In questo spazio verranno
descritti i dati personali, i lavori svolti in 40 anni d'attività, le
caratteristiche della sua professione.
Il suo profilo professionale è
caratterizzato da:
Progetti e preventivi con cura dei dettagli
tecnici
Conoscenza ampia del
mercato
Assistenza personale ad
ogni fase della realizzazione
Centinaia li lavori
svolti a Roma e in Italia come referenze
L'arredamento di casa comporta difficoltà, spesso sottovalutate,
per la facilità con la quale si seguono i consigli di riviste
specializzate che danno consigli su come arredare la propria casa. La realtà è che ci vuole tanta pazienza e
professionalità per non farsi convincere da formule o sistemi che puntano solo
all'aspetto commerciale del problema.
Rivolgetevi ad un esperto di
arredamento
D.
Lgs. 19 settembre 1994, n. 626
testo coordinato con le
modifiche introdotte dal D. Lgs. 242/96
Attuazione
delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza
e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
(in supplemento ordinario n.
141, alla Gazzetta Ufficiale n. 265, del 12 novembre).
Il Presidente della Repubblica: visti gli articoli 76 e 87 della
Costituzione; vista la legge 19 febbraio 1992, n. 142, ed in particolare l'art.
43, recante delega al Governo per l'attuazione delle direttive del Consiglio
89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE,
90/394/CEE e 90/679/CEE in materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante
il lavoro; vista la legge 22 febbraio 1994, n. 146, recante proroga del termine
della delega legislativa contemplata dall'art. 43 della citata legge n. 142 del
1992, nonché delega al Governo per l'attuazione delle direttive particolari già
adottate, ai sensi dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE,
successivamente alla medesima legge 19 febbraio 1992, n. 142; vista la
preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 7 luglio 1994; acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; vista la deliberazione
del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 settembre 1994; sulla
proposta del Ministro per il coordinamento delle politiche dell'Unione europea,
di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del
tesoro, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, dell'interno e per la funzione pubblica e gli
affari regionali; emana il seguente decreto legislativo:
Titolo I
Capo I - Disposizioni generali.
Art. 1. Campo di applicazione.
1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della
salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori
di attività privati o pubblici.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione
civile, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di
quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con
compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli
istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione
di ogni ordine e grado, delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei
mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme del presente decreto sono
applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio
espletato, individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i
Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione
pubblica.
3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877,
nonchè dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme
del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.
4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni a
statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente
con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
4-bis. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3
e 4 e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i
preposti che dirigono o sovrintendono le stesse attività, sono tenuti
all'osservanza delle disposizioni del presente decreto.
4-ter. Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore
di lavoro non può delegare quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4, lettera
a), e 11, primo periodo.
Art. 2. Definizioni.
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono
per:
a) lavoratore: persona che
presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli
addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato
anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società,
anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli
enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione
scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per
agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì
equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i
partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di
laboratori macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti
chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono
computati ai fini della determinazione del numero dei lavoratori dal quale il
presente decreto fa discendere particolari obblighi;
b) datore di lavoro: il
soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il
soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la
responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale
definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e
di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il
dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non
avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad
un ufficio avente autonomia gestionale;
c) servizio di prevenzione e
protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni
all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi
professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva;
d) medico competente: medico in
possesso di uno dei seguenti titoli:
1) specializzazione in medicina
del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in
tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del
lavoro o in clinica del lavoro ed altre specializzazioni individuate, ove
necessario, con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;
2) docenza o libera docenza in
medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in
tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del
lavoro;
3) autorizzazione di cui
all'art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
e) responsabile del servizio di
prevenzione e protezione: persona designata dal datore di lavoro in possesso di
attitudini e capacità adeguate;
f) rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta o designata per
rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della
sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato rappresentante per la
sicurezza;
g) prevenzione: il complesso
delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell'attività
lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della
salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
h) agente: l'agente chimico,
fisico o biologico presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la
salute;
i) unità produttiva:
stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata
di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.
Art. 3. Misure generali di tutela.
1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei
lavoratori sono:
a) valutazione dei rischi per
la salute e la sicurezza;
b) eliminazione dei rischi in
relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non
è possibile, loro riduzione al minimo;
c) riduzione dei rischi alla
fonte;
d) programmazione della
prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella
prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell'azienda
nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;
e) sostituzione di ciò che è
pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
f) rispetto dei principi
ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature
e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il
lavoro monotono e quello ripetitivo;
g) priorità delle misure di
protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
h) limitazione al minimo del
numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli
agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro;
l) controllo sanitario dei
lavoratori in funzione dei rischi specifici;
m) allontanamento del
lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua
persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione
collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da
attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei
lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
q) uso di segnali di
avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di
ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai
dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;
s) informazione, formazione,
consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti,
sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;
t) istruzioni adeguate ai
lavoratori.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il
lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
Art. 4. Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto.
1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro
e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione
dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori,
ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi
particolari.
2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora
un documento contenente:
a) una relazione sulla
valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella
quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l'individuazione delle
misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione
individuale conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);
c) il programma delle misure
ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di
sicurezza.
3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero l'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a) designa il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le
regole di cui all'art. 8;
b) designa gli addetti al
servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le
regole di cui all'art. 8;
c) nomina, nei casi previsti
dall'art. 16, il medico competente.
5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la
salute dei lavoratori, e in particolare:
a) designa preventivamente i
lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e
lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e
immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione
dell'emergenza;
b) aggiorna le misure di
prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno
rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione
al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;
c) nell'affidare i compiti ai
lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in
rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i
necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
e) prende le misure appropriate
affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano
alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiede l'osservanza da
parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni
aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di
protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro
disposizione;
g) richiede l'osservanza da
parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto,
informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva;
h) adotta le misure per il
controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni
affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile,
abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informa il più presto
possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa
il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di
protezione;
l) si astiene salvo eccezioni
debitamente motivate dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività
in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;
m) permette ai lavoratori di
verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle
misure di sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante
per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale
di cui all'art. 19, comma 1, lettera e);
n) prende appropriati
provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi
per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;
o) tiene un registro nel quale
sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano
un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome,
il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato, le cause e le
circostanze dell'infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del
lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione
consultiva permanente, di cui all'art. 393 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul
luogo di lavoro, a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione di
tale decreto il registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati
dalle leggi vigenti;
p) consulta il rappresentante
per la sicurezza nei casi previsti dall'art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);
q) adotta le misure necessarie
ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonché per
il caso di pericolo grave e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla
natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità
produttiva, e al numero delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora
il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente nei casi in cui
sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono
rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai
fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità
produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a
sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne
consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di
lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.
9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro
il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per
l'igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni
dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti
documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano alle
attività industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all'obbligo
di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso,
alle centrali, termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle
aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per la
fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle
strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più
decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del
commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva
permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono
essere altresì definiti:
a) i casi relativi a ipotesi di
scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti
di prevenzione e protezione in aziende ovvero unità produttive che impiegano un
numero di addetti superiore a quello indicato nell'allegato I;
b) i casi in cui è possibile
la riduzione a una sola volta all'anno della visita di cui all'art. 17, lettera
h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma restando
l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorché si modificano le situazioni di
rischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell'allegato I,
il datore di lavoro delle aziende familiari, nonché delle aziende che occupano
fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è
tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della
valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati.
L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza.
Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende
familiari nonché le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a
particolari fattori di rischio, individuate nell'ambito di specifici settori
produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio
e dell'artigianato delle risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno
per quanto di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione
necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali
e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici
uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico
dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro
fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente
decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte
dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta
del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha
l'obbligo giuridico.
Art. 5. Obblighi dei lavoratori.
1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della
propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su
cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente
alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. In particolare i lavoratori:
a) osservano le disposizioni e
le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai
fini della protezione collettiva ed individuale;
b) utilizzano correttamente i
macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati
pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i
dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in modo
appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
d) segnalano immediatamente al
datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e
dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali condizioni
di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di
urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o
ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza;
e) non rimuovono o modificano
senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di
controllo;
f) non compiono di propria
iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che
possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
g) si sottopongono ai controlli
sanitari previsti nei loro confronti;
h) contribuiscono, insieme al
datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli
obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la
sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.
Art. 6. Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e
degli installatori.
1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i
principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento
delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di
protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti.
2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in
uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza.
Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di
certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano
accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti
dalla legge;
3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici
devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle
istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi
tecnici per la parte di loro competenza.
Art. 7. Contratto di appalto o contratto d'opera.
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a
lavoratori autonomi:
a) verifica, anche attraverso
l'iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, l'idoneità
tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in
relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera;
b) fornisce agli stessi
soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente
in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza
adottate in relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:
a) cooperano all'attuazione
delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti
sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di
protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi
reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i
lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il
coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai rischi specifici
propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori
autonomi.
Capo II - Servizio di
prevenzione e protezione.
Art. 8. Servizio di prevenzione e protezione.
1. Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza
all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, il servizio di
prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi esterni all'azienda,
secondo le regole di cui al presente articolo.
2. Il datore di lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti
di cui all'art. 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di
attitudini e capacità adeguate, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza.
3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente,
possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo
svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a
causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di
persone esterne all'azienda in possesso delle conoscenze professionali
necessarie per integrare l'azione di prevenzione o protezione.
5. L'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei
seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di
cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n.
175 e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai
sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;
b) nelle centrali
termoelettriche;
c) negli impianti e laboratori
nucleari;
d) nelle aziende per la
fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali
con oltre duecento dipendenti;
f) nelle industrie estrattive
con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;
g) nelle strutture di ricovero
e cura sia pubbliche sia private.
6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti
all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva sono insufficienti, il
datore di lavoro può far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche
dell'azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a
prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.
8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e capacità
adeguate.
9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto
con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita la commissione consultiva permanente, può individuare specifici
requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il
numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non
è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.
11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità
sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona
designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno
ovvero esterno all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione
nella quale si attesti con riferimento alle persone designate:
a) i compiti svolti in materia
di prevenzione e protezione;
b) il periodo nel quale tali
compiti sono stati svolti;
c) il curriculum professionale.
Art. 9. Compiti del servizio di prevenzione e protezione.
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all'individuazione dei
fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle
misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto
della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza
dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di
competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all'art. 4,
comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di
sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di
informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle
consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all'art.
11;
f) a fornire ai lavoratori le
informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione
informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro,
la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli
impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del registro degli
infortuni e delle malattie professionali;
e) le prescrizioni degli organi
di vigilanza.
3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi
lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al
presente decreto.
4. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di
lavoro.
Art. 10. Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti
di prevenzione e protezione dai rischi.
1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del
servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonché di prevenzione incendi e
di evacuazione, nei casi previsti nell'allegato I, dandone preventiva
informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle
condizioni di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà di cui
all'art. 8, comma 4.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve
frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul
luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e
trasmettere all'organo di vigilanza competente per territorio:
a) una dichiarazione attestante
la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi;
b) una dichiarazione attestante
gli adempimenti di cui all'art. 4, commi 1, 2, 3 e 11;
c) una relazione sull'andamento
degli infortuni e delle malattie professionali della propria azienda elaborata
in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza
dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente;
d) l'attestazione di frequenza
del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
Art. 11. Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi.
1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15
dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una
riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo
rappresentante;
b) il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente ove
previsto;
d) il rappresentante per la
sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei
partecipanti:
a) il documento, di cui
all'art. 4, commi 2 e 3;
b) l'idoneità dei mezzi di
protezione individuale;
c) i programmi di informazione
e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della
loro salute.
3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative
variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la
programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla
sicurezza e salute dei lavoratori.
4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15
dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.
5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione
dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione che è tenuto a
disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
Capo III - Prevenzione incendi,
evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso.
Art. 12. Disposizioni generali.
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lettera q), il
datore di lavoro:
a) organizza i necessari
rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto soccorso,
salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i
lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'art. 4, comma 5, lettera
a);
c) informa tutti i lavoratori
che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure
predisposte ed i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi,
prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori possano, in caso
di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro
attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di
lavoro;
e) prende i provvedimenti
necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato
per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell'impossibilità
di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure
adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue
conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di
lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda ovvero dei rischi specifici
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la
designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e
disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei
rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi
dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di
lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
Art. 13. Prevenzione incendi.
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica
29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza
sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati ed
ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti ad
individuare:
1) misure intese ad evitare
l'insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si
verifichi;
2) misure precauzionali di
esercizio;
3) metodi di controllo e
manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione
delle emergenze;
b) le caratteristiche dello
specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio di cui all'art. 12,
compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.
2. Per il settore minerario il
decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e
della previdenza sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
Art. 14. Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato.
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può
essere evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa,
non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi
conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e
nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende
misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio
per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.
Art. 15. Pronto soccorso.
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle
dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico
competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto
soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre
eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari
rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori
infortunati.
2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o
più lavoratori incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.
3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i
requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati in
relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai
fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della
previdenza sociale, della funzione pubblica e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio
superiore di sanità.
4. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le
disposizioni vigenti in materia.
Capo IV - Sorveglianza
sanitaria.
Art. 16. Contenuto della sorveglianza sanitaria.
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa
vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e
comprende:
a) accertamenti preventivi
intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori
sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione
specifica;
b) accertamenti periodici per
controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di
idoneità alla mansione specifica.
3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e
indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico
competente.
Art. 17. Il medico competente.
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di
lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'art. 8, sulla
base della specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla predisposizione
dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità
psicofisica dei lavoratori;
b) effettua gli accertamenti
sanitari di cui all'art. 16;
c) esprime i giudizi di idoneità
alla mansione specifica al lavoro, di cui all'art. 16;
d) istituisce ed aggiorna,
sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza
sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di
lavoro con salvaguardia del segreto professionale;
e) fornisce informazioni ai
lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e,
nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità
di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività
che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta,
informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore
interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e,
a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
g) comunica, in occasione delle
riunioni di cui all'art. 11, ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati
anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e
fornisce indicazioni sul significato di detti risultati;
h) congiuntamente al
responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli
ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla programmazione del
controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con
tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza;
i) fatti salvi i controlli
sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite mediche richieste dal
lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali;
l) collabora con il datore di
lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso di cui all'art. 15;
m) collabora all'attività di
formazione e informazione di cui al capo VI.
2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della
collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta
gli oneri.
3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art.
16, comma 2, lettera b), esprima un giudizio sull'inidoneità parziale o
temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro
e il lavoratore.
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta
giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di
vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori
accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso. 5. Il
medico competente svolge la propria opera in qualità di:
a) dipendente da una struttura
esterna pubblica o privata convenzionata con l'imprenditore per lo svolgimento
dei compiti di cui al presente capo;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di
lavoro.
6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi
gli fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento
dei suoi compiti.
7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l'attività di
medico competente qualora esplichi attività di vigilanza.
Capo V - Consultazione e
partecipazione dei lavoratori.
Art. 18. Rappresentazione per la sicurezza.
1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il
rappresentante per la sicurezza.
2. Nelle aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il
rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro
interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per
la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale
ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai
lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla
contrattazione collettiva di riferimento.
3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il
rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito
delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è
eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.
4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante
per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per
l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione
collettiva.
5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma
4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti,
stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione
del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per
le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica
sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano
nazionale.
6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1, è il
seguente:
a) un rappresentante nelle
aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle
aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000 dipendenti;
c) sei rappresentanti in tutte
le altre aziende ovvero unità produttive.
7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante
per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale
di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui
all'art. 22, comma 7.
Art. 19. Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza.
1. Il rappresentante per la sicurezza:
a)accede ai luoghi di lavoro in
cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato
preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla
individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione
nell'azienda ovvero unità produttiva;
c) è consultato sulla
designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all'attività di
prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;
d) è consultato in merito
all'organizzazione della formazione di cui all'art. 22, comma 5;
e) riceve le informazioni e la
documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di
prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati
pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti di
lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
f) riceve le informazioni
provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione
adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'art. 22;
h) promuove l'elaborazione,
l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la
salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in
occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;
l) partecipa alla riunione
periodica di cui all'art. 11;
m) fa proposte in merito
all'attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile
dell'azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle
autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione
dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non
sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo
svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi
necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono
stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a
causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si
applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della
sua funzione, al documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, nonché al registro
degli infortuni sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o).
Art. 20. Organismi paritetici.
1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di
orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei
lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a
controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione
e formazione, previsti dalle norme vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o
partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali,
territoriali o aziendali.
3. Agli effetti dell'art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel
medesimo articolo.
Capo VI - Informazione e
formazione dei lavoratori.
Art. 21. Informazione dei lavoratori.
1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva
un'adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e
la salute connessi all'attività dell'impresa in generale;
b) le misure e le attività di
protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui è
esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le
disposizioni aziendali in materia;
d) i pericoli connessi all'uso
delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di
sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
e) le procedure che riguardano
il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori;
f) il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione ed il medico competente;
g) i nominativi dei lavoratori
incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere
a), b) e c), anche ai lavoratori di cui all'art. 1, comma 3.
Art. 22. Formazione dei lavoratori.
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i
lavoratori di cui all'art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed
adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al
proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni.
2. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o
cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove
attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati
pericolosi.
3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione
all'evoluzione dei rischi ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione
particolare di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di
sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di
rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche
di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
5. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta
antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed
immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione
dell'emergenza devono essere adeguatamente formati.
6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al
comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui
all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a
carico dei lavoratori
7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita
la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della
formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di
lavoro di cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della
tipologia delle imprese.
Capo VII - Disposizioni
concernenti la pubblica amministrazione.
Art. 23. Vigilanza.
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza
e salute nei luoghi di lavoro è svolta dall'unità sanitaria locale e, per
quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché,
per il settore minerario, dal Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque
minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla
legislazione vigente all'ispettorato del lavoro, per attività lavorative
comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e della sanità, sentita la Commissione consultiva
permanente l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in
materia di sicurezza può essere esercitata anche dall'ispettorato del lavoro
che ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'unità
sanitaria locale competente per territorio.
3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato entro dodici mesi dalla data di
entrata in vigore del presente decreto.
4. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori attribuite dalle disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e
marittima ed alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto
riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in
ambito portuale ed aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per
le Forze armate e per le Forze di polizia; i predetti servizi sono competenti
altresì per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe
esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di
attuazione, con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del
lavoro e della previdenza sociale e della sanità. L'Amministrazione della
giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia,
anche mediante convenzione con i rispettivi ministeri, nonché dei servizi
istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.
Art. 24. Informazione, consulenza, assistenza.
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Ministero
dell'interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco,
l'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche mediante i
propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, per mezzo degli ispettorati del lavoro, il Ministero dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli uffici
della direzione generale delle miniere, l'Istituto italiano di medicina sociale,
l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e gli
enti di patronato svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in
materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti
delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese delle rispettive
associazioni dei datori di lavoro.
2. L'attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti che
svolgono attività di controllo e di vigilanza.
Art. 25. Coordinamento.
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unità
ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale
nell'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori, e di radioprotezione.
Art. 26. Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli
infortuni e l'igiene del lavoro.
1) L'Art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
<<Art. 393 (Costituzione della commissione).-
1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita
una commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per
l'igiene del lavoro. Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione generale dei
rapporti di lavoro da lui delegato, ed è composta da:
a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria,
uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica;
b) il direttore e tre funzionari dell'Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza del lavoro;
c) un funzionario dell'Istituto superiore di sanità;
d) il direttore generale competente del Ministero della sanità ed un
funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: industria, commercio ed
artigianato; interno difesa; trasporti; risorse agricole alimentari e forestali;
ambiente e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
funzione pubblica e degli affari regionali;
e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla
Conferenza Stato-Regioni;
f) un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale
assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
Consiglio nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia nazionale protezione
ambiente; Istituto italiano di medicina sociale;
g) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
maggiormente rappresentative a livello nazionale;
h) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro,
anche dell'artigianato e della piccola e media impresa, maggiormente
rappresentative a livello nazionale;
i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale
su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda
maggiormente rappresentative a livello nazionale.
2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente.
3. All'inizio di ogni mandato la commissione può istituire comitati
speciali permanenti dei quali determina la composizione e la funzione.
4. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui al comma 3
persone particolarmente esperte, anche su designazione delle associazioni
professionali, dell'università e degli enti di ricerca, in relazione alle
materie trattate.
5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono
disimpegnate da due funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale.
6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari
sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su
designazione degli organismi competenti e durano in carica tre anni.>>.
Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non spetta
il gettone di presenza di cui al D.P.R. 11 gennaio 1956, n° 5, e successive
modificazioni. >>
2) L'art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
<<Art. 394 (Compiti della commissione).-
1. La commissione consultiva permanente ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di
sicurezza e salute sul posto di lavoro e predisporre una relazione annuale al
riguardo;
b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della
legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni
concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori, nonché
per il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza;
c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle
misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro;
d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica
relativi alla normativa CEE da attuare a livello nazionale;
f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 48 del
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 8 del
decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
h) esprimere parere sul riconoscimento della conformità alle vigenti
norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e
sistemi di sicurezza;
i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli
ispettori del lavoro nell'esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti
rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell'art. 43, comma 1,
lettera g), n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalità di
cui all'art. 402;
l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle regioni, su qualsiasi
questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei
lavoratori.
2. La relazione di cui al comma precedente, lettera a), è resa pubblica
ed è trasmessa alle commissioni parlamentari competenti ed ai presidenti delle
regioni.
3. La commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati
o promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del Ministero del lavoro
e della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.>>.
3) L'Art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1995, n.
547, è soppresso.
Art. 27. Comitati regionali di coordinamento.
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza Stato -
regioni, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono individuati
criteri generali relativi all'individuazione di organi operanti nella materia
della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare
uniformità di interventi ed il necessario raccordo con la commissione
consultiva permanente.
2. Alle riunioni della Conferenza Stato - regioni, convocate per i pareri di
cui al comma 1, partecipano i rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM.
Art. 28. Adeguamenti al progresso tecnico.
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di
concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente:
a) è riconosciuta la conformità
alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
b) si dà attuazione alle
direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro
della Comunità europea per le parti in cui modificano modalità esecutive e
caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già recepite
nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede all'adeguamento
della normativa di natura strettamente tecnica e degli allegati al presente
decreto in relazione al progresso tecnologico.
Capo VIII - Statistiche degli
infortuni e delle malattie professionali.
Art. 29. Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali.
1. L'INAIL e l'ISPESL si forniscono reciprocamente i dati relativi agli
infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti telematici.
2. L'ISPESL e l'INAIL indicono una conferenza permanente di servizio per
assicurare il necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall'art.
8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonché per
verificare l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione ed assicurativi, e per
studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno
degli infortuni e delle malattie professionali.
3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai
rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l'attività lavorativa sono
individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la classificazione dei
casi di infortunio, ed i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e
gravità e loro successivi aggiornamenti.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del
Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono
essere individuati criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione
a particolari rischi.
5. I criteri per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai
rischi e ai danni derivanti dalle malattie professionali, nonché ad altre
malattie e forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono
individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del
Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, sulla base
delle norme di buona tecnica.
Titolo II - LUOGHI DI LAVORO
Art. 30. Definizioni.
1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si
intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a
contenere posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, nonchè ogni altro luogo nell'area della medesima azienda ovvero
unità produttiva comunque accessibile per il lavoro.
2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o
mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri
terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma situati fuori
dall'area edificata dell'azienda.
3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di
sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato II.
4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso,
di eventuali lavoratori portatori di handicap
5. L'obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di
circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od
occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già
utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee
a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene
personale.
Art. 31. Requisiti di sicurezza e di salute .
1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e fatte
salve le disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993,
n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente all'entrata in
vigore del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di
sicurezza e salute di cui al presente titolo entro il 1 gennaio 1997.
2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento
concessorio o autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il
procedimento diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli obblighi entro
sei mesi dalla data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore di lavoro,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure
alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui al
comma 1, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel caso
di cui al presente comma, sono autorizzate dall'organo di vigilanza competente
per territorio.
Art. 32. Obblighi del datore di lavoro.
1. Il datore di lavoro provvede affinchè:
a) le vie di circolazione
interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite
di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni
evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli
impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e
vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che
possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli
impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare
condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi
di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli,
vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro
funzionamento.
Art. 33. Adeguamenti di norme.
1) L'Art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
<<Art. 13 (Vie e uscite di emergenza ).-
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle
persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro
dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza.
c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di
passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima
apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata
(larghezza utile di passaggio).
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di
raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere
evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di
emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro
ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate,
nonché al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti
luoghi.
5. Le vie e le
uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima
conforme alla normativa vigente in materia antincendio.(
CM. 120)
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono
essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter
essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che
abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura della porte delle
uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta quando possa
determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva
l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando
provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio.
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave,
se non in casi specificamente autorizzati dall'autorità competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato
adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le
porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonché le vie di circolazione e le
porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da
poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita
segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi
appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono
essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che
entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.
12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le
lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio
alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale
distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica
normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in
conformità, quando non ne esista la impossibilità accertata dall'organo di
vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più
efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso
provvedimento dell'organo di vigilanza.
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non
si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un
numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.>>.
2) L'Art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
<<Art. 14 (Porte e portoni).-
1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni,
posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle
persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli
di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attività che
si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5
lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere larghezza minima
di m 1,20.
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste
al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:
a) quando in uno
stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale
deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80;
b) quando in uno
stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra
26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m
1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta
avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m
0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il
locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo
avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi
occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza
rispetto a 100.
4. Il numero
complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purché la
loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
5. Alle porte per
le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile una
tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è
prevista una larghezza minima di m. 0,80 è applicabile una tolleranza in meno
del 2% (due per cento).
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art.
13, comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le
disposizioni di cui all'art. 13, comma 5.
7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse
le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse
centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale.
8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla
circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia
sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo
visibile ed essere sgombre in permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o
essere muniti di pannelli trasparenti.
10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo
all'altezza degli occhi.
11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non
sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori
possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono
essere protette contro lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che
impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un
sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza
rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi
di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere
aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire
automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere
contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente
alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento,
dall'interno senza aiuto speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere
aperte.
17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1 gennaio 1993 devono
essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la
rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili dall'interno durante
il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle
disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti
o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei
commi 2, 3, 4, 5 e 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la
larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a
quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità.>>.
3) L'Art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
<<Art. 8 (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e
passaggi).-
1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe
di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i
veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla
loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di
circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone
ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di
impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto,
dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una
distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.
5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per
garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione
deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della
natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di
cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire
che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori
autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente
visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al
passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in
condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e
dei mezzi di trasporto.
10. I pavimenti ed
i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale
circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente
eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un
pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli
ostacoli devono essere adeguatamente segnalati.>>.
4) L'intestazione del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla seguente:
<<Titolo II Disposizioni particolari>>.
5) L'Art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303
è sostituito dal seguente:
<<Art. 6 (Altezza, cubatura e superficie).-
1. I limiti minimi
per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi
al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di 5 lavoratori, ed in
ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni indicate nell'articolo 33, sono
i seguenti:
a) altezza netta
non inferiore a m. 3;
b) cubatura non
inferiore a mc. 10 per lavoratore;
c) ogni lavoratore
occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq. 2.
2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi
cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media
della copertura dei soffitti o delle volte.
4. Quando necessità
tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente per
territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e
prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente.
L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la
cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle
aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni
che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza,
pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.
5. Per i locali destinati o da destinarsi ad uffici, indipendentemente dal
tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza
sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente.>> .
6) L'Art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
<<Art. 9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi).-
1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto
dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i
lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche
ottenuta con impianti di aerazione.
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre
mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema
di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei
lavoratori.
3. Se sono
utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica,
essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti
d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo
immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria
respirata deve essere eliminato rapidamente.>>.
7) L'Art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
<<Art. 11 (Temperatura dei locali).-
1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo
umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e
degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tenere
conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità
ed il movimento dell'aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di
sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso
deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre, i
lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento
eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della
natura del luogo di lavoro.
5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto
l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature
troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi
personali di protezione.>>.
8) L'Art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
<<Art. 10 (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di
lavoro).-
1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità delle
lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro
devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti
locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono
un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare, la sicurezza, la salute
e il benessere dei lavoratori.
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di
circolazione devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione
previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti
a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di
un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione
artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e
di efficienza.>>.
9) L'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
<<Art. 7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali
scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico).-
1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della
lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi i locali chiusi che non
rispondono alle seguenti condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un
isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività
fisica dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da
poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene.
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o
piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento
sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed
impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i
punti di raccolta e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si
mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di
graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei
locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti
completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle
vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da
materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere
separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in modo tale
che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti né rimanere
feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati
materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza
è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i lavoratori
rimangono feriti qualora esse vadano in frantumi.
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter
essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza.
Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un
pericolo per i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con
l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza
rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonchè per i lavoratori
presenti nell'edificio ed intorno ad esso.
9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente
resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che
permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza,
devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere
dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni
dei carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è
tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza
devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i
lavoratori possono cadere.
13-bis. le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì
applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle
vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di
circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli
impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico.>>.
10) L'Art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
<<Art. 14 (Locali di riposo).-
1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa
del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un
locale di riposo facilmente accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale
lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti
possibilità di riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati
di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei
lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la
protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e
non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale
altri locali affinchè questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del
lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In
detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non
fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori
continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a
sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità
di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.>>.
11. L'Art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, è sostituito dal seguente:
<<Art. 40 (Spogliatoi e armadi per il vestiario).-
1. I locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a
disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro
specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere
di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e
convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti
lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò
adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni
prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro.
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità
sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati,
ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di
sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a
ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di
lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con
sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od
incrostanti, nonché in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od
infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono
essere separati da quelli per gli indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre
delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.>>.
12) Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo
1956, n. 303, sono sostituiti dai seguenti:
<< Art. 37 (Docce).-
1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei
lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.
2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o
un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono
comunque facilmente comunicare tra loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere
a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di
igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di
mezzi detergenti e per asciugarsi.>>
<<Art 39 (Gabinetti e lavabi).
1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro,
dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi
con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per
asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò
sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende
che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a 10, è
ammessa un'utilizzazione separata degli stessi.>>.
13) L'Art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
<<Art. 11 (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro
esterni).-
1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi
contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività
lavorativa.
2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere
adottate altre misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, e vie di circolazione e altri luoghi o impianti
all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività
devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei
veicoli può avvenire in modo sicuro.
4. Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono
altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno
dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle
vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli
impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico.
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui
all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per analogia ai luoghi
di lavoro esterni.
6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati
con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono
essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i
lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la
caduta di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi,
quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo
o possono essere soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.>>.
14) Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi
dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Titolo III - USO DELLE
ATTREZZATURE DI LAVORO
Art. 34. Definizioni.
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono
per:
a) attrezzatura di lavoro:
qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad essere usato
durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di
lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro,
quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la
riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi
zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale
la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza
dello stesso.
Art. 35. Obblighi del datore di lavoro.
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature
adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini
della sicurezza e della salute.
2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per
ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da
parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere
utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte.
3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro
prende in considerazione:
a) le condizioni e le
caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti
nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti
dall'impiego delle attrezzature stesse.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinchè le attrezzature
di lavoro siano:
a) installate in conformità
alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea
manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui
all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso.
5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o
responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di
lavoro si assicura che:
a) l'uso dell'attrezzatura di
lavoro è riservato a lavoratori all'uopo incaricati;
b) in caso di riparazione, di
trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato è qualificato in
maniera specifica per svolgere tali compiti.
Art. 36. Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro.
1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono
soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela
della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
2. Nulla è innovato nel regime giuridico che regola le operazioni di
verifica periodica delle attrezzature per le quali tale regime è
obbligatoriamente previsto. In ogni caso le modalità e le procedure tecniche
delle relative verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a quello in
base al quale l'attrezzatura è stata costruita e messa in servizio.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, può stabilire modalità e
procedure per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 2.
4. Nell'Art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
<<Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli
dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un'attrezzatura di
lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.>>.
5. Nell'Art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
<<Qualora i mezzi di cui al secondo comma svolgano anche la funzione
di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità
di errore.>>.
6. Nell'Art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
<<Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il
libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo
libretto.>>.
7. Nell'Art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n.
303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: [SOPPRESSO]
8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Art. 37. Informazione.
1. Il datore di lavoro provvede affinchè per ogni attrezzatura di lavoro a
disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni
istruzione d'uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle condizioni di impiego
delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle
esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro;
b) alle situazioni anormali
prevedibili.
2. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai
lavoratori interessati.
Art. 38. Formazione ed addestramento.
1. Il datore di lavoro si assicura che:
a) i lavoratori incaricati di
usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull'uso delle
attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori incaricati
dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità
particolari di cui all'art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e
specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e
sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.
Art. 39. Obblighi dei lavoratori.
1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento
eventualmente organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro
disposizione conformemente all'informazione, alla formazione ed
all'addestramento ricevuti.
3. I lavoratori:
a) hanno cura delle
attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche
di propria iniziativa;
c) segnalano immediatamente al
datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto od inconveniente
da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione.
Titolo IV - USO DEI DISPOSITIVI
DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Art. 40. Definizioni.
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi
attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di
proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o
la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a
tale scopo.
2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro
ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e
la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi
di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di
protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del
personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di
protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per l'autodifesa
o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per
individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
Art. 41. Obbligo di uso.
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o
sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di
protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del
lavoro.
Art. 42. Requisiti dei DPI.
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4
dicembre 1992,n. 475.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da
prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle
condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze
ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati
all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI,
questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso
simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi
corrispondenti.
Art. 43. Obblighi del datore di lavoro.
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la
valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche
dei DPI necessarie affinchè questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera
a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli
stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle
informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di
cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le
raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni
qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art.
45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto
riguarda la durata dell'uso, in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell'esposizione
al rischio;
c) caratteristiche del posto di
lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti
previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui all'art. 45, comma 2.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI
e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e
le sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI siano
utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali,
conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni
comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso
personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte
di più persone, prende misure adeguate affinchè tale uso non ponga alcun
problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il
lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;
f) rende disponibile
nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;
g) assicura una formazione
adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso
corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n.
475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
Art. 44. Obblighi dei lavoratori.
1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento
organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art.
43, commi 4, lettera g ), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente
all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente
organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in
materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o
al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a
loro disposizione.
Art. 45. Criteri per l'individuazione e l'uso.
1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di
riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'art. 43, commi 1 e 4.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell'attività e
dei fattori specifici di rischio, indica:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le proprietà delle
misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.
Art. 46. Norma transitoria.
1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di
emergenza destinati all'autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31
dicembre 2004, possono essere impiegati:
a) i DPI commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del decreto
legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto
prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri Paesi della
Comunità europea.
Titolo V - MOVIMENTAZIONE
MANUALE DEI CARICHI
Art. 47. Campo di applicazione.
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano la
movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni
dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.
2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale dei
carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o
più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare,
portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza
delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l'altro rischi di
lesioni dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari;
lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e nerveovascolari a livello
dorso-lombare.
Art. 48. Obblighi dei datori di lavoro.
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai
mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la
necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad
opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi
adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione
manuale di detti carichi, in base all'allegato VI.
3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico
ad opera del lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i
posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile
sicura e sana.
4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile,
preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in
questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in base
all'allegato VI;
b) adotta le misure atte ad
evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto
in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche
dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base
all'allegato VI;
c) sottopone alla sorveglianza
sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti alle attività di cui al presene
titolo.
Art. 49. Informazione e formazione.
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare
per quanto riguarda:
a) il peso di un carico;
b) il centro di gravità o il
lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una
collocazione eccentrica;
c) la movimentazione corretta
dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono
eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all'allegato
VI.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
Titolo VI - USO DI ATTREZZATURE
MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Art. 50. Campo di applicazione.
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che
comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti: (1)
a) ai posti di guida di veicoli
o macchine;
b) ai sistemi informatici
montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici
destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) ai sistemi denominati
<<portatili>> ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in
un posto di lavoro;
e) alle macchine calcolatrici,
ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo
dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso
diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine di
videoscrittura senza schermo separato. (1) [Così rettificato in Gazzetta
Ufficiale, 21 novembre 1994, n. 272]
Art. 51. Definizioni.
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo
alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione
utilizzato;
b)
posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di
videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione
dati, ovvero software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali,
le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il
modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro,
nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;
c)
lavoratore: il lavoratore che utilizza una attrezzatura munita di videoterminale
in modo sistematico ed abituale, per almeno quattro ore consecutive giornaliere,
dedotte le interruzioni di cui all'art. 54, per tutta la settimana lavorativa.
Art. 52.
Obblighi del datore di lavoro.
1. Il datore di
lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1,
analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a)
ai rischi per la vista e per gli occhi;
b)
ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
c)
alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di
lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base
alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della
combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
Art. 53.
Organizzazione del lavoro.
1. Il datore di
lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l'uso dei
videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di
evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.
Art. 54. Svolgimento
quotidiano del lavoro.
1. Il lavoratore,
qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto
ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di
attività.
2. Le modalità di
tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche
aziendale.
3. In assenza di una
disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il
lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi
minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalità e la
durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello
individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.
5. E' comunque
esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario
di lavoro.
6. Nel computo dei
tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da
parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo
di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa è
considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come
tale, non è riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione
dell'orario complessivo di lavoro.
Art. 55. Sorveglianza sanitaria.
1. I lavoratori, prima di essere addetti all'attività di cui al presente
titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali
malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal
medico competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità,
il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.
2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori
vengono classificati in:
a) idonei, con o senza prescrizioni;
b) non idonei.
3. I lavoratori classificati come idonei con prescrizioni ed i lavoratori che
abbiano compiuto il quarantacinquesimo anno di età sono sottoposti a visita di
controllo con periodicità almeno biennale.
4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta,
ogni qualvolta sospetta una sopravvenuta alterazione della funzione visiva,
confermata dal medico competente.
5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in
funzione dell'attività svolta è a carico del datore di lavoro.
Art. 56. Informazione e formazione.
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare
per quanto riguarda:
a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso
di cui all'art. 52;
b) le modalità di svolgimento dell'attività;
c) la protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il
Ministro della sanità, stabilisce con decreto una guida d'uso dei
videoterminali.
Art. 57. Consultazione e partecipazione.
1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il
rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano
mutamenti nell'organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui
al presente titolo.
Art. 58. Adeguamento alle norme.
1. I posti di lavoro
utilizzati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto
devono essere conformi alle prescrizioni dell'allegato VII.(in fondo
troverà l’allegato VII)
2. I posti di lavoro utilizzati anteriormente alla data di entrata in vigore
del presente decreto devono essere adeguati a quanto prescritto al comma 1 entro
il 1° gennaio 1997.
Art. 59. Caratteristiche tecniche.
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della
sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento di
direttive comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII in
funzione del progresso tecnico, della evoluzione delle normative e specifiche
internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di
videoterminali.
Titolo VII - PROTEZIONE DA
AGENTI CANCEROGENI
Capo I - Disposizioni generali.
Art. 60. Campo di applicazione.
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali
i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della
loro attività lavorativa.
2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate
dal:
a) decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 962;
b) decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
c) decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.
3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle
radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea
dell'energia atomica.
Art. 61. Definizioni.
1. Agli effetti del presente decreto si intende per agente cancerogeno:
a) una sostanza alla quale, nell'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE, è
attribuita la menzione R 45: <<Può provocare il cancro>> o la
menzione R 49: <<Può provocare il cancro per inalazione>>;
b) un preparato su cui, a norma dell'art. 3, paragrafo 5, lettera j), della
direttiva 88/379/CEE deve essere apposta l'etichetta con la menzione R 45:
<<Può provocare il cancro>> o con la menzione R 49: <<Può
provocare il cancro per inalazione>>;
c) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII nonchè
una sostanza od un preparato prodotti durante un processo previsto all'allegato
VIII.
Capo II - Obblighi del datore di
lavoro.
Art. 62. Sostituzione e riduzione.
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente
cancerogeno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è
tecnicamente possibile, con un sostanza o un preparato o un procedimento che
nelle condizioni in cui viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute e
eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno il datore
di lavoro provvede affinchè la produzione o l'utilizzazione dell'agente
cancerogeno avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente
possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore
di lavoro provvede affinchè il livello di esposizione dei lavoratori sia
ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
Art. 63. Valutazione del rischio.
1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una
valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni, i risultati della quale sono
riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle
lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di
agenti cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della
capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di
assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo
stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o
meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la
fuoriuscita.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al
comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo,
adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti
dati:
a) le attività lavorative che
comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di processi
industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali
sono impiegati agenti cancerogeni; b) i quantitativi di sostanze ovvero
preparati cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità
o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori
esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni;
d) l'esposizione dei suddetti
lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e
protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale
utilizzati;
f) le indagini svolte per la
possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati
eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1
in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della
sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni
dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al
comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'art. 9, comma 3.
a) assicura, applicando metodi
e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono
impiegati quantitativi di agenti cancerogeni non superiori alle necessità delle
lavorazioni e che gli agenti cancerogeni in attesa di impiego, in forma fisica
tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro
in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile
il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti
cancerogeni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di
adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali
<<vietato fumare>>, ed accessibili soltanto ai lavoratori che
debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro
funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e
sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni
nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti
cancerogeni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione
mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5, lettera n).
L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di
ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di
agenti cancerogeni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera
c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento
non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione
conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e
sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi
di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti
cancerogeni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento
degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni,
avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori
ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere
del medico competente, misure protettive particolari per quelle categorie di
lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni presenta rischi
particolarmente elevati.
Art. 65. Misure
igieniche.
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori
dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori
abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati
dagli abiti civili;
c) provvede affinchè i
dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati,
controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far
riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. E' vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui
all'art. 64, lettera b).
Art. 66. Informazione e formazione.
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze
disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni
presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute
connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere
per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da
osservare;
d) la necessità di indossare e
impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di
protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il
verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le
conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima
che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute,
con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinchè gli impianti, i
contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni siano etichettati in
maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le
altre indicazioni devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974,
n. 256 e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 67. Esposizione non prevedibile.
1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare
un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima
misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne
informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui
possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione e ad altre
operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di
protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di
lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere
permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo
strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza il
verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per
ridurre al minimo le conseguenze.
Art. 68. Operazioni lavorative particolari.
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di
manutenzione, per le quali, nonostante l'adozione di tutte le misure di
prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile un'esposizione rilevante
dei lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree
anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed
alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione
individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette
operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni
caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
Capo III - Sorveglianza
sanitaria.
Art. 69. Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive
specifiche.
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato
un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta
misure preventive e protettive per singoli lavoratori sulla base delle
risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allentamento del
lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti
in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a
tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro
effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 63;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione
dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla
sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo
all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione
dell'attività lavorativa.
Art. 70. Registro di esposizione e cartelle sanitarie.
1. I lavoratori di cui all'art. 69 sono iscritti in un registro nel quale è
riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta l'agente cancerogeno
utilizzato e, ove noto il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro
è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il
tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto
registro.
2. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro
di cui al comma 1 all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul
lavoro ed all'organo di vigilanza competente per territorio e comunica loro ogni
3 anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le
variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta,
all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;
c) comunica all'Istituto
superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza
competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei lavoratori di
cui all'art. 69, con le eventuali variazioni sopravvenute dall'ultima
comunicazione delle relative annotazioni individuali contenute nel registro di
cui al comma 1. Consegna all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza
sul lavoro le relative cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di cessazione di
attività dell'azienda consegna il registro di cui al comma 1 all'Istituto
superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia dello stesso
all'organo di vigilanza competente per territorio. Consegna all'Istituto
superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro le cartelle sanitarie e di
rischio;
e) in caso di assunzione di
lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione al
medesimo agente, richiede all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza
sul lavoro copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al
comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio;
f) tramite il medico competente
comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute
nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio ed al
rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro
di cui al comma 1.
3. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le
cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino
a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'Istituto superiore per la
prevenzione e la sicurezza sul lavoro fino a quaranta anni dalla cessazione di
ogni attività che espone ad agenti cancerogeni.
4. La documentazione di cui ai commi 1, 2 e 3 è custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto professionale.
5. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle
cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della
sanità di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la commissione consultiva permanente.
6. L'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro
trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle
risultanze dei requisiti di cui al comma 1.
Art. 71. Registrazione dei tumori.
1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonchè gli istituti
previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie
da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni,
trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero
anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa.
2. Presso l'ISPESL è tenuto, ai fini di analisi aggregate, un archivio
nominativo dei casi di neoplasia di cui al comma 1.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate le
caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia
accertata, ne stabiliscono la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e
l'archiviazione, nonchè le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le
modalità di trasmissione di cui al comma 1.
4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE,
informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
Art. 72. Adeguamenti normativi.
1. Nelle attività con uso di sostanze o preparati ai quali è attribuita
dalla direttiva comunitaria la menzione R 45: <<Può provocare il
cancro>> o la menzione R 49: <<Può provocare il cancro per
inalazione>>, il datore di lavoro applica le norme del presente titolo.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità, sentita la commissione consultiva permanente e la commissione
tossicologica nazionale, è aggiornato periodicamente l'elenco delle sostanze e
dei processi di cui all'allegato VIII in funzione del progresso tecnico,
dell'evoluzione di normative e specifiche internazionali e delle conoscenze nel
settore degli agenti cancerogeni.
Titolo VIII - PROTEZIONE DA
AGENTI BIOLOGICI
Capo I
Art. 73. Campo di applicazione.
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative
nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme
comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e
sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.
Il comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, è
soppresso.
Art. 74. Definizioni.
1. Ai sensi del presente titolo si intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente
modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare
infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in
grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule
derivate da organismi pluricellulari.
Art. 75. Classificazione degli agenti biologici.
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda
del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità
di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in
soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che
si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure
profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi
in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente
biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci
misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare
malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori
e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono
disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione non può
essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati,
esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
3. L'allegato XI riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei
gruppi 2, 3, 4.
Art. 76. Comunicazione.
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di
agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza
territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno 30 giorni prima
dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'art. 78, comma 5.
2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato all'esercizio di attività
che comporta l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 è tenuto alla
comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione
significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni
qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di
lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al
comma 1.
5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza di microrganismi
geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, come definito all'art. 4 del
decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui al comma 1, lettera
b), è sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli casi di
specie dal predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla
comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici
del gruppo 4.
Art. 77. Autorizzazione.
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della propria
attività, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del
Ministero della sanità.
2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:
a) le informazioni di cui all'art. 76, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanità sentito il
parere dell'Istituto superiore di sanità. Essa ha la durata di 5 anni ed è
rinnovabile. L'accertamento del venire meno di una delle condizioni previste per
l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1
informa il Ministero della sanità di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4
utilizzato, nonchè di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente
biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli
adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della sanità comunica all'organo di vigilanza competente per
territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute
nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della sanità
istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei
quali è stata comunicata l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai
commi 1 e 4.
Capo II - Obblighi del datore di
lavoro.
Art. 78. Valutazione del rischio.
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'art. 4,
comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle
caratteristiche dell'agente biologico e delle modalità lavorative, ed in
particolare:
a) della classificazione degli
agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute
umana quale risultante dall'allegato XI o, in assenza, di quella effettuata dal
datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i
criteri di cui all'art. 75, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle
malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti
allergici e tossici;
d) della conoscenza di una
patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione
diretta all'attività lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori
situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che possono influire
sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi
gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed
adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di
cui al presente titolo adattandole alle particolarità delle situazioni
lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1
in occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative ai fini della
sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni
dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo
nell'allegato IX, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare
con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori
agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazione delle
disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86,
qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali misure
non è necessaria.
5. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti
dati:
a) le fasi del procedimento
lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori
addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità del
responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure
lavorative adottate, nonchè le misure preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza
per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente
biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento
fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell'effettuazione
della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma
5.
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78
evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure
tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi
ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di
agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i
lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i
processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di
protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile
evitare altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per
prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico
fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio
biologico, rappresentato nell'allegato X, e altri segnali di avvertimento
appropriati;
g) elabora idonee procedure per
prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale; h)
definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di
agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico
primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari
per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni
di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed identificabili
eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la
manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici
all'interno del luogo di lavoro.
Art. 80. Misure
igieniche.
1. In tutte le attività nelle quali la valutazione di cui all'art. 78
evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce
con acqua calda e fredda, nonchè, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici
per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti
idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e
puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire
quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da
agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro,
conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se
necessario, distrutti.
2. E' vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui c'è
rischio di esposizione.
Art. 81. Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie.
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di
valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di
agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi
campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo
di attività svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce
e provvede a che siano applicate procedure che consentono di manipolare,
decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la comunità, i
materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o
potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4,
le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di
infezione sono indicate nell'allegato XII.
Art. 82. Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari.
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei
laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di
ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da
laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro
adotta idonee misure di contenimento in conformità all'allegato XII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di lavoro
corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l'agente appartiene
al gruppo 2;
b) in aree di lavoro
corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l'agente appartiene
al gruppo 3;
c) in aree di lavoro
corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l'agente appartiene
al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione
da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da
esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta
misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non
ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischio grave per la
salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a
quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanità,
sentito l'Istituto superiore di sanità, può individuare misure di contenimento
più elevate.
Art. 83. Misure specifiche per i processi industriali.
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei
processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4,
il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate
nell'allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all'art. 82, comma 2.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far
sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro
adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
Art. 84. Misure di emergenza.
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione
nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i
lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono
accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare
gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al più presto l'organo di vigilanza
territorialmente competente, nonchè i lavoratori ed il rappresentante per la
sicurezza, dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure che
intende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione
creatasi. 3. Il lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso di
agenti biologici.
Art. 85. Informazioni e formazione.
1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia
rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori,
sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in
particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute
dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere
per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da
osservare;
d) la funzione degli indumenti
di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro
corretto impiego;
e) le procedure da seguire per
la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4;
f) il modo di prevenire il
verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le
conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima
che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con
frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui
sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.
Capo III - Sorveglianza
sanitaria.
Art. 86. Prevenzione e controllo.
1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi
ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza
sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta
misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi
sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non
sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da
somministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'art.
8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
2-bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiamo evidenziato, nei lavoratori
esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile
a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
2-ter. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro
effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 78.
2-quater. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni
sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad
accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta
rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegato
XI, nonché sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non
vaccinazione.
Art. 87. Registri degli esposti e degli eventi accidentali.
1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3
ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di
essi, l'attività svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casi di
esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e
ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a
detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di
sanità, all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e
all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi, ogni tre
anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni
intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro
e all'organo di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto
di lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al contempo l'aggiornamento
dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle
sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna all'Istituto
superiore di sanità e all'organo di vigilanza competente per territorio, copia
del registro di cui al comma 1 e all'Istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonché le cartelle sanitarie e
di rischio; d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività
che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all'ISPESL
copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1,
nonchè copia della cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le
relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e
nella cartella sanitaria e di rischio, ed al rappresentante per la sicurezza i
dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le
cartelle sanitarie e di rischio, sono conservate dal datore di lavoro fino a
risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci anni dalla
cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti
per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che
danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono
avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è di quaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle
cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della
sanità e del lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione
consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi
relative alle risultanze del registro di cui al comma 1.
Art. 88. Registro dei casi di malattia e di decesso.
1. Presso l'ISPESL è tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di
decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonchè le strutture sanitarie, pubbliche o private, che
refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono
all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la commissione consultiva, sono determinati il modello e le
modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonchè le modalità di
trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero della sanità fornisce alla commissione CE, su richiesta,
informazioni su l'utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1.
Titolo IX - SANZIONI
Art. 89. Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti.
1. Il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con
l'ammenda da lire tre milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4,
commi 2, 4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e 5; 69, comma
5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.
2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire
otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e),
h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma 1; 22,
commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e
5; 38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52,
comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma
1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2 e 5, lettera b); 77, comma
1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi
1 e 2;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a
lire cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere b) e
c), 5, lettere c) ,f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12,
comma 1, lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49,
comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi
1, 2 e 3; 77, comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2.
3. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione
amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la
violazione degli articoli 4, commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70,
commi 2 e 3; 87, commi 3 e 4.
Art. 90. Contravvenzioni commesse dai preposti.
1. I preposti sono puniti:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a
lire due milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d),
e), f), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e), e 4; 15, comma
1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 41; 43,
commi 3, 4, lettere a), b) e d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58;
62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78,
comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2;
b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a lire
un milione per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere c), f), g), i) e
m); 7, commi 1, lettera b), e 3; 9, comma 2; 12, comma 1, lettere a) e c); 21;
37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1
e 4; 85, commi 1 e 4.
Art. 91. Contravvenzioni commesse dai progettisti, dai fabbricanti e
dagli installatori.
1. La violazione dell'art. 6, comma 2, è punita con l'arresto fino a sei
mesi o con l'ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni.
2. La violazione dell'art. 6, commi 1 e 3, è punita con l'arresto fino ad un
mese o con l'ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.
Art. 92. Contravvenzioni commesse dal medico competente.
1. Il medico competente è punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire
sei milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b), d), h) e
l); 69, comma 4; 86, comma 2-bis;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a
lire tre milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere e), f),
g) ed i), nonchè del comma 3.
Art. 93. Contravvenzioni commesse dai lavoratori.
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'ammenda da lire quattrocentomila a lire un milione e duecentomila
per la violazione degli articoli 5, comma 2; 12, comma 3, primo periodo 39; 44;
84,comma 3;
b) con l'ammenda da lire duecentomila a lire seicentomila per la violazione
degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.
Art. 94. Violazioni amministrative.
1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e 80,
comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a
lire trecentomila.
Titolo X - DISPOSIZIONI
TRANSITORIE E FINALI
Art. 95. Norma transitoria.
1. In sede di prima applicazione del presente decreto e comunque non oltre il
31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti
di prevenzione e protezione dai rischi è esonerato dalla frequenza del corso di
formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando l'osservanza degli
adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c).
Art. 96. Decorrenza degli obblighi di cui all'art. 4.
1. é fatto obbligo di adottare le misure di cui all'art. 4 nel termine di
dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Art.
96-bis.
Art. 96-bis. Attuazione
degli obblighi.
1. Il datore di lavoro che intraprende un'attività lavorativa di cui
all'art. 1 è tenuto a elaborare il documento di cui all'art. 4, comma 2, del
presente decreto entro tre mesi dall'effettivo inizio dell'attività.
Art. 97. Obblighi d'informazione.
1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla
commissione:
a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore della
sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
b) ogni cinque anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni
dei titoli I, II, III e IV;
c) ogni quattro anni, una relazione sull'attuazione pratica delle
disposizioni dei titoli V e VI.
2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle commissioni
parlamentari.
Art. 98. Norma finale.
1. Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente
decreto, le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed
igiene del lavoro.
* * * * * * * *
Allegato I - CASI IN CUI E' CONSENTITO LO SVOLGIMENTO DIRETTO DA PARTE DEL
DATORE DI LAVORO DEI COMPITI DI PREVENZIONE E PROTEZIONE DAI RISCHI (ART. 10)
1. Aziende artigiane e industriali (1)......... fino a 30 addetti
2. Aziende agricole e zootecniche .......... fino a 10 addetti (2)
3. Aziende della pesca ..................... fino a 20 addetti
4. Altre aziende ....................... fino a 200 addetti
--------------------
(1) Escluse le aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche,
soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6
del decreto stesso, le centrali termoelettriche, gli impianti ed i laboratori
nucleari, le aziende estrattive ed altre attività minerarie, le aziende per la
fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, le
strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
(2) Addetti assunti a tempo indeterminato.
Allegato II - PRESCRIZIONI DI
SICUREZZA E DI SALUTE PER I LUOGHI DI LAVORO
1. Rilevazione e lotta antincendio.
A seconda delle dimensioni e dell'uso degli edifici, delle attrezzature
presenti, delle caratteristiche fisiche e chimiche delle sostanze presenti,
nonchè del numero massimo di persone che possono essere presenti, i luoghi di
lavoro devono essere dotati di dispositivi adeguati per combattere l'incendio, e
se del caso, di rilevatori di incendio e di sistemi di allarme. I dispositivi
non automatici di lotta antincendio devono essere facilmente accessibili e
utilizzabili. Essi devono essere oggetto di una segnaletica conforme alla
normativa vigente. Questa segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati
ed essere durevole.
2. Locali adibiti al pronto soccorso.
Qualora l'importanza dei locali, il tipo di attività in essi svolta e la
frequenza degli infortuni lo richiedano, occorre prevedere uno o più locali
adibiti al pronto soccorso. I locali adibiti al pronto soccorso devono essere
dotati di apparecchi e di materiale di pronto soccorso indispensabili ed essere
facilmente accessibili con barelle. Essi devono essere oggetto di una
segnaletica conforme alla normativa vigente. Il materiale di pronto soccorso
deve inoltre essere disponibile in tutti i luoghi in cui le condizioni di lavoro
lo richiedano. Esso deve essere oggetto di una segnaletica appropriata e deve
essere facilmente accessibile.
___________
Allegato III - SCHEMA INDICATIVO
PER L'INVENTARIO DEI RISCHI AI FINI DELL'IMPIEGO DI ATTREZZATURE DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
(Omissis).
____________
Allegato IV - ELENCO INDICATIVO
E NON ESAURIENTE DELLE ATTREZZATURE DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Dispositivi di protezione della testa.
- Caschi di protezione per l'industria (caschi per miniere, cantieri di
lavori pubblici, industrie varie);
- Copricapo leggero per proteggere il cuoio capelluto (berretti, cuffie,
retine con o senza visiera);
- Copricapo di protezione (cuffie, berretti, cappelli di tela cerata, ecc.,
in tessuto, in tessuto rivestito, ecc.).
Dispositivi di protezione dell'udito.
- Palline e tappi per le orecchie;
- Caschi (comprendenti l'apparato auricolare);
- Cuscinetti adattabili ai caschi di protezione per l'industria;
- Cuffie con attacco per ricezione a bassa frequenza;
- Dispositivi di protezione contro il rumore con apparecchiature di
intercomunicazione.
Dispositivi di protezione degli occhi e del viso.
- Occhiali a stanghette;
- Occhiali a maschera;
- Occhiali di protezione contro i raggi x, i raggi laser, le radiazioni
ultraviolette, infrarosse, visibili;
- Schermi facciali;
- Maschere e caschi per la saldatura ad arco (maschere a mano, a cuffia o
adattabili a caschi protettivi).
Dispositivi di protezione delle vie respiratorie.
- Apparecchi antipolvere, antigas e contro le polveri radioattive;
- Apparecchi isolanti a presa d'aria;
- Apparecchi respiratori con maschera per saldatura amovibile;
- Apparecchi ed attrezzature per sommozzatori;
- Scafandri per sommozzatori.
Dispositivi di protezione delle mani e delle braccia.
- Guanti: contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, vibrazioni,
ecc.); contro le aggressioni chimiche; per elettricisti e antitermici;
- Guanti a sacco;
- Ditali;
- Manicotti;
- Fasce di protezione dei polsi;
- Guanti a mezze dita;
- Manopole.
Dispositivi di protezione dei piedi e delle gambe.
- Scarpe basse, scarponi, tronchetti, stivali di sicurezza;
- Scarpe a slacciamento o sganciamento rapido.
- Scarpe con protezione supplementare della punta del piede;
- Scarpe e soprascarpe con suola anticalore;
- Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro il calore;
- Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro il freddo;
- Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro le vibrazioni;
- Scarpe, stivali e soprastivali di protezione antistatici;
- Scarpe, stivali e soprastivali di protezione isolanti;
- Stivali di protezione contro le catene delle trance meccaniche;
- Zoccoli;
- Ginocchiere;
- Dispositivi di protezione amovibili del collo del piede;
- Ghette;
- Suole amovibili (anticalore, antiperforazione o antitraspirazione);
- Ramponi amovibili per ghiaccio, neve, terreno sdrucciolevole.
Dispositivi di protezione della pelle
- Creme protettive/pomate.
Dispositivi di protezione del tronco e dell'addome
- Giubbotti, giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni
meccaniche (perforazioni, tagli, spruzzi di metallo fuso, ecc.);
- Giubbotti, giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni
chimiche;
- Giubbotti termici;
- Giubbotti di salvataggio;
- Grembiuli di protezione contro i raggi x;
- Cintura di sicurezza del tronco.
Dispositivi dell'intero corpo
- Attrezzature di protezione contro le cadute;
- Attrezzature cosiddette anticaduta (attrezzature complete comprendenti
tutti gli accessori necessari al funzionamento);
- Attrezzature con freno "ad assorbimento di energia cinetica"
(attrezzature complete comprendenti tutti gli accessori necessari al
funzionamento);
- Dispositivo di sostegno del corpo (imbracatura di sicurezza).
Indumenti di protezione
- Indumenti di lavoro cosiddetti "di sicurezza" (due pezzi e tute);
- Indumenti di protezione contro le aggressioni meccaniche (perforazioni,
tagli, ecc.);
- Indumenti di protezione contro le aggressioni chimiche;
- Indumenti di protezione contro gli spruzzi di metallo fuso e di raggi
infrarossi;
- Indumenti di protezione contro il calore;
- Indumenti di protezione contro il freddo;
- Indumenti di protezione contro la contaminazione radioattiva;
- Indumenti antipolvere;
- Indumenti antigas;
- Indumenti ed accessori (bracciali e guanti, ecc.) fluorescenza di
segnalazione, catarifrangenti;
- Coperture di protezione.
__________
Allegato V - ELENCO INDICATIVO E
NON ESAURIENTE DELLE ATTIVITA' E DEI SETTORI DI ATTIVITA' PER I QUALI PUO'
RENDERSI NECESSARIO METTERE A DISPOSIZIONE ATTREZZATURE DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
1. Protezione del capo (protezione del cranio).
Elmetti di protezione.
- Lavori edili, soprattutto lavori sopra, sotto o in prossimità di
impalcature e di posti di lavoro sopraelevati, montaggio e smontaggio di
armature, lavori di installazione e di posa di ponteggi e operazioni di
demolizione;
- Lavori su ponti d'acciaio, su opere edili in strutture d'acciaio di grande
altezza, piloni, torri, costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni, acciaierie
e laminatoi, grandi serbatoi, grandi condotte, caldaie e centrali elettriche;
- Lavori in fossati, trincee, pozzi e gallerie di miniera;
- Lavori in terra e in roccia;
- Lavori in miniere sotterranee, miniere a cielo aperto e lavori di
spostamento di ammassi di sterile; -- Uso di estrattori di bulloni;
- Brillatura mine;
- Lavori in ascensori e montacarichi, apparecchi di sollevamento, gru e
nastri trasportatori;
- Lavori nei pressi di altiforni, in impianti di riduzione diretta, in
acciaierie, in laminatoi, in stabilimenti metallurgici, in impianti di
fucinatura a maglio e a stampo, nonchè, in fonderie;
- Lavori in forni industriali, contenitori, apparecchi, silos, tramogge e
condotte;
- Costruzioni navali;
- Smistamento ferroviario;
- Macelli.
2. Protezione del piede.
Scarpe di sicurezza con suola imperforabile.
- Lavori di rustico, di genio civile e lavori stradali;
- Lavori su impalcature;
- Demolizioni di rustici;
- Lavori in calcestruzzo ed in elementi prefabbricati con montaggio e
smontaggio di armature;
- Lavori in cantieri edili e in aree di deposito;
- Lavori su tetti.
Scarpe di sicurezza senza suola imperforabile.
- Lavori su ponti d'acciaio, opere edili in strutture di grande altezza,
piloni, torri, ascensori e montacarichi, costruzioni idrauliche in acciaio,
altiforni, acciaierie, laminatoi, grandi contenitori, grandi condotte, gru,
caldaie, e impianti elettrici;
- Costruzioni di forni, installazione di impianti di riscaldamento e di
aerazione, nonchè montaggio di costruzioni metalliche;
- Lavori di trasformazione e di manutenzione;
- Lavori in altiforni, impianti di riduzione diretta, acciaierie e laminatoi,
stabilimenti metallurgici, impianti di fucinatura a maglio e a stampo, impianti
di pressatura a caldo e di trafilatura;
- Lavori in cave di pietra, miniere, a cielo aperto e rimozione di discarica;
- Lavorazione e finitura di pietre;
- Produzione di vetri piani e di vetri cavi, nonchè lavorazione e finitura;
- Manipolazione di stampi nell'industria della ceramica;
- Lavori di rivestimenti in prossimità del forno nell'industria della
ceramica;
- Lavori nell'industria della ceramica pesante e nell'industria dei materiali
da costruzione;
- Movimentazione e stoccaggio;
- Manipolazione di blocchi di carni surgelate e di contenitori metallici di
conserve;
- Costruzioni navali;
- Smistamento ferroviario.
Scarpe di sicurezza con tacco o con suola continua e con intersuola
imperforabile.
- Lavori sui tetti.
Scarpe di sicurezza con intersuola termoisolante.
- Attività su e con masse molto fredde o ardenti.
Scarpe di sicurezza a slacciamento rapido.
- In caso di rischio di penetrazione di masse incandescenti fuse.
3. Protezione degli occhi o del volto.
Occhiali di protezione, visiere o maschere di protezione.
- Lavori di saldatura, molatura e tranciatura;
- Lavori di mortasatura e di scalpellatura;
- Lavorazione e finitura di pietre;
- Uso di estrattori di bulloni;
- Impiego di macchine asportatrucioli durante la lavorazione di materiale che
producono trucioli corti;
- Fucinatura a stampo;
- Rimozione e frantumazione di schegge;
- Operazioni di sabbiatura;
- Manipolazione di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti
corrosivi;
- Impiego di pompe a getto liquido;
- Manipolazione di masse incandescenti fuse o lavori in prossimità delle
stesse;
- Lavori che comportano esposizione al calore radiante;
- Impiego di laser.
4. Protezione delle vie respiratorie.
Autorespiratori.
- Lavori in contenitori, in vani ristretti ed in forni industriali riscaldati
a gas, qualora sussista il rischio di intossicazione da gas o di carenza di
ossigeno.
- Lavoro nella zona di caricamento dell'altoforno;
- Lavori in prossimità dei convertitori e delle condutture di gas di
altoforno;
- Lavori in prossimità della colata in siviera qualora sia prevedibile che
se ne sprigionino fumo di metalli pesanti;
- Lavori di rivestimento di forni e di siviere qualora sia prevedibile la
formazione di polveri;
- Verniciatura a spruzzo senza sufficiente aspirazione;
- Lavori in pozzetti, canali ed altri vani sotterranei nell'ambito della rete
fognaria;
- Attività in impianti frigoriferi che presentino un rischio di fuoriuscita
del refrigerante.
5.Protezione dell'udito.
Otoprotettori.
- Lavori nelle vicinanze di presse per metalli;
- Lavori che implicano l'uso di utensili pneumatici;
- Attività del personale a terra negli aeroporti;
- Battitura di pali e costipazione del terreno;
- Lavori nel legname e nei tessili.
6. Protezione del tronco, delle braccia e delle mani.
Indumenti protettivi.
- Manipolazione di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti
corrosivi;
- Lavori che comportano la manipolazione di masse calde o la loro vicinanza o
comunque un'esposizione al calore;
- Lavorazione di vetri piani;
- Lavori di sabbiatura;
- Lavori in impianti frigoriferi.
Indumenti protettivi difficilmente infiammabili.
- Lavori in saldatura in ambienti ristretti.
Grembiuli imperforabili.
- Operazioni di disossamento e di squartamento nei macelli;
- Lavori che comportano l'uso dei coltelli, nel caso in cui questi siano
mossi in direzione del corpo.
Grembiuli di cuoio.
- Saldatura;
- Fucinatura;
- Fonditura.
Bracciali.
- Operazioni di disossamento e di squartamento nei macelli.
Guanti.
- Saldatura;
- Manipolazione di oggetti con spigoli vivi, esclusi i casi in cui sussista
il rischio che il guanto rimanga impigliato nelle macchine;
- Manipolazione a cielo aperto di prodotti acidi e alcalini.
Guanti a maglia metallica.
- Operazione di disossamento e di squartamento nei macelli;
- Attività protratta di taglio con il coltello nei reparti di produzione e
macellazione;
- Sostituzione di coltelli nelle taglierine.
7. Indumenti di protezione contro le intemperie.
- Lavori edili all'aperto con clima piovoso e freddo.
8. Indumenti fosforescenti.
- Lavori in cui è necessario percepire in tempo la presenza dei lavoratori.
9. Attrezzatura di protezione anticaduta (imbracature di sicurezza).
- Lavori su impalcature;
- Montaggio di elementi prefabbricati;
- Lavori su piloni.
10. Attacco di sicurezza con corda.
- Posti di lavoro in cabine sopraelevate di gru;
- Posti di lavoro in cabine di manovra sopraelevate di transelevatori;
- Posti di lavoro sopraelevati su torri di trivellazione;
- Lavori in pozzi e in fogne.
11. Protezione dell'epidermide.
- Manipolazione di emulsioni;
- Concia di pellami.
Allegato VI - ELEMENTI DI RIFERIMENTO
1. Caratteristiche del carico.
La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio tra l'altro
dorso-lombare nei casi seguenti:
- il carico è troppo pesante (kg 30);
- è ingombrante o difficile da afferrare;
- è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi;
- è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato
ad una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco;
- può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare
lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto.
2. Sforzo fisico richiesto.
Lo sforzo fisico può presentare un rischio tra l'altro dorso-lombare nei
seguenti casi:
- è eccessivo;
- può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco;
- può comportare un movimento brusco del carico;
- è compiuto con il corpo in posizione instabile.
3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro.
Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità
di rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi:
- lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo
svolgimento dell'attività richiesta;
- il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di
scivolamento per le scarpe calzate dal lavoratore;
- il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la
movimentazione manuale di carichi a un'altezza di sicurezza o in buona
posizione;
- il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la
manipolazione del carico a livelli diversi;
- il pavimento o il punto di appoggio sono instabili;
- la temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate.
4. Esigenze connesse all'attività.
L'attività può comportare un rischio tra l'altro dorso-lombare se comporta
una o più delle seguenti esigenze:
- sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo
frequenti o troppo prolungati;
- periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente;
- distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto;
- un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal
lavoratore.
FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO
Il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi:
- inidoneità fisica a svolgere il compito in questione;
- indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal
lavoratore;
- insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione.
__________
Allegato VII - PRESCRIZIONI
MINIME
Osservazione preliminare.
Gli obblighi previsti dal presente allegato si applicano al fine di
realizzare gli obiettivi del titolo VI e qualora gli elementi esistano sul posto
di lavoro e non contrastino con le esigenze o caratteristiche intrinseche della
mansione.
1. Attrezzature.
a)
Osservazione generale.
L'utilizzazione
in sé dell'attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori.
b)
Schermo.
I
caratteri sullo schermo devono avere una buona definizione e una forma chiara,
una grandezza sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e
le linee. L'immagine sullo schermo deve essere stabile; esente da sfarfallamento
o da altre forme d'instabilità. La brillanza e/o il contrasto tra i caratteri e
lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte
dell'utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni
ambientali. Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile liberamente e
facilmente per adeguarsi alle esigenze dell'utilizzatore. é possibile
utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile. Lo schermo
non deve avere riflessi che possano causare molestia all'utilizzatore.
c)
Tastiera.
La
tastiera dev'essere inclinabile e dissociata dallo schermo per consentire al
lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare
l'affaticamento delle braccia o delle mani. Lo spazio davanti alla tastiera
dev'essere sufficiente onde consentire un appoggio per le mani e le braccia
dell'utilizzatore. La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i
riflessi. La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono
tendere ad agevolare l'uso della tastiera stessa. I simboli dei tasti devono
presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di
lavoro.
d)
Piano di lavoro.
Il
piano di lavoro deve avere una superficie poco riflettente, essere di dimensioni
sufficienti e permettere una disposizione flessibile dello schermo, della
tastiera, dei documenti e del materiale accessorio. Il supporto per i documenti
deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre
al massimo i movimenti fastidiosi della testa e degli occhi. é necessario uno
spazio sufficiente che permetta ai lavoratori una posizione comoda.
e)
Sedile di lavoro.
Il
sedile di lavoro dev'essere stabile, permettere all'utilizzatore una certa
libertà di movimento ed una posizione comoda. I sedili debbono avere altezza
regolabile. Il loro schienale deve essere regolabile in altezza e in
inclinazione. Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di coloro che lo
desiderino.
2. Ambiente
a)
Spazio
Il
posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia
spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e di movimenti
operativi.
b)
Illuminazione
L'illuminazione
generale ovvero l'illuminazione specifica (lampade di lavoro) devono garantire
un'illuminazione sufficiente ed un contrasto appropriato tra lo schermo e
l'ambiente, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze
visive dell'utilizzatore.
Fastidiosi
abbagliamenti e riflessi sullo schermo o su altre attrezzature devono essere
evitati strutturando l'arredamento del locale e del posto di lavoro in funzione
dell'ubicazione delle fonti di luce artificiale e delle loro caratteristiche
tecniche.
c)
Riflessi e abbagliamenti
I
posti di lavoro devono essere sistemati in modo che le fonti luminose quali le
finestre e le altre aperture, le pareti trasparenti o traslucide, nonché le
attrezzature e le pareti di colore chiaro non producano riflessi sullo schermo.
Le
finestre devono essere munite di un opportuno dispositivo di copertura
regolabile per attenuare la luce diurna che illumina il posto di lavoro.
d)
Rumore
Il
rumore emesso dalle attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro deve
essere preso in considerazione al momento della sistemazione del posto di
lavoro, in particolare al fine di non perturbare l'attenzione e la comunicazione
verbale.
e)
Calore
Le
attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro non devono produrre un eccesso
di calore che possa essere fonte di disturbo per i lavoratori.
f)
Radiazioni
Tutte
le radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile dello spettro
elettromagnetico, devono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di
vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.
g)
Umidità
Si
deve fare in modo di ottenere e mantenere un'umidità soddisfacente.
3. Interfaccia
elaboratore/uomo
All'atto
dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto del software, o allorché questo
viene modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano
l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro terrà conto dei
seguenti fattori:
a)
il software deve essere adeguato alla mansione da svolgere;
b)
il software deve essere di facile uso e, se del caso, adattabile a livello di
conoscenza e di esperienza dell'utilizzatore; nessun dispositivo o controllo
quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all'insaputa dei lavoratori;
c)
i sistemi debbono fornire ai lavoratori delle indicazioni sul loro svolgimento;
d)
i sistemi devono fornire l'informazione di un formato e ad un ritmo adeguato
agli operatori;
e)
i principi dell'ergonomia devono essere applicati in particolare
all'elaborazione dell'informazione da parte dell'uomo.
____________
Allegato VIII - ELENCO DI
SISTEMI, PREPARATI E PROCEDIMENTI
1. Produzione di auramina col metodo Michler.
2. Lavori che espongono agli idrocarburi policlinici aromatici presenti nella
fuliggine, nel catrame, nella pece, nel fumo o nelle polveri di carbone.
3. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie prodotti durante il
raffinamento del nichel a temperature elevate.
4. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcool isopropilico.
Allegato IX - ELENCO
ESEMPLIFICATIVO DI ATTIVITA' LAVORATIVE CHE POSSONO COMPORTARE LA PRESENZA DI
AGENTI BIOLOGICI
1. Attività in industrie alimentari.
2. Attività nell'agricoltura.
3. Attività nelle quali vi è contatto con animali e/o con prodotti di
origine animale.
4. Attività nei servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e post
mortem.
5. Attività nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i
laboratori di diagnosi microbiologica.
6. Attività in impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti
speciali potenzialmente infetti.
7. Attività negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.
Allegato X - SEGNALE DI RISCHIO
BIOLOGICO
(Omissis).
Allegato XI - ELENCO DEGLI
AGENTI BIOLOGICI CLASSIFICATI
(Omissis).
Allegato XII - SPECIFICHE SULLE
MISURE DI CONTENIMENTO E SUI LIVELLI DI CONTENIMENTO
(Omissis).
Allegato XIII - SPECIFICHE PER
PROCESSI INDUSTRIALI