegabile che sia un altro inganno, che viene
consumato dalla nostra classe politica, a danno
dell’Italia e degli italiani.
E’ possibile la rinascita a Barcellona, in
Sicilia e in Italia?
La rinascita può esserci a Barcellona, in
Sicilia e in Italia; ma occorre prima eliminare
le illegalità, le ingiustizie, la corruzione,
partendo da livelli più bassi arrivando a punire
e colpire i livelli più alti. Contrariamente a
quanto sostiene il nostro Presidente della
Repubblica Italiana; a difesa del bene comune e
per risanare il debito pubblico urge invece
eliminare i privilegi e gli sprechi esistenti
nella nostra classe politica e dirigenziale. Noi
cittadini, siamo in attesa di osservare ed
elogiare soltanto quei politici che si
muoveranno su tale linea di pensiero. Poiché,
ammettiamolo, sino a oggi, i politici hanno
tutelato soprattutto ed esclusivamente i propri
interessi, mentre le lacrime e sangue da
versare, sono state sempre poste a esclusivo
carico del Popolo Italiano. Il Presidente della
Repubblica, nei giorni scorsi, invece, con le
sue esortazioni alla coesione nazionale,
rivolgendosi alle opposizioni ad approvare in
tempi brevi la manovra finanziaria si è reso
compartecipe insieme alle opposizioni di un
danno esistenziale ed economico che a onor del
vero ricadrà soltanto a carico dei cittadini.
Forse oggi è giusto ammettere e riconoscere che
in questa nostra società dell’apparire e del
possedere, abbia contaminato anche il nostro
Presidente della Repubblica e il PD che accetta
e gradiscono di non voler perdere i propri
privilegi e nei loro discorsi televisivi puntano
a sfuggire al problema, come se tutti i mali
provengano soltanto ed esclusivamente
dall’evasione fiscale. Ma cosi non é.
Quel che è certo è che il governo deve
rilanciare i consumi per sostenere la crescita.
Aumentare l’Iva di un punto avrebbe soltanto un
effetto negativo sui consumi e comporterebbe per
i consumatori costi maggiori di spesa. In una
situazione come quella attuale, con gli italiani
impoveriti e i consumi in calo, questa misura
non contribuirebbe certo a far crescere il Pil,
Per risanare le casse dello Stato urge una
classe politica diversa, che nei pensieri si
svincoli da ogni forma di egoismo per pensare e
agire nella politica soltanto a tutela e difesa
del bene comune eliminando le “Caste”! In questa
nostra epoca contrariamente al passato recente e
lontano nel tempo soprattutto chi manifesta a
parole di porsi come difensore dei lavoratori,
invece nei fatti reali questi politici eletti
dalla classe più povera, si sono imborghesiti.
Allora diciamocelo in tutta sincerità: l’unica
via da perseguire per la vera rinascita
economica e sociale è soltanto quella di
cominciare a eliminare le illegalità, i
privilegi, gli sprechi, delle nostre istituzioni
locali, regionali e nazionali, creando e
favorendo le condizioni di sviluppo di crescita
economica e occupazionale per tutti, nessuno
escluso!
Puntare sul lavoro
stabile!
Molte persone che si
definiscono cristiane nella realtà spesse volte non
lo sono! Somma ipocrisia di un certo cattolicesimo
osservante che non è soltanto nella “doppiezza” di
vita, bensì soprattutto nell’assenza di vera
compassione verso gli altri.
Dal Vangelo di Matteo
Gesù in alcuni versetti profetizzò in pieno la
nostra epoca quando disse: “Questo popolo mi onora
con le labbra, ma il loro cuore è molto lontano da
me e definì ipocriti chi faceva doni di misericordia
con ostentazione, che pregavano e digiunavano per
essere visti dagli uomini e criticavano il proprio
fratello ma non facevano nulla per eliminare i loro
difetti grossi come travi”. Oggi i professionisti
dell’ipocrisia: nell’operare nel sociale, si muovono
in tanta confusione e in tanta ipocrisia e da parte
di alcuni, si confonde il sociale con il
patrimoniale. L’ipocrisia di chi punta il dito, ma
in fin dei conti, commette la stessa violenza
quotidiana, o quantomeno ne gode dei frutti. Oggi i
nostri professionisti che operano nella nostra
società, i tanti sono interessati unicamente ai
propri interessi, al proprio successo, al proprio
benessere nel pieno disinteresse degli altri, anzi
arrivano, a volte, addirittura a danneggiare gli
altri!
Le azioni dei nostri
politici non sono in armonia con le loro parole!
Ancora una volta nel nostro scenario politico, il
potere diviene fine e sesso e potere sono i mali che
soprattutto, avvelenano la vita politica della
nazione. Dilaga la povertà e l’Italia tra i Paesi
industrializzati, è addirittura ultima per
investimenti nei sistemi di protezione sociale. Oggi
nella cultura di pensiero dei tanti, conta solo
quello che è utile, tutto il resto non merita la
loro reale attenzione. Ovviamente s’intende il
concetto di utilità nella sua accezione di “ciò" da
cui è possibile trarre un profitto. E la mia è
un’anima sofferente, di uno spirito sconvolto nella
realtà in cui vive per cose molto vicine a noi,
aspetti del quotidiano che possiamo toccare con
mano: l’ipocrisia, l’indifferenza, il disinteresse,
la rassegnazione, la materialità, la ricerca del
potere e del successo, la chiusura mentale,
l’ignoranza, la disinformazione, la presunzione, la
superbia, la prepotenza, e tutte le altre
caratteristiche tipiche delle persone con le quali
viviamo.
Un paese, diviso tra le
astrazioni della politica e la concretezza delle
vite quotidiane, le vite di giovani, di disoccupati,
di precari, di cassi integrati, di terremotati, di
“consumatori” obbligati ad arie infette da
discariche a cielo aperto e testimoni di un dissesto
ambientale sempre più dilagante. Siamo entrati in
una situazione di estrema fragilità sociale, perché
è da quindici anni che vediamo la nostra economia in
discesa e tutti gli indicatori sociali ci collocano
quasi gli ultimi tra i paesi europei. Bisognerebbe
mettersi in coda al banco dei pegni che proliferano
nei nostri territori per assistere alla tragedia di
chi impegna l’anello per tirare avanti. Una
generazione dopo la fine dello sviluppo, cresciuta
dentro l’orizzonte del declino, vittima sacrificale
del mondo che gli è stato confezionato. Composta di
giovani che conoscono un presente che è peggiore del
passato e destinati a vivere peggio dei padri:
giovani, che sperimentano sulla loro pelle la
falsità della dominante narrazione del benessere,
con il sorriso di Berlusconi.
M’indigno anch’io,
comunque, nei confronti di una classe dirigente
sorda davanti alla protesta. Mi indigno quando vedo
dei ministri che inveiscono, pieni di rabbia contro
uno studente che per una volta ha la possibilità di
esprimere le proprie ragioni. Nella furia di alcuni
nostri politici c’è violenza autentica: violenza di
chi difende un proprio privilegio, di potere, di
auto blu. La verità quella vera è una verità fatta
di profondi e laceranti ingiustizie sociali.
Produrre nella legalità non è facile in questa
nostra terra! Eppure per risanare il territorio
sotto l’aspetto etico e sociale, bisogna avviare al
più presto un piano di risanamento economico,
culturale e sociale il quale dovrebbe concorrere a
fatti concreti per risanare il tutto. Ho voglia di
coerenza; ho desiderio di un futuro migliore! Basta
con la politica dell’utilitarismo condito di
edonismo! Basta con l’ipocrita e il trasformismo
delle idee!
Basta con il mercimonio
dell’intelletto! Bisogna desiderare una
politica migliore! Che non sperperi soldi a pioggia
a enti o associazioni che fanno e servono ben poco
per far crescere il paese nello sviluppo economico e
occupazionale come avviene nelle Regioni più evoluti
d’Italia, la nostra Amministrazione Comunale (con
interventi - che facciano capo all’Assessorato alle
Attività produttive, Politiche del Lavoro e
dell’Occupazione) e la Camera di Commercio,
dovrebbero veramente sostenere l’occupazione
puntando sul lavoro, sulle piccole e medie imprese,
sulla formazione, sull’accesso al credito e
incentivi alle imprese e agli imprenditori, sostegno
degli artigiani con fondi stanziati dal Comune e
dalla Camera di Commercio. Con l’obiettivo, di
sostenere concretamente il lavoro, l’occupazione e
le piccole imprese, concentrando l’attenzione sulle
difficoltà che oggi pesantemente investono gli
imprenditori, favorendo la costituzione di Fondi di
garanzia e servizi accessori al microcredito. Perché
un momento economico difficile come quello che
stiamo attraversando il capitale umano presente nel
nostro territorio, soprattutto quello più giovane,
paga il conto dell’instabilità economica.
Oggi le classi
privilegiate nel nostro scenario nazionale sono: i
politici, la chiesa, i sindacati, i patronati e le
associazioni e i tanti professionisti che operano
nel settore pubblico, come banche e strutture
ospedaliere. Per il comune cittadino e per il futuro
dei nostri giovani si crea soltanto lavoro precario
oppure gli si concede qualche miserevole “borsa di
lavoro” e niente di più! In queste circostanze
diventa decisivo cambiare percorso e puntare nello
sviluppo del lavoro stabile, nella consapevolezza
che sarà proprio il capitale umano, la leva da cui
far ripartire la competitività delle nostre imprese.
L’Amministrazione Comunale e la Camera di Commercio
hanno l’obbligo di stare vicino a chi crea lavoro, a
chi produce, a chi assume, a chi lavora, a chi fa
impresa, a chi fa innovazione e ricerca, a chi si
apre ai nuovi mercati. Basta con i miserevoli
sostegni di solo lavoro provvisorio! Oppure la
nostra sarà, per i nostri giovani, una generazione a
futuro zero, questo è il vero dramma che predomina
oggi nel nostro panorama sociale e occupazionale.
Per uscire da questa situazione penosa e risalire da
questo disagio sociale occorre…
In difesa del bene comune:
vadano via il Tiranno e i suoi
complici!
Sempre di più sembriamo ridotti in un
Paese del Terzo mondo e non solo perché aumenta la
povertà, ma soprattutto perché gli atteggiamenti dei
nostri politici rispecchiano modi di essere che non
rispondono alla realtà e ai bisogni dei cittadini.
Il malcostume della politica, ha da
tempo varcato le soglie della buona decenza: la
corruzione, il nepotismo, il clientelismo, il
parassitismo statalista si è consolidato saldamente
nei palazzi del potere. Il potere oggi, più di
prima, nella nostra classe politica non logora ma
aiuta molto quelli che comandano, ad arricchirsi
alla faccia del rispetto del mandato degli elettori!
Proprio in questi giorni, sono state lanciate
attraverso le televisioni e i giornali, le
dichiarazioni di guerra di Silvio Berlusconi contro
la Procura e i poliziotti. Berlusconi vuole al più
presto varare una riforma della giustizia e
infliggere delle punizioni esemplari contro i
sobillatori del Palazzo di Giustizia di Milano. Il
Premier ha lanciato il suo guanto di sfida alle
toghe malandrine che vorrebbero detronizzarlo.
Un’autentica dichiarazione di guerra. Berlusconi
attacca a suo dire, i Pm politicizzati e proclama
che sarà fatta al più presto una riforma della
giustizia per fermare quelli che vogliono eliminare
chi è stato democraticamente eletto. Certamente il
Popolo, non ha dato la maggioranza e il potere al
Premier per fare “il mandrillo” con le minorenni o
con donne di facile costume! Nei fatti degli ultimi
giorni, spudoratamente si sente proprio il venir
meno a qualsiasi principio di etica politica e
sociale. Confessiamocelo viviamo in una brutta
stagione! In atto, vi è una crisi dei partiti e una
mancanza di uomini capaci di trasportare il nostro
paese fuori dalla decadenza economica, sociale e
occupazionale nel quale siamo piombati in malo modo.
Vi è nel presente una crisi della classe media, una
crisi dell’etica anche sulle responsabilità pesanti
che ricadono su tutta la nostra classe politica
imperante. La maggior parte dei nostri politici con
le loro irritanti facce d’impuniti e corrotti, di
potenti e arroganti mentitori spesso sono devoti
soltanto al culto della menzogna e della poltrona.
Nei fatti concreti e reali il nostro Premier è
indagato dalla Procura di Milano per le ipotesi di
reati pesanti come quelli di “concussione” e
induzione alla “prostituzione minorile”. Un fatto
gravissimo perché frequentare prostitute, rende il
premier ricattabile e di conseguenza mette il nostro
Paese anche a rischio sicurezza. La circostanza
reale e concreta è quella che il nostro presidente
del Consiglio non sia più solo imputato in vari
processi con l’accusa di corruzione e concussione,
ma addirittura oggi è indagato con l’ipotesi di
reati di prostituzione minorile, tutto ciò rende
difficile pensare a qualcosa di moralmente più
degradante per l’intero Paese. Un Paese che
all’incirca un mese fa ha visto il nostro governo
rimanere in piedi solo perché in Parlamento alcuni
onorevoli si sono venduti probabilmente al miglior
offerente. Il nostro esecutivo politico e
istituzionale si è impegnato solo a risolvere i
problemi del Premier e non ha e non trova il tempo
necessario per occuparsi della crisi economica, così
pure degli altri reali problemi che sempre di più
ricadono pesantemente sui cittadini. Un Paese che,
con ogni probabilità, dovrà rimanere immobile ancora
per mesi di fronte ad una politica imballata
soltanto sulla difesa del capo del governo, che
dovrebbe solo avere il buon senso soltanto di
tirarsi indietro per il bene di tutti.
Per tutto questo, sarebbe opportuno
che questi politici per il bene del Paese, si
allontanino dallo scenario pubblico perché ogni
giorno che passa, si offre al mondo intero, una
cattiva immagine. La rinascita di questa nazione,
si può attuare solo attraverso l’operare dei giovani
onesti e ritengo mediocri chi manda la polizia a
sprangare i giovani, angosciati per il loro futuro,
e le donne e i bambini che sono disperati per il
loro presente. In difesa del bene comune in un paese
veramente democratico su fatti concreti, va
criticato chi difende le intromissioni del potere
politico, sulle forze dell’ordine, sui magistrati.
Ormai è giunto il momento per il bene del paese dire
basta ai collusi, ai corrotti, ai prepotenti, agli
incapaci, ai privilegiati. Sta sorgendo anche in
questo popolo di servi, la rabbia e lo sdegno contro
questa categoria di politici che si sono divorati
l’intera Italia, nella loro spaventosa ingordigia.
Si sono scagliati sul corpo di questa povera nazione
come sciacalli mai sazi, loro più dei loro amici
costruttori, loro più dei loro complici, hanno
colmato il sottosuolo dell’Italia di rifiuti
tossici: veleno che scorre come l’acqua che bevi,
come l’aria che respiri e che ti uccide lentamente.
C’è però un valore supremo al quale la politica,
deve inchinarsi ed è il rispetto della “legge”.
Nell’inchiesta sul caso “Ruby” non si tratta di
condannare o approvare il comportamento “morale” di
Silvio Berlusconi, ma di stabilire se è rispondente
o meno alla “legge”. Ciò non lo autorizza a non
presentarsi dinanzi ai giudici e a difendersi come
fanno tutti i cittadini di questo paese e
soprattutto ciò non lo autorizza a comportarsi come
un perseguitato. Non è rispondente all’etica della
responsabilità di un capo di stato. Un capo di stato
deve avere l’equilibrio di rispettare tutti i poteri
dello Stato. I giudici solo perché, fanno il loro
dovere sono politicizzati. La polizia solo perché
indaga che la “libertà” di ogni cittadino (compresa
quella del presidente del Consiglio) si svolga nel
rispetto di quella altrui, secondo Berlusconi viola
la vita privata. Bisogna che ci sia un clima di
rilancio culturale e morale della politica.
Naturalmente la politica è anche pratica quotidiana
ed è soluzione dei problemi concreti. Ma nella
politica ci devono essere spessore culturale e
moralità". Meno egoismo per raggiungere obiettivi
comuni e risolvere comuni problemi è possibile anche
tra chi viene da culture diverse o che ha
abbracciato idee contrapposte. Quando si coopera tra
persone diverse, con storie diverse, l’essenziale è
capire quali sono i problemi e gli interessi comuni.
Basta spogliarsi dello spirito di partigianeria e
talvolta anche di qualche egoismo e meschinità. Oggi
tra disagio e inquietudine dinanzi alle vicende che
si vivono in questo momento nel nostro paese, i
problemi pesano soltanto a carico del cittadino.
Oggi per risalire dalle tenebre serve moralità e
legalità sopratutto per chi ha responsabilità
pubbliche. Una responsabilità che i nostri politici
hanno di fronte alle famiglie e alle nuove
generazioni. Ammettiamolo il contratto stipulato dal
nostro Premier e dai suoi servi in campagna
elettorale nei fatti: non è stato mantenuto.
Berlusconi soprattutto si è avvalso della fiducia
degli italiani per conquistare quel potere che gli è
servito sopratutto per soddisfare i suoi vizietti ma
non per risolvere i problemi della gente.
E’ possibile
progettare una città migliore?
Una città si
sviluppa ed evolve non solo attraverso la crescita
della sua dimensione fisica, ma quando distribuisce
in modo equilibrato le sue funzioni e accresce la
quantità e la qualità dei suoi servizi e migliora la
qualità dell’ambiente urbano.
Quando ci sarà,
una maggiore attenzione e considerazione per il
nostro territorio da parte delle nostre istituzioni
Locali e Regionali? Le colline si polverizzano
giorno dopo giorno, il cimitero è in fase di
disfacimento, la città invasa dai rifiuti, le
colline che delimitano la pianura di Barcellona sono
soggette a rischio idrogeologico con continue frane
e cedimenti. Infatti, molte sono state le colline
del territorio di Barcellona che in questi ultimi
anni hanno subito gli effetti negativi
dall’erosione, ma pochi sono stati gli interventi
intrapresi. Il cimitero che fiancheggia la via
provinciale per San Paolo e Cannistrà nel tempo va
perdendo anche le lapidi. La nostra città spesso, è
invasa da cumuli di rifiuti urbani, sia per il
continuo ma legittimo sciopero degli operatori
ecologici ai quali non è corrisposto il proprio
compenso e sia perché gli autocompattatori in
servizio, sono insufficienti per liberare le strade
e i marciapiedi invasi da cumuli di rifiuti
ammassati, occorrono mezzi meccanici adatti, dei
quali spesso non c’è adeguata disponibilità. Tutto
ciò mette a rischio l'incolumità fisica di chi abita
nelle nostre zone, perché nelle strade si depositano
rifiuti urbani di vario genere, che sono dannosi
alla salute di tutti e tutto quello che si fa, è
fatto in modo marginale e non idoneo all’igiene, non
tralasciando il disagio veicolare che si viene a
creare. Nella nostra città spesso si vive in un
degrado ambientale intollerabile che ci costringe, a
respirare, vivere e muoversi, tra cumuli
d’immondizia che sono pregiudizievoli per l’ambiente
e per la nostra salute. Il traffico veicolare
cittadino spesso va in tilt, anche perché nelle
strade cittadine a coordinare la circolazione non si
vede nessun vigile, qualcuno si nota soltanto lungo
la via Roma in compagnia di qualche suo collega.
Anche il depuratore continua a non funzionare come
dovrebbe, creando, danno all’ambiente e alla nostra
salute. La zona di Cantoni continua a rimanere
degradata nell’aspetto e a danno dei cittadini che
possiedono in questi luoghi le loro abitazioni. Poca
e insufficiente è l’illuminazione sia al centro sia
in periferia a Barcellona! La gente dopo le 21
preferisce spopolare la piazza e le strade
cittadine, per paura di incontrarsi con i bulli
notturni, che in città spesso agiscono e
spadroneggiano con atti vandalici contro le persone
e cose. Lo stato di pulizia del territorio è
scadente: nelle strade, nello spazio tra il
marciapiede e la strada, nei cestini di raccolta dei
rifiuti; nelle aree dei mercati; nei parchi, nei
giardini e aree giochi bimbi; nei servizi igienici
pubblici. Le uniche due piazze edificate da recente
quella della zona antistante alla Chiesa di San
Giovanni e di Piazza Calderà ha creato e creano
giornalmente difficoltà alla circolazione e
all’attività commerciale che per loro sfortuna
operano in dette piazze. Questo per sostenere e
affermare che, quel poco che si è realizzato sino a
oggi ha creato soltanto problemi! Nel pensiero della
gente ormai c’è soltanto: assuefazione e
rassegnazione, in una città, che doveva essere
quella dei servizi, tanta sbandierata in campagna
elettorale con un apposito opuscoletto.
Il Piano Qualità
e dei Servizi del Comune, dovrebbero invece essere
finalizzati al raggiungimento costante del sistema
di erogazione dei servizi in un'ottica di
miglioramento continuo. I capisaldi del Piano
Qualità e dei Servizi del Comune, dovrebbero
considerare il cittadino al primo posto e sostenere
politiche urbanistiche “a misura di famiglia”
cercando di favorire il recupero del patrimonio
esistente per renderlo disponibile. L’arredo urbano,
non va visto solo come una forma di decoro
dell’ambiente cittadino, bensì un patrimonio al
servizio dei cittadini. Non si può disconoscere il
valore che assume un marciapiede ben tenuto e libero
da ostacoli e barriere architettoniche, fermate di
bus più sicuri e funzionali. Attuare convenzioni con
gli agricoltori, primi tutori dell’ambiente, per lo
sfalcio dell’erba lungo le strade e per la tenuta in
efficienza dei fossi, scoli e canali, attività
quest’ultima da curare con particolare attenzione al
fine di garantire un efficiente sistema di
smaltimento acque, da coniugare con il monitoraggio
continuo del sistema fognario favorendo interventi
risolutivi. A tal proposito si propone un apposito
regolamento comunale per la difesa dell’assetto
idraulico del territorio. I servizi alla famiglia,
agli anziani, all’infanzia, ai malati, ai disabili,
quelli per l’accoglienza devono diventare sempre più
centrali nel progetto di vita comune. La nostra
azione di gestione, dovrà innanzitutto, essere
orientata a promuovere un vero e proprio sistema,
integrato dai servizi sociali come motore per lo
sviluppo della città e come indice di “civiltà
sociale” partecipata. Si deve favorire quindi una
“partecipazione collettiva”, cioè chiamare ai tavoli
della programmazione le forze sociali e sindacali,
le associazioni, il volontariato con l’obiettivo
comune di leggere insieme le necessità, indicare le
priorità e scegliere le modalità organizzative più
idonee per assicurare il servizio. Come obiettivo
primario è da attribuire alla famiglia; perché
attorno alla famiglia ruota la vita dall’infanzia
alla terza età con esigenze di risposte in termini
di servizi, di soddisfacimento dei bisogni per una
qualità della vita, che assicuri anche ai più
deboli, le risposte adeguate. Sostenere la famiglia
significa, da subito, mettere in atto gli strumenti
per essere di aiuto alla maternità in modo concreto,
sostenendo i nuovi nati con servizi e con risorse da
attribuire proporzionalmente per dare di più a chi
ha minore disponibilità. Aiutare le giovani coppie
nell’acquisto della prima casa, con interventi
mirati ad esempio, la possibilità di finanziamenti
agevolati concessi grazie a convenzioni apposite
stipulate con l’Amministrazione comunale. Sviluppo
significa crescere, sviluppo significa creare le
condizioni idonee affinché l’economia esca dalla
stagnazione, sviluppo significa gettare le basi per
creare prospettive per i giovani. Promuovere una
politica fiscale e tariffaria attenta alle diverse
condizioni sia economiche sia sociali delle
famiglie, con particolare riguardo verso le famiglie
numerose, con anziani e diversamente abili. Il
futuro va pensato, progettato e governato. Allora
bisogna affrontarlo con coraggio e generosità, avere
fiducia nelle capacità intellettuali e professionali
dei giovani, offrire loro una grande opportunità di
tornare a essere protagonisti del destino della
nostra città. Promuovendo attività economiche
qualificate di ricerca, innovazione e sviluppo.
Favorendo le iniziative d’imprenditoria giovanile
nella consapevolezza che è sulla qualità che si
gioca il nostro futuro. Tutto questo è conseguibile
anche attraverso il miglioramento della qualità
urbana degli insediamenti industriali e artigianali
e la semplificazione delle procedure amministrative
non disgiunta da una politica di promozione del
territorio per attivare nuovi insediamenti. E’
necessario dare sostegno alle varie forme di filiera
agroalimentare partendo dalla promozione delle
tradizioni e delle culture alimentari del luogo, con
il coinvolgimento dei ristoranti locali in
collaborazione con la scuola. Valorizzare e
promuovere i prodotti locali per tornare a una
cultura alimentare del buono e sano consumo dei
nostri prodotti di stagione. L’obiettivo è di
educare alla consapevolezza del grande patrimonio.
di cui dispongono le nostre campagne in termini di
valore tipico delle produzioni, tradizioni, storia,
ambiente e valori umani. Coinvolgimento della scuola
per costruire laboratori formativi che guardino a
questo settore produttivo. Ogni cittadino deve
esigere da chi si candida alla guida della propria
città una proposta chiara e precisa per attuare un
“progetto per la città”. Proporre progetti per i
giovani di oggi e di domani, con persone in grado di
ripensare al passato di questa città e di metterlo a
disposizione delle generazioni future, di persone
che s’impegnino a mettersi al servizio della
comunità facendo propri i valori di partecipazione e
trasparenza che sono alla base di ogni “buona
amministrazione comunale”!
Uno dei peggiori
drammi della vita: morire di solitudine
In una modesta
abitazione di Barcellona Pozzo di Gotto, a pochi
metri dalla Chiesa di San Rocco a Nasari, viene
trovato il cadavere già in decomposizione, di
un’ottantenne Il Grande Santa, deceduta da oltre una
settimana, senza che nessuno se ne accorgesse. È uno
dei peggiori drammi della vita nel suo finire:
quello di morire in solitudine e nell'abbandono
totale. Con la triste vicenda della donna morta in
solitudine otto giorni fa, il cui cadavere è stato
ritrovato nella mattinata di mercoledì dai
carabinieri e vigili del fuoco, assistiamo come già
nel passato, alla scoperta di persone anziane morte
in solitudine e nonostante questa cruda realtà, la
politica di pensiero dei detentori del potere
istituzionale e della gente che vive in questa
città, non cambia. Perché nei molti, manca la
necessaria sensibilità verso le esigenze degli
anziani. Non è la prima volta che cadaveri di
persone sole il cui decesso è dovuto a cause
naturali, vengono scoperti nelle loro abitazioni
senza il conforto e l’assistenza di nessuno. I
servizi essenziali per tutelare gli anziani non
funzionano come dovrebbero. In questa città sta
degradando anche la solidarietà umana. Oltre le
strade dissestate, crollano gli animi e
l’edificazione dei valori sociali comuni. In tutto
questo si nota insensibilità da parte degli organi
comunali desiderosi di predisporre feste e
divertimenti che apportano alla cultura cittadina
soltanto il fatuo e nulla di più. Ancora una volta
con la morte di questa nostra concittadina, nella
nostra comunità, oltre al sindaco e gli
amministratori non esistono in tutti noi quei valori
di solidarietà. Perché prima di cercare la pagliuzza
nell'occhio dell'altro facciamoci noi un esame di
coscienza e riflettiamo quanto noi siamo disposti a
dare ed offrire agli altri senza intaccare ciò che è
già nostro! Purtroppo in questa nostra città, molto
spesso, l'egoismo ed il troppo individualismo ci
stanno allontanando l’uno dall’altro, attorno a noi
si creano delle barriere che diventano sempre più
insormontabili. A mio avviso urge nel presente,
censire le persone anziane che vivono da soli e
creare per loro a cura del nostro Comune un centro
di riposo ideale dove gli anziani possano
socializzare e siano assistiti amorevolmente con
personale adeguato, affinché quello che si è
verificato più volte e da recente a Barcellona Pozzo
di Gotto non accada più.
L’incapacità di
indignarsi!
Una nuova
stagione della trasparenza che viene giustamente
evocata è possibile? Nella nostra epoca, da un po’
di tempo, mi chiedo: perché, nonostante tutto, gli
italiani, e soprattutto i siciliani, non sono capaci
di indignarsi?
Dall'onestà discendono virtù, rettitudine e tutte
quelle qualità che noi “cittadini” vorremmo
appartenessero ai nostri ”politici”, ed anche a
coloro che detengono le leve produttive del Paese.
Il dramma politico di oggi: i nostri politici ne
combinano di tutti e di più, eppure noi cittadini
non ci indigniamo seriamente e in gran quantità!
Organizzano festini erotici, usano voli di stato per
faccende personali, sfruttano il dolore delle
persone per maligni e miseri fini elettorali, si
costruiscono le leggi su misura non curandosi del
resto del paese, rubano e difendono i ladri,
scendono a patti con la mafia e con la cricca come
se fosse una cosa normale. Mentre la nostra è una
vita che si ritrova nell’incontrollato, caotico,
traffico cittadino, nei cumuli d’immondizie, nei
disservizi, nell’indifferenza ostentata dai nostri
amministratori davanti allo sfascio delle nostre
città. Oggi si vive tra la violenza, tra
l’assistenzialismo con il quale migliaia di persone
vengono mantenute in uno stato di sottoccupazione
che mortifica loro e sottrae risorse alla comunità.
Un'Italia vuota e ambigua, costruita intorno a una
rete affaristica che cerca e trova complicità
politiche. E la stragrande maggioranza degli
italiani non reagisce. E tutto ciò è dovuto alla
svogliata remissività dei cittadini, a prendere
coscienza della disumanità del quotidiano in cui
sono immersi e di cui forse, sono anche artefici o
almeno complici. La parola onestà oggi più che mai è
una parola ormai superata, visto il desolante
spettacolo offerto dai nostri personaggi pubblici
preoccupati fino al ridicolo di curare la propria
immagine esteriore e i propri privilegi, nullamente
vogliosi di mostrare un comportamento etico e
morale. Nessuno dei politici viene costretto alle
dimissioni, a nessuno viene nemmeno imposto a
spiegare o a chiedere scusa. Tendono soltanto a
minimizzare, gli eventi negativi che la cronaca ogni
giorno sbatte in prima pagina e tutto questo
rappresenta uno schiaffo agli italiani onesti!
E se c’è una
cosa che le cronache odierne insegnano è che in
Italia contano più le relazioni che il merito. In
Italia i politici incassano e sprecano sempre di
più, mentre i sacrifici per il risanamento dei conti
pubblici li debbono fare sempre i cittadini.
Lo snodo della
questione è politico, ma affidato a una classe
politica che non solo ignora o sottovaluta la
questione morale, ma perde di vista la bussola della
politica vera e reale da perseguire per risolvere i
problemi che ci affliggono. Nella nostra società
quando si riduce la nozione stessa di bene comune,
nel nostro corpo sociale decade lo spirito pubblico
e si allentano i vincoli della legge e si spiana la
strada alla corruzione”.
Certo, in parte
è colpa, di un giornalismo patologicamente asservito
al potere, ma non può essere sola questa la
vergogna! Ci sono diversi modi per reagire alle
cronache degli ultimi giorni e al senso di
frustrazione che producono nell'opinione pubblica
indignazione e incredulità. La nostra civiltà con il
suo bagaglio di miserie e di furberie ci travolge di
fronte al marcio che è venuto e continua nel
presente a venire in superficie e a colpirci con
durezza con fenomeni di corruzione e di malcostume
nel nostro scenario pubblico. E la gente non si
indigna per tutto questo, non pensa neppure a
scendere in piazza. Va tutto bene, purché vi sia il
miraggio del denaro e del divertimento. E’
necessaria una svolta per smascherare le ipocrisie
dei nostri censori politici. Se nella vita privata
le occasioni di perdersi non mancano, nella vita
politica sono ancora più forti e frequenti. Gli
uomini politici sono quasi ogni giorno in grado di
favorire o bloccare, di ritardare o accelerare i
provvedimenti dai quali dipendono carriere e
fortune. Il loro potere discrezionale può spesso
influire su decisioni che coinvolgono interessi
immensi. All’interno di un qualunque "partito degli
onesti", dopo la conquista del potere, si formerebbe
una minoranza o addirittura una maggioranza di
malandrini. Ma chi rappresenta il governo ha solo
una strada davanti a sé: prendere molto sul serio il
racconto di un'Italia opaca e ambigua, costruita
intorno a una rete affaristica che cerca e trova
complicità politiche.
Per
costruire un sistema politico efficiente, insomma,
si deve partire dall’ipotesi che tutti gli uomini
politicamente attivi siano imperfetti, così come
sono imperfetti coloro che alla politica non si
interessano. Noi possiamo e dobbiamo cambiare il
volto della nostra città. Ma, perché ciò avvenga,
bisogna che ognuno si interroghi sulle proprie
responsabilità e coscienze. L'opinione pubblica ha
ormai perfettamente individuato l'emergenza
prioritaria nel nostro Paese: la mancanza di onestà.
La vera politica invece dovrebbe nel senso buono,
essere la risultante di un incrocio tra l’onestà e
la competenza. E’ opportuno istituire un sistema di
controlli, di premi e di punizioni. Bisogna creare
efficaci strumenti di controllo e inasprimento delle
pene per garantire in futuro un meccanismo di scelta
limpido da applicare agli appalti ed è questa
l'unica risposta politica che si può avere in queste
ore e che gli italiani si aspettano. Gli italiani
vogliono una politica pulita che ci porti a un
futuro migliore per i nostri figli. Oggi siamo in
mezzo ad una politica sporca e lo siamo da un bel
pezzo, perché la maggior parte dei politici pensa ai
propri interessi e ai propri scopi, un sistema
politico che ha raggiunto livelli di disonestà
assolutamente ingiustificabili e che lo stesso
Machiavelli avrebbe duramente condannato. E allora
diremo che il primo obiettivo delle persone perbene,
dovrebbe essere quello di introdurre, all’interno
del sistema politico italiano, quel controllo delle
opposizioni sui Governi, che finora manca. Vogliamo
una politica meno sporca, meno intrecci e più
onestà. Non dobbiamo remare all'indietro, ma darci
uno scossone e remare per la direzione giusta per
colpire con durezza i fenomeni di corruzione o
magari solo di malcostume. Più ci sarà una politica
chiara e affidabile e più migliorerà il nostro paese
e il collettivo,
perché oggi a
essere in discussione e in pericolo, vi è la stessa
coesione sociale, la tenuta della società civile, il
patto costituzionale e la stessa Unità Nazionale.
Nelle scuole
della provincia dilaga l’egoismo e lo spreco!
È necessario
investire nella scuola in maniera corretta, perché
se non si riescono a raggiungere certi risultati, un
notevole gruppo di giovani in un futuro ormai alle
porte, sarà socialmente emarginato e in numero
sempre più considerevole sarà costretto a continuare
a fuggire dalla Sicilia!
Mi chiedo: chi
paga la pubblicità televisiva dei nostri dirigenti
scolastici?
Si è
parlato tanto nei mesi scorsi di abolire gli sprechi
nelle scuole, infatti, a tal proposito è stata
varata una riforma dal Ministro Mariastella Gelmini
la quale ha soppresso soprattutto nella nostra
provincia, centinaia e migliaia di posti di lavoro
nella scuola, aumentando gli alunni per classe
proprio per diminuire i costi di incidenza economica
dei precari sui fondi scolastici. Però nella
provincia di Messina, è già da parecchi mesi che
nelle televisioni locali i dirigenti scolastici di
moltissime scuole amplificano ed esaltano la propria
immagine standosene seduti su maestose poltrone che
attraverso appositi e prolungati filmati ci vengono
proposti e riproposti nelle diverse ore della
giornata. Certamente tutto questo, non serve a dare
un apporto positivo alla formazione e
all’occupazione dei nostri giovani. Sicuramente le
televisioni private locali attraverso questi filmati
promozionali con ogni probabilità incassano parecchi
milioni di euro e silenziosamente elargiscono
servizi ad ampio raggio per incrementare le proprie
casse, ma non si pongono nessun scrupolo di pensare
da comuni e onesti cittadini se tali servizi possano
favorire o incidere in positivo nei pensieri dei
nostri giovani e della nostra collettività. Una
passerella di rappresentazioni e di filmati dove
fanno soprattutto esclusivamente sfoggio i dirigenti
scolastici. Ci sarebbe da chiedersi in tutta onestà:
questa pubblicità televisiva che utilità potrà
apportare alla formazione dei nostri giovani
studenti e nella creazione di nuovi posti di lavoro
nel nostro comprensorio? Chi ha la convenienza che
tutto ciò continui essere utilizzato per un proprio
tornaconto? Diciamocelo il consumarsi di tali
vergognosi sperperi non produce alcun utile per
salvaguardare la meritocrazia e il futuro dei nostri
giovani, ma si ripercuotono, purtroppo, soltanto in
negativo sulle tasche dei cittadini di un’intera
provincia, quando dovranno pagare le tasse alle
nostre istituzioni. Proprio qualche giorno fa i
nostri giovani
del Liceo E. Medi di
Barcellona Pozzo di Gotto hanno manifestato per
l’ennesima volta, ma questa volta davanti alla
Provincia Regionale di Messina affinché, si ponga
fine allo smembramento della scuola divisa oggi in 5
plessi diversi, in affitto e ubicata persino
all’interno di alcuni garage con notevole dispendio
di denaro per la pubblica amministrazione e a danno
rilevante per la salute dei nostri giovani. Questa
sofferenza degli alunni e dei docenti è vissuta
giornalmente ormai da anni. In mancanza di una sede
propria gli studenti e i docenti, sono costretti a
recarsi per le lezioni in ben cinque sedi diverse e
distanti tra loro.
Corre l’obbligo sostenere ed affermare a piena voce
che i sacrifici di spesa vanno sostenuti dal
Ministero, dalle Regioni, dalla Provincia e dagli
Enti Locali, adeguatamente per progetti necessari
per migliorare e edificare le strutture scolastiche
e per tutto ciò che attiene il materiale necessario
a rendere l’insegnamento più adeguato e non per
glorificare il narcisismo sfrenato ed egoistico dei
nostri dirigenti scolastici! I fondi ministeriali,
regionali e provinciali, vanno elargiti
esclusivamente per migliorare l’offerta formativa
delle nostre scuole e favorire l’occupazione dei
tanti giovani docenti precari nel settore della
scuola. Non dimentichiamoci che nell’anno in corso
una innumerevole quantità di docenti precari della
scuola, dopo tanti anni di sacrifici ha perso la
propria opportunità di lavoro! Per quanto riguarda
tutto questo sciupio di denaro pubblico, sfruttato
dai nostri dirigenti scolastici della provincia, i
sindacati e le associazioni purtroppo non hanno
intrapreso nessuna iniziativa di protesta e sdegno
per evidenziare e segnalare quanto in questi ultimi
mesi si è consumato a danno dei cittadini, degli
studenti e di tutta una categoria di lavoratori
precari della scuola. Ministro Gelmini
questo denaro preferibilmente poteva e doveva essere
speso principalmente (vista la crisi occupazionale
nel sud) per offrire maggiore opportunità lavorativa
ai tanti docenti precari della scuola che attendono
con ansia di ottenere qualche supplenza per
alleviare anche le spese sostenute nella loro sfera
familiare. Al Nord la maggior parte
delle scuole viceversa punta nella sua offerta
formativa maggiormente ad offrire ai giovani
docenti, una quantità superiore d’opportunità di
lavoro come supplenze perché le più rilevanti uscite
di spese vengono designate alle supplenze oppure a
migliorare le strutture scolastiche o per fornire
alle scuole quegli strumenti di supporto necessari
all’ammodernamento della didattica scolastica. La
scuola è il luogo dove avviene una crescita sociale,
quanto più sarà incisiva sul territorio, tanto più
avremo una società diversa nel prossimo futuro. Ecco
che urge nel presente un immediato e compartecipe
intervento del Ministro Gelmini e dei sindacati del
settore scuola a tutela di una intera categoria di
docenti precari e di studenti che vivono in questo
territorio. Ai Sindacati e al signor Ministro
Mariastella Gelmini l’invito a fare le necessarie
verifiche e i dovuti controlli, per porre fine a
tutto questo sperperamento di denaro pubblico che
viene perpetrato a danno dell’intera collettività
che vive nel nostro territorio…
Emergenza Sanità: un
legittimo sospetto…
Le azioni di
protesta eclatanti e compatte da parte dei nostri
Sindaci del comprensorio vanno fatte in ogni
circostanza e non solo in determinati casi
d’emergenza!...
I nostri
onorabili Sindaci del comprensorio, soprattutto in
tempi recenti, si sono impegnati molto ad ampliare
la propria immagine soltanto a parole, ma per quanto
riguardano i fatti concreti e reali hanno sempre
difeso e coperto le incapacità e le negligenze
perpetrate dalle nostre istituzioni regionali e
provinciali. Una provincia la nostra che già da un
decennio, ha abbandonato il nostro territorio alla
sua rovina da mare a monte con le erosioni delle
nostre spiagge e il dissesto idrogeologico del
nostro territorio montano. Un territorio il nostro,
abbandonato e trascurato per colpa di una classe
politica che ha pensato spesso solo ad abbuffarsi a
danno di un’intera comunità. Vedasi in quale
condizione è ridotta la nostra provincia a causa
delle tante emergenze che vanno dal dissesto
idrogeologico, alla cattiva gestione dei rifiuti che
ormai da lungo tempo si ripercuotono a danno di
un’intera collettività. Sprechi e privilegi, diffusi
ad ogni livello dalla nostra classe politica che
continua a creare un danno incommensurabile ad
un’intera regione. La difesa dei cittadini dai
nostri Sindaci va fatta su tutto e non soltanto per
l’emergenza sanità!...Perché questa unità di intenti
da parte dei Sindaci si è avuta solo per l’emergenza
sanità? Viene il legittimo sospetto che i nostri
Sindaci più che pensare alla salute dei cittadini,
vogliono proteggere la classe medica che in campagna
elettorale si è dimostrata sempre disponibile a
portare i voti (una volta a destra e una volta a
sinistra) a tutela esclusiva dei propri interessi
non certamente a difesa dei cittadini che ormai già
da parecchio hanno perso fiducia nelle strutture
sanitarie esistenti nel nostro territorio. Vedasi i
tanti casi di malasanità che si sono verificati
nella nostra provincia!... Diciamocelo in tutta
sincerità: se veramente si vuole pensare alla tutela
di tutti i cittadini, bisogna puntare ad ampio
raggio senza esclusione di colpi per nessun colore
politico. Con apposite riforme regionali urge
eliminare: la burocrazia, gli sprechi, i privilegi,
gli enti inutili, ed i finanziamenti che sino ad
oggi sono stati elargiti a pioggia per corsi di
formazioni, che spesso non hanno prodotto nulla di
vantaggioso e favorevole per lo sviluppo economico,
sociale ed occupazionale di un’intera collettività
che vive nel nostro territorio.
A chi
attribuire le colpe in Sicilia?
Per snellire
il sistema amministrativo, è opportuno e
necessario dare la possibilità al sistema
economico siciliano di procedere in maniera più
rapida, per dare risposte certe e più immediate
ai cittadini, senza le lungaggini burocratiche
di un sistema pubblico che sino ad oggi si è
dimostrato improduttivo.
Del
dissesto finanziario e territoriale di un’intera
Regione come la Sicilia a chi bisogna attribuire
le colpe? Le colpe degli sprechi e della elevata
burocrazia, non partono da lontano, ma si
moltiplicano e si ramificano soprattutto nel
nostro territorio ad iniziare dalla Regione per
arrivare alle Province e ai nostri Comuni. I
nostri politici regionali si sono inventate ben
27 ATO in Sicilia, le quali hanno avuto solo il
“merito” di triplicare i costi della gestione
dei rifiuti. Ciascuna delle 27 ATO Siciliane
ha un Consiglio di Amministrazione costituito da
numerose poltrone di nomina politica la cui
retribuzione in termini di indennità di carica,
possiamo definirla, ironicamente, inversamente
proporzionale alle rispettive attribuzioni di
funzioni e di compiti. Essa è spaventosamente
alta in rapporto al risultato reso ai cittadini.
Per dare un’idea dei costi politici di queste
ATO basti pensare che il solo Consiglio di
Amministrazione di ciascuna di esse, è di circa
600 mila euro annui, il che moltiplicato per
ventisette fa ben 16 milioni e duecentomila euro
l’anno. Altro che incidenza irrilevante! Gli
“ATO rifiuti” hanno prodotto soltanto enormi
disagi e danni alla collettività. Che cosa dire
ancora delle Province Siciliane che
espressamente, sono abolite dall’articolo 15 del
nostro Statuto della Regione Siciliana? Ma di
fatto, nella nostra realtà attuale in contrasto
con lo stesso nostro Statuto Regionale, alle
Province sono assegnate ancora oggi alcune
essenziali competenze pubbliche, quali la
gestione delle strade provinciali, e di alcune
scuole. Ma queste funzioni potrebbero, anzi
dovrebbero nel rispetto del nostro Statuto
Autonomistico vigente, essere svolte dai comuni
ed in parte dalla Regione. Tra l’altro, a causa
degli elevati costi della gestione delle stesse
Province, sono assorbite quasi tutte le risorse
loro assegnate per finalità spesso referenziali
e meramente organizzative. Con l’aggravante
quindi che anche quei pochi compiti
istituzionali loro assegnati, sono gestiti con
scarsissima efficacia. D’altra parte le
inefficienze Provinciali sono sotto gli occhi di
tutti: strade provinciali Siciliane devastate,
esorbitanti costi degli affitti per molti licei
scientifici, giacché le Province si dimostrano
“incapaci” di costruire idonei plessi scolastici
di proprietà pubblica. Perché allora, non si
abrogano le Province Siciliane, passando le
competenze ed il personale
tecnico-amministrativo ai Comuni, eliminando
così le annesse inutili “corazzate politiche”
Provinciali costituite dall’esercito di
consiglieri ed amministratori strapagati. Forse
perché, si ritiene trascurabile anche il
risparmio di altri circa 150 milioni annui di
sole economie derivanti dal mancato pagamento
delle indennità e prebende varie ai politici
provinciali.
In
cosa consiste l’autonomia propagandata dall’MPA
se poi di fatto il “movimento”, non difende
nemmeno, e talvolta lo disprezza persino, quello
che dovrebbe essere il vero baluardo
dell’autonomia regionale ossia lo Statuto
Speciale Regionale? E’ il caso di rammentare
agli “autonomisti” che lo Statuto Regionale
prevede espressamente, all’art. 15,
l’abrogazione in Sicilia delle Province. E cosa
dire del Maac, consorzio che si adopera
da 28 anni per far costruire il mercato
agroalimentare di Catania, continuerà a vivere?
Il quale, fino ad oggi è costato 50 milioni di
euro per quattro impiegati, mentre per ben
cinque consiglieri d’amministrazione, 170 mila
euro l’anno per l’incomodo. A Messina nel 1951,
fu creato l’Eapm, l’ente porto che si sarebbe
dovuto occupare di una zona franca. La zona
franca non è mai nata. Ma la Regione però ha
continuato ad elargire denari. Dove sono finiti?
La Cape, cinque dipendenti e altrettanti
amministratori, in tre anni ha concluso soltanto
tre progetti. Adesso si attende che i 14 milioni
di euro investiti producano qualcosa. Non è
andata meglio nemmeno con la Sicilia patrimonio
immobiliare, guidata da un presidente che
guadagna 105.794 euro l’anno. Costituita nel
2006 per dismettere palazzi ed edifici della
regione, non ha ancora venduto nemmeno un metro
quadrato. Nell’elenco ci sono anche società che
straripano di personale. La beni culturali in
Sicilia con 1.099 dipendenti gestiscono molti
siti archeologici siciliani, senza lesinare
sugli organici come dimostrano i 23 custodi
incaricati di sorvegliare Palazzo Mirto, a
Palermo. E così via. In Sicilia urge modificare
il sistema amministrativo, per eliminare le alte
incidenze burocratiche della nostra pubblica
amministrazione regionale e riordinare e
potenziare il sistema delle autonomie locali.
Anche perché, abbiamo bisogno di risparmiare
sulla spesa pubblica per destinare risorse
maggiori per lo sviluppo del nostro territorio.
Un’eccessiva burocrazia costituisce un danno per
le nostre attività economiche e produttive. Con
pochi accorgimenti si otterrebbe un grande
progresso verso il raggiungimento di un
equilibrio finanziario regionale. Il tutto
potrebbe realizzarsi senza alcuna minima
sofferenza da parte della collettività, la
quale, potrebbe addirittura godere oltre che
delle economie, persino di significativi
miglioramenti nell’efficienza dei servizi. Se
questa via sarà perseguita, la nostra Sicilia,
non dovrà aspettare molto per diventare una
delle Regioni più ricche, più avanzate e
rispettate del mondo. Ma ciò che mi preme
rilevare in particolare è che molti obiettivi
possono essere conseguiti in tempi rapidissimi e
senza chiedere il permesso a nessuno, ma
semplicemente utilizzando in maniera produttiva
ed intelligente il nostro Statuto Speciale
Regionale. Statuto che una volta tanto dovrebbe
essere utilizzato come formidabile strumento di
emancipazione economica e politica della
Sicilia, anziché come sino ad oggi è stato
sfruttato soltanto come elemento di
appesantimento e di zavorra contro ogni mirabile
iniziativa di progresso.
Occorre
demolire la Casta!
Lo sviluppo
in Italia procede a tre velocità. La “Casta”
politica fa crescere sempre di più i propri
privilegi a velocità costante, mentre
nell’Italia del Nord e nel Centro, la velocità è
media. Fanalino di coda, quasi su tutto, è il
Meridione che va a ritroso e si muove a rilento.
La
precarietà del lavoro non offre nessun futuro ai
giovani.
Oggi,
soprattutto nel meridione, la temporaneità del
lavoro è collocabile tra le emergenze etiche e
sociali, in grado di indebolire la stabilità
della società e di comprometterne seriamente il
suo futuro. L’insicurezza del lavoro non
permette ai giovani di crearsi una famiglia, con
la conseguenza che lo sviluppo autentico e
completo della società è seriamente compromesso.
La provvisorietà del lavoro frena nei giovani
l'aspirazione che essi hanno per formarsi una
famiglia. La denatalità è uno dei problemi
dell'Italia (non si fanno figli perché si ha
paura del futuro). In questa nostra epoca è
sempre più difficile l’accesso al lavoro per le
giovani generazioni: molti trovano occupazioni
precarie e sottopagate. Sono anni che le riforme
peggiorative del diritto del lavoro si
ripercuotono su tutti gli aspetti della nostra
esistenza, e non solo di quella di chi lavora:
il peso si sente sulle pensioni, sul costo della
vita, sulla possibilità di sostenere
contemporaneamente l’affitto o il mutuo e le
spese per gli studi dei propri figli, di curarsi
adeguatamente e di ricevere una retribuzione se
ci si ammala, e che fare poi se le malattie sono
complesse, lunghe e costose? C’è precarietà del
reddito, del lavoro, ma anche di qualsiasi
progetto di futuro, come decidere di lasciare i
genitori, intraprendere una vita adulta, metter
su casa, avere dei figli! Anche chi ha un posto
fisso, non sa più come arrivare a fine mese. E’
l’intero modello di società che si sta
trasformando, proiettandoci in una specie di
medioevo in cui non sono più garantiti né beni,
né diritti, né un sapere comune. Oggi ognuno
deve cavarsela come può, la cittadinanza rimane
un concetto astratto, valido solo al momento del
voto, mentre l’esercizio reale dei propri
diritti è subordinato alle esigenze di chi offre
lavoro, vende servizi, o anziché sviluppare la
rete dei trasporti e pagare chi ci lavora,
preferisce investire gli utili in bond e
intascarne i profitti. Da anni le leggi
subiscono trasformazioni in tutti i campi
riducendo sempre più i diritti delle persone: i
servizi, il sistema pensionistico, il diritto
allo studio, alla salute, gli stessi diritti
civili non sono più gli stessi di dieci o
quindici anni fa. Ma le modifiche più rilevanti
sono state fatte nel lavoro: diritto di sciopero
limitato, precariato, salari al di sotto
dell’inflazione “programmata” (vale a dire del
costo reale della vita). Questo ha cambiato in
peggio le condizioni di lavoro e di vita di
milioni di uomini e di donne. La Legge 30 del
2003 (Legge Maroni o come molti volevano, Legge
Biagi) doveva nelle intenzioni realizzare un
sistema efficace e coerente di strumenti intesi
a garantire trasparenza ed efficienza nel
mercato del lavoro e a migliorare le capacità di
inserimento professionale dei disoccupati e di
quanti sono in cerca di una prima occupazione,
con particolare riguardo alle donne e ai
giovani. I risultati della legge sono stati ben
altri: mai come in questi anni si è
intensificato il numero di lavoratori precari,
legati alle aziende da svariate e fantasiose
tipologie contrattuali. Quelli che sulla carta
si presentano come semplici "collaboratori", in
realtà nascondono veri e propri lavori
sottopagati e subordinati. Nei giovani ci sono
le risorse migliori, ma il contesto è avverso.
Non sono una generazione malata, ma è la cultura
politica e sociale degli adulti che fa sì che i
giovani siano sfiduciati. Il delicato momento
vissuto dal Paese rende ancora più forte
l'esigenza di punti di riferimento autorevoli
che i nostri politici devono intraprendere
affinché il diritto al lavoro stabile, sicuro e
dignitoso potrebbe anzi, dovrebbe essere l’unica
strada da perseguire. Per il futuro dei nostri
giovani senza un lavoro stabile, sicuro e
dignitoso diventa difficile e mera ipocrisia da
parte delle nostre istituzioni politiche parlare
di bene comune.
La elevata
pressione fiscale frena lo sviluppo e
l’occupazione
Su ciascun
italiano grava un peso tributario annuo (fatto
di sole tasse, imposte e tributi) pari a quasi
7.800 euro (precisamente 7.777 euro). In
Germania la quota pro capite, ha raggiunto i
7.052 euro. Tra i principali paesi dell’area
Euro solo la Francia sta peggio di noi. Ma si
tratta di una situazione relativa, perchè i
francesi versano una media di 8.053 euro di
tasse allo Stato, ma sono ‘ricompensati’ con una
spesa sociale pro capite pari a 10.494 euro.
Sempre in termini di spesa sociale i tedeschi
ricevono, invece, 8.972 euro pro capite l’anno,
mentre a noi italiani tra spese per la sanità,
l’istruzione e la protezione sociale si
raggiungono appena i 7.749 euro: vale a dire
circa 2.745 euro in meno della Francia e 1.223
euro in meno della Germania. Se la nostra
attenzione, invece, si sofferma sul saldo, vale
a dire sulla differenza pro capite tra quanto
riceviamo in termini di spesa e quanto versiamo
in termini di tasse, quella francese è positivo
e pari a 2.441 euro. Anche il differenziale
tedesco registra una valore positivo pari a
1.920 euro. Solo noi italiani segniamo un saldo
negativo (ovvero, sono maggiori le tasse che
versiamo di quanto ci viene restituito in
termini di spesa) pari a 28 euro pro capite.
Questo, a conti fatti, è il quadro della
situazione, quando mettiamo a confronto quanto
hanno pagato di tasse nel 2007 i cittadini di
Italia, Francia e Germania e quanto gli viene
ritornato in termini di spesa sociale. La
situazione è fortemente sconfortante perchè
dimostra ancora una volta come pur alla presenza
di un peso tributario tanto elevato, in Italia
non sono destinate risorse adeguate per la casa,
per aiutare le famiglie indigenti, i giovani, i
disabili e che vivono ai margini della società.
E’ evidente a tutti che le tasse così elevate
nel nostro Paese sono la conseguenza di una
spesa pubblica eccessiva. Non c’ è giustizia ed
equità nel continuare a pagare più degli altri
avendo in cambio servizi più scadenti in qualità
e quantità. Bisogna tagliare le intollerabili
inefficienze della Pubblica amministrazione per
ridurre le imposte e razionalizzare la spesa
pubblica così come avviene in tutti gli altri
Paesi europei.
La Casta
politica promette e non mantiene!
E’ vero che
la politica ha un costo e i cittadini devono
pagarlo, ma non c’è scritto da nessuna parte che
dobbiamo subire dai nostri politici una rapina.
Non gli basta a costoro guadagnare mediamente
255 mila euro lordi l’anno! E a noi sembra ormai
ora di mandarli a casa visto che a
rappresentarci in Parlamento ci sono 1000
persone. Ovvero quasi lo stesso numero dei
Parlamentari cinesi che però rappresentano 1
miliardo e 400 milioni di cittadini. La
Politica, oggi, è la maggiore industria del
nostro paese per fatturato e per addetti. Un
record tutto italiano che produce potere e
benessere per chi la pratica ma da poco o nulla
ai cittadini. Visto che siamo noi a pagare e
visto che è da noi che dovrebbero dipendere,
perchè non proviamo a mandarli a casa? In soli
tre anni i costi di Montecitorio sono aumentati
del 9,2% con un aggravio sulle casse pubbliche
di 92 milioni di euro. Cosa deve accadere,
perché gli italiani capiscano? Nel 2008, stando
alle previsioni del bilancio triennale, queste
spese che già hanno sfondato (prima volta) la
quota di un miliardo di euro, cresceranno ancora
fino a 1.032.670.000. per impennarsi
ulteriormente nel 2009, fino alla cifra
sbalorditiva di 1.073.755.000. In soli tre anni
i costi di Montecitorio, dopo tutto il diluvio
di belle parole spese per arginare l'irritazione
popolare, saranno aumentati del 9,2%. Con un
aggravio sulle pubbliche casse di 92 milioni di
euro in più rispetto al 2006. Dall’altra parte
l’allegra banda dei furbi e dei profittatori. Un
ceto elettorale il nostro che spesso opera, a
svantaggio di tutti i cittadini. Da noi, in
Italia, i costi della politica salgono sempre di
più. Ecco che oggi, senza se e senza ma, per
risollevare veramente le sorti del nostro futuro
e della nostra nazione per i danni causati dai
nostri politici, vi è una sola strada da
perseguire…
Le anomalie
della sanità siciliana
La Sicilia è
l’isola delle contraddizioni: con otto miliardi
di euro, è ai primi posti in Italia, per la
spesa sanitaria, ma è anche la prima Regione per
i viaggi della speranza, ed è nelle ultime file
nelle classifiche per qualità dell’offerta
sanitaria e sulle condizioni di salute dei
cittadini.
Fra
le tante stranezze della sanità siciliana, una
di queste, si continua a consumare ancora oggi
nel nostro Ospedale “Cutroni Zodda” di
Barcellona, dove erano e sono a rischio di
soppressione alcuni reparti. Precisamente
proprio in questi giorni, si è dato corso ad un
procedimento amministrativo finalizzato al
trasferimento presso il presidio ospedaliero di
Milazzo, così pure l'attività di Traumatologia
dell'ospedale di Barcellona, mentre soltanto a
Barcellona sarà assicurata soltanto un'attività
ambulatoriale. Tale decisione si evidenzia ed è
stata preannuncia già in una comunicazione
spedita ai sindacati dal Direttore Generale
Salvatore Giuffrida. Andando avanti su questo
percorso, a Barcellona non avremo più un
ospedale ma un solo e semplice polo
ambulatoriale. Una strada intrapresa dal nostro
Assessorato alla Sanità che sicuramente nella
sua rimodulazione, porterà al progressivo
depotenziamento e declassamento dell'ospedale di
Barcellona. Queste scelte causeranno una
situazione d’assistenza sanitaria sicuramente
insufficiente, considerato anche il numeroso
bacino di utenti di tutto il comprensorio di
Barcellona. In una città con un vasto bacino
d’utenti come Barcellona, sarebbe stato più
opportuno invece potenziare e regolarizzare i
reparti esistenti. A questo punto bisogna
chiedersi: cosa faranno i nostri politici
locali, regionali e nazionali per tutelare i
diritti che vengono sempre più calpestati a
danno di un’intera collettività? Quale futuro
attenderà al Cutroni Zodda?
Oggi
più che mai il cittadino comune anziano o
disabile si sente solo ed indifeso, mentre
questo Governo annuncia riduzioni alle spese, da
assegnare allo Stato Sociale, e l’Assessore alla
Sanità annuncia chiusure d’Ospedali e riduzioni
dei posti letto per sanare un bilancio Sanitario
disastroso, facendo pagare ai Cittadini e ai
Lavoratori gli sprechi commessi nel tempo dalle
nostre istituzioni sanitarie pubbliche. Il nuovo
Piano Sanitario prevede il taglio di 2700 posti
letto. Si parte da 64 strutture ospedaliere e si
prevede la riduzione delle ASL a 9, su livello
provinciale, con 20 ospedali a cui si aggiungono
i 5 delle Aziende Ospedaliere; 15 ospedali
saranno chiusi, di cui 8 riconvertiti in
residenze per anziani (pubbliche?) ed i restanti
24 saranno indeboliti. In queste nuove scelte
fatte dalla nostra Sanità Regionale, si va
perdendo il principio della solidarietà,
dell’assistenza, e si rischia di compromettere,
sempre di più, la fiducia dei Cittadini nella
Sanità Pubblica e quindi li induce a riprendere
il viaggio della speranza verso il nord, con
costi per tutta la comunità non sostenibili. Non
condividiamo e non accettiamo il nuovo Piano
Sanitario presentato dall’assessore alla Sanità,
che per rientrare da un deficit indecoroso
taglia posti letto (2.700) e chiude ospedali (
15 di cui 8 da riconvertire), facendo pagare ai
Lavoratori e ai Cittadini il prezzo più alto.
L’organizzazione sanitaria della Sicilia, nel
tempo, ha trasformato le cosiddette “aziende
ospedaliere” in macchine mangiasoldi di spese
pubbliche dove, prima che curare ed assistere
gli ammalati, si è pensato soltanto: a forniture
ben pagate per materiali spesso scadenti o
difettosi, oppure si è pensato ad arricchire
professionisti per incarichi legali che si
potevano evitare ed anche ad edificare strutture
sanitarie faraoniche o alle carriere dei nostri
Direttori Sanitari o a quelli dei Direttori
Generali. A leggere il bilancio della Regione,
la Sanità in Sicilia, pubblica e privata,
sembrerebbe che è e forse rimane, per certi
versi, un grande business con soldi spesso spesi
male.
In
Sicilia pur esistendo strutture sanitarie
d’eccellenza, non si riesce ad assicurare la
normale routine, e in modo vergognoso, si fanno
morire ragazzi spostandoli da un ospedale
all’altro, scaricando dopo le proprie colpe ad
altri. Mancano Infermieri, e i tanti di quelli
in servizio sono sottoposti a contratti di
precariato che durano ormai da decenni. Una
situazione reale e drammatica quella degli
infermieri per il loro futuro, L’Assessorato
alla Sanità non gli offre nessuna sicurezza
occupazionale, e questi sono costretti a turni
pesanti e salti di riposo e di ferie. S’investe
poco sul personale o per migliorare la qualità
assistenziale! Sulla sanità siciliana bisogna,
finalmente, parlare chiaro ed agire di
conseguenza, ognuno per la responsabilità che
gli compete, poiché se il governo ha fatto il
bello e il cattivo tempo, in tutto questo come
in altri campi, ciò è anche per la
responsabilità di un’opposizione sterile,
episodica, evanescente, e sicuramente non
all’altezza della gravità del compito affidatole
dall’elettorato. Ma si dirà in Sicilia abbiamo
strutture d’eccellenza, è lecito chiedersi: a
che serve l’eccellenza quando da noi non si
riesce ad assicurare la normale routine? D’altra
parte, l’eccellenza non è incompatibile con un
moderno sistema sanitario che per essere
efficiente e razionale dovrà essere liberato
dalle grinfie dei partiti, ma anche dai baroni
della sanità. Va riorganizzato e potenziato il
118 regionale, soprattutto tenendo conto che
questa Regione ha un movimento continuo di
turisti che dal mese di maggio a settembre
toccano sommità altissime e questo servizio deve
essere in grado di avere mezzi e strumentazioni
adeguati, personale sanitario adeguato ed una
idonea rete organizzativa tra ospedali e
territorio. Per cambiare veramente e seriamente
rotta e governare saggiamente ed adeguatamente
ai tempi di oggi la Sanità in Sicilia fa bene ad
abolire le troppe comode poltrone che sono
spesso costose e inutili. L’Assessorato alla
Sanità deve investire principalmente: sulla
sicurezza delle strutture e sulla medicina
territoriale e sul personale medico ed
infermieristico, per abbattere le liste
d’attesa, per potenziare la sanità pubblica e
riqualificare gli ospedali, anche perché oggi, a
ciascun Siciliano l’assistenza sanitaria,
confessiamocelo, costa mediamente 1514 euro
l’anno.
Una terra
martoriata
La Sicilia:
una terra flagellata non per volere divino ma
per colpa dell’egoismo e della scelleratezza
umana che nella nostra terra, impera
incontrastata su tutto. I fatti e le verità sono
manipolati per nascondere l’inferno! I mali del
nostro territorio, ci svuotano dentro come il
perpetuarsi ancora, della servitù e del feudo,
dell’incertezza del diritto e dell’impunità
costante. Un potere il nostro, che è
indifferente al bene comune.
La
nostra è una regione considerata di serie “B”:
offesa e umiliata non solo per tacito consenso
di Berlusconi, di Bossi o di Tremonti, oppure
per colpa degli Italiani delle altre Regioni, ma
la colpa esclusiva delle responsabilità è da
attribuire soltanto ai nostri uomini politici,
locali e regionali. Un accumulo di fallimenti e
d’inganni. Dove la classe politica, ha fatto e
fa il bello e il cattivo tempo tirando le fila
del potere e condannando questa terra
nell’arretratezza. Qui da noi, la politica dei
sussidi, ha rafforzato la cultura del servilismo
e della rassegnazione. Il dissesto idrogeologico
di un’intera isola che, ultimamente ha procurato
la morte di 31 persone e ha rovinato l’esistenza
di tante famiglie che gridano: che sia fatta
giustizia. Nella nostra terra l‘erosione, la
desertificazione, non nasce da oggi, ma da
decenni di violenza e di abbandono nella
manutenzione, nella cura e nella non vigilanza
adeguata del nostro territorio montano e marino.
Da noi, i fondi e i finanziamenti, sono arrivati
a pioggia, ma sono sempre stati sperperati in
maniera negativa. Una gran quantità di denaro
pubblico è arrivato nel tempo nelle casse della
nostra regione che invece di produrre opere
nuove e necessarie spesso si sono tradotte in
studi, consulenze, progetti e qualche volta le
opere non sono state neanche realizzate. Di
fronte ai nostri occhi si presenta un disastro
urbano: di cementificazione selvaggia e triste
così pure la visione di montagne, spiagge,
torrenti e saie. Da noi i lavori pubblici spesso
sono stati realizzati utilizzando materiale
scadente e durante l’esecuzione dei lavori o
nella consegna delle opere, spesso non è stato
eseguito il dovuto controllo dell’opera da parte
delle autorità preposte a tale compito. Si
osservino: le strade, le fognature e i ponti in
quali condizioni si trovano, quando vi è una
pioggia che supera il limite della normalità. Le
discariche abusive e gli incendi si moltiplicano
spesso per mancanza di controlli adeguati e pene
certe e pesanti che possano servire da
deterrente, contro di chi esercita tali atti
delinquenziali per trarne una personale utilità
economica. Un territorio il nostro dove tutto lo
sporco e i veleni, finiscono nel mare e in
montagna in dispregio della natura e della
nostra salute.
Una
Regione assente la nostra che ancora oggi, ci fa
mancare e non ci assicura neanche i servizi
primari come i trasporti, gli ospedali, la
sicurezza del territorio e le scuole sicure ecc.
ecc. Nella nostra terra di Sicilia invece, i
tagli sono fatti sempre soltanto sui servizi da
rendere ai cittadini e non per diminuire i tanti
privilegi e sprechi dei nostri burocrati
siciliani che si abbuffano a piene mani il loro
portafoglio. Nel nostro pensiero di comuni
cittadini predomina da parecchio tempo
nell’animo, la rassegnazione e la tolleranza a
tutto. La nostra terra è offesa e umiliata,
perché la nostra classe istituzionale ha mandato
in rovina per decenni un tesoro di ricchezze
naturali ed artistiche che potevano fare la
differenza con le altre regioni d’Italia e del
mondo. Un patrimonio naturale quello della
nostra isola che sicuramente, avrebbe reso ricca
la gente. Invece oggi, si naviga in un
territorio che giornalmente deve fare i conti
con una realtà drammatica dove i poteri che
contano tra arroganza e indecenza si spartisce
spesso gli utili, il profitto dei beni pubblici,
con una perenne corsa verso il denaro e dove si
odono rullare soltanto i tamburi e le trombe
della retorica per continuare ad illudere la
gente che ci vive. Qui da noi i giornali, le
televisioni locali, spesso, sono come i jukebox
basta gettonarli per comprare il loro silenzio o
per manipolare i fatti e le vicende della nostra
realtà, quella vera che brucia in ogni siciliano
onesto e che ama la propria terra. Qui da noi i
poteri opposti sia di destra sia di sinistra
spesso, si stringono la mano per sigillare un
patto per raggirare e manipolare lo Stato e i
cittadini. E’ difficile respirare aria pulita e
luce di verità, perchè vige un costante
sentimento di precarietà dove prevale
l’ingiustizia e il privilegio. E’ esercitata una
violenza che non conosce limiti e rispetto verso
la dignità del prossimo, infatti, vi sono:
ospedali fatiscenti, attività commerciali che
chiudono, campagne sempre più deserte, ma
diventa sempre più fonte quotidiana di consumi e
di miseria sociale. La Sicilia forte della sua
autonomia regionale, poteva fiorire e rinascere
nel benessere, con una politica accorta e
giudiziosa rivolta al bene comune, invece si è
fatto ben poco e si è preferito tenere la gente
sottomessa al volere dei potenti e dei
prepotenti di turno che si abbuffano a dispetto
di tutti. La Regione, le Province, i Comuni,
tendono a fare soltanto cassa e non risolvono,
di fatto, i problemi che affliggono i cittadini
già da decenni. Qui da noi si vive sommersi e
soffocati dai vecchi e dalle nuove questioni che
si aggiungono e si aggravano, a dispetto di
un’intera regione, ecco perchè ancora oggi, in
molti, viene voglia di fuggire...
Una
città che langue: Barcellona!…
Da noi
nel nostro territorio spesso si cerca di
raggirare i cittadini al solo fine di avere
un ritorno politico, per mantenersi ben
salde le proprie poltrone dorate, ma non per
risolvere i veri e gravi problemi che
avvolgono crudelmente la gente che vive
nella nostra terra del Longano.
Peggiora
su tutti i fronti Barcellona Pozzo di Gotto,
per colpa anche di una popolazione che non
comprende ( o forse non vuole rendersi
conto) di tutto ciò che accade nel nostro
territorio. Da noi mancano e non si
costruiscono soprattutto quelle opere
pubbliche che creano sviluppo, ricchezza,
occupazione. Si alternano i diversi colori
politici nell’amministrazione, ma quello che
si realizza è ben poca cosa rispetto ai
servizi doverosi che le istituzioni locali e
provinciali devono garantire ai propri
cittadini. Spesso nel completamento e nel
compimento delle azioni pubbliche emergono:
spreco, saccheggi e privilegi, in favore di
pochi e di poco conto nei confronti
dell’intera collettività. Il consenso
politico, si concretizza principalmente con
il contributo dei giornali e delle
televisioni locali, a favore dei potenti
politici di turno! Le poche opere realizzate
sino ad oggi sono state eseguite e
consegnate con difetti occulti e palesi che
danno la certezza sin d’ora di ritenere che
tali opere avranno poco durata nel tempo.
Un’amministrazione, che intende tutelare gli
interessi dei propri cittadini e che ama la
propria città, prima della consegna di tali
opere, deve vigilare e controllare, ma
questo di certo non è stato fatto, perché ai
nostri politici quando realizzano un’opera,
non interessa la durata e la qualità di tale
opera. A costoro interessa soltanto di
completare l’opera per poterla mettere in
mostra e sbandierarla alla cittadinanza, con
il supporto dei mezzi d’informazione
esistenti nel nostro territorio.
Bisognerebbe chiedersi: le nuove opere
eseguite e consegnate al godimento dei
cittadini che durata avranno nel tempo?
Purtroppo sino ad oggi le poche opere
realizzate si presentano da sole, alla
nostra intelligenza al nostro uso.
Nel
nostro territorio quest’estate l’unico
centro balneare più notorio “Centro Vacanze
Cantoni” dalla nostra amministrazione locale
è stato lasciato nel più totale abbandono
con spiagge sporche, cassonetti della
spazzatura stracolmi e con il divieto nelle
vicinanze di balneazione per colpa di un
depuratore che spesso non depura! Basta
farsi un giro lungo le vie cittadine, per
notare: strade piene di buche ed
avvallamenti, manutenzione e potatura delle
piante spesso non eseguite, spazzatura che
spesso è rimasta sulle nostre vie,
cassonetti della spazzatura mai
disinfestati, traffico veicolare cittadino
spesso in tilt. A Barcellona Pozzo di Gotto,
ammettiamolo, mancano i vigili urbani a
dirigere il traffico già da parecchio tempo
e tutto ciò, crea disagio e pericolo alla
gente che vive in città. E se per puro caso
se ne vede qualcuno, lo notiamo spesso o in
Piazza San Sebastiano oppure in Piazza
Duomo. Ma Barcellona Pozzo di Gotto non è
fatta soltanto da queste Piazze esistono
altre zone al centro ed in periferia con
traffico veicolare ad alta concentrazione
dove i vigili urbani non sono quasi mai
presenti. E che dire di sera? Vergogna
delle vergogne spesso a vigilare su tutto in
questa città a rischio come la nostra,
vediamo in servizio soltanto due vigili
urbani. Queste vergogne, diciamocelo e
confessiamocelo, sono commesse a danno di
tutti. Questa realtà non ha lasciato e non
lascia una buona immagine alla gente che
viene a visitarla! Da noi spesso nei
salotti, in città, nel nostro Comune, nella
nostra Provincia si è fatto e si fa solo
demagogia al solo fine di avere un ritorno
politico, per mantenersi ben salde le
poltrone del potere, ma non per risolvere i
veri problemi che affliggono inesorabilmente
la gente che ci vive e si fanno anche
accordi sottobanco e trasversali con
l’appoggio dell’opposizione. Accordi e patti
che sono raggiunti e stipulati, non per
risolvere e risollevare la città dal degrado
morale e sociale, ma al solo fine di
mantenere immutabile una “Pax” interna che
consente ai pochi di proliferare
indisturbati nella ricchezza e nel benessere
a danno di un’intera collettività.
Un’ipocrisia ed un egoismo incontrastato
che, domina già da anni a danno di tutti.
Una città dove la maggior parte della gente
per il quieto vivere, preferisce sottostare
accontentandosi delle sole briciole che, di
tanto in tanto, gli ingordi potentati locali
elargiscono soprattutto a chi ha saputo
umiliarsi e genuflettersi giornalmente ai
detentori del potere locale. Sono convinto
sempre di più che per sopravvivere in questa
terra gli ideali e i valori giusti non
servono a nulla, da noi i diritti non
contano, bisogna inchinarsi a qualcuno se si
vuole ottenere qualcosa, ma per fare questo
bisogna vendere la propria dignità.
Per
un futuro migliore per le nuove generazioni
è d’obbligo che la gente di questa terra
inverta rotta nel proprio modo di pensare e
che i politici modifichino il loro modo di
concepire e di fare politica. Questo
cambiamento è l’unica strada percorribile
per evitare che la dignità d’ogni cittadino
continui ad essere oltraggiata e calpestata
per come avviene giornalmente oggi. Nella
nostra contemporaneità, diciamocelo in tutta
sincerità esiste una classe politica che
spesso è: mediocre, priva d’ogni etica,
collusa e corrotta, dove spesso nella
politica non esiste la coerenza tra il dire,
il fare e il pensare. Confessiamocelo stiamo
vivendo in una società globale in cui la
crisi dell’economia ci dimostra come sia
prevalsa la logica del profitto e
nella quale l’abuso e l’arroganza e il
crimine e la violenza sono divenuti
anch’essi globali. Non basta proclamare i
diritti umani; occorre garantirli,
difenderli, renderli effettivi. Bisogna
rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e
sociale che, limitando, di fatto, la
libertà, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e, quindi, la piena
partecipazione di tutti alla vita economica,
sociale e politica. Sono convinto che
partendo dalle famiglie e dalla scuola,
l’educazione debba fondarsi proprio sul
rispetto della dignità umana, sul
riconoscere e rispettare l’onorabilità
dell’altro, specialmente i più deboli o gli
emarginati; in una parola, gli “ultimi”, i
“diversi”. Ecco che oggi l’unica strada da
seguire per la nostra salvezza, è quella di
riscattare la nostra dignità e rispettare
l’onorabilità dell’altro. Questa comunanza
d’intenti e di sentimenti se non sarà
valorizzata e potenziata dalla nostra gente
e dalle nostre istituzioni: nella nostra
terra non cambierà mai nulla e
inevitabilmente sprofonderà in un baratro
sempre più profondo, dove i giovani
continueranno a fuggire in gran quantità
dalla nostra città che non gli prospetta
nessun futuro dignitoso.
Aboliamo le Province!
Per
rimettere in sesto l’economia pubblica
locale e risanare il territorio serve un
atto di coraggio. Una prova di buona volontà
sarebbe quella di abolire gli enti pubblici
inutili e costosi, perché le Province
servono soprattutto ad avvelenare i pozzi
della finanza pubblica, lasciandosi alle
spalle spesso un bilancio disastrato.
Lo
scenario provinciale è devastante e
stravolto, infatti, la prova lampante ed
inequivocabile si è riscontrata l’undici
dicembre scorso. Molte strade, ancora oggi,
sono interrotte ed inaccessibili con lavori
che non sono né ultimati neanche iniziati
vedasi: il Capo di Milazzo, il lungomare tra
Maceo e Spinesante (strada provinciale
interrotta da circa “dieci lunghi anni”);
per non parlare delle strade provinciali di
Gala, San Paolo, Castroreale, ed altri
centri collinari della Provincia.
Per
vedere tutto ciò basta farsi una passeggiata
sui luoghi, per rendersi conto che tutta la
fascia marina e collinare tirrenica, è
degradata con situazioni di pericolo e di
disagio per la gente che vive in questi
paesi abbandonati nella propria sventura.
Milazzo, Barcellona, Terme Vigliatore,
Falcone, ed altri comuni, subiscono un danno
rilevante ancora oggi, non solo, sotto
l’aspetto dell’immagine ma anche e
soprattutto sotto il profilo economico. In
tale circostanza ambientale il turismo e
l’agricoltura che è una fonte preminente di
sostegno economico nel nostro territorio,
oggi non è supportata degnamente e
adeguatamente da chi ci governa a livello
provinciale. Da noi si fa soltanto la
politica delle parole attraverso i giornali
e le televisioni che, molto spesso, per un
proprio tornaconto, si rendono compiacenti e
genuflessi al potere politico dominante. I
fatti concreti e reali rimangono indelebili
soltanto sotto gli occhi del cittadino
comune. Con le Province si è di fronte ad un
sistema che sembra costruito apposta per
moltiplicare le esigenze dei nostri
burocrati a voler fare soltanto cassa, la
prova è che la spesa pubblica provinciale
negli ultimi anni ha continuato a crescere
per essere sciupata indisturbatamente.
Appare indispensabile un'opera di controllo
radicale del bosco e del sottobosco della
spesa pubblica: che va ridisegnato con la
potatura di tutti i rami più o meno secchi.
Si è ormai arrivati ad avere un centinaio di
province, il che significa un centinaio di
Giunte, di Consigli Provinciali, di
Prefetture, di Questure e così via, che
spende più soldi per funzioni che potrebbero
essere tranquillamente assorbite nelle
competenze degli enti comunali.
Certo
abolire questi organismi, non significa
tagliare immediatamente gli oneri
riguardanti tutto il personale che potrebbe
essere in parte assorbito a carico di comuni
o regioni, ma di sicuro significa
prosciugare in prospettiva una fonte
d’uscite altrimenti destinata,
inevitabilmente, a caricare pesi sempre
maggiori che saranno posti sul bilancio
della pubblica amministrazione. E’ arrivato
il momento di farsi sentire dai Presidenti
delle Province Regionali Siciliane perché
secondo il D.lgs. 267/2000 (Testo unico
delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali) al Consiglio Provinciale competono
l’indirizzo, il controllo politico ed
amministrativo, la programmazione e
l’approvazione degli atti d’impegno
economico finanziario”. Responsabilità non
da poco che per non rimanere sulla carta,
dovrebbe concretizzarsi tramite atti
pubblici, certificazioni, documenti. Tra
questi, assume certamente una valenza
strategica di controllo e di verifica “la
relazione semestrale” che ogni Presidente di
Provincia deve obbligatoriamente presentare
al Consiglio per una valutazione della
propria gestione. Lo stabilisce
tassativamente l’art. 210 del Testo
Coordinato delle Leggi Regionali relative
all’ordinamento degli enti locali, dal
titolo “Attribuzioni del Presidente” (già
contenuto nella legge regionale n. 9/1986
art. 34 e nella 26/1993 art. 24). Il
Presidente ogni 6 mesi presenta una
relazione scritta al Consiglio Provinciale
sullo stato d’attuazione degli atti
programmatici e sull’attività svolta. Il
Consiglio Provinciale entro dieci giorni
dalla presentazione della relazione, esprime
in seduta pubblica le proprie valutazioni.
Contrariamente soprattutto da noi, invece, i
Presidenti d’alcune Province importanti, si
rifiutano di adempiere a tale obbligo
previsto dalla legge sopra citata per
garantire al cittadino che, ogni azione
intrapresa all’interno dei “palazzi” sia
esclusivamente nell’ottica di un interesse
collettivo. Ci si rende facilmente conto di
quanto qualsiasi ruolo istituzionale sia
andato a perdere il proprio significato
originario, fuoriuscendo dai sacri binari
dettati dal nostro sistema democratico. In
quale forma di governo, infatti, chi detiene
il potere non deve rendere conto a nessuno
delle proprie scelte, nemmeno ai
rappresentanti dei cittadini? I politologi
chiamano questa circostanza “mancanza di
responsabilità”, e la considerano una delle
cinque caratteristiche dei regimi
autoritari. Mantenere in vita un Consiglio
Provinciale che senso ha, se questo non è
messo a conoscenza dalle scelte della Giunta
e non può così tutelare gli interessi della
comunità che rappresenta? Così operando le
nostre Province non fanno altro che quello
di mantenere un esagerato stipendio a quei
30, 40 o 50 consiglieri che, senza
protestare, accettano di veder ridicolizzato
il proprio ruolo a quello di semplici
spettatori della cosa pubblica. Tutti noi di
conseguenza che del mondo dei “palazzi” non
facciamo parte, da questi nostri burocrati
provinciali, ammettiamolo, siamo soltanto
considerati solo sudditi?
Un grido
nell’indifferenza
Nella nostra
terra la dignità dell’uomo comune, spesso,
rimane calpestata sotto il volere dei potenti e
dei violenti. Un accumulo di fallimenti dove la
casta politica per decenni, ha condannato questa
terra alla stagnazione. Un sottobosco fitto e
indecifrabile il nostro, fatto di tanti
interessi personali e menzogne che hanno
un’unica inevitabile conclusione: qui, da noi,
l’onestà è spesso perdente.
Saverio
Castanotto è al suo secondo avvio come
scrittore, con il libro dal titolo “L’Isola
nella bolla”, pubblicato da “Armando
Siciliano Editore” di pp. 172. Quella raccontata
dal nostro autore, con immagini aggressive e
drammatiche, è una vicenda ricca d’inquietudine
e di sfiducia. Castanotto ha una personalissima
caratteristica di creazione e di stile, che
deriva da una raggiunta e sofferta maturità di
pensiero e nelle pagine del libro, è animata da
martellanti accuse nei confronti dei potenti e
prepotenti che dimorano nella nostra terra.
Castanotto narratore nel romanzo riconosce: ”
E la solidarietà oggi consiste nell’essere
solidale con se stesso”…La droga spacciata, il
bimbo venduto e il corpo venduto, e il sesso
sfrenato e l’utero affittato e…”. Una
consapevolezza sopportata da una realtà che lo
porta a tracciare il libro, con riflessioni
d’ironia pungenti, con pessimismo cupo e
tagliente, con aperture di profonda malinconia.
La storia del Popolo siciliano bisogna
ammetterlo: è fatta da secolari ingiustizie. Il
Popolo siciliano è stato sempre sottomesso: un
tempo ai nobili, ai gabelloti, ai massari, ai
campieri, ai briganti; oggi invece, i potenti di
turno, hanno sottomesso il Popolo siciliano alla
cultura del servilismo e della rassegnazione. Lo
sviluppo economico e sociale ancora oggi, appare
deludente: un fiume di soldi che arrivano nella
nostra Sicilia spesso si polverizzano in studi,
consulenze, progetti, opere che si fanno
malamente e non si realizzano mai. Un potere
politico e criminoso il nostro, indifferente al
bene comune. Qui da noi domina l’ingiustizia e
il privilegio, dove anche i giovani si sono
presi il lusso di apparire: con grosse auto, con
il Rolex d’oro al polso o con scommesse a corse
di cavalli. In un altro passo del libro
Castanotto narratore ammette: ”
Li sento la
sera quando stanno in piazza… Andiamo al pub a
farci qualche drink o al bowling nella games
room?”
Questo è il
linguaggio delle nostre nuove generazioni! Noi
viviamo nella società dello spettacolo e
dell’immagine, dove ci siamo dentro tutti e ne
subiamo la seduzione. Ecco che il libro di
Castanotto si fa dunque ispirazione d’amore, ma
è anche di denuncia verso lo spudorato
opportunismo dei potenti della politica e del
crimine. L’autore esamina, analizza, scandaglia,
ma crede ancora nella speranza di una possibile
rinascita. Lo stile del libro è complesso e
drammatico con l’insistenza ossessiva e
ripetitiva di concetti, parole e immagini
proprio perché determinate dalle sensazioni e
dai ricordi, fatti di fumo e polvere, di silenzi
e sangue. Lo scrittore, ricorrendo alla forma
espressiva canzonatoria e attraverso soprattutto
il suo personaggio principale del libro, il
maestro Luca Zito, trae l’ispirazione
fondamentale del romanzo, calandolo su una
travagliata e appassionata angoscia morale. Il
valore di questa scrittura, è soprattutto
l’esigenza del nostro autore, è di sentire il
bisogno in questa sua seconda opera di
interrogare se stesso e riflettere sulla nostra
attuale realtà.
In
questo romanzo vi è freschezza d’invenzione nel
ritmo ossessivo e ripetitivo delle parole che
s’intrecciano nelle pagine del romanzo, ed anche
attraverso una lucida meditazione. Un conflitto
interiore che tra terra e gelo coinvolge una
bella Sicilia verdeggiante, ammantata dai miti
del passato e risonanza nello stesso tempo di
una cupa ed eterna sofferenza. Il nostro è un
dolore fatto di luci ed ombre, di vitalismo e
apatia, che sono le vere e reali contraddizioni
della storia della nostra terra. Con
quest’opera, Castanotto, dimostra di essere tra
gli autori più degni d’attenzione del nostro
attuale panorama letterario Siciliano e le sue
affermazioni sono quasi urlate nelle pagine del
libro. Il romanzo è ambientato in una Sicilia
stracarica di vinti ed emarginati dove si scopre
la parte più intima e malinconica del nostro
autore. L’isola nella bolla è un romanzo di
confessione, dove la storia raccontata, serve
solo da cornice per descrivere le vicende dei
soliti esclusi di questa nostra società che
ancora oggi, vive inchiodata alla legge del
feudo e del sopruso e c’impone le sue leggi e le
sue concezioni di vita. Nella nostra isola, non
c’è mai pace per i miseri, non c’è mai punizione
per i furfanti. Ancora oggi la Sicilia, con le
sue storie vecchie ed arcaiche, ci offre le
vecchie contraddizioni che non vanno di pari
passo con i tempi d’oggi perchè ancora non è
arrivata la vera civiltà. Tra eroismi e
infamità, tra furori e silenzi, tra sfruttamento
e liberazione, convivono le due facce della
nostra storia: quella degli oppressi e quella
degli oppressori. Qui da noi, ogni occasione di
rinascita è stata lasciata cadere e ogni slancio
popolare ha cozzato contro una muraglia
d’indifferenza. Castanotto per bocca del
personaggio principale, il maestro Zito, in una
pagina del libro avverte: “ Il Potere che
crea un sub-potere, sol per potere restare al
Potere, e si serve del sub-potere per rendere
più forte il suo Potere!”…Perché il
potere si nutre d’ignoranza… ed in tale humus
cresce la violenza, persino Abele diventa Caino
… ed il potere abbisogna di Caini! La
Mafia la vuole il Potere! Confessiamocelo
spesso ci si sente invasi dalla vergogna di
essere nati e di vivere in questa nostra isola:
vergogna per la gente che ha la pretesa di
rappresentarci, di governarci, di parlare di noi
e per noi; vergogna per non essere capaci di
fermare in modo definitivo l’arroganza dei
potenti. I poteri forti di questa nostra isola
hanno consentito lo scempio e la distruzione di
paesaggi tra i più belli del mondo. I potenti e
i prepotenti di questa nostra terra, hanno
addirittura condannato alla dispersione e al
decadimento un patrimonio d’arte e di cultura
senza eguali. Nel nostro territorio si avverte
spesso la sensazione di girare a vuoto, di
parlare nel deserto e si avverte che i mali sono
tanti e vari. Il nostro narratore, in una pagina
del libro, rileva: “Ma il male maggiore,
quello che è letale per questa terra…ha un solo
nome: rassegnazione. Noi siamo “rassegnati” da
millenni! E se qualcuno sfugge da questa norma,
quello è un visionario…, o solo un folle o un
suicida”. Nella nostra Sicilia si naviga nel
vuoto culturale, nel vuoto politico, nel gelo
dei rapporti umani, nella desolazione di un
paesaggio violentato e umiliato. Castanotto in
un’altra pagina della sua opera afferma: “E
sarà sempre terra di partenze, se qui non muta
la “mentalità”, se non buttiamo i miti del
passato nel cratere di Etna violento”. Nel
libro si percepisce l’amarezza dell’autore nel
vedere i nostri giovani migliori che hanno
voglia di fuggire e abbandonare la nostra terra.
Ma la speranza è quella che questi giovani,
devono ritornare e che insieme devono trovare il
coraggio di ribellarsi per dare un futuro
migliore alla nostra Sicilia. Lo scrittore in
un'altra pagina del suo testo confessa: ”Comunque
io, testardo, aspetto il sole! E il sole
mio…porta una falce in mano”. Se si vuole
veramente respirare, finalmente, aria di luce,
di libertà e dignità, nella nostra terra è
fondamentale un cambiamento radicale e una
pulizia generale. Per uscire dalla palude è
necessario ristabilire il principio che l’uomo
non va offeso e che la sua dignità non va
calpestata. Per frantumare la “bolla” che
avvolge ed affligge la gente di questa nostra
terra di Sicilia, incombe l’obbligo etico di
dare inizio a promuovere e perseguire il bene
comune di tutti. Questo rinnovamento culturale e
di pensiero… da noi… è possibile?
Un flusso
vulcanico
In un mondo
stracolmo di violenza, e ancor peggio,
dall'indifferenza, l’arte ha anche una sua
funzione educativa e nei suoi contenuti ci
propone ideali di libertà e autonomia, per
sottrarci dalle forze sfavorevoli che
predominano nella nostra attualità.
Nino Gentile
nasce a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1944 e
inizia la sua passione per la pittura. Sin da
ragazzo, collabora con esperti decoratori della
nostra città per poi prendere insegnamenti di
disegno e pittura da maestri del luogo. Ha
partecipato a molte collettive e ama definirsi:
"Pittore Libertario" si è ispirato ai grandi
Maestri dell'impressionismo, del cubismo sino al
neorealismo, surrealismo e alla pop art ed
infine al suo sperimentale magmatismo. L'arte
nella sua elaborazione ed esecuzione artistica
si sottopone alle sollecitazioni del
rinnovamento, individuale e sociale. Un
laborioso percorso interiore che si evidenzia
nelle sue opere, con un “motus operandi” del
nostro artista che, sicuramente, si propone un
suo fine dì ordine etico e spirituale legato al
terreno e non al Divino.
Il
suo è un viaggio indietro nel tempo che,
attraverso il pensiero, partendo dall'immagine,
lo farà accostare ad un caos primogenito di una
visione. Le suggestioni evocate dal flusso della
sua pittura, fluiscono spinti da una vigorosa
azione mentale. Nino Gentile è un artista che sa
bene che dietro ogni traccia di colore si
nasconde il soffio misterioso della creazione.
Possiede una coscienza vigile, un fervore
creativo, un impulso libertario, che sulla tela
si trasforma in apparizioni, inganni visivi, o
impercettibili abbandoni, che forse lasciano
intuire interiori tempeste emotive del nostro
artista. Il rapporto che ha con l'opera è
intimo, libero e primitivo, dove la realtà è
alterata in visioni personali, ed ogni elemento
è semplificato e modificato. Inoltre da vita a
mondi e scene che in qualche sua opera, hanno le
sembianze sceniche delle favole e dei sogni.
L'esecuzione è dunque spesso semplice e i colori
sono usati generalmente puri, con un ricco
accostamento di colori. Tutte le tecniche e gli
studi, quali quelli di prospettiva e
proporzione, passano in secondo piano rispetto
alla visione d'insieme dell'opera e al nuovo
mondo che scaturisce da un'azione creativa senza
regole e si basa soprattutto sull'esperienza e
la sperimentazione personale, forse è un
tentativo di ribellione ad ogni legame a cui
spesso porta l'accademismo.
Nell'arte
pittorica di Nino Gentile, è la pulsione libera
e libertaria che si esprime nell'artista
nell'atto del creare. In ogni sua
sperimentazione pittorica e in alcune opere, ha
la capacità di farci visualizzare sulle sue
tele, l'insorgere di un caos bollente simile ad
una colata vulcanica. Fra movimento e staticità,
fra luci e ombre, il pittore Nino Gentile
possiede nelle sue potenzialità, l’espressività
pittorica di singolari bagliori guizzanti e
vitalmente espressivi. Una sorta di azione in
movimento della sua pittura che nel tempo, sa
rigenerarsi, tramutarsi ed evolversi. Attraverso
un respiro sentimentale che egli, sa imprimere
alle sue opere. La sua è una pittura lirica ed
emozionante che non riproduce apparenze
cromatiche, ma piuttosto le armoniose diversità
di esperienze visive, le quali non propongono
reali soluzioni di pensieri trascendentali,
bensì sensazioni riferibilí solo ad una realtà
ideale, codici interpretativi di una maniera
espressiva, definita Magmatismo.
Un
grido interiore dove le superfici pittoriche,
scorrono attraverso lo spazio in pagine
decodificabilí come testimonianze soggettive o
come tracce di memoria. Sembra procedere guidato
da intuizioni che producono bagliori luminosi e
dissolvenze che, sulla tela, si dispongono in
successioni di mescolanze cromatiche, alle quali
si accompagnano zone oscure, dove lo sguardo si
rifugia nell’attesa di un possibile messaggio.
In lui si evidenziano la dosatura delle
tonalità, la distribuzione dei volumi,
sovrapposizioni di spessori, avvallamenti sulla
superficie della tela, una tecnica esecutiva del
tutto particolare, di un impasto materico e
cromatico, di una sorte di inflorescenza che
appartiene ad una natura incontrollabile. La
mescolanza di colori del magmatismo apre
infatti, porte impreviste verso luoghi dove la
forma informe assume dignità. La sua capacità
creativa é quella di una sperimentazione
volutamente variabile, dove l'unica e giusta
prospettiva, sta nella definizione della
ricchezza dei risultati visivi. Certamente egli
ha ereditato dall'action painting della scuola
americana un certo umore malinconico, ma ne ha
respinto con saggezza le minacciose malinconie
di stile americano, rivolgendosi
all'intelligenza e alla sensibilità di una
narrazione pittorica precisa, si propone come
artista di una materia comunicativa per farsi
comprendere.
Ai cantori
della rinascita
Una città
che langue Barcellona! Da mare a monte, niente
di nuovo s’intravede nel territorio del Longano.
I problemi si accavallano, si moltiplicano, si
prolungano nel tempo infinito, a dispetto dei
cittadini e di qualcuno che credeva nel
rinnovamento della città.
Tanti
bei discorsi sbandierati nelle pubbliche piazze
della città, che poi, si sono ridotti in cenere
e in fumo nella realtà del nostro tempo. Una
realtà la nostra, che inesorabilmente, si evolve
verso una triste verità che indissolubilmente è
legata al nostro presente. Mare e monte nella
più completa desolazione, non è necessario
scattare foto perché tale squallore è nel cuore
e nella mente di ognuno di noi. Strada
interrotta già da troppi anni come il lungomare
che da Spinesante porta a Terme Vigliatore e non
si sa, quando sarà riaperta. Lavori sul
lungomare iniziati e poi sospesi; e ancora oggi
non sappiamo se saranno portati a termine.
Lavori sul Lungomare che soprattutto nel centro
di Calderà dove si sta edificando l’arena, il
progettista ha dato prevalenza al cemento e non
al verde; e a lavori ultimati, dalla strada, la
visione del mare e delle barche scompariranno
dal nostro orizzonte. Gli esercenti che operano
da Calderà a Spinesante e sino a Maceo Marina di
Terme Vigliatore, hanno sopportato e continuato
a subire un danno rilevante nelle loro attività
commerciali. Ammettiamolo! Queste le circostanze
che da sole contribuiscono sin d’ora a darci una
visione dello scenario che s’intravede nel
nostro territorio marino. Buche e avvallamenti,
con lavori iniziati e tutt'oggi non portati a
termine, sono presenti anche nelle nostre
frazioni collinari. Strade rifatte al centro e
in periferia, dove le condizioni dopo qualche
mese del loro completamento sono sotto gli occhi
di tutti: con buche piccole e grandi e scolo
delle acque che al primo acquazzone, evidenziano
la loro limitatezza. Strade rifatte al centro e
in periferia che dopo qualche mese del loro
compimento, sono state nuovamente smantellate
per dare corso ad altri successivi lavori che
invece potevono e dovevano essere fatti prima.
Strade rifatte al centro ed in periferia ma la
segnaletica e l’illuminazione mancano ovunque
soprattutto nelle strade di maggior transito di
autovetture come in via del Mare dove, se non si
pone un freno alla velocità ci potrebbe scappare
ancora una volta il morto. Guardate, riflettete
e considerate gli avvenimenti e le vicende della
nostra città. Scoprirete che nel nostro paese
non solo è difficile vivere, ma anche morire.
Una
città dove ancora oggi, non si ha rispetto
nemmeno per i morti. Da anni diverse iniziative
sono state fatte anche a livello di dibattiti in
consiglio comunale sulla endemica mancanza di
loculi, ma nulla si è fatto per trovare
soluzioni o di identificare anche nelle
periferie altri luoghi utili e necessari per la
risoluzione di tale annoso problema. Tutto si è
arenato nei cassetti o negli armadi delle nostre
istituzioni locali che così facendo non hanno
risolto il problema dell’insufficienza dei
loculi; ma non so se involontariamente oppure
volontariamente tale comportamento è commesso al
solo scopo di potenziare le casse comunali e
tutto il business che fiorisce e ruota intorno a
tale problematica. La città continua a scendere
di prestigio in tutti i settori. Amare la città
con il cuore significa operare per il bene di
tutti inteso nell’interesse della gente e dei
luoghi in cui si vive. I lavori sino ad oggi
eseguiti nelle opere pubbliche, nella loro
esecuzione e ultimazione dimostrano nei fatti
che i governanti istituzionali che operano nel
Palazzo Longano non amano veramente la propria
città. Nella nostra realtà, spesso, i lavori
iniziati e completati sono eseguiti con
superficialità e in malo modo. Sulla nostra
città, se continuiamo nell’elenco delle mancanze
e inefficienze dei servizi non resi o resi in
cattiva maniera, il discorso si allungherebbe di
troppo. Ma smettiamola di continuare a prenderci
in giro. Forse è meglio non credere ai cantori
della rinascita o ai sostenitori del verbo e
della parola. Sulla materia dei servizi mi sono
voluto soffermare principalmente su quelle
manchevolezze che certamente incidono
maggiormente sulla sicurezza e sui valori
primari che un’amministrazione avveduta e
responsabile dovrebbero garantire a favore di
tutti i cittadini che vivono nella nostra città.
Mi auguro, anche se mi sembra alquanto difficile
che possa avvenire, che la classe politica nel
prossimo futuro, possa voltare veramente pagina,
per una vera e sincera svolta epocale, per il
bene di tutti e soprattutto per una vera
crescita sociale ed economica della nostra città
e dei suoi cittadini. Ma insisto nell’affermare
e ritenere in piena consapevolezza, che la
risposta che ci dovremmo dare a noi stessi, nel
presente, è una sola: Barcellona doveva essere
la città dei servizi (per come affermavano i
nostri politici locali in campagna elettorale)
invece, quali servizi ci hanno reso per la
rinascita della città sino ad oggi?...