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Santi Fugazzotto

 

Diffidate dei professionisti della politica

 

Nel 2012 destra, sinistra e centro compreso, hanno piazzato Mario Monti a Premier. Nel 2013 cosa ci si aspetta? Non è il populismo o l’antipolitica che hanno rovinato gli italiani, ma i professionisti della politica!!!

 

La cattiva politica, ha creato una notevole disaffezione tra gli elettori, che si sono  allontanati dal voto, facendo  crescere vertiginosamente la percentuale degli astensionisti nelle adunanze elettorali. Nelle elezioni politiche bisogna diffidare dei professionisti della politica, che hanno portato in miseria un’intera Nazione: L’Italia. Urge negli interessi degli Italiani, puntare sul Nuovo. La crescente distanza tra i cittadini  ed i partiti è dovuta al fatto reale e concreto che i partiti vivono in un mondo distante anni luce dai problemi reali e concreti che la gente è costretta ad affrontare giornalmente. L’astensionismo, la disaffezione alla politica nasce e si è sviluppata nel tempo, perché i politici ed i partiti sono rimasti soltanto vincolati ai propri tornaconti. La regola principale da seguire da parte dei partiti e dei nostri politici è stata quella di incassare e proteggere i propri privilegi e contributi ai partiti che hanno saputo  sperperare e dilapidare spesso per fini personali e non nell’interesse della collettività. Ma quale è  il loro progetto serio e di cambiamento (solo a parole) la loro credibilità va vista e commisurata a ritroso nel tempo. I partiti tradizionali non sono riusciti ad abolire: le assunzioni clientelari, la riduzione dei costi della politica; l’abolizione dei finanziamenti ai partiti;  la riduzione del numero dei deputati. Nella gente comune da più parti si eleva un coro unanime: bisogna diffidare dei professionisti della politica e dei partiti tradizionali.

 

L’avversario più temuto è il politico di lungo corso e di professione che continua a far viaggiare col vento in poppa le illusioni che ci ha somministrato a tutti noi remissivi e sprovveduti elettori italiani. In questa tornata elettorale, il nostro filo conduttore di guida mentale al voto,  non è da puntare ai programmi oppure ascoltare i proclami che ci vengono esposti nei pubblici comizi, ma guardare a ritroso nel passato dei nostri politici. Dobbiamo combattere contro i partiti e politici che non si sono interessati dei nostri problemi. Noi dobbiamo votare nel nostro interesse. Dobbiamo sfidare la politica e i politici tradizionali. Bisogna lanciare un monito:  state attenti con i programmi di facciata, perché non si va da nessuna parte. Bisogna dare un voto per un rinnovamento e cambiamento della nostra classe politica. Diffidate delle promesse fatte quando si è in piena campagna elettorale, è la cosa che i politici “di professione” riescono a fare meglio. E non mi riferisco a Beppe Grillo ad Antonio Ingroia, eccetera, eccetera, ma ai nostri mestieranti della politica che, con le loro promesse mai mantenute andrebbero citate in giudizio d’innanzi all’autorità giudiziaria per falsità e truffa continuata consumata a danno e nei confronti dei propri elettori e di tutto il Popolo Italiano…

 

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In Italia chi sono i maggiori responsabili della macelleria sociale?

 

I maggiori responsabili della macelleria sociale in Italia, sono soprattutto coloro che hanno piazzato nella poltrona di premier Mario Monti, perché non potevano non sapere le sue origini e la sua matrice culturale che lo tengono ben saldamente unito con i poteri economici e finanziari del nostro paese.

 

Ai nostri tanti politici (forse) preme soltanto di occupare una poltrona nelle stanze del potere. Mi auguro che i suicidi dei nostri tanti concittadini rimangano nei loro pensieri e nelle loro coscienze (sempre se gli uomini della nostra classe politica abbiano una coscienza). Solo una grazia divina ci può liberare da tanta insolenza e indifferenza che prolifera nella maggior parte degli uomini che compongono la nostra classe politica. Loro con i loro privilegi e sprechi hanno ridotto in povertà i cittadini italiani e lasciano un futuro desolante ai nostri giovani. Il debito pubblico è il risultato non solo della loro cattiva amministrazione, ma anche in conseguenza dei benefici e sperperi  che i nostri politici e burocrati si sono distribuiti nel tempo con tanta spudoratezza. Sono convinto che oggi Benedetto Croce si vergognerebbe di sentirsi Italiano.

 

Siamo arrivati alla fine di un anno dai risultati che non possiamo sottrarci do ricordare e meditare. 1. il 30% degli Italiani vive in stato di povertà  o esclusione sociale mentre il 10% possiede il 50% della ricchezza del Paese; 2. Durante il 2012,  sono nati 560 mila bambini a cui è stata consegnata in eredità un’ipoteca di 3,5 milioni di euro di debito pubblico, il più alto d’Europa. Il 7% dei minori  – pari a 720.000 – vive in povertà assoluta: 417 mila dei quali residenti al Sud. 3.  L’incidenza di povertà assoluta e’ pari al 5,2% corrispondente a 1 milione e 297 mila famiglie per un totale di 3 milioni e 415 mila individui. 4. I senza tetto in Italia sono circa 50.000. Di essi, il 62% lo è diventato dopo aver perso il lavoro, soprattutto a seguito di licenziamento o della chiusura dell’azienda dove erano impiegati (22,3%) oppure per il fallimento della propria attività (14,3%). Solo il 6,7% dei senza tetto non ha mai avuto un’occupazione. 5. Gli attuali 2,9 milioni di disoccupati rappresentano il massimo storico. Tra i giovani, il tasso di disoccupazione ha toccato il 36,5%. I precari sono 2 milioni 877 mila, il livello più alto dal terzo trimestre del 2004. I dipendenti a termine sono 2 milioni 447 mila: il dato più alto dal terzo trimestre 1993. I lavoratori part time hanno raggiunto la soglia record di 3 milioni 847 mila unità 6. Quasi 35 imprese al giorno hanno chiuso i battenti nei primi sei mesi del 2012: Si tratta di 6.321 fallimenti:oltre 1000 al mese. E dal gennaio 2009 sono complessivamente 39.159 le imprese che hanno portato i libri in tribunale. Il Prodotto Interno Lordo si è ridotto in un anno del 2,4% e i consumi di oltre il 3% mentre il debito pubblico ha superato la cifra critica dei 2000 miliardi.

 

Il presidente Giorgio Napolitano che chiede agli altri di fare i sacrifici perché non comincia a farle pure lui togliendosi e dimezzandosi tutti i compensi che percepisce e incassa ogni mese? E’ facile demandare al Popolo Italiano e soprattutto alle fasce sociali più deboli di fare sacrifici ! Personalmente sono nauseato di essere governato da questa classe politica che in conseguenza esclusiva della loro cattiva amministrazione del denaro pubblico, hanno in modo scellerato ridotto in miseria un’intera Nazione.  Per tutto questo la nostra classe politica in maggioranza si dovrebbe vergognare. Oggi nella nostra Italia non bastano più le chiacchiere ma occorre perseguire con somma urgenza, politiche d’intervento che agevolino veramente il territorio e i suoi cittadini, attraverso  uno sviluppo economico positivo per tutti. E soprattutto attraverso una reale attenzione ai problemi concreti e reali, che non possono più continuare a concretizzarsi soltanto in slogan ad effetto e promesse vane e illusorie soltanto per prendere consenso elettorale. La posta in gioco è alta e riguarda il nostro futuro e quello di centinaia di giovani che, sino a oggi, assistono indifesi alla demolizione dei residui frammenti di speranza verso un loro futuro migliore...

 

 

Elezioni regionali 2012

Nulla di nuovo nello scenario politico

 

Don Luigi Sturzo e Silvio Milazzo che, nel lontano passato furono i promotori, insieme con altri, di questa nostra autonomia siciliana. Se potessero comunicarci dall’Aldilà i loro giudizi, si rivolterebbero dalle loro tombe, per manifestarci la loro ira e la loro esecranda avversità, a tanto populismo gridato dai nostri politici soltanto col fine di continuare a incassare potere, ricchezza e poltrone!

 

A ottobre i siciliani saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo Presidente della Regione Siciliana e novanta deputati all’Assemblea Regionale. La campagna elettorale è iniziata e già si profilano le candidature di molti dei deputati uscenti e indagati dalla magistratura che senza alcun pudore e con un’incredibile faccia tosta, si ripropongono all’elettorato siciliano. Ecco che il 28 Ottobre, quando si voterà per eleggere il Presidente e l’Esecutivo della nostra Assemblea Regionale, ancora una volta, le elezioni si avvieranno con un errore di fondo che, purtroppo, ancora oggi, convive nella volontà ispiratrice delle nostre attuali norme elettorali. Ma siamo proprio sicuri che le candidature fatte dagli schieramenti politici contrapposti, rappresentino la volontà del Popolo? Il popolo siciliano non può solo lamentarsi, urlare la propria rabbia e poi riconfermare la fiducia ai sempre soliti noti che hanno ridotto la Sicilia in questo stato!  Politici che nel tempo recente hanno dimostrato tutta la loro incapacità e il loro disinteresse per le sorti della Sicilia. I siciliani devono riappropriarsi della propria identità, della propria dignità calpestata ormai da troppo tempo. In ballo c’è anche il futuro della nostra terra e dei nostri figli! In tutta franchezza: se il macellaio o il fioraio non fanno bene il loro lavoro noi, li cambiamo. Se il nostro sarto ci rovina un vestito, noi non solo non ci serviamo più delle sue prestazioni ma vogliamo anzi un risarcimento. Loro gli ex onorevoli hanno governato bene la Sicilia? La risposta è secca: no.  

 

In questa nostra terra di Sicilia, non si è riusciti e sino a oggi neanche a difendere e vigilare la nostra autonomia Regionale. Oggi è doveroso e conveniente nel nostro interesse, fare per tempo un’attenta analisi a ritroso sulla storia dei nostri candidati alle Regionali del 28 Ottobre. Oggi occorre con fermezza, non andando a votare e manifestare la nostra avversione ai nostri attuali politici e alla legge elettorale vigente. Nel nostro panorama politico nel presente (più di prima) siamo ridotti male, anche all’interno dei personaggi nuovi e dei partiti nuovi, sono riusciti al introdursi, ancora una volta nel nostro territorio, soggetti politici legati con i vecchi gruppi di potere. Non basta fare un buon comizio con parole che trasportano in alto per poi cadere in basso guardando nella nostra realtà quotidiana in qui ci ritroviamo immersi certamente per colpa anche di questi personaggi politici che ormai da troppo tempo vivacchiano e si arricchiscono sempre di più rosicchiando all’osso il popolo siciliano. I fatti contano più delle belle parole riconosciamolo non facciamoci illudere ancora una volta soltanto di parole, parole, parole. Purtroppo ancora oggi dopo una attenta analisi in profondità il nostro scenario politico siciliano che si affaccia all’orizzonte appare ancora oggi: opaco,  illusorio e ingannevole.

 

 

Come contrastare la Corruzione

 

La corruzione minaccia il prestigio e la credibilità delle istituzioni, inquina e altera gravemente l'economia, sottrae risorse destinate al bene della comunità, corrodono il senso civico e la stessa cultura democratica. La corruzione è uno  dei peggiori mali che si annida nella nostra società.

 

Non c’è troppo da meravigliarsi del malcostume e inefficienza che monopolizzano le cronache italiane. Siamo sempre stati «un paese allo sbando. Davvero la corruzione italiana si riduce a quella dei politici? Davvero in questo Paese la sfera della politica è malata e il resto della società è sano?  Non è così, con ogni evidenza. Ognuno di noi sa bene che non è così. Proprio perché la corruzione non è soltanto di natura politica ma affonda radici profondissime nel nostro corpo sociale - cosicché nella politica essa si riversa , essendo uno degli ambiti dove più facile è la sua opera - la corruzione italiana sfugge a ogni facile terapia. Abbiamo creduto che almeno per ridurne la portata bastasse mutare il sistema elettorale, o fare le privatizzazioni, o cambiare la legge sugli appalti, o finanziare i partiti in altro modo dal finanziamento diretto; o che l’esempio di «Mani pulite», potesse segnare una svolta. Invece è stato tutto inutile. La corruzione italiana appare invincibile. Rinasce di continuo.  Le tangenti continuano a girare vorticosamente anche nel privato: che dappertutto qui da noi, quando ci sono soldi in ballo, non si dà e non si fa niente per niente? Le gare d’appalto sono sempre, in misura maggiore o minore, manipolati. Riservati agli amici e ai protetti quando non direttamente truccati in un modo o nell’altro dai concorrenti con la complicità delle commissioni, e il tutto naturalmente in barba a ogni credo politico. O i tentativi a cui si dedicano incessantemente milioni di italiani di violare i regolamenti urbanistici ed edilizi in tutti i modi possibili e immaginabili (spessissimo riuscendoci grazie all’esborso di mazzette)? Il sistematico taglieggio che da noi viene praticato da quasi tutti coloro che offrono una merce o un servizio al pubblico, come le società autostradali, quelle di assicurazione, le compagnie telefoniche, le compagnie petrolifere, quelle aeree, le banche, le quali tutte possono a loro piacere fissare tariffe esagerate, imporre contratti truffaldini, balzelli supplementari, clausole capestro, sicure dell’impunità. In molti altri Paesi comportamenti del genere sono severamente sanzionati anche sul piano penale. Da noi no, sono considerati normali. L’Italia, oltre alla crisi economica, presenta un tasso allarmante di corruzione. Come affrontare questo problema? Sì, siamo al top delle classifiche mondiali dei paesi corrotti, o giù di lì. Con effetti gravissimi sulla stessa economia, perché la corruzione scoraggia gli investitori. La corruzione prospera se l’azione amministrativa è lenta, farraginosa, priva di principi certi e conosciuti. Alcuni studiosi sottolineano il rischio di penetrazione dell’economia criminale, la quale rappresenta oggi l’unica organizzazione illegale che detiene liquidità.

 

Sessanta miliardi di euro all'anno in Europa, quasi otto solo in Italia persi per inefficienza sul lavoro. Sessanta miliardi di euro all'anno in Europa, quasi otto solo in Italia: è questo il costo dell'inefficienza sul lavoro. Ai costi della politica, parzialmente ridotti dai tagli, si aggiungono quelli dell'inefficienza.  Per la politica (e c'è chi dice per la democrazia) è un momento delicato. Non a torto c'è chi afferma che l'inefficienza è uno dei costi più alti della politica (e della burocrazia). Come mai dopo oltre 30 anni di politiche pubbliche per la riforma amministrativa, siamo ancora quasi fermi al punto zero? E nella prossimità troppo accentuata tra amministrazione e politica si annida sempre il germe della corruzione. Uno dei punti critici del precedente governo è stato che, nella politica dei tagli lineari, si è lasciata la polizia senza benzina per le macchine e con organici incompleti.

 

Il nostro governo ha il compito di non far ricadere i costi della corruzione e delle bustarelle sulle tasche dei cittadini. Ora come mai serva un segnale davvero forte per contrastare il fenomeno della corruzione. Il contrasto alla corruzione deve partire sin da subito, visto che ogni giorno stanno emergendo casi nuovi e allarmanti. La prima cosa da fare è eliminare quello che è l’ambiente della corruzione amministrativa, e cioè la lentezza e macchinosità delle procedure, la poca trasparenza dell’amministrazione, il dominio incontrollato delle burocrazie. In termini di miglioramento dell'efficienza, per ottenere benefici economici anche rilevanti. Quando l'economia è incerta e il periodo difficile, come quello che stiamo vivendo, le aziende hanno solo due strade per incrementare i profitti: l'innovazione o l'efficienza. Per risollevare le proprie sorti, la politica dovrebbe riacquistare la credibilità perduta. La politica e le istituzioni possono difendere il loro ruolo democratico solo se puntano su efficienza e credibilità. Come se ne esce, con un’azione di ripristino della moralità pubblica. Che ha due componenti: una penale (i corrotti, a tutti i livelli, devono essere colpiti la seconda culturale, di dissuasione etica: e qui c’è moltissimo da lavorare. Bisogna innanzitutto bonificare la politica, che del fenomeno costituisce il campo principale. Dotando i partiti e le associazioni di precisi codici etici. I loro privilegi diventano odiosi quando i cittadini sono in condizione di sofferenza. La crisi esige e gli elettori pretendono che le istituzioni democratiche diano il massimo per contribuire a un effettivo rilancio economico e sociale.  Più che leggi nuove, mi pare occorra molta buona amministrazione. E risorse adeguate. Si deve e si può fare di più.  Inoltre si deve tenere il più possibile la politica lontana dagli affari con una legislazione seria sul conflitto di interessi, più trasparenza nel finanziamento dei partiti, verifiche vere sui bilanci dei partiti ecc. Quindi dobbiamo imporre verifiche di tempi e costi, standard medi, ispezioni, monitoraggio dell’attività degli uffici, specie di quelli a contatto con i grandi interessi. La seconda cosa da fare è ripristinare le ispezioni. Ci vuole insomma più competenza tecnica specifica, più competenti all’interno delle pubbliche amministrazioni a difesa dello Stato.

 

 

 La via da seguire per la crescita

Urge ridurre le tasse per consentire alle aziende di assumere.

 

Una via d’uscita per l’Italia è da ricercare in una profonda rinascita della politica. Sulle politiche da realizzare e sulle forze in campo, possiamo e dobbiamo cambiare direzione rispetto alle decisioni prese a Bruxelles e a Roma.

 

E’ poco condivisibile l’idea che siano i liberi professionisti, riuniti in ordini o collegi, con accesso limitato dal superamento dell’esame di abilitazione, un ostacolo alla crescita del PIL. L’eccesso di offerta, rispetto alla domanda, non crea ricchezza, bensì abbassamento indiscriminato della qualità e dei prezzi, cosa questa non proprio auspicabile, specie per certe professioni che incidono fattivamente sulla qualità della vita delle persone. Sono gli ordini professionali e i relativi iscritti, i tenutari di magnifici privilegi?  Sono una delle principali cause della nostra crisi? O dovremmo parlare di altro? Ma oggi, dopo oltre quaranta anni di folle politica liberalizzante sulla formazione, con università aperte indiscriminatamente a tutti, i “professionisti” in buona parte dei settori sopra menzionati (ad eccezione dei Notai e Farmacisti) sono diventati una moltitudine, rispetto al passato in larga parte poco preparati, e destinati ovviamente in larga misura al precariato e alla insoddisfazione perenne. I nostri governanti hanno affrontato la crisi molto tardi, in modo incerto e poco coerente.  Alla base di tutto, c’è il debito accumulato dallo Stato italiano che ha raggiunto i 1.900 miliardi di euro, cioè il 120% della ricchezza prodotta dal nostro Paese in un anno, il cosiddetto Pil. Oggi l’Italia è meno credibile ed è stata degradata dalle agenzie che valutano la capacità dei debitori di restituire i prestiti e per farsi prestare soldi deve offrire interessi sempre più alti.  Il che accresce i debiti, e si comincia a temere che non potremo pagarli.  L’Europa è sotto attacco, l’euro è in pericolo e la politica propone solo tagli alla spesa e austerità. L’Europa è sotto l’attacco della finanza, la crisi del debito pubblico ha travolto Grecia e Portogallo, investe Italia, Spagna e Francia. L’euro è in pericolo, l’Unione ha perso la rotta e la politica europea non sa dare risposte all’altezza della crisi. A Bruxelles come a Roma le politiche liberiste lasciano fare alla finanza, peggiorano le condizioni di vita, non si progetta uno sviluppo diverso e sostenibile dalle nostre aziende che sono sempre più soffocate dalle tasse. La nostra pressione fiscale e la più alta rispetto a tutti gli altri paesi Europei. Dietro l’emergenza economica a Bruxelles come a Roma  c’è  anche un problema di democrazia.  In Europa la democrazia è sempre stata debole e viene espropriata dal potere della finanza, dall’“autonomia” della Banca centrale europea, dall’asse Berlino-Parigi, le quali con le loro decisioni hanno fatto precipitare la crisi dell’euro.  In Italia la democrazia è stata devastata dal berlusconismo, indebolita da una politica dei partiti sempre più lontana dalla società, e deve ora lasciare spazio alla natura “tecnica” del governo di Mario Monti e alla regia del Presidente della Repubblica.  È crisi della democrazia anche l’attacco ai diritti e alla dignità del lavoro, non più luogo di cittadinanza e partecipazione, ma mero ingranaggio della macchina produttiva, assoggettato alle dinamiche del mercato, privo di identità e voce. Un governo il nostro non credibile e capace di imporre a tutti, in modo equo, i sacrifici necessari per ridurre il debito e riavviare l’economia.  E’ compito dello Stato creare un rapporto di fiducia con il cittadino stabilendo criteri equi per tutti.

 

In Italia purtroppo questo rapporto si è incrinato a causa dell’eccessivo ricorso ai condoni. Questo strumento è sostanzialmente un invito al cittadino a non pagare oggi le imposte dovute in attesa di poterle pagare molto meno un domani. Il condono non è uno strumento tipicamente italiano, ne fanno uso tutti i Paesi, ma la nostra anomalia è che creiamo condizioni troppo favorevoli agli evasori. È il caso dello scudo fiscale varato lo scorso anno, che consentiva di riportare in Italia capitali esportati illegalmente pagando una penale di appena il 5%. Germania e Gran Bretagna hanno adottato misure simili, ma con percentuali di penale compresi tra il 30 e il 40%.  Il modo migliore per indurre i cittadini a fare il loro dovere è quello di creare una situazione in cui convenga pagare piuttosto che non pagare le tasse. Oggi ci ritroviamo con le 3 manovre fatte dal governo tra giugno e settembre, si sono soprattutto aumentate le tasse (la parola più esatta sarebbe “tributi”, che comprendono tasse e imposte): ticket sanitari, aumenti dell’Iva, tassa sulla benzina, sui giochi, eliminazione delle agevolazioni fiscali. Risultato: si preleverà una percentuale record, il 44,5% dei redditi degli italiani e il dato potrebbe crescere fino al 48% nel 2014. Troppo? Mentre i Paesi occidentali, nel decennio 2001-2010 sono cresciuti in media dell’1,5%, l’economia italiana si è contratta dello 0,3 - 0,4%. Peggio di Grecia e Portogallo. Per le difficoltà della produttività in Italia come superarle, è necessario più spesa pubblica e investimenti non speculativi, distribuzione del reddito ed esportazioni. Far crescere la spesa pubblica, in particolare, per le infrastrutture, porre le condizioni affinché vi siano investimenti da parte degli imprenditori in attività non speculative, favorire le esportazioni del made in Italy, proteggendolo con accordi internazionali. Per far ripartire la crescita è necessario migliorare il sistema fiscale, contributivo e degli ammortizzatori sociali per sostenere la domanda interna. Ma bisogna anche, dal lato dell'offerta, varare una vera e propria strategia di sviluppo dell'economia, qualcosa di più profondo di una semplice politica industriale, per migliorare la competitività delle esportazioni e la sostituibilità delle importazioni, altrimenti l'aumento della domanda interna si tradurrà in un accentuato squilibrio esterno e in un ulteriore aggravamento finanziario. Come si stimola la crescita?  Con la riduzione delle tasse sul lavoro (quelle che colpiscono imprese e lavoratori), il ripristino della concorrenza e la lotta ai cartelli (società di uno stesso settore produttivo che si mettono d’accordo per non farsi concorrenza sui prezzi). Mentre tassare il lavoro, significa ridurre ulteriormente i redditi delle famiglie e scoraggiare la loro capacità di acquisto.  Poi la lotta all’evasione fiscale, alla corruzione e alle mafie che taglieggiano sia lo Stato (ad esempio vincendo con l’inganno appalti gonfiati) per dirottare alle organizzazioni criminali fondi statali, cioè dei cittadini. Eliminando l’evasione fiscale, la corruzione e abolendo le varie caste si ridurrebbe drasticamente il deficit annuale dello Stato e questo risolverebbe molti problemi della crisi. Una strada importante da seguire è anche il rilancio della ricerca e dell’istruzione, perché, sia pure in tempi non immediati, la ricerca crea innovazione e l’innovazione crea ricchezza, come dimostrano le tecnologie che hanno trainato la crescita economica mondiale negli ultimi decenni.

 

 

Ponte di Caldera: oltre il danno la beffa!

 

Attraverso voci provenienti dalla Francia e che giungono a Barcellona per poi approdare a Messina un’amara beffa è stata servita alla popolazione di Calderà. Ecco che oggi, si accresce sempre di più la rabbia. Soprattutto da parte di chi vive tutto l’anno sempre in questa nostra cittadina e non ha la possibilità di andare via neanche per qualche giorno ed è costretto a sentire sempre le stesse chiacchiere. Il ponte provvisorio di Calderà non è ancora utilizzabile e la stagione estiva sta per finire. Il danno all’economia locale di Calderà ormai è stato consumato!  I tempi di consegna dell’opera erano fissati prima per giugno, dopo si è detto per luglio, ma come spesso accade (nelle nostre zone) quando si tratta di lavori pubblici, le opere per il suo completamento si allungano anche per colpa delle nostre istituzioni locali e provinciali. Diciamocelo in tutta sincerità: il ponte provvisorio è costato 250 mila euro e costerà alla Provincia circa 100 mila euro l’anno. Tale spesa avrebbe avuto un senso nel periodo estivo e sarebbe servito a ridurre il disagio di chi doveva spostarsi lungo la litoranea. Aprire il ponte provvisorio oggi diventa quasi inutile è uno spreco di denaro prelevato alla fonte (da pensioni e stipendi) ai contribuenti messinesi. Ecco che non bisogna temporeggiare oltre. Occorre e urge invece, ricostruire (in tempi brevi) un ponte definitivo a tutela degli interessi dell’intera cittadinanza che vive nel nostro territorio e che pur troppo ancora oggi, continua a essere considerato un umile servitore del feudatario di turno.

 

 

Il sindaco che vorrei!...

 

Sul ruolo assunto in questa città e sul lavoro svolto in tutti questi anni dai nostri politici locali, mi sento in dovere di ricordare in occasione di queste amministrative, quali dovrebbero essere le linee fondamentali di un sindaco che realmente dovrebbe operare per il bene della collettività.

 

Ritengo indispensabile che coloro che andranno ad amministrare il bene comune di Barcellona, dovranno dimostrare un’attitudine al servizio della città e non un’inclinazione a servirsi della città per interessi personali, di qualunque natura essi siano: malaffare, interessi economici, di potere, protagonismo, e simili. Sembrerebbe qualcosa di scontato quello che sopra si richiede, ma purtroppo in questa città è stato realizzato poco e niente dai nostri amministratori. Allora chi appare essere anche minimamente portatore d'interessi propri e non finalizzati unicamente al bene collettivo, non può e non dovrebbe assolutamente accedere alle poltrone di Palazzo Longano. Noi cittadini, non possiamo ancora una volta affidare i nostri soldi, il nostro territorio, ambiente, risorse, servizi, beni culturali, e tutto ciò che ci necessita a qualcuno che li utilizzi a vantaggio suo o di pochi, perché questo certamente va contro noi stessi e la collettività cui apparteniamo.  IL nuovo Sindaco deve essere consapevole, che Barcellona è in totale disastro, sia sociale, economico e culturale per un male, chiamato “tornaconto personale”, di cui i tanti sono affetti a vari livelli. Da questo male non si può certamente guarire se non si restituisce la fiducia ai cittadini, per raggiungere un bene collettivo che possa assicurare un bene sociale, economico, ambientale e culturale. Il nuovo eletto, deve essere capace di saper creare le condizioni istituzionali valide in modo che, anche i cittadini possono dare un contributo per la rinascita della nostra città. Al ballottaggio del 20 e 21 maggio che decreterà il nuovo Sindaco tra i candidati prescelti non ho alcuna certezza se posseggano pienamente questi requisiti, ma quello che è certo nel prossimo futuro solo chi agirà in piena autonomia e con l’ausilio dei cittadini potrà essere un buon Sindaco e sono sicuro che su questa retta via, la città di Barcellona potrà rinascere e avere un futuro migliore, diversamente questa città continuerà a degradarsi e i nostri giovani saranno costretti ad emigrare per conquistarsi un futuro migliore.

 

 

Dov’è la città dei servizi?...

 

Barcellona affonda sempre di più nel decadimento non solo di pensiero politico ma anche ambientale: polvere, emergenza rifiuti, strade danneggiate e collegamenti stradali interrotti (vedi il ponte di Calderà). Tutto questo nella realtà dei fatti concreti continua a incidere fortemente in negativo sulle attività commerciali del nostro territorio. Oltre il danno la beffa: Le primarie sia di sinistra, sia di destra e centro compreso sono un ulteriore inganno e servono ben poco per risolvere i veri problemi che ormai da troppo tempo affliggono la nostra città.  Nella realtà dei fatti concreti, se non cambia il pensiero di concepire la città come un bene di tutti: le parole, i discorsi illusori e ingannevoli, servono ben poco.  La città se si ama veramente con il cuore i problemi vanno risolti prontamente: Vigilando e operando a tutela esclusiva di ogni cittadino che vive e opera nella nostra città. Purtroppo nella realtà, sino a oggi, i partiti e i politici di Barcellona hanno principalmente lavorato nell’interesse di se stessi e del proprio partito!  La realtà vera dei nostri giorni è quella che le aziende e le attività commerciali di Barcellona oltre ad essere tartassati dal nostro governo nazionale, regionale e locale dall’eccessiva pressione fiscale (la più alta rispetto a quella di tutti gli altri paesi europei), sono costrette anche a esercitare la loro attività in tale degrado ambientale. Gli altri discorsi o parole dette attraverso le televisioni locali, sono soltanto chiacchiere e favole raccontate soltanto per accrescere la propria immagine politica mentre la realtà quella vera è sotto gli occhi di tutti!  Ai politici si rivolge un accorato appello: se vogliamo veramente il bene della nostra città, dalle parole urge passare ai fatti concreti affinché Barcellona possa trovare finalmente il giusto percorso per risollevarsi dal fango e ritornare a rinascere…

 

 

Un accorato appello ai nostri Amministratori

 

Per sviluppare la crescita economica del Paese, i lavori a rilento ormai da troppo tempo, in Piazza Convento e in altre zone della nostra cittadina: sono altamente negativi e recano danno ai cittadini e ai commercianti che operano con difficoltà nella nostra città.  Le vie di accesso in tali zone contribuiscono in negativo e in modo incisivo non solo sulla circolazione delle autovetture, ma soprattutto sulla nostra economia locale. Tale caos nella circolazione non è più tollerabile! Si chiede ai nostri amministratori locali a intervenire prontamente per sanare tale irregolarità. Oggi i cittadini ed i commercianti si ritrovano a sopportare con considerevole difficoltà, non solo la crisi dovuta all’elevata pressione fiscale imposta dai nostri governanti nazionali, ma si ritrovano a sopportare anche le difficoltà, causate per esclusiva colpa delle nostre istituzioni locali. Le nostre istituzioni locali, devono vigilare adeguatamente sull’andamento di tali lavori che già da troppo tempo proseguono a rilento con conseguente ulteriore danno  posto soltanto a totale carico dei cittadini e dei commercianti che svolgono la loro attività in Piazza Convento e nelle altre zone della nostra città. Tali lavori vanno eseguiti prontamente e con somma urgenza soprattutto perché ricadono all’interno del territorio urbano e il loro prolungarsi nel tempo influisce ed influirà sempre più pesantemente non solo sull’incolumità dei nostri cittadini ma anche con un particolare svantaggio sull’economia delle nostre piccole imprese e aziende che operano nella nostra città.

 

 

Caro Presidente il posto fisso non è monotonia!...

 

A che futuro va incontro un Paese che non riesce ad assicurare un futuro ai suoi ragazzi? Io vedo ancora un forte allontanamento dalla realtà da parte di chi dovrebbe occuparsi di fare le riforme che servono ai giovani.

 

In Mario Monti si denota una scarsa comprensione dell’esperienza quotidiana di vita dei giovani, soprattutto quelli precari. La monotonia non deriva dal lavorare in modo stabile e continuativo, ma nel non poter scegliere che lavoro fare. Servono regole moderne, ma non priviamo i giovani di certezze! Il  leggendario humor inglese di Mario Monti questa volta è risultato piuttosto fuori luogo! anche perché la battuta segue di poche ore la pubblicazione dei dati Istat sulla disoccupazione nel nostro Paese ed a guardare le cifre c’è davvero poco da scherzare.  In pratica, 1 su 3 non ha mai lavorato o se lo ha fatto è già di nuovo a casa, mentre in 4 milioni hanno smesso sia di studiare che di cercarsi un’occupazione. Secondo i dati Istat 8 ragazzi su 10 hanno perso il lavoro nel 2011 e vivono in famiglia, ma è evidente che la capacità dei genitori di surrogare a un sistema di welfare che non esiste non può durare in eterno. L’Istat dice anche che 4 milioni di giovani, non studiano né lavorano. Quale sarà la conseguenza?

 

E’ “monotona” l’idea di aspirare a un lavoro fisso? Per non continuare, anche a 30-40 anni, a gravare sulla propria famiglia d’origine? Assolutamente no. E non lo è anche alla luce del fatto, che molti giovani che non possono contare su questa rete protettiva di ultima istanza rappresentata in Italia dalla famiglia, diventano i cosiddetti “nuovi poveri”. Sono aumentati in modo esponenziale i ragazzi ospiti del dormitorio pubblico, ci sono finiti da precari senza una famiglia alle spalle. Si perde il lavoro, non si hanno indennità di disoccupazione e ci si ritrova senza  soldi per pagare l’affitto. Cosa succederà, quando anche nelle famiglie che invece i figli li aiutano finiranno i soldi? Niente mutuo se sei precario, niente finanziamento per un'auto senza la garanzia dei genitori, nessuna considerazione finché non trovi un posto a tempo indeterminato. Per non parlare di quanto sia poco stimolante accedere a un mutuo per l’acquisto di una casa, senza dover trascinare i propri genitori in banca a far da garanti con le loro pensioni. E noia vedersi accreditare lo stipendio puntualmente ogni fine mese? Ricevere la tredicesima e magari anche la quattordicesima, poter rimanere a casa ogni volta che si è ammalati?

 

I nostri giovani hanno il diritto e il dovere di chiedere a nostri politici, di non essere privati ad un futuro migliore! Io se fossi un giovane disoccupato, gradirei davvero sentirmi un po’ monotono, con una retribuzione fissa e dignitosa e con una continuità lavorativa che mi permetta di programmare serenamente il mio futuro! Caro Presidente, più che pensare alla monotonia di un posto fisso sempre lo stesso e sempre uguale, preoccupiamoci invece dell’insostenibilità di un lavoro instabile, sempre precario e sempre incerto. Talmente discontinuo da risultare monotono. A differenza dei politici che nel tempo non sono riusciti a incrementare il lavoro per i nostri giovani, come tecnico signor Presidente, si impegni veramente affinché i nostri giovani possano sperare in un futuro più dignitoso.

 

 

Il danno lo subisce il Popolo Siciliano!

 

La protesta non da onore e merito ai lavoratori siciliani. La Sicilia piegata dallo sciopero degli autotrasportatori è in ginocchio, scarseggiano i viveri e vengono al pettine nodi irrisolti da mezzo secolo.  Il malcontento monta sempre di più, la miccia rischia di esplodere.. La protesta promossa dal movimento 'Forza d'urto', del quale fanno parte, tra gli altri, l'Aias e il Movimento dei Forconi, contro le politiche del governo nazionale in materia di accise sui carburanti per il trasporto e sulla mancanza di aiuti all'agricoltura. Certo è che la protesta degli agricoltori del movimento dei Forconi, pescatori, camionisti, il movimento politico Forza D'Urto, ha già avuto un primo effetto: paralizzare tutti i comparti produttivi della Sicilia, fermare il rifornimento di benzina causando la chiusura di tutte le pompe, rendere difficile il rifornimento dei supermercati dove le scorte stanno quasi per finire. Le prime stime dei danni arrivano da Confindustria Palermo: dalla manifattura alla chimica, dal legno all'agroalimentare, dalla meccanica al tessile fino ai servizi, si registra un calo della produzione del 70% e una flessione sensibile intorno al 30% è segnalata dalle industrie del settore turistico. Sempre più imprese stanno comunicando le procedure di cassa integrazione per il proprio personale. A questo punto viene spontaneo chiedersi: tale protesta fa onore e merito ai lavoratori siciliani, quando il danno di tale protesta lo subisce soltanto la gente comune che purtroppo vive in questa desolata isola? La protesta è legittima nelle motivazioni, ma non andava e non va fatta a danno dei cittadini, ma rivolta (con altri mezzi di contestazione) unicamente contro chi ci governa nei palazzi del potere dorato di Roma e di Palermo.

 

 

Al danno si aggiunge la beffa

Nella manovra di Mario Monti manca l’equità

 

La situazione economica del Paese e dell'Europa è davvero drammatica, siamo a un rischio fallimento! ma proprio per questo, accanto al rigore e sacrifici necessari, c'è bisogno di una vera equità!

 

La povera gente da questa manovra sarà massacrata e soprattutto il cittadino del ceto medio sarà ancora oggi la vacca da mungere. Questa manovra è una musica già sentita negli ultimi 40 anni, ci dicono che servono sacrifici e che i conti saranno sanati. Dal 1986 a oggi, abbiamo avuto una manovra l’anno e il debito pubblico non è stato mai sanato, perché le manovre quando non toccano i sacrifici di tutti non servono a nulla! Mettere in campo una manovra centrata su un aumento di tasse, in un Paese che già vanta il triste record della pressione fiscale, è un errore drammatico, e avrà solo un effetto depressivo e recessivo, con gravi conseguenze per le famiglie e le imprese.  Non è questo ciò di cui l'Italia ha bisogno perché, questa manovra ricolma massimamente di tasse e imposte, è priva di misure per lo sviluppo. E’ troppo facile far quadrare i conti pubblici tartassando soltanto poveri cittadini. Sulle pensioni, settore che ha già pagato prezzi salati negli anni precedenti, non può gravare il peso prevalente. Il concertato disposto di allungamento dell'età per ottenere l'assegno della pensione, penalizzazioni per chi non ha almeno 63 anni di età e la notevole decurtazione delle indicizzazioni che fa salve soltanto le pensioni minime, colpisce in modo pesante e indistinto soprattutto le pensioni medie basse. La decisione di reintrodurre l'Ici sulla prima casa, soprattutto quando è l'unica, gli aumenti dell'Irpef, diciamocelo non saranno solo quelli usciti dal governo perché anche Comuni e Regioni potranno modificarne i parametri. E per rendersi conto degli effetti reali sulle famiglie italiane, non bisogna dimenticare quanto già deciso e varato dal governo Berlusconi in termini di aumento sulla benzina, reintroduzione di ticket sanitari, oltre al peso delle bollette energetiche ci portano: a una batosta da 2.458 euro l'anno. All'Italia servono tagli sulla spesa pubblica, non nuove tasse. Eppure neanche il Governo Monti ha deciso in questo senso, ritengo che alcune delle misure possano essere modificate. Penso al blocco dell'indicizzazione delle pensioni che rischia di avere conseguenze gravi, ed anche ad una più rigorosa tracciabilità del denaro. E più in generale bisogna dare segnali chiari che a pagare sia chi ha di più, non tanto chi già paga le tasse ma chi fino a oggi non le ha pagate, intervenendo sui grandi patrimoni. I sacrifici che sono richiesti debbano essere ripartiti con maggiore equilibrio e maggiore attenzione alle condizioni reali delle famiglie. Il rigore non è a senso unico. Ben poco si vede sul fronte della lotta all'evasione fiscale, e ben poco sarebbe previsto per tassare non il lavoro ma i patrimoni e le rendite finanziarie. Così come non si può ritenere credibile che lo stimolo alla crescita risieda nella diminuzione dell'Irap, nella liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi, nel credito d'imposta sulla ricerca o sul 55% per l'efficienza energetica. Si tratta di briciole davanti alle stime dell'Ocse sull'Italia che prevedono una recessione già nel 2012. La gente attende dei correttivi e che nella manovra, ci sia un indispensabile equilibrio degli interventi. Monti deve seguire due cardini importanti: equità e sviluppo, quindi tutela della fasce più deboli e rilancio del settore delle piccole e medie imprese, altrimenti il rischio è di non riagganciare l'Italia al treno del superamento della crisi e a quello della crescita, con il conseguente drammatico urto contro il muro della recessione.  La manovra per essere veramente equa deve contenere grandi elementi di discontinuità rispetto al recente passato. Proporre misure urgenti, per tagliare gli enormi sprechi dell'apparato statale e  per dare una nettissima sforbiciata ai costi della politica. La priorità della manovra deve puntare anche e soprattutto a una serrata lotta all'evasione, elemento essenziale di giustizia sociale e riequilibrio economico. Nella manovra non c'è nessuna misura a favore delle imprese, soprattutto quando hanno bisogno di un sostegno per attraversare un periodo limitato di crisi. Invece la manovra di Mario Monti è incompleta e sbilanciata ed è ingannevole. Rigore, equità e crescita sono i tre principi che Mario Monti aveva indicato quali pilastri su cui basare le scelte di politica economica. Nella manovra varata dal suo governo c’è molto rigore, forse troppo. Manca l’equità. E soprattutto pochissima crescita. Il pareggio di bilancio verrà raggiunto solo se la manovra non avrà effetti recessivi, sulla qual cosa è legittimo nutrire non pochi dubbi. Viene da domandarsi se era utile immolarsi sul pareggio di bilancio nel 2013, che l’Europa non ci ha mai chiesto, e non valesse invece la pena di puntare su tagli alla spesa che avrebbero avuto effetti più diluiti nel tempo, ma più consistenti di quelli previsti e mirati ad accrescere il potenziale di crescita della nostra economia, in linea con quanto i mercati ci chiedono da tempo. Rimborsi elettorali ai partiti, il taglio che Monti ha dimenticato! Il compenso che i partiti ricevono per il voto di ogni potenziale elettore - circa 5 euro a testa - sono il vero taglio che il nuovo governo dovrebbe decidere per dare il buon esempio. Vitalizi e numero dei parlamentari, infatti, sono poca cosa rispetto a quanto ricevono i partiti (anche quelli che non entrano in parlamento), ad ogni tornata elettorale. Nel 2006 sono stati versati ai partiti 200milioni 819mila 044 euro: 200.819.044 euro, per dirla in cifre. Cresciuti nel 2007 di altri tre milioni di euro. Partiti che in molti casi alle ultime elezioni non sono neanche entrati in Parlamento o che - addirittura hanno solo cambiato nome. Tra tanti tagli, dunque, ne manca uno che avrebbe permesso di risparmiare fin da subito diverse centinaia di milioni di euro. Il dubbio però è che il Parlamento non l'avrebbe mai votato. La mannaia ancora una volta colpisce chi ha sempre pagato e non chi non ha mai pagato. Non si può chiedere di più a chi ha sempre fatto la sua parte e dato il proprio contributo.  Ecco che per tutti i motivi sopra elencati nella manovra, non si vedono quei profili di equità sociale tanto sbandierati dal Mario Monti e che era ed è indispensabile per chiedere a tutti i necessari sacrifici. La manovra proposta nel presente è la prova innegabile che sia un altro inganno, che viene consumato dalla nostra classe politica,  a danno dell’Italia e degli italiani.

 

 

E’ possibile la rinascita a Barcellona, in Sicilia e in Italia?

 

La rinascita può esserci a Barcellona, in Sicilia e in Italia; ma occorre prima eliminare le illegalità, le ingiustizie, la corruzione, partendo da livelli più bassi arrivando a punire e colpire i livelli più alti. Contrariamente a quanto sostiene il nostro Presidente della Repubblica Italiana; a difesa del bene comune e per risanare il debito pubblico urge invece eliminare i privilegi e gli sprechi esistenti nella nostra classe politica e dirigenziale. Noi cittadini, siamo in attesa di osservare ed elogiare soltanto quei politici che si muoveranno su tale linea di pensiero. Poiché, ammettiamolo, sino a oggi, i politici hanno tutelato soprattutto ed esclusivamente i propri interessi, mentre le lacrime e sangue da versare, sono state sempre poste a esclusivo carico del Popolo Italiano. Il Presidente della Repubblica, nei giorni scorsi, invece, con le sue esortazioni alla coesione nazionale, rivolgendosi alle opposizioni ad approvare in tempi brevi la manovra finanziaria si è reso compartecipe insieme alle opposizioni di un danno esistenziale ed economico che a onor del vero ricadrà soltanto a carico dei cittadini. Forse oggi è giusto ammettere e riconoscere che in questa nostra società dell’apparire e del possedere, abbia contaminato anche il nostro Presidente della Repubblica e il PD che accetta e gradiscono di non voler perdere i propri privilegi e nei loro discorsi televisivi puntano a sfuggire al problema, come se tutti i mali provengano soltanto ed esclusivamente dall’evasione fiscale. Ma cosi non é. Quel che è certo è che il governo deve rilanciare i consumi per sostenere la crescita. Aumentare l’Iva di un punto avrebbe soltanto un effetto negativo sui consumi e comporterebbe per i consumatori costi maggiori di spesa. In una situazione come quella attuale, con gli italiani impoveriti e i consumi in calo, questa misura non contribuirebbe certo a far crescere il Pil, Per risanare le casse dello Stato urge una classe politica diversa, che nei pensieri si svincoli da ogni forma di egoismo per pensare e agire nella politica soltanto a tutela e difesa del bene comune eliminando le “Caste”! In questa nostra epoca contrariamente al passato recente e lontano nel tempo soprattutto chi manifesta a parole di porsi come difensore dei lavoratori, invece nei fatti reali questi politici eletti dalla classe più povera, si sono imborghesiti. Allora diciamocelo in tutta sincerità: l’unica via da perseguire per la vera rinascita economica e sociale è soltanto quella di cominciare a eliminare le illegalità, i privilegi, gli sprechi, delle nostre istituzioni locali, regionali e nazionali, creando e favorendo le condizioni di sviluppo di crescita economica e occupazionale per tutti, nessuno escluso!

 

 

Puntare sul lavoro stabile!

 

Molte persone che si definiscono cristiane nella realtà spesse volte non lo sono! Somma ipocrisia di un certo cattolicesimo osservante che non è soltanto nella “doppiezza” di vita, bensì soprattutto nell’assenza di vera compassione verso gli altri.

 

Dal Vangelo di Matteo Gesù in alcuni versetti profetizzò in pieno la nostra epoca quando disse: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è molto lontano da me e definì ipocriti chi faceva doni di misericordia con ostentazione, che pregavano e digiunavano per essere visti dagli uomini e criticavano il proprio fratello ma non facevano nulla per eliminare i loro difetti grossi come travi”. Oggi i professionisti dell’ipocrisia: nell’operare nel sociale, si muovono in tanta confusione e in tanta ipocrisia e da parte di alcuni, si confonde il sociale con il patrimoniale. L’ipocrisia di chi punta il dito, ma in fin dei conti, commette la stessa violenza quotidiana, o quantomeno ne gode dei frutti. Oggi i nostri professionisti che operano nella nostra società, i tanti sono interessati unicamente ai propri interessi, al proprio successo, al proprio benessere nel pieno disinteresse degli altri, anzi arrivano, a volte, addirittura a danneggiare gli altri!

 

Le azioni dei nostri politici non sono in armonia con le loro parole! Ancora una volta nel nostro scenario politico, il potere diviene fine e sesso e potere sono i mali che soprattutto, avvelenano la vita politica della nazione. Dilaga la povertà e l’Italia tra i Paesi industrializzati, è addirittura ultima per investimenti nei sistemi di protezione sociale. Oggi nella cultura di pensiero dei tanti, conta solo quello che è utile, tutto il resto non merita la loro reale attenzione. Ovviamente s’intende il concetto di utilità nella sua accezione di “ciò" da cui è possibile trarre un profitto. E la mia è un’anima sofferente, di uno spirito sconvolto nella realtà in cui vive per cose molto vicine a noi, aspetti del quotidiano che possiamo toccare con mano: l’ipocrisia, l’indifferenza, il disinteresse, la rassegnazione, la materialità, la ricerca del potere e del successo, la chiusura mentale, l’ignoranza, la disinformazione, la presunzione, la superbia, la prepotenza, e tutte le altre caratteristiche tipiche delle persone con le quali viviamo.

 

Un paese, diviso tra le astrazioni della politica e la concretezza delle vite quotidiane, le vite di giovani, di disoccupati, di precari, di cassi integrati, di terremotati, di “consumatori” obbligati ad arie infette da discariche a cielo aperto e testimoni di un dissesto ambientale sempre più dilagante. Siamo entrati in una situazione di estrema fragilità sociale, perché è da quindici anni che vediamo la nostra economia in discesa e tutti gli indicatori sociali ci collocano quasi gli ultimi tra i paesi europei. Bisognerebbe mettersi in coda al banco dei pegni che proliferano nei nostri territori per assistere alla tragedia di chi impegna l’anello per tirare avanti. Una generazione dopo la fine dello sviluppo, cresciuta dentro l’orizzonte del declino, vittima sacrificale del mondo che gli è stato confezionato. Composta di giovani che conoscono un presente che è peggiore del passato e destinati a vivere peggio dei padri: giovani, che sperimentano sulla loro pelle la falsità della dominante narrazione del benessere, con il sorriso di Berlusconi.

 

M’indigno anch’io, comunque, nei confronti di una classe dirigente sorda davanti alla protesta. Mi indigno quando vedo dei ministri che inveiscono, pieni di rabbia contro uno studente che per una volta ha la possibilità di esprimere le proprie ragioni. Nella furia di alcuni nostri politici c’è violenza autentica: violenza di chi difende un proprio privilegio, di potere, di auto blu. La verità quella vera è una verità fatta di profondi e laceranti ingiustizie sociali. Produrre nella legalità non è facile in questa nostra terra! Eppure per risanare il territorio sotto l’aspetto etico e sociale, bisogna avviare al più presto un piano di risanamento economico, culturale e sociale il quale dovrebbe concorrere a fatti concreti per risanare il tutto. Ho voglia di coerenza; ho desiderio di un futuro migliore! Basta con la politica dell’utilitarismo condito di edonismo! Basta con l’ipocrita e il trasformismo delle idee!

 

Basta con il mercimonio dell’intelletto! Bisogna desiderare una politica migliore! Che non sperperi soldi a pioggia a enti o associazioni che fanno e servono ben poco per far crescere il paese nello sviluppo economico e occupazionale come avviene nelle Regioni più evoluti d’Italia, la nostra Amministrazione Comunale (con interventi - che facciano capo all’Assessorato alle Attività produttive, Politiche del Lavoro e dell’Occupazione) e la Camera di Commercio, dovrebbero veramente sostenere l’occupazione puntando sul lavoro, sulle piccole e medie imprese, sulla formazione, sull’accesso al credito e incentivi alle imprese e agli imprenditori, sostegno degli artigiani con fondi stanziati dal Comune e dalla Camera di Commercio. Con l’obiettivo, di sostenere concretamente il lavoro, l’occupazione e le piccole imprese, concentrando l’attenzione sulle difficoltà che oggi pesantemente investono gli imprenditori, favorendo la costituzione di Fondi di garanzia e servizi accessori al microcredito. Perché un momento economico difficile come quello che stiamo attraversando il capitale umano presente nel nostro territorio, soprattutto quello più giovane, paga il conto dell’instabilità economica.

 

Oggi le classi privilegiate nel nostro scenario nazionale sono: i politici, la chiesa, i sindacati, i patronati e le associazioni e i tanti professionisti che operano nel settore pubblico, come banche e strutture ospedaliere. Per il comune cittadino e per il futuro dei nostri giovani si crea soltanto lavoro precario oppure gli si concede qualche miserevole “borsa di lavoro” e niente di più! In queste circostanze diventa decisivo cambiare percorso e puntare nello sviluppo del lavoro stabile, nella consapevolezza che sarà proprio il capitale umano, la leva da cui far ripartire la competitività delle nostre imprese. L’Amministrazione Comunale e la Camera di Commercio hanno l’obbligo di stare vicino a chi crea lavoro, a chi produce, a chi assume, a chi lavora, a chi fa impresa, a chi fa innovazione e ricerca, a chi si apre ai nuovi mercati. Basta con i miserevoli sostegni di solo lavoro provvisorio! Oppure la nostra sarà, per i nostri giovani, una generazione a futuro zero, questo è il vero dramma che predomina oggi nel nostro panorama sociale e occupazionale. Per uscire da questa situazione penosa e risalire da questo disagio sociale occorre…

 

 

In difesa del bene comune:

vadano via il Tiranno e i suoi complici!

 

Sempre di più sembriamo ridotti in un Paese del Terzo mondo e non solo perché aumenta la povertà, ma soprattutto perché gli atteggiamenti dei nostri politici rispecchiano modi di essere che non rispondono alla realtà e ai bisogni dei cittadini.

 

Il malcostume della politica, ha da tempo varcato le soglie della buona decenza: la corruzione, il nepotismo, il clientelismo, il parassitismo statalista si è consolidato saldamente nei palazzi del potere. Il potere oggi, più di prima, nella nostra classe politica non logora ma aiuta molto quelli che comandano, ad arricchirsi alla faccia del rispetto del mandato degli elettori! Proprio in questi giorni, sono state lanciate attraverso le televisioni e i giornali, le dichiarazioni di guerra di Silvio Berlusconi contro la Procura e i poliziotti. Berlusconi vuole al più presto varare una riforma della giustizia e infliggere delle punizioni esemplari contro i sobillatori del Palazzo di Giustizia di Milano. Il Premier ha lanciato il suo guanto di sfida alle toghe malandrine che vorrebbero detronizzarlo. Un’autentica dichiarazione di guerra. Berlusconi attacca a suo dire, i Pm politicizzati e proclama che sarà fatta al più presto una riforma della giustizia per fermare quelli che vogliono eliminare chi è stato democraticamente eletto. Certamente il Popolo, non ha dato la maggioranza e il potere al Premier per fare “il mandrillo” con le minorenni o con donne di facile costume! Nei fatti degli ultimi giorni, spudoratamente si sente proprio il venir meno a qualsiasi principio di etica politica e sociale. Confessiamocelo viviamo in una brutta stagione! In atto, vi è una crisi dei partiti e una mancanza di uomini capaci di trasportare il nostro paese fuori dalla decadenza economica, sociale e occupazionale nel quale siamo piombati in malo modo. Vi è nel presente una crisi della classe media, una crisi dell’etica anche sulle responsabilità pesanti che ricadono su tutta la nostra classe politica imperante. La maggior parte dei nostri politici con le loro irritanti facce d’impuniti e corrotti, di potenti e arroganti mentitori spesso sono devoti soltanto al culto della menzogna e della poltrona. Nei fatti concreti e reali il nostro Premier è indagato dalla Procura di Milano per le ipotesi di reati pesanti come quelli di “concussione” e induzione alla “prostituzione minorile”. Un fatto gravissimo perché frequentare prostitute, rende il premier ricattabile e di conseguenza mette il nostro Paese anche a rischio sicurezza. La circostanza reale e concreta è quella che il nostro presidente del Consiglio non sia più solo imputato in vari processi con l’accusa di corruzione e concussione, ma addirittura oggi è indagato con l’ipotesi di reati di prostituzione minorile, tutto ciò rende difficile pensare a qualcosa di moralmente più degradante per l’intero Paese. Un Paese che all’incirca un mese fa ha visto il nostro governo rimanere in piedi solo perché in Parlamento alcuni onorevoli si sono venduti probabilmente al miglior offerente. Il nostro esecutivo politico e istituzionale si è impegnato solo a risolvere i problemi del Premier e non ha e non trova il tempo necessario per occuparsi della crisi economica, così pure degli altri reali problemi che sempre di più ricadono pesantemente sui cittadini. Un Paese che, con ogni probabilità, dovrà rimanere immobile ancora per mesi di fronte ad una politica imballata soltanto sulla difesa del capo del governo, che dovrebbe solo avere il buon senso soltanto di tirarsi indietro per il bene di tutti.

 

Per tutto questo, sarebbe opportuno che questi politici per il bene del Paese, si allontanino dallo scenario pubblico perché ogni giorno che passa, si offre al mondo intero, una cattiva immagine.  La rinascita di questa nazione, si può attuare solo attraverso l’operare dei giovani onesti e ritengo mediocri chi manda la polizia a sprangare i giovani, angosciati per il loro futuro, e le donne e i bambini che sono disperati per il loro presente. In difesa del bene comune in un paese veramente democratico su fatti concreti, va criticato chi difende le intromissioni del potere politico, sulle forze dell’ordine, sui magistrati. Ormai è giunto il momento per il bene del paese dire basta ai collusi, ai corrotti, ai prepotenti, agli incapaci, ai privilegiati. Sta sorgendo anche in questo popolo di servi, la rabbia e lo sdegno contro questa categoria di politici che si sono divorati l’intera Italia, nella loro spaventosa ingordigia. Si sono scagliati sul corpo di questa povera nazione come sciacalli mai sazi, loro più dei loro amici costruttori, loro più dei loro complici, hanno colmato il sottosuolo dell’Italia di rifiuti tossici: veleno che scorre come l’acqua che bevi, come l’aria che respiri e che ti uccide lentamente. C’è però un valore supremo al quale la politica, deve inchinarsi ed è il rispetto della “legge”. Nell’inchiesta sul caso “Ruby” non si tratta di condannare o approvare il comportamento “morale” di Silvio Berlusconi, ma di stabilire se è rispondente o meno alla “legge”. Ciò non lo autorizza a non presentarsi dinanzi ai giudici e a difendersi come fanno tutti i cittadini di questo paese e soprattutto ciò non lo autorizza a comportarsi come un perseguitato. Non è rispondente all’etica della responsabilità di un capo di stato. Un capo di stato deve avere l’equilibrio di rispettare tutti i poteri dello Stato. I giudici solo perché, fanno il loro dovere sono politicizzati.  La polizia solo perché indaga che la “libertà” di ogni cittadino (compresa quella del presidente del Consiglio) si svolga nel rispetto di quella altrui, secondo Berlusconi viola la vita privata. Bisogna che ci sia un clima di rilancio culturale e morale della politica. Naturalmente la politica è anche pratica quotidiana ed è soluzione dei problemi concreti. Ma nella politica ci devono essere spessore culturale e moralità". Meno egoismo per raggiungere obiettivi comuni e risolvere comuni problemi è possibile anche tra chi viene da culture diverse o che ha abbracciato idee contrapposte. Quando si coopera tra persone diverse, con storie diverse, l’essenziale è capire quali sono i problemi e gli interessi comuni. Basta spogliarsi dello spirito di partigianeria e talvolta anche di qualche egoismo e meschinità. Oggi tra disagio e inquietudine dinanzi alle vicende che si vivono in questo momento nel nostro paese, i problemi pesano soltanto a carico del cittadino. Oggi per risalire dalle tenebre serve moralità e legalità sopratutto per chi ha responsabilità pubbliche. Una responsabilità che i nostri politici hanno di fronte alle famiglie e alle nuove generazioni. Ammettiamolo il contratto stipulato dal nostro Premier e dai suoi servi in campagna elettorale nei fatti: non è stato mantenuto. Berlusconi soprattutto si è avvalso della fiducia degli italiani per conquistare quel potere che gli è servito sopratutto per soddisfare i suoi vizietti ma non per risolvere i problemi della gente.

 

 

 

E’ possibile progettare una città migliore?

 

Una città si sviluppa ed evolve non solo attraverso la crescita della sua dimensione fisica, ma quando distribuisce in modo equilibrato le sue funzioni e accresce la quantità e la qualità dei suoi servizi e migliora la qualità dell’ambiente urbano.

 

Quando ci sarà, una maggiore attenzione e considerazione per il nostro territorio da parte delle nostre istituzioni Locali e Regionali? Le colline si polverizzano giorno dopo giorno, il cimitero è in fase di disfacimento, la città invasa dai rifiuti, le colline che delimitano la pianura di Barcellona sono soggette a rischio idrogeologico con continue frane e cedimenti. Infatti, molte sono state le colline del territorio di Barcellona che in questi ultimi anni hanno subito gli effetti negativi dall’erosione, ma pochi sono stati gli interventi intrapresi. Il cimitero che fiancheggia la via provinciale per San Paolo e Cannistrà nel tempo va perdendo anche le lapidi. La nostra città spesso, è invasa da cumuli di rifiuti urbani, sia per il continuo ma legittimo sciopero degli operatori ecologici ai quali non è corrisposto il proprio compenso e sia perché gli autocompattatori in servizio, sono insufficienti per liberare le strade e i marciapiedi invasi da cumuli di rifiuti ammassati, occorrono mezzi meccanici adatti, dei quali spesso non c’è adeguata disponibilità. Tutto ciò mette a rischio l'incolumità fisica di chi abita nelle nostre zone, perché nelle strade si depositano rifiuti urbani di vario genere, che sono dannosi alla salute di tutti e tutto quello che si fa, è fatto in modo marginale e non idoneo all’igiene, non tralasciando il disagio veicolare che si viene a creare. Nella nostra città spesso si vive in un degrado ambientale intollerabile che ci costringe, a respirare, vivere e muoversi, tra cumuli d’immondizia che sono pregiudizievoli per l’ambiente e per la nostra salute. Il traffico veicolare cittadino spesso va in tilt, anche perché nelle strade cittadine a coordinare la circolazione non si vede nessun vigile, qualcuno si nota soltanto lungo la via Roma in compagnia di qualche suo collega. Anche il depuratore continua a non funzionare come dovrebbe, creando, danno all’ambiente e alla nostra salute. La zona di Cantoni continua a rimanere degradata nell’aspetto e a danno dei cittadini che possiedono in questi luoghi le loro abitazioni. Poca e insufficiente è l’illuminazione sia al centro sia in periferia a Barcellona! La gente dopo le 21 preferisce spopolare la piazza e le strade cittadine, per paura di incontrarsi con i bulli notturni, che in città spesso agiscono e spadroneggiano con atti vandalici contro le persone e cose. Lo stato di pulizia del territorio è scadente: nelle strade, nello spazio tra il marciapiede e la strada, nei cestini di raccolta dei rifiuti; nelle aree dei mercati; nei parchi, nei giardini e aree giochi bimbi; nei servizi igienici pubblici. Le uniche due piazze edificate da recente quella della zona antistante alla Chiesa di San Giovanni e di Piazza Calderà ha creato e creano giornalmente difficoltà alla circolazione e all’attività commerciale che per loro sfortuna operano in dette piazze. Questo per sostenere e affermare che, quel poco che si è realizzato sino a oggi ha creato soltanto problemi! Nel pensiero della gente ormai c’è soltanto: assuefazione e rassegnazione, in una città, che doveva essere quella dei servizi, tanta sbandierata in campagna elettorale con un apposito opuscoletto.

 

Il Piano Qualità e dei Servizi del Comune, dovrebbero invece essere finalizzati al raggiungimento costante del sistema di erogazione dei servizi in un'ottica di miglioramento continuo. I capisaldi del Piano Qualità e dei Servizi del Comune, dovrebbero considerare il cittadino al primo posto e sostenere politiche urbanistiche “a misura di famiglia” cercando di favorire il recupero del patrimonio esistente per renderlo disponibile. L’arredo urbano, non va visto solo come una forma di decoro dell’ambiente cittadino, bensì un patrimonio al servizio dei cittadini. Non si può disconoscere il valore che assume un marciapiede ben tenuto e libero da ostacoli e barriere architettoniche, fermate di bus più sicuri e funzionali. Attuare convenzioni con gli agricoltori, primi tutori dell’ambiente, per lo sfalcio dell’erba lungo le strade e per la tenuta in efficienza dei fossi, scoli e canali, attività quest’ultima da curare con particolare attenzione al fine di garantire un efficiente sistema di smaltimento acque, da coniugare con il monitoraggio continuo del sistema fognario favorendo interventi risolutivi. A tal proposito si propone un apposito regolamento comunale per la difesa dell’assetto idraulico del territorio. I servizi alla famiglia, agli anziani, all’infanzia, ai malati, ai disabili, quelli per l’accoglienza devono diventare sempre più centrali nel progetto di vita comune. La nostra azione di gestione, dovrà innanzitutto, essere orientata a promuovere un vero e proprio sistema, integrato dai servizi sociali come motore per lo sviluppo della città e come indice di “civiltà sociale” partecipata. Si deve favorire quindi una “partecipazione collettiva”, cioè chiamare ai tavoli della programmazione le forze sociali e sindacali, le associazioni, il volontariato con l’obiettivo comune di leggere insieme le necessità, indicare le priorità e scegliere le modalità organizzative più idonee per assicurare il servizio. Come obiettivo primario è da attribuire alla famiglia; perché attorno alla famiglia ruota la vita dall’infanzia alla terza età con esigenze di risposte in termini di servizi, di soddisfacimento dei bisogni per una qualità della vita, che assicuri anche ai più deboli, le risposte adeguate. Sostenere la famiglia significa, da subito, mettere in atto gli strumenti per essere di aiuto alla maternità in modo concreto, sostenendo i nuovi nati con servizi e con risorse da attribuire proporzionalmente per dare di più a chi ha minore disponibilità. Aiutare le giovani coppie nell’acquisto della prima casa, con interventi mirati ad esempio, la possibilità di finanziamenti agevolati concessi grazie a convenzioni apposite stipulate con l’Amministrazione comunale. Sviluppo significa crescere, sviluppo significa creare le condizioni idonee affinché l’economia esca dalla stagnazione, sviluppo significa gettare le basi per creare prospettive per i giovani. Promuovere una politica fiscale e tariffaria attenta alle diverse condizioni sia economiche sia sociali delle famiglie, con particolare riguardo verso le famiglie numerose, con anziani e diversamente abili. Il futuro va pensato, progettato e governato. Allora bisogna affrontarlo con coraggio e generosità, avere fiducia nelle capacità intellettuali e professionali dei giovani, offrire loro una grande opportunità di tornare a essere protagonisti del destino della nostra città. Promuovendo attività economiche qualificate di ricerca, innovazione e sviluppo. Favorendo le iniziative d’imprenditoria giovanile nella consapevolezza che è sulla qualità che si gioca il nostro futuro. Tutto questo è conseguibile anche attraverso il miglioramento della qualità urbana degli insediamenti industriali e artigianali e la semplificazione delle procedure amministrative non disgiunta da una politica di promozione del territorio per attivare nuovi insediamenti. E’ necessario dare sostegno alle varie forme di filiera agroalimentare partendo dalla promozione delle tradizioni e delle culture alimentari del luogo, con il coinvolgimento dei ristoranti locali in collaborazione con la scuola. Valorizzare e promuovere i prodotti locali per tornare a una cultura alimentare del buono e sano consumo dei nostri prodotti di stagione. L’obiettivo è di educare alla consapevolezza del grande patrimonio. di cui dispongono le nostre campagne in termini di valore tipico delle produzioni, tradizioni, storia, ambiente e valori umani. Coinvolgimento della scuola per costruire laboratori formativi che guardino a questo settore produttivo. Ogni cittadino deve esigere da chi si candida alla guida della propria città una proposta chiara e precisa per attuare un “progetto per la città”. Proporre progetti per i giovani di oggi e di domani, con persone in grado di ripensare al passato di questa città e di metterlo a disposizione delle generazioni future, di persone che s’impegnino a mettersi al servizio della comunità facendo propri i valori di partecipazione e trasparenza che sono alla base di ogni “buona amministrazione comunale”!

 

 

Uno dei peggiori drammi della vita: morire di solitudine

 

In una modesta abitazione di Barcellona Pozzo di Gotto, a pochi metri dalla Chiesa di San Rocco a Nasari, viene trovato il cadavere già in decomposizione, di un’ottantenne Il Grande Santa, deceduta da oltre una settimana, senza che nessuno se ne accorgesse. È uno dei peggiori drammi della vita nel suo finire: quello di morire in solitudine e nell'abbandono totale. Con la triste vicenda della donna morta in solitudine otto giorni fa, il cui cadavere è stato ritrovato nella mattinata di mercoledì dai carabinieri e vigili del fuoco, assistiamo come già nel passato, alla scoperta di persone anziane morte in solitudine e nonostante questa cruda realtà, la politica di pensiero dei detentori del potere istituzionale e della gente che vive in questa città, non cambia. Perché nei molti, manca la necessaria sensibilità verso le esigenze degli anziani. Non è la prima volta che cadaveri di persone sole il cui decesso è dovuto a cause naturali, vengono scoperti nelle loro abitazioni senza il conforto e l’assistenza di nessuno. I servizi essenziali per tutelare gli anziani non funzionano come dovrebbero. In questa città sta degradando anche la solidarietà umana.  Oltre le strade dissestate, crollano gli animi e l’edificazione dei valori sociali comuni. In tutto questo si nota insensibilità da parte degli organi comunali desiderosi di predisporre feste e divertimenti che apportano alla cultura cittadina soltanto il fatuo e nulla di più.  Ancora una volta con la morte di questa nostra concittadina, nella nostra comunità, oltre al sindaco e gli amministratori non esistono in tutti noi quei valori di solidarietà. Perché prima di cercare la pagliuzza nell'occhio dell'altro facciamoci noi un esame di coscienza e riflettiamo quanto noi siamo disposti a dare ed offrire agli altri senza intaccare ciò che è già nostro! Purtroppo in questa nostra città, molto spesso, l'egoismo ed il troppo individualismo ci stanno allontanando l’uno dall’altro, attorno a noi si creano delle barriere che diventano sempre più insormontabili. A mio avviso urge nel presente, censire le persone anziane che vivono da soli e creare per loro a cura del nostro Comune un centro di riposo ideale dove gli anziani possano socializzare e siano assistiti amorevolmente con personale adeguato, affinché quello che si è verificato più volte e da recente a Barcellona Pozzo di Gotto non accada più.

 

 

L’incapacità di indignarsi!

 

Una nuova stagione della trasparenza che viene giustamente evocata è possibile? Nella nostra epoca, da un po’ di tempo, mi chiedo: perché, nonostante tutto, gli italiani, e soprattutto i siciliani, non sono capaci di indignarsi?

 

Dall'onestà discendono virtù, rettitudine e tutte quelle qualità che noi “cittadini” vorremmo appartenessero ai nostri ”politici”, ed anche a coloro che detengono le leve produttive del Paese. Il dramma politico di oggi: i nostri politici ne combinano di tutti e di più, eppure noi cittadini non ci indigniamo seriamente e in gran quantità! Organizzano festini erotici, usano voli di stato per faccende personali, sfruttano il dolore delle persone per maligni e miseri fini elettorali, si costruiscono le leggi su misura non curandosi del resto del paese, rubano e difendono i ladri, scendono a patti con la mafia e con la cricca come se fosse una cosa normale. Mentre la nostra è una vita che si ritrova nell’incontrollato, caotico, traffico cittadino, nei cumuli d’immondizie, nei disservizi, nell’indifferenza ostentata dai nostri amministratori davanti allo sfascio delle nostre città. Oggi si vive tra la violenza, tra l’assistenzialismo con il quale migliaia di persone vengono mantenute in uno stato di sottoccupazione che mortifica loro e sottrae risorse alla comunità. Un'Italia vuota e ambigua, costruita intorno a una rete affaristica che cerca e trova complicità politiche. E la stragrande maggioranza degli italiani non reagisce. E tutto ciò è dovuto alla svogliata remissività dei cittadini, a prendere coscienza della disumanità del quotidiano in cui sono immersi e di cui forse, sono anche artefici o almeno complici. La parola onestà oggi più che mai è una parola ormai superata, visto il desolante spettacolo offerto dai nostri personaggi pubblici preoccupati fino al ridicolo di curare la propria immagine esteriore e i propri privilegi, nullamente vogliosi di mostrare un comportamento etico e morale. Nessuno dei politici viene costretto alle dimissioni, a nessuno viene nemmeno imposto a spiegare o a chiedere scusa. Tendono soltanto a minimizzare, gli eventi negativi che la cronaca ogni giorno sbatte in prima pagina e tutto questo rappresenta uno schiaffo agli italiani onesti! E se c’è una cosa che le cronache odierne insegnano è che in Italia contano più le relazioni che il merito. In Italia i politici incassano e sprecano sempre di più, mentre i sacrifici per il risanamento dei conti pubblici li debbono fare sempre i cittadini.

 

Lo snodo della questione è politico, ma affidato a una classe politica che non solo ignora o sottovaluta la questione morale, ma perde di vista la bussola della politica vera e reale da perseguire per risolvere i problemi che ci affliggono. Nella nostra società quando si riduce la nozione stessa di bene comune, nel nostro corpo sociale decade lo spirito pubblico e si allentano i vincoli della legge e si spiana la strada alla corruzione”. Certo, in parte è colpa, di un giornalismo patologicamente asservito al potere, ma non può essere sola questa la vergogna! Ci sono diversi modi per reagire alle cronache degli ultimi giorni e al senso di frustrazione che producono nell'opinione pubblica indignazione e incredulità. La nostra civiltà con il suo bagaglio di miserie e di furberie ci travolge di fronte al marcio che è venuto e continua nel presente a venire in superficie e a colpirci con durezza con fenomeni di corruzione e di malcostume nel nostro scenario pubblico. E la gente non si indigna per tutto questo, non pensa neppure a scendere in piazza. Va tutto bene, purché vi sia il miraggio del denaro e del divertimento. E’ necessaria una svolta per smascherare le ipocrisie dei nostri censori politici. Se nella vita privata le occasioni di perdersi non mancano, nella vita politica sono ancora più forti e frequenti.  Gli uomini politici sono quasi ogni giorno in grado di favorire o bloccare, di ritardare o accelerare i provvedimenti dai quali dipendono carriere e fortune. Il loro potere discrezionale può spesso influire su decisioni che coinvolgono interessi immensi. All’interno di un qualunque "partito degli onesti", dopo la conquista del potere, si formerebbe una minoranza o addirittura una maggioranza di malandrini. Ma chi rappresenta il governo ha solo una strada davanti a sé: prendere molto sul serio il racconto di un'Italia opaca e ambigua, costruita intorno a una rete affaristica che cerca e trova complicità politiche.  

 

Per costruire un sistema politico efficiente, insomma, si deve partire dall’ipotesi che tutti gli uomini politicamente attivi siano imperfetti, così come sono imperfetti coloro che alla politica non si interessano. Noi possiamo e dobbiamo cambiare il volto della nostra città.  Ma, perché ciò avvenga, bisogna che ognuno si interroghi sulle proprie responsabilità e coscienze. L'opinione pubblica ha ormai perfettamente individuato l'emergenza prioritaria nel nostro Paese: la mancanza di onestà. La vera politica invece dovrebbe nel senso buono, essere la risultante di un incrocio tra l’onestà e la competenza. E’ opportuno istituire un sistema di controlli, di premi e di punizioni. Bisogna creare efficaci strumenti di controllo e inasprimento delle pene per garantire in futuro un meccanismo di scelta limpido da applicare agli appalti ed è questa l'unica risposta politica che si può avere in queste ore e che gli italiani si aspettano. Gli italiani vogliono una politica pulita che ci porti a un futuro migliore per i nostri figli. Oggi siamo in mezzo ad una politica sporca e lo siamo da un bel pezzo, perché la maggior parte dei politici pensa ai propri interessi e ai propri scopi, un sistema politico che ha raggiunto livelli di disonestà assolutamente ingiustificabili e che lo stesso Machiavelli avrebbe duramente condannato. E allora diremo che il primo obiettivo delle persone perbene, dovrebbe essere quello di introdurre, all’interno del sistema politico italiano, quel controllo delle opposizioni sui Governi, che finora manca. Vogliamo una politica meno sporca, meno intrecci e più onestà. Non dobbiamo remare all'indietro, ma darci uno scossone e remare per la direzione giusta per colpire con durezza i fenomeni di corruzione o magari solo di malcostume. Più ci sarà una politica chiara e affidabile e più migliorerà il nostro paese e il collettivo, perché oggi a essere in discussione e in pericolo, vi è la stessa coesione sociale, la tenuta della società civile, il patto costituzionale e la stessa Unità Nazionale.

 

 

 

Nelle scuole della provincia dilaga l’egoismo e lo spreco!

 

È necessario investire nella scuola in maniera corretta, perché se non si riescono a raggiungere certi risultati, un notevole gruppo di giovani in un futuro ormai alle porte, sarà socialmente emarginato e in numero sempre più considerevole sarà costretto a continuare a fuggire dalla Sicilia!

 

Mi chiedo: chi paga la pubblicità televisiva dei nostri dirigenti scolastici?

Si è parlato tanto nei mesi scorsi di abolire gli sprechi nelle scuole, infatti, a tal proposito è stata varata una riforma dal Ministro Mariastella Gelmini la quale ha soppresso soprattutto nella nostra provincia, centinaia e migliaia di posti di lavoro nella scuola, aumentando gli alunni per classe proprio per diminuire i costi di incidenza economica dei precari sui fondi scolastici. Però nella provincia di Messina, è già da parecchi mesi che nelle televisioni locali i dirigenti scolastici di moltissime scuole amplificano ed esaltano la propria immagine standosene seduti su maestose poltrone che attraverso appositi e prolungati filmati ci vengono proposti e riproposti nelle diverse ore della giornata. Certamente tutto questo, non serve a dare un apporto positivo alla formazione e all’occupazione dei nostri giovani. Sicuramente le televisioni private locali attraverso questi filmati promozionali con ogni probabilità incassano parecchi milioni di euro e silenziosamente elargiscono servizi ad ampio raggio per incrementare le proprie casse, ma non si pongono nessun scrupolo di pensare da comuni e onesti cittadini se tali servizi possano favorire o incidere in positivo nei pensieri dei nostri giovani e della nostra collettività. Una passerella di rappresentazioni e di filmati dove fanno soprattutto esclusivamente sfoggio i dirigenti scolastici. Ci sarebbe da chiedersi in tutta onestà: questa pubblicità televisiva che utilità potrà apportare alla formazione dei nostri giovani studenti e nella creazione di nuovi posti di lavoro nel nostro comprensorio? Chi ha la convenienza che tutto ciò continui essere utilizzato per un proprio tornaconto? Diciamocelo il consumarsi di tali vergognosi sperperi non produce alcun utile per salvaguardare la meritocrazia e il futuro dei nostri giovani, ma si ripercuotono, purtroppo, soltanto in negativo sulle tasche dei cittadini di un’intera provincia, quando dovranno pagare le tasse alle nostre istituzioni. Proprio qualche giorno fa i nostri giovani del Liceo E. Medi di Barcellona Pozzo di Gotto hanno manifestato per l’ennesima volta, ma questa volta davanti alla Provincia Regionale di Messina affinché, si ponga fine allo smembramento della scuola divisa oggi in 5 plessi diversi, in affitto e ubicata persino all’interno di alcuni garage con notevole dispendio di denaro per la pubblica amministrazione e a danno rilevante per la salute dei nostri giovani. Questa sofferenza degli alunni e dei docenti è vissuta giornalmente ormai da anni. In mancanza di una sede propria gli studenti e i docenti, sono costretti a recarsi per le lezioni in ben cinque sedi diverse e distanti tra loro. Corre l’obbligo sostenere ed affermare a piena voce che i sacrifici di spesa vanno sostenuti dal Ministero, dalle Regioni, dalla Provincia e dagli Enti Locali, adeguatamente per progetti necessari per migliorare e edificare le strutture scolastiche e per tutto ciò che attiene il materiale necessario a rendere l’insegnamento più adeguato e non per glorificare il narcisismo sfrenato ed egoistico dei nostri dirigenti scolastici! I fondi ministeriali, regionali e provinciali, vanno elargiti esclusivamente per migliorare l’offerta formativa delle nostre scuole e favorire l’occupazione dei tanti giovani docenti precari nel settore della scuola. Non dimentichiamoci che nell’anno in corso una innumerevole quantità di docenti precari della scuola, dopo tanti anni di sacrifici ha perso la propria opportunità di lavoro! Per quanto riguarda tutto questo sciupio di denaro pubblico, sfruttato dai nostri dirigenti scolastici della provincia, i sindacati e le associazioni purtroppo non hanno intrapreso nessuna iniziativa di protesta e sdegno per evidenziare e segnalare quanto in questi ultimi mesi si è consumato a danno dei cittadini, degli studenti e di tutta una categoria di lavoratori precari della scuola. Ministro Gelmini questo denaro preferibilmente poteva e doveva essere speso principalmente (vista la crisi occupazionale nel sud) per offrire maggiore opportunità lavorativa ai tanti docenti precari della scuola che attendono con ansia di ottenere qualche supplenza per alleviare anche le spese sostenute nella loro sfera familiare. Al Nord la maggior parte delle scuole viceversa punta nella sua offerta formativa maggiormente ad offrire ai giovani docenti, una quantità superiore d’opportunità di lavoro come supplenze perché le più rilevanti uscite di spese vengono designate alle supplenze oppure a migliorare le strutture scolastiche o per fornire alle scuole quegli strumenti di supporto necessari all’ammodernamento della didattica scolastica. La scuola è il luogo dove avviene una crescita sociale, quanto più sarà incisiva sul territorio, tanto più avremo una società diversa nel prossimo futuro. Ecco che urge nel presente un immediato e compartecipe intervento del Ministro Gelmini e dei sindacati del settore scuola a tutela di una intera categoria di docenti precari e di studenti che vivono in questo territorio. Ai Sindacati e al signor Ministro Mariastella Gelmini l’invito a fare le necessarie verifiche e i dovuti controlli, per porre fine a tutto questo sperperamento di denaro pubblico che viene perpetrato a danno dell’intera collettività che vive nel nostro territorio…

 

 

 

Emergenza Sanità: un legittimo sospetto…

 

Le azioni di protesta eclatanti e compatte da parte dei nostri Sindaci del comprensorio vanno fatte in ogni circostanza e non solo in determinati casi d’emergenza!...

 

I nostri onorabili Sindaci del comprensorio, soprattutto in tempi recenti, si sono impegnati molto ad ampliare la propria immagine soltanto a parole, ma per quanto riguardano i fatti concreti e reali hanno sempre difeso e coperto le incapacità e le negligenze perpetrate dalle nostre istituzioni regionali e provinciali. Una provincia la nostra che già da un decennio, ha abbandonato il nostro territorio alla sua rovina da mare a monte con le erosioni delle nostre spiagge e il dissesto idrogeologico del nostro territorio montano. Un territorio il nostro, abbandonato e trascurato per colpa di una classe politica che ha pensato spesso solo ad abbuffarsi a danno di un’intera comunità. Vedasi in quale condizione è ridotta la nostra provincia a causa delle tante emergenze che vanno dal dissesto idrogeologico, alla cattiva gestione dei rifiuti che ormai da lungo tempo si ripercuotono a danno di un’intera collettività. Sprechi e privilegi, diffusi ad ogni livello dalla nostra classe politica che continua a creare un danno incommensurabile ad un’intera regione. La difesa dei cittadini dai nostri Sindaci va fatta su tutto e non soltanto per l’emergenza sanità!...Perché questa unità di intenti da parte dei Sindaci si è avuta solo per l’emergenza sanità? Viene il legittimo sospetto che i nostri Sindaci più che pensare alla salute dei cittadini, vogliono proteggere la classe medica che in campagna elettorale si è dimostrata sempre disponibile a portare i voti (una volta a destra e una volta a sinistra) a tutela esclusiva dei propri interessi non certamente a difesa dei cittadini che ormai già da parecchio hanno perso fiducia nelle strutture sanitarie esistenti nel nostro territorio. Vedasi i tanti casi di malasanità che si sono verificati nella nostra provincia!... Diciamocelo in tutta sincerità: se veramente si vuole pensare alla tutela di tutti i cittadini, bisogna puntare ad ampio raggio senza esclusione di colpi per nessun colore politico. Con apposite riforme regionali urge eliminare: la burocrazia, gli sprechi, i privilegi, gli enti inutili, ed i finanziamenti che sino ad oggi sono stati elargiti a pioggia per corsi di formazioni, che spesso non hanno prodotto nulla di vantaggioso e favorevole per lo sviluppo economico, sociale ed occupazionale di un’intera collettività che vive nel nostro territorio.

 

 

A chi attribuire le colpe in Sicilia?

 

Per snellire il sistema amministrativo, è opportuno e necessario dare la possibilità al sistema economico siciliano di procedere in maniera più rapida, per dare risposte certe e più immediate ai cittadini, senza le lungaggini burocratiche di un sistema pubblico che sino ad oggi si è dimostrato improduttivo.

 

Del dissesto finanziario e territoriale di un’intera Regione come la Sicilia a chi bisogna attribuire le colpe? Le colpe degli sprechi e della elevata burocrazia, non partono da lontano, ma si moltiplicano e si ramificano soprattutto nel nostro territorio ad iniziare dalla Regione per arrivare alle Province e ai nostri Comuni. I nostri politici regionali si sono inventate ben 27 ATO in Sicilia, le quali hanno avuto solo il “merito” di triplicare i costi della gestione dei rifiuti.  Ciascuna delle 27 ATO  Siciliane ha un Consiglio di Amministrazione costituito da numerose poltrone di nomina politica la cui retribuzione in termini di indennità di carica, possiamo definirla, ironicamente, inversamente proporzionale alle rispettive attribuzioni di funzioni e di compiti. Essa è spaventosamente alta in rapporto al risultato reso ai cittadini. Per dare un’idea dei costi politici di queste ATO basti pensare che il solo Consiglio di Amministrazione di ciascuna di esse, è di circa 600 mila euro annui, il che moltiplicato per ventisette fa ben 16 milioni e duecentomila euro l’anno. Altro che incidenza irrilevante! Gli “ATO rifiuti” hanno prodotto soltanto enormi disagi e danni alla collettività. Che cosa dire ancora delle Province Siciliane che espressamente, sono abolite dall’articolo 15 del nostro Statuto della Regione Siciliana? Ma di fatto, nella nostra realtà attuale in contrasto con lo stesso nostro Statuto Regionale, alle Province sono assegnate ancora oggi alcune essenziali competenze pubbliche, quali la gestione delle strade provinciali, e di alcune scuole. Ma queste funzioni potrebbero, anzi dovrebbero nel rispetto del nostro Statuto Autonomistico vigente, essere svolte dai comuni ed in parte dalla Regione. Tra l’altro, a causa degli elevati costi della gestione delle stesse Province, sono assorbite quasi tutte le risorse loro assegnate per finalità spesso referenziali e meramente organizzative. Con l’aggravante quindi che anche quei pochi compiti istituzionali loro assegnati, sono gestiti con scarsissima efficacia. D’altra parte le inefficienze Provinciali sono sotto gli occhi di tutti: strade provinciali Siciliane devastate, esorbitanti costi degli affitti per molti licei scientifici, giacché le Province si dimostrano “incapaci” di costruire idonei plessi scolastici di proprietà pubblica. Perché allora, non si abrogano le Province Siciliane, passando le competenze ed il personale tecnico-amministrativo ai Comuni, eliminando così le annesse inutili “corazzate politiche” Provinciali costituite dall’esercito di consiglieri ed amministratori strapagati. Forse perché, si ritiene trascurabile anche il risparmio di altri circa 150 milioni annui di sole economie derivanti dal mancato pagamento delle indennità e prebende varie ai politici provinciali.

 

In cosa consiste l’autonomia propagandata dall’MPA se poi di fatto il “movimento”, non difende nemmeno, e talvolta lo disprezza persino, quello che dovrebbe essere il vero baluardo dell’autonomia regionale ossia lo Statuto Speciale Regionale? E’ il caso di rammentare agli “autonomisti” che lo Statuto Regionale prevede espressamente, all’art. 15, l’abrogazione in Sicilia delle Province. E cosa dire del Maac, consorzio che si adopera da 28 anni per far costruire il mercato agroalimentare di Catania, continuerà a vivere? Il quale, fino ad oggi è costato 50 milioni di euro per quattro impiegati, mentre per ben cinque consiglieri d’amministrazione, 170 mila euro l’anno per l’incomodo. A Messina nel 1951, fu creato l’Eapm, l’ente porto che si sarebbe dovuto occupare di una zona franca. La zona franca non è mai nata. Ma la Regione però ha continuato ad elargire denari. Dove sono finiti? La Cape, cinque dipendenti e altrettanti amministratori, in tre anni ha concluso soltanto tre progetti. Adesso si attende che i 14 milioni di euro investiti producano qualcosa. Non è andata meglio nemmeno con la Sicilia patrimonio immobiliare, guidata da un presidente che guadagna 105.794 euro l’anno. Costituita nel 2006 per dismettere palazzi ed edifici della regione, non ha ancora venduto nemmeno un metro quadrato. Nell’elenco ci sono anche società che straripano di personale. La beni culturali in Sicilia con 1.099 dipendenti gestiscono molti siti archeologici siciliani, senza lesinare sugli organici come dimostrano i 23 custodi incaricati di sorvegliare Palazzo Mirto, a Palermo. E così via. In Sicilia urge modificare il sistema amministrativo, per eliminare le alte incidenze burocratiche della nostra pubblica amministrazione regionale e riordinare e potenziare il sistema delle autonomie locali. Anche perché, abbiamo bisogno di risparmiare sulla spesa pubblica per destinare risorse maggiori per lo sviluppo del nostro territorio. Un’eccessiva burocrazia costituisce un danno per le nostre attività economiche e produttive. Con pochi accorgimenti si otterrebbe un grande progresso verso il raggiungimento di un equilibrio finanziario regionale. Il tutto potrebbe realizzarsi senza alcuna minima sofferenza da parte della collettività, la quale, potrebbe addirittura godere oltre che delle economie, persino di significativi miglioramenti nell’efficienza dei servizi. Se questa via sarà perseguita, la nostra Sicilia, non dovrà aspettare molto per diventare una delle Regioni più ricche, più avanzate e rispettate del mondo. Ma ciò che mi preme rilevare in particolare è che molti obiettivi possono essere conseguiti in tempi rapidissimi e senza chiedere il permesso a nessuno, ma semplicemente utilizzando in maniera produttiva ed intelligente il nostro Statuto Speciale Regionale.  Statuto che una volta tanto dovrebbe essere utilizzato come formidabile strumento di emancipazione economica e politica della Sicilia, anziché come sino ad oggi è stato sfruttato soltanto come  elemento di appesantimento e di zavorra contro ogni mirabile iniziativa di progresso.

 

 

Occorre demolire la Casta!

 

Lo sviluppo in Italia procede a tre velocità. La “Casta” politica fa crescere sempre di più i propri privilegi a velocità costante, mentre nell’Italia del Nord e nel Centro, la velocità è media. Fanalino di coda, quasi su tutto, è il Meridione che va a ritroso e si muove a rilento.

 

La precarietà del lavoro non offre nessun futuro ai giovani.

Oggi, soprattutto nel meridione, la temporaneità del lavoro è collocabile tra le emergenze etiche e sociali, in grado di indebolire la stabilità della società e di comprometterne seriamente il suo futuro. L’insicurezza del lavoro non permette ai giovani di crearsi una famiglia, con la conseguenza che lo sviluppo autentico e completo della società è seriamente compromesso. La provvisorietà del lavoro frena nei giovani l'aspirazione che essi hanno per formarsi una famiglia. La denatalità è uno dei problemi dell'Italia (non si fanno figli perché si ha paura del futuro). In questa nostra epoca è sempre più difficile l’accesso al lavoro per le giovani generazioni: molti trovano occupazioni precarie e sottopagate. Sono anni che le riforme peggiorative del diritto del lavoro si ripercuotono su tutti gli aspetti della nostra esistenza, e non solo di quella di chi lavora: il peso si sente sulle pensioni, sul costo della vita, sulla possibilità di sostenere contemporaneamente l’affitto o il mutuo e le spese per gli studi dei propri figli, di curarsi adeguatamente e di ricevere una retribuzione se ci si ammala, e che fare poi se le malattie sono complesse, lunghe e costose? C’è precarietà del reddito, del lavoro, ma anche di qualsiasi progetto di futuro, come decidere di lasciare i genitori, intraprendere una vita adulta, metter su casa, avere dei figli! Anche chi ha un posto fisso, non sa più come arrivare a fine mese. E’ l’intero modello di società che si sta trasformando, proiettandoci in una specie di medioevo in cui non sono più garantiti né beni, né diritti, né un sapere comune. Oggi ognuno deve cavarsela come può, la cittadinanza rimane un concetto astratto, valido solo al momento del voto, mentre l’esercizio reale dei propri diritti è subordinato alle esigenze di chi offre lavoro, vende servizi, o anziché sviluppare la rete dei trasporti e pagare chi ci lavora, preferisce investire gli utili in bond e intascarne i profitti. Da anni le leggi subiscono trasformazioni in tutti i campi riducendo sempre più i diritti delle persone: i servizi, il sistema pensionistico, il diritto allo studio, alla salute, gli stessi diritti civili non sono più gli stessi di dieci o quindici anni fa. Ma le modifiche più rilevanti sono state fatte nel lavoro: diritto di sciopero limitato, precariato, salari al di sotto dell’inflazione “programmata” (vale a dire del costo reale della vita). Questo ha cambiato in peggio le condizioni di lavoro e di vita di milioni di uomini e di donne. La Legge 30 del 2003 (Legge Maroni o come molti volevano, Legge Biagi) doveva nelle intenzioni realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti intesi a garantire trasparenza ed efficienza nel mercato del lavoro e a migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima occupazione, con particolare riguardo alle donne e ai giovani. I risultati della legge sono stati ben altri: mai come in questi anni si è intensificato il numero di lavoratori precari, legati alle aziende da svariate e fantasiose tipologie contrattuali. Quelli che sulla carta si presentano come semplici "collaboratori", in realtà nascondono veri e propri lavori sottopagati e subordinati. Nei giovani ci sono le risorse migliori, ma il contesto è avverso. Non sono una generazione malata, ma è la cultura politica e sociale degli adulti che fa sì che i giovani siano sfiduciati. Il delicato momento vissuto dal Paese rende ancora più forte l'esigenza di punti di riferimento autorevoli che i nostri politici devono intraprendere affinché il diritto al lavoro stabile, sicuro e dignitoso potrebbe anzi, dovrebbe essere l’unica strada da perseguire. Per il futuro dei nostri giovani senza un lavoro stabile, sicuro e dignitoso diventa difficile e mera ipocrisia da parte delle nostre istituzioni politiche parlare di bene comune.

 

La elevata pressione fiscale frena lo sviluppo e l’occupazione

Su ciascun italiano grava un peso tributario annuo (fatto di sole tasse, imposte e tributi) pari a quasi 7.800 euro (precisamente 7.777 euro). In Germania la quota pro capite, ha raggiunto i 7.052 euro. Tra i principali paesi dell’area Euro solo la Francia sta peggio di noi. Ma si tratta di una situazione relativa, perchè i francesi versano una media di 8.053 euro di tasse allo Stato, ma sono ‘ricompensati’ con una spesa sociale pro capite pari a 10.494 euro. Sempre in termini di spesa sociale i tedeschi ricevono, invece, 8.972 euro pro capite l’anno, mentre a noi italiani tra spese per la sanità, l’istruzione e la protezione sociale si raggiungono appena i 7.749 euro: vale a dire circa 2.745 euro in meno della Francia e 1.223 euro in meno della Germania. Se la nostra attenzione, invece, si sofferma sul saldo, vale a dire sulla differenza pro capite tra quanto riceviamo in termini di spesa e quanto versiamo in termini di tasse, quella francese è positivo e pari a 2.441 euro. Anche il differenziale tedesco registra una valore positivo pari a 1.920 euro. Solo noi italiani segniamo un saldo negativo (ovvero, sono maggiori le tasse che versiamo di quanto ci viene restituito in termini di spesa) pari a 28 euro pro capite. Questo, a conti fatti, è il quadro della situazione, quando mettiamo a confronto quanto hanno pagato di tasse nel 2007 i cittadini di Italia, Francia e Germania e quanto gli viene ritornato in termini di spesa sociale. La situazione è fortemente sconfortante perchè dimostra ancora una volta come pur alla presenza di un peso tributario tanto elevato, in Italia non sono destinate risorse adeguate per la casa, per aiutare le famiglie indigenti, i giovani, i disabili e che vivono ai margini della società. E’ evidente a tutti che le tasse così elevate nel nostro Paese sono la conseguenza di una spesa pubblica eccessiva. Non c’ è giustizia ed equità nel continuare a pagare più degli altri avendo in cambio servizi più scadenti in qualità e quantità. Bisogna tagliare le intollerabili inefficienze della Pubblica amministrazione per ridurre le imposte e razionalizzare la spesa pubblica così come avviene in tutti gli altri Paesi europei.

 

La Casta politica promette e non mantiene!

E’ vero che la politica ha un costo e i cittadini devono pagarlo, ma non c’è scritto da nessuna parte che dobbiamo subire dai nostri politici una rapina. Non gli basta a costoro guadagnare mediamente 255 mila euro lordi l’anno! E a noi sembra ormai ora di mandarli a casa visto che a rappresentarci in Parlamento ci sono 1000 persone. Ovvero quasi lo stesso numero dei Parlamentari cinesi che però rappresentano 1 miliardo e 400 milioni di cittadini. La Politica, oggi, è la maggiore industria del nostro paese per fatturato e per addetti. Un record tutto italiano che produce potere e benessere per chi la pratica ma da poco o nulla ai cittadini. Visto che siamo noi a pagare e visto che è da noi che dovrebbero dipendere, perchè non proviamo a mandarli a casa? In soli tre anni i costi di Montecitorio sono aumentati del 9,2% con un aggravio sulle casse pubbliche di 92 milioni di euro. Cosa deve accadere, perché gli italiani capiscano? Nel 2008, stando alle previsioni del bilancio triennale, queste spese che già hanno sfondato (prima volta) la quota di un miliardo di euro, cresceranno ancora fino a 1.032.670.000. per impennarsi ulteriormente nel 2009, fino alla cifra sbalorditiva di 1.073.755.000. In soli tre anni i costi di Montecitorio, dopo tutto il diluvio di belle parole spese per arginare l'irritazione popolare, saranno aumentati del 9,2%. Con un aggravio sulle pubbliche casse di 92 milioni di euro in più rispetto al 2006. Dall’altra parte l’allegra banda dei furbi e dei profittatori. Un ceto elettorale il nostro che spesso opera, a svantaggio di tutti i cittadini. Da noi, in Italia, i costi della politica salgono sempre di più. Ecco che oggi, senza se e senza ma, per risollevare veramente le sorti del nostro futuro e della nostra nazione per i danni causati dai nostri politici, vi è una sola strada da perseguire…

 

 

Le anomalie della sanità siciliana

 

La Sicilia è l’isola delle contraddizioni: con otto miliardi di euro, è ai primi posti in Italia, per la spesa sanitaria, ma è anche la prima Regione per i viaggi della speranza, ed è nelle ultime file nelle classifiche per qualità dell’offerta sanitaria e sulle condizioni di salute dei cittadini.

 

Fra le tante stranezze della sanità siciliana, una di queste, si continua a consumare ancora oggi nel nostro Ospedale “Cutroni Zodda” di Barcellona, dove erano e sono a rischio di soppressione alcuni reparti. Precisamente proprio in questi giorni, si è dato corso ad un procedimento amministrativo finalizzato al trasferimento presso il presidio ospedaliero di Milazzo, così pure l'attività di Traumatologia dell'ospedale di Barcellona, mentre soltanto a Barcellona sarà assicurata soltanto un'attività ambulatoriale. Tale decisione si evidenzia ed è stata preannuncia già in una comunicazione spedita ai sindacati dal Direttore Generale Salvatore Giuffrida. Andando avanti su questo percorso, a Barcellona non avremo più un ospedale ma un solo e semplice polo ambulatoriale. Una strada intrapresa dal nostro Assessorato alla Sanità che sicuramente nella sua rimodulazione, porterà al progressivo depotenziamento e declassamento dell'ospedale di Barcellona. Queste scelte causeranno una situazione d’assistenza sanitaria sicuramente insufficiente, considerato anche il numeroso bacino di utenti di tutto il comprensorio di Barcellona. In una città con un vasto bacino d’utenti come Barcellona, sarebbe stato più opportuno invece potenziare e regolarizzare i reparti esistenti. A questo punto bisogna chiedersi: cosa faranno i nostri politici locali, regionali e nazionali per tutelare i diritti che vengono sempre più calpestati a danno di un’intera collettività? Quale futuro attenderà al Cutroni Zodda?

 

Oggi più che mai il cittadino comune anziano o disabile si sente solo ed indifeso, mentre questo Governo annuncia riduzioni alle spese, da assegnare allo Stato Sociale, e l’Assessore alla Sanità annuncia chiusure d’Ospedali e riduzioni dei posti letto per sanare un bilancio Sanitario disastroso, facendo pagare ai Cittadini e ai Lavoratori gli sprechi commessi nel tempo dalle nostre istituzioni sanitarie pubbliche. Il nuovo Piano Sanitario prevede il taglio di 2700 posti letto. Si parte da 64 strutture ospedaliere e si prevede la riduzione delle ASL a 9, su livello provinciale, con 20 ospedali a cui si aggiungono i 5 delle Aziende Ospedaliere; 15 ospedali saranno chiusi, di cui 8 riconvertiti in residenze per anziani (pubbliche?) ed i restanti 24 saranno indeboliti. In queste nuove scelte fatte dalla nostra Sanità Regionale, si va perdendo il principio della solidarietà, dell’assistenza, e si rischia di compromettere, sempre di più, la fiducia dei Cittadini nella Sanità Pubblica e quindi li induce a riprendere il viaggio della speranza verso il nord, con costi per tutta la comunità non sostenibili. Non condividiamo e non accettiamo il nuovo Piano Sanitario presentato dall’assessore alla Sanità, che per rientrare da un deficit indecoroso taglia posti letto (2.700) e chiude ospedali ( 15 di cui 8 da riconvertire), facendo pagare ai Lavoratori e ai Cittadini il prezzo più alto.  L’organizzazione sanitaria della Sicilia, nel tempo, ha trasformato le cosiddette “aziende ospedaliere” in macchine mangiasoldi di spese pubbliche dove, prima che curare ed assistere gli ammalati, si è pensato soltanto: a forniture ben pagate per materiali spesso scadenti o difettosi, oppure si è pensato ad arricchire professionisti per incarichi legali che si potevano evitare ed anche ad edificare strutture sanitarie faraoniche o alle carriere dei nostri Direttori Sanitari o a quelli dei Direttori Generali. A leggere il bilancio della Regione, la Sanità in Sicilia, pubblica e privata, sembrerebbe che è e forse rimane, per certi versi, un grande business con soldi spesso spesi male.

 

In Sicilia pur esistendo strutture sanitarie d’eccellenza, non si riesce ad assicurare la normale routine, e in modo vergognoso, si fanno morire ragazzi spostandoli da un ospedale all’altro, scaricando dopo le proprie colpe ad altri. Mancano Infermieri, e i tanti di quelli in servizio sono sottoposti a contratti di precariato che durano ormai da decenni. Una situazione reale e drammatica quella degli infermieri per il loro futuro, L’Assessorato alla Sanità non gli offre nessuna sicurezza occupazionale, e questi sono costretti a turni pesanti e salti di riposo e di ferie. S’investe poco sul personale o per migliorare la qualità assistenziale! Sulla sanità siciliana bisogna, finalmente, parlare chiaro ed agire di conseguenza, ognuno per la responsabilità che gli compete, poiché se il governo ha fatto il bello e il cattivo tempo, in tutto questo come in altri campi, ciò è anche per la responsabilità di un’opposizione sterile, episodica, evanescente, e sicuramente non all’altezza della gravità del compito affidatole dall’elettorato. Ma si dirà in Sicilia abbiamo strutture d’eccellenza, è lecito chiedersi: a che serve l’eccellenza quando da noi non si riesce ad assicurare la normale routine? D’altra parte, l’eccellenza non è incompatibile con un moderno sistema sanitario che per essere efficiente e razionale dovrà essere liberato dalle grinfie dei partiti, ma anche dai baroni della sanità. Va riorganizzato e potenziato il 118 regionale, soprattutto tenendo conto che questa Regione ha un movimento continuo di turisti che dal mese di maggio a settembre toccano sommità altissime e questo servizio deve essere in grado di avere mezzi e strumentazioni adeguati, personale sanitario adeguato ed una idonea rete organizzativa tra ospedali e territorio. Per cambiare veramente e seriamente rotta e governare saggiamente ed adeguatamente ai tempi di oggi la Sanità in Sicilia fa bene ad abolire le troppe comode poltrone che sono spesso costose e inutili. L’Assessorato alla Sanità deve investire principalmente: sulla sicurezza delle strutture e sulla medicina territoriale e sul personale medico ed infermieristico, per abbattere le liste d’attesa, per potenziare la sanità pubblica e riqualificare gli ospedali, anche perché oggi, a ciascun Siciliano l’assistenza sanitaria, confessiamocelo, costa mediamente 1514 euro l’anno.

 

 

 

Una terra martoriata

 

La Sicilia: una terra flagellata non per volere divino ma per colpa dell’egoismo e della scelleratezza umana che nella nostra terra, impera incontrastata su tutto. I fatti e le verità sono manipolati per nascondere l’inferno! I mali del nostro territorio, ci svuotano dentro come il perpetuarsi ancora, della servitù e del feudo, dell’incertezza del diritto e dell’impunità costante. Un potere il nostro, che è indifferente al bene comune.

 

La nostra è una regione considerata di serie “B”: offesa e umiliata non solo per tacito consenso di Berlusconi, di Bossi o di Tremonti, oppure per colpa degli Italiani delle altre Regioni, ma la colpa esclusiva delle responsabilità è da attribuire soltanto ai nostri uomini politici, locali e regionali. Un accumulo di fallimenti e d’inganni. Dove la classe politica, ha fatto e fa il bello e il cattivo tempo tirando le fila del potere e condannando questa terra nell’arretratezza. Qui da noi, la politica dei sussidi, ha rafforzato la cultura del servilismo e della rassegnazione. Il dissesto idrogeologico di un’intera isola che, ultimamente ha procurato la morte di 31 persone e ha rovinato l’esistenza di tante famiglie che gridano: che sia fatta giustizia. Nella nostra terra l‘erosione, la desertificazione, non nasce da oggi, ma da decenni di violenza e di abbandono nella manutenzione, nella cura e nella non vigilanza adeguata del nostro territorio montano e marino. Da noi, i fondi e i finanziamenti, sono arrivati a pioggia, ma sono sempre stati sperperati in maniera negativa. Una gran quantità di denaro pubblico è arrivato nel tempo nelle casse della nostra regione che invece di produrre opere nuove e necessarie spesso si sono tradotte in studi, consulenze, progetti e qualche volta le opere non sono state neanche realizzate. Di fronte ai nostri occhi si presenta un disastro urbano: di cementificazione selvaggia e triste così pure la visione di montagne, spiagge, torrenti e saie. Da noi i lavori pubblici spesso sono stati realizzati utilizzando materiale scadente e durante l’esecuzione dei lavori o nella consegna delle opere, spesso non è stato eseguito il dovuto controllo dell’opera da parte delle autorità preposte a tale compito. Si osservino: le strade, le fognature e i ponti in quali condizioni si trovano, quando vi è una pioggia che supera il limite della normalità. Le discariche abusive e gli incendi si moltiplicano spesso per mancanza di controlli adeguati e pene certe e pesanti che possano servire da deterrente, contro di chi esercita tali atti delinquenziali per trarne una personale utilità economica. Un territorio il nostro dove tutto lo sporco e i veleni, finiscono nel mare e in montagna in dispregio della natura e della nostra salute.

 

Una Regione assente la nostra che ancora oggi, ci fa mancare e non ci assicura neanche i servizi primari come i trasporti, gli ospedali, la sicurezza del territorio e le scuole sicure ecc. ecc. Nella nostra terra di Sicilia invece, i tagli sono fatti sempre soltanto sui servizi da rendere ai cittadini e non per diminuire i tanti privilegi e sprechi dei nostri burocrati siciliani che si abbuffano a piene mani il loro portafoglio. Nel nostro pensiero di comuni cittadini predomina da parecchio tempo nell’animo, la rassegnazione e la tolleranza a tutto. La nostra terra è offesa e umiliata, perché la nostra classe istituzionale ha mandato in rovina per decenni un tesoro di ricchezze naturali ed artistiche che potevano fare la differenza con le altre regioni d’Italia e del mondo. Un patrimonio naturale quello della nostra isola che sicuramente, avrebbe reso ricca la gente. Invece oggi, si naviga in un territorio che giornalmente deve fare i conti con una realtà drammatica dove i poteri che contano tra arroganza e indecenza si spartisce spesso gli utili, il profitto dei beni pubblici, con una perenne corsa verso il denaro e dove si odono rullare soltanto i tamburi e le trombe della retorica per continuare ad illudere la gente che ci vive. Qui da noi i giornali, le televisioni locali, spesso, sono come i jukebox basta gettonarli per comprare il loro silenzio o per manipolare i fatti e le vicende della nostra realtà, quella vera che brucia in ogni siciliano onesto e che ama la propria terra. Qui da noi i poteri opposti sia di destra sia di sinistra spesso, si stringono la mano per sigillare un patto per raggirare e manipolare lo Stato e i cittadini. E’ difficile respirare aria pulita e luce di verità, perchè vige un costante sentimento di precarietà dove prevale l’ingiustizia e il privilegio. E’ esercitata una violenza che non conosce limiti e rispetto verso la dignità del prossimo, infatti, vi sono: ospedali fatiscenti, attività commerciali che chiudono, campagne sempre più deserte, ma diventa sempre più fonte quotidiana di consumi e di miseria sociale. La Sicilia forte della sua autonomia regionale, poteva fiorire e rinascere nel benessere, con una politica accorta e giudiziosa rivolta al bene comune, invece si è fatto ben poco e si è preferito tenere la gente sottomessa al volere dei potenti e dei prepotenti di turno che si abbuffano a dispetto di tutti. La Regione, le Province, i Comuni, tendono a fare soltanto cassa e non risolvono, di fatto, i problemi che affliggono i cittadini già da decenni. Qui da noi si vive sommersi e soffocati dai vecchi e dalle nuove questioni che si aggiungono e si aggravano, a dispetto di un’intera regione, ecco perchè ancora oggi, in molti, viene voglia di fuggire...

 

 

 

Una città che langue: Barcellona!…

 

Da noi nel nostro territorio spesso si cerca di raggirare i cittadini al solo fine di avere un ritorno politico, per mantenersi ben salde le proprie poltrone dorate, ma non per risolvere i veri e gravi problemi che avvolgono crudelmente la gente che vive nella nostra terra del Longano.

 

Peggiora su tutti i fronti Barcellona Pozzo di Gotto, per colpa anche di una popolazione che non comprende ( o forse non vuole rendersi conto) di tutto ciò che accade nel nostro territorio. Da noi mancano e non si costruiscono soprattutto quelle opere pubbliche che creano sviluppo, ricchezza, occupazione. Si alternano i diversi colori politici nell’amministrazione, ma quello che si realizza è ben poca cosa rispetto ai servizi doverosi che le istituzioni locali e provinciali devono garantire ai propri cittadini. Spesso nel completamento e nel compimento delle azioni pubbliche emergono: spreco, saccheggi e privilegi, in favore di pochi e di poco conto nei confronti dell’intera collettività. Il consenso politico, si concretizza principalmente con il contributo dei giornali e delle televisioni locali, a favore dei potenti politici di turno! Le poche opere realizzate sino ad oggi sono state eseguite e consegnate con difetti occulti e palesi che danno la certezza sin d’ora di ritenere che tali opere avranno poco durata nel tempo. Un’amministrazione, che intende tutelare gli interessi dei propri cittadini e che ama la propria città, prima della consegna di tali opere, deve vigilare e controllare, ma questo di certo non è stato fatto, perché ai nostri politici quando realizzano un’opera, non interessa la durata e la qualità di tale opera. A costoro interessa soltanto di completare l’opera per poterla mettere in mostra e sbandierarla alla cittadinanza, con il supporto dei mezzi d’informazione esistenti nel nostro territorio. Bisognerebbe chiedersi: le nuove opere eseguite e consegnate al godimento dei cittadini che durata avranno nel tempo? Purtroppo sino ad oggi le poche opere realizzate si presentano da sole, alla nostra intelligenza al nostro uso.

 

Nel nostro territorio quest’estate l’unico centro balneare più notorio “Centro Vacanze Cantoni” dalla nostra amministrazione locale è stato lasciato nel più totale abbandono con spiagge sporche, cassonetti della spazzatura stracolmi e con il divieto nelle vicinanze di balneazione per colpa di un depuratore che spesso non depura! Basta farsi un giro lungo le vie cittadine, per notare: strade piene di buche ed avvallamenti, manutenzione e potatura delle piante spesso non eseguite, spazzatura che spesso è rimasta sulle nostre vie, cassonetti della spazzatura mai disinfestati, traffico veicolare cittadino spesso in tilt. A Barcellona Pozzo di Gotto, ammettiamolo, mancano i vigili urbani a dirigere il traffico già da parecchio tempo e tutto ciò, crea disagio e pericolo alla gente che vive in città. E se per puro caso se ne vede qualcuno, lo notiamo spesso o in Piazza San Sebastiano oppure in Piazza Duomo. Ma Barcellona Pozzo di Gotto non è fatta soltanto da queste Piazze esistono altre zone al centro ed in periferia con traffico veicolare ad alta concentrazione dove i vigili urbani non sono quasi mai presenti.  E che dire di sera? Vergogna delle vergogne spesso a vigilare su tutto in questa città a rischio come la nostra, vediamo in servizio soltanto due vigili urbani. Queste vergogne, diciamocelo e confessiamocelo, sono commesse a danno di tutti. Questa realtà non ha lasciato e non lascia una buona immagine alla gente che viene a visitarla! Da noi spesso nei salotti, in città, nel nostro Comune, nella nostra Provincia si è fatto e si fa solo demagogia al solo fine di avere un ritorno politico, per mantenersi ben salde le poltrone del potere, ma non per risolvere i veri problemi che affliggono inesorabilmente la gente che ci vive e si fanno anche accordi sottobanco e trasversali con l’appoggio dell’opposizione. Accordi e patti che sono raggiunti e stipulati, non per risolvere e risollevare la città dal degrado morale e sociale, ma al solo fine di mantenere immutabile una “Pax” interna che consente ai pochi di proliferare indisturbati nella ricchezza e nel benessere a danno di un’intera collettività. Un’ipocrisia ed un egoismo incontrastato che, domina già da anni a danno di tutti. Una città dove la maggior parte della gente per il quieto vivere, preferisce sottostare accontentandosi delle sole briciole che, di tanto in tanto, gli ingordi potentati locali elargiscono soprattutto a chi ha saputo umiliarsi e genuflettersi giornalmente ai detentori del potere locale. Sono convinto sempre di più che per sopravvivere in questa terra gli ideali e i valori giusti non servono a nulla, da noi i diritti non contano, bisogna inchinarsi a qualcuno se si vuole ottenere qualcosa, ma per fare questo bisogna vendere la propria dignità.

 

Per un futuro migliore per le nuove generazioni è d’obbligo che la gente di questa terra inverta rotta nel proprio modo di pensare e che i politici modifichino il loro modo di concepire e di fare politica. Questo cambiamento è l’unica strada percorribile per evitare che la dignità d’ogni cittadino continui ad essere oltraggiata e calpestata per come avviene giornalmente oggi. Nella nostra contemporaneità, diciamocelo in tutta sincerità esiste una classe politica che spesso è: mediocre, priva d’ogni etica, collusa e corrotta, dove spesso nella politica non esiste la coerenza tra il dire, il fare e il pensare. Confessiamocelo stiamo vivendo in una società globale in cui la crisi dell’economia ci dimostra come sia prevalsa la logica del profitto e nella quale l’abuso e l’arroganza e il crimine e la violenza sono divenuti anch’essi globali. Non basta proclamare i diritti umani; occorre garantirli, difenderli, renderli effettivi. Bisogna rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che, limitando, di fatto, la libertà, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e, quindi, la piena partecipazione di tutti alla vita economica, sociale e politica. Sono convinto che partendo dalle famiglie e dalla scuola, l’educazione debba fondarsi proprio sul rispetto della dignità umana, sul riconoscere e rispettare l’onorabilità dell’altro, specialmente i più deboli o gli emarginati;  in una parola, gli “ultimi”, i “diversi”. Ecco che oggi l’unica strada da seguire per la nostra salvezza, è quella di riscattare la nostra dignità e rispettare l’onorabilità dell’altro. Questa comunanza d’intenti e di sentimenti se non sarà valorizzata e potenziata dalla nostra gente e dalle nostre istituzioni: nella nostra terra non cambierà mai nulla e inevitabilmente sprofonderà in un baratro sempre più profondo, dove i giovani continueranno a fuggire in gran quantità dalla nostra città che non gli prospetta nessun futuro dignitoso.

 

 

 

 Aboliamo le Province!

 

 

Per rimettere in sesto l’economia pubblica locale e risanare il territorio serve un atto di coraggio. Una prova di buona volontà sarebbe quella di abolire gli enti pubblici inutili e costosi, perché le Province servono soprattutto ad avvelenare i pozzi della finanza pubblica, lasciandosi alle spalle spesso un bilancio disastrato.

 

Lo scenario provinciale è devastante e stravolto, infatti, la prova lampante ed inequivocabile si è riscontrata l’undici dicembre scorso. Molte strade, ancora oggi, sono interrotte ed inaccessibili con lavori che non sono né ultimati neanche iniziati vedasi: il Capo di Milazzo, il lungomare tra Maceo e Spinesante (strada provinciale interrotta da circa “dieci lunghi anni”); per non parlare delle strade provinciali di Gala, San Paolo, Castroreale, ed altri centri collinari della Provincia.

Per vedere tutto ciò basta farsi una passeggiata sui luoghi, per rendersi conto che tutta la fascia marina e collinare tirrenica, è degradata con situazioni di pericolo e di disagio per la gente che vive in questi paesi abbandonati nella propria sventura. Milazzo, Barcellona, Terme Vigliatore, Falcone, ed altri comuni, subiscono un danno rilevante ancora oggi, non solo, sotto l’aspetto dell’immagine ma anche e soprattutto sotto il profilo economico. In tale circostanza ambientale il turismo e l’agricoltura che è una fonte preminente di sostegno economico nel nostro territorio, oggi non è supportata degnamente e adeguatamente da chi ci governa a livello provinciale. Da noi si fa soltanto la politica delle parole attraverso i giornali e le televisioni che, molto spesso, per un proprio tornaconto, si rendono compiacenti e genuflessi al potere politico dominante. I fatti concreti e reali rimangono indelebili soltanto sotto gli occhi del cittadino comune. Con le Province si è di fronte ad un sistema che sembra costruito apposta per moltiplicare le esigenze dei nostri burocrati a voler fare soltanto cassa, la prova è che la spesa pubblica provinciale negli ultimi anni ha continuato a crescere per essere sciupata indisturbatamente. Appare indispensabile un'opera di controllo radicale del bosco e del sottobosco della spesa pubblica: che va ridisegnato con la potatura di tutti i rami più o meno secchi. Si è ormai arrivati ad avere un centinaio di province, il che significa un centinaio di Giunte, di Consigli Provinciali, di Prefetture, di Questure e così via, che spende più soldi per funzioni che potrebbero essere tranquillamente assorbite nelle competenze degli enti comunali.

Certo abolire questi organismi, non significa tagliare immediatamente gli oneri riguardanti tutto il personale che potrebbe essere in parte assorbito a carico di comuni o regioni, ma di sicuro significa prosciugare in prospettiva una fonte d’uscite altrimenti destinata, inevitabilmente, a caricare pesi sempre maggiori che saranno posti sul bilancio della pubblica amministrazione. E’ arrivato il momento di farsi sentire dai Presidenti delle Province Regionali Siciliane perché secondo il D.lgs. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) al Consiglio Provinciale competono l’indirizzo, il controllo politico ed amministrativo, la programmazione e l’approvazione degli atti d’impegno economico finanziario”. Responsabilità non da poco che per non rimanere sulla carta, dovrebbe concretizzarsi tramite atti pubblici, certificazioni, documenti. Tra questi, assume certamente una valenza strategica di controllo e di verifica “la relazione semestrale” che ogni Presidente di Provincia deve obbligatoriamente presentare al Consiglio per una valutazione della propria gestione. Lo stabilisce tassativamente l’art. 210 del Testo Coordinato delle Leggi Regionali relative all’ordinamento degli enti locali, dal titolo “Attribuzioni del Presidente” (già contenuto nella legge regionale n. 9/1986 art. 34 e nella 26/1993 art. 24). Il Presidente ogni 6 mesi presenta una relazione scritta al Consiglio Provinciale sullo stato d’attuazione degli atti programmatici e sull’attività svolta. Il Consiglio Provinciale entro dieci giorni dalla presentazione della relazione, esprime in seduta pubblica le proprie valutazioni. Contrariamente soprattutto da noi, invece, i Presidenti d’alcune Province importanti, si rifiutano di adempiere a tale obbligo previsto dalla legge sopra citata per garantire al cittadino che, ogni azione intrapresa all’interno dei “palazzi” sia esclusivamente nell’ottica di un interesse collettivo. Ci si rende facilmente conto di quanto qualsiasi ruolo istituzionale sia andato a perdere il proprio significato originario, fuoriuscendo dai sacri binari dettati dal nostro sistema democratico. In quale forma di governo, infatti, chi detiene il potere non deve rendere conto a nessuno delle proprie scelte, nemmeno ai rappresentanti dei cittadini? I politologi chiamano questa circostanza “mancanza di responsabilità”, e la considerano una delle cinque caratteristiche dei regimi autoritari. Mantenere in vita un Consiglio Provinciale che senso ha, se questo non è messo a conoscenza dalle scelte della Giunta e non può così tutelare gli interessi della comunità che rappresenta? Così operando le nostre Province non fanno altro che quello di mantenere un esagerato stipendio a quei 30, 40 o 50 consiglieri che, senza protestare, accettano di veder ridicolizzato il proprio ruolo a quello di semplici spettatori della cosa pubblica. Tutti noi di conseguenza che del mondo dei “palazzi” non facciamo parte, da questi nostri burocrati provinciali, ammettiamolo, siamo soltanto considerati solo sudditi?

 

 

 

Un grido nell’indifferenza

 

Nella nostra terra la dignità dell’uomo comune, spesso, rimane calpestata sotto il volere dei potenti e dei violenti. Un accumulo di fallimenti dove la casta politica per decenni, ha condannato questa terra alla stagnazione. Un sottobosco fitto e indecifrabile il nostro, fatto di tanti interessi personali e menzogne che hanno un’unica inevitabile conclusione: qui, da noi, l’onestà è spesso perdente.

 

Saverio Castanotto è al suo secondo avvio come scrittore, con il libro dal titolo “L’Isola nella bolla”, pubblicato da “Armando Siciliano Editore” di pp. 172. Quella raccontata dal nostro autore, con immagini aggressive e drammatiche, è una vicenda ricca d’inquietudine e di sfiducia. Castanotto ha una personalissima caratteristica di creazione e di stile, che deriva da una raggiunta e sofferta maturità di pensiero e nelle pagine del libro, è animata da martellanti accuse nei confronti dei potenti e prepotenti che dimorano nella nostra terra. Castanotto narratore nel romanzo riconosce: ” E la solidarietà oggi consiste nell’essere solidale con se stesso”…La droga spacciata, il bimbo venduto e il corpo venduto, e il sesso sfrenato e l’utero affittato e…”. Una consapevolezza sopportata da una realtà che lo porta a tracciare il libro, con riflessioni d’ironia pungenti, con pessimismo cupo e tagliente, con aperture di profonda malinconia. La storia del Popolo siciliano bisogna ammetterlo: è fatta da secolari ingiustizie. Il Popolo siciliano è stato sempre sottomesso: un tempo ai nobili, ai gabelloti, ai massari, ai campieri, ai briganti; oggi invece, i potenti di turno, hanno sottomesso il Popolo siciliano alla cultura del servilismo e della rassegnazione. Lo sviluppo economico e sociale ancora oggi, appare deludente: un fiume di soldi che arrivano nella nostra Sicilia spesso si polverizzano in studi, consulenze, progetti, opere che si fanno malamente e non si realizzano mai. Un potere politico e criminoso il nostro, indifferente al bene comune. Qui da noi domina l’ingiustizia e il privilegio, dove anche i giovani si sono presi il lusso di apparire: con grosse auto, con il Rolex d’oro al polso o con scommesse a corse di cavalli. In un altro passo del libro Castanotto narratore ammette: ” Li sento la sera quando stanno in piazza… Andiamo al pub a farci qualche drink o al bowling nella games room?”

Questo è il linguaggio delle nostre nuove generazioni! Noi viviamo nella società dello spettacolo e dell’immagine, dove ci siamo dentro tutti e ne subiamo la seduzione. Ecco che il libro di Castanotto si fa dunque ispirazione d’amore, ma è anche di denuncia verso lo spudorato opportunismo dei potenti della politica e del crimine. L’autore esamina, analizza, scandaglia, ma crede ancora nella speranza di una possibile rinascita. Lo stile del libro è complesso e drammatico con l’insistenza ossessiva e ripetitiva di concetti, parole e immagini proprio perché determinate dalle sensazioni e dai ricordi, fatti di fumo e polvere, di silenzi e sangue. Lo scrittore, ricorrendo alla forma espressiva canzonatoria e attraverso soprattutto il suo personaggio principale del libro, il maestro Luca Zito, trae l’ispirazione fondamentale del romanzo, calandolo su una travagliata e appassionata angoscia morale. Il valore di questa scrittura, è soprattutto l’esigenza del nostro autore, è di sentire il bisogno in questa sua seconda opera di interrogare se stesso e riflettere sulla nostra attuale realtà.

 

In questo romanzo vi è freschezza d’invenzione nel ritmo ossessivo e ripetitivo delle parole che s’intrecciano nelle pagine del romanzo, ed anche attraverso una lucida meditazione. Un conflitto interiore che tra terra e gelo coinvolge una bella Sicilia verdeggiante, ammantata dai miti del passato e risonanza nello stesso tempo di una cupa ed eterna sofferenza. Il nostro è un dolore fatto di luci ed ombre, di vitalismo e apatia, che sono le vere e reali contraddizioni della storia della nostra terra.  Con quest’opera, Castanotto, dimostra di essere tra gli autori più degni d’attenzione del nostro attuale panorama letterario Siciliano e le sue affermazioni sono quasi urlate nelle pagine del libro. Il romanzo è ambientato in una Sicilia stracarica di vinti ed emarginati dove si scopre la parte più intima e malinconica del nostro autore. L’isola nella bolla è un romanzo di confessione, dove la storia raccontata, serve solo da cornice per descrivere le vicende dei soliti esclusi di questa nostra società che ancora oggi, vive inchiodata alla legge del feudo e del sopruso e c’impone le sue leggi e le sue concezioni di vita. Nella nostra isola, non c’è mai pace per i miseri, non c’è mai punizione per i furfanti. Ancora oggi la Sicilia, con le sue storie vecchie ed arcaiche, ci offre le vecchie contraddizioni che non vanno di pari passo con i tempi d’oggi perchè ancora non è arrivata la vera civiltà. Tra eroismi e infamità, tra furori e silenzi, tra sfruttamento e liberazione, convivono le due facce della nostra storia: quella degli oppressi e quella degli oppressori. Qui da noi, ogni occasione di rinascita è stata lasciata cadere e ogni slancio popolare ha cozzato contro una muraglia d’indifferenza. Castanotto per bocca del personaggio principale, il maestro Zito, in una pagina del libro avverte: “ Il Potere che crea un sub-potere, sol per potere restare al Potere, e si serve del sub-potere per rendere più forte il suo Potere!”…Perché il potere si nutre d’ignoranza… ed in tale humus cresce la violenza, persino Abele diventa Caino … ed il potere abbisogna di Caini! La Mafia la vuole il Potere!  Confessiamocelo spesso ci si sente invasi dalla vergogna di essere nati e di vivere in questa nostra isola: vergogna per la gente che ha la pretesa di rappresentarci, di governarci, di parlare di noi e per noi; vergogna per non essere capaci di fermare in modo definitivo l’arroganza dei potenti. I poteri forti di questa nostra isola hanno consentito lo scempio e la distruzione di paesaggi tra i più belli del mondo. I potenti e i prepotenti di questa nostra terra, hanno addirittura condannato alla dispersione e al decadimento un patrimonio d’arte e di cultura senza eguali. Nel nostro territorio si avverte spesso la sensazione di girare a vuoto, di parlare nel deserto e si avverte che i mali sono tanti e vari. Il nostro narratore, in una pagina del libro, rileva: “Ma il male maggiore, quello che è letale per questa terra…ha un solo nome: rassegnazione. Noi siamo “rassegnati” da millenni! E se qualcuno sfugge da questa norma, quello è un visionario…, o solo un folle o un suicida”. Nella nostra Sicilia si naviga nel vuoto culturale, nel vuoto politico, nel gelo dei rapporti umani, nella desolazione di un paesaggio violentato e umiliato. Castanotto in un’altra pagina della sua opera afferma: “E sarà sempre terra di partenze, se qui non muta la “mentalità”, se non buttiamo i miti del passato nel cratere di Etna violento”. Nel libro si percepisce l’amarezza dell’autore nel vedere i nostri giovani migliori che hanno voglia di fuggire e abbandonare la nostra terra. Ma la speranza è quella che questi giovani, devono ritornare e che insieme devono trovare il coraggio di ribellarsi per dare un futuro migliore alla nostra Sicilia. Lo scrittore in un'altra pagina del suo testo confessa: ”Comunque io, testardo, aspetto il sole! E il sole mio…porta una falce in mano”. Se si vuole veramente respirare, finalmente, aria di luce, di libertà e dignità, nella nostra terra è fondamentale un cambiamento radicale e una pulizia generale. Per uscire dalla palude è necessario ristabilire il principio che l’uomo non va offeso e che la sua dignità non va calpestata. Per frantumare la “bolla” che avvolge ed affligge la gente di questa nostra terra di Sicilia, incombe l’obbligo etico di dare inizio a promuovere e perseguire il bene comune di tutti. Questo rinnovamento culturale e di pensiero… da noi… è possibile?

 

 

 

 

Un flusso vulcanico

 

In un mondo stracolmo di violenza, e ancor peggio, dall'indifferenza, l’arte ha anche una sua funzione educativa e nei suoi contenuti ci propone ideali di libertà e autonomia, per sottrarci dalle forze sfavorevoli che predominano nella nostra attualità.

 

Nino Gentile nasce a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1944 e inizia la sua passione per la pittura. Sin da ragazzo, collabora con esperti decoratori della nostra città per poi prendere insegnamenti di disegno e pittura da maestri del luogo. Ha partecipato a molte collettive e ama definirsi: "Pittore Libertario" si è ispirato ai grandi Maestri dell'impressionismo, del cubismo sino al neorealismo, surrealismo e alla pop art ed infine al suo sperimentale magmatismo. L'arte nella sua elaborazione ed esecuzione artistica si sottopone alle sollecitazioni del rinnovamento, individuale e sociale. Un laborioso percorso interiore che si evidenzia nelle sue opere, con un “motus operandi” del nostro artista che, sicuramente, si propone un suo fine dì ordine etico e spirituale legato al terreno e non al Divino.

 

Il suo è un viaggio indietro nel tempo che, attraverso il pensiero, partendo dall'immagine, lo farà accostare ad un caos primogenito di una visione. Le suggestioni evocate dal flusso della sua pittura, fluiscono spinti da una vigorosa azione mentale. Nino Gentile è un artista che sa bene che dietro ogni traccia di colore si nasconde il soffio misterioso della creazione. Possiede una coscienza vigile, un fervore creativo, un impulso libertario, che sulla tela si trasforma in apparizioni, inganni visivi, o impercettibili abbandoni, che forse lasciano intuire interiori tempeste emotive del nostro artista. Il rapporto che ha con l'opera è intimo, libero e primitivo, dove la realtà è alterata in visioni personali, ed ogni elemento è semplificato e modificato. Inoltre da vita a mondi e scene che in qualche sua opera, hanno le sembianze sceniche delle favole e dei sogni. L'esecuzione è dunque spesso semplice e i colori sono usati generalmente puri, con un ricco accostamento di colori. Tutte le tecniche e gli studi, quali quelli di prospettiva e proporzione, passano in secondo piano rispetto alla visione d'insieme dell'opera e al nuovo mondo che scaturisce da un'azione creativa senza regole e si basa soprattutto sull'esperienza e la sperimentazione personale, forse è un tentativo di ribellione ad ogni legame a cui spesso porta l'accademismo.

 

Nell'arte pittorica di Nino Gentile, è la pulsione libera e libertaria che si esprime nell'artista nell'atto del creare. In ogni sua sperimentazione pittorica e in alcune opere, ha la capacità di farci visualizzare sulle sue tele, l'insorgere di un caos bollente simile ad una colata vulcanica. Fra movimento e staticità, fra luci e ombre, il pittore Nino Gentile possiede nelle sue potenzialità, l’espressività pittorica di singolari bagliori guizzanti e vitalmente espressivi. Una sorta di azione in movimento della sua pittura che nel tempo, sa rigenerarsi, tramutarsi ed evolversi. Attraverso un respiro sentimentale che egli, sa imprimere alle sue opere. La sua è una pittura lirica ed emozionante che non riproduce apparenze cromatiche, ma piuttosto le armoniose diversità di esperienze visive, le quali non propongono reali soluzioni di pensieri trascendentali, bensì sensazioni riferibilí solo ad una realtà ideale, codici interpretativi di una maniera espressiva, definita Magmatismo.

 

Un grido interiore dove le superfici pittoriche, scorrono attraverso lo spazio in pagine decodificabilí come testimonianze soggettive o come tracce di memoria. Sembra procedere guidato da intuizioni che producono bagliori luminosi e dissolvenze che, sulla tela, si dispongono in successioni di mescolanze cromatiche, alle quali si accompagnano zone oscure, dove lo sguardo si rifugia nell’attesa di un possibile messaggio. In lui si evidenziano la dosatura delle tonalità, la distribuzione dei volumi, sovrapposizioni di spessori, avvallamenti sulla superficie della tela, una tecnica esecutiva del tutto particolare, di un impasto materico e cromatico, di una sorte di inflorescenza che appartiene ad una natura incontrollabile. La mescolanza di colori del magmatismo apre infatti, porte impreviste verso luoghi dove la forma informe assume dignità. La sua capacità creativa é quella di una sperimentazione volutamente variabile, dove l'unica e giusta prospettiva, sta nella definizione della ricchezza dei risultati visivi. Certamente egli ha ereditato dall'action painting della scuola americana un certo umore malinconico, ma ne ha respinto con saggezza le minacciose malinconie di stile americano, rivolgendosi all'intelligenza e alla sensibilità di una narrazione pittorica precisa, si propone come artista di una materia comunicativa per farsi comprendere.

 

 

 

Ai cantori della rinascita

 

Una città che langue Barcellona! Da mare a monte, niente di nuovo s’intravede nel territorio del Longano. I problemi si accavallano, si moltiplicano, si prolungano nel tempo infinito, a dispetto dei cittadini e di qualcuno che credeva nel rinnovamento della città.

 

Tanti bei discorsi sbandierati nelle pubbliche piazze della città, che poi, si sono ridotti in cenere e in fumo nella realtà del nostro tempo. Una realtà la nostra, che inesorabilmente, si evolve verso una triste verità che indissolubilmente è legata al nostro presente. Mare e monte nella più completa desolazione, non è necessario scattare foto perché tale squallore è nel cuore e nella mente di ognuno di noi. Strada interrotta già da troppi anni come il lungomare che da Spinesante porta a Terme Vigliatore e non si sa, quando sarà riaperta. Lavori sul lungomare iniziati e poi sospesi; e ancora oggi non sappiamo se saranno portati a termine. Lavori sul Lungomare che soprattutto nel centro di Calderà dove si sta edificando l’arena, il progettista ha dato prevalenza al cemento e non al verde; e a lavori ultimati, dalla strada, la visione del mare e delle barche scompariranno dal nostro orizzonte. Gli esercenti che operano da Calderà a Spinesante e sino a Maceo Marina di Terme Vigliatore, hanno sopportato e continuato a subire un danno rilevante nelle loro attività commerciali. Ammettiamolo! Queste le circostanze che da sole contribuiscono sin d’ora a darci una visione dello scenario che s’intravede nel nostro territorio marino. Buche e avvallamenti, con lavori iniziati e tutt'oggi non portati a termine, sono presenti anche nelle nostre frazioni collinari. Strade rifatte al centro e in periferia, dove le condizioni dopo qualche mese del loro completamento sono sotto gli occhi di tutti: con buche piccole e grandi e scolo delle acque che al primo acquazzone, evidenziano la loro limitatezza. Strade rifatte al centro e in periferia che dopo qualche mese del loro compimento, sono state nuovamente smantellate per dare corso ad altri successivi lavori che invece potevono e dovevano essere fatti prima. Strade rifatte al centro ed in periferia ma la segnaletica e l’illuminazione mancano ovunque soprattutto nelle strade di maggior transito di autovetture come in via del Mare dove, se non si pone un freno alla velocità ci potrebbe scappare ancora una volta il morto. Guardate, riflettete e considerate gli avvenimenti e le vicende della nostra città. Scoprirete che nel nostro paese non solo è difficile vivere, ma anche morire.

 

Una città dove ancora oggi, non si ha rispetto nemmeno per i morti. Da anni diverse iniziative sono state fatte anche a livello di dibattiti in consiglio comunale sulla endemica mancanza di loculi, ma nulla si è fatto per trovare soluzioni o di identificare anche nelle periferie altri luoghi utili e necessari per la risoluzione di tale annoso problema. Tutto si è arenato nei cassetti o negli armadi delle nostre istituzioni locali che così facendo non hanno risolto il problema dell’insufficienza dei loculi; ma non so se involontariamente oppure volontariamente tale comportamento è commesso al solo scopo di potenziare le casse comunali e tutto il business che fiorisce e ruota intorno a tale problematica. La città continua a scendere di prestigio in tutti i settori. Amare la città con il cuore significa operare per il bene di tutti inteso nell’interesse della gente e dei luoghi in cui si vive. I lavori sino ad oggi eseguiti nelle opere pubbliche, nella loro esecuzione e ultimazione dimostrano nei fatti che i governanti istituzionali che operano nel Palazzo Longano non amano veramente la propria città. Nella nostra realtà, spesso, i lavori iniziati e completati sono eseguiti con superficialità e in malo modo. Sulla nostra città, se continuiamo nell’elenco delle mancanze e inefficienze dei servizi non resi o resi in cattiva maniera, il discorso si allungherebbe di troppo. Ma smettiamola di continuare a prenderci in giro. Forse è meglio non credere ai cantori della rinascita o ai sostenitori del verbo e della parola. Sulla materia dei servizi mi sono voluto soffermare principalmente su quelle manchevolezze che certamente incidono maggiormente sulla sicurezza e sui valori primari che un’amministrazione avveduta e responsabile dovrebbero garantire a favore di tutti i cittadini che vivono nella nostra città. Mi auguro, anche se mi sembra alquanto difficile che possa avvenire, che la classe politica nel prossimo futuro, possa voltare veramente pagina, per una vera e sincera svolta epocale, per il bene di tutti e soprattutto per una vera crescita sociale ed economica della nostra città e dei suoi cittadini. Ma insisto nell’affermare e ritenere in piena consapevolezza, che la risposta che ci dovremmo dare a noi stessi, nel presente, è una sola: Barcellona doveva essere la città dei servizi (per come affermavano i nostri politici locali in campagna elettorale) invece, quali servizi ci hanno reso per la rinascita della città sino ad oggi?...

 

 

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