IL
rifiuto di immagini
preconfezionate
derivate da luoghi comuni che portano a ritrarre situazioni standardizzate,
mutuate dal linguaggio cinematografico e pubblicitario in genere, è
il punto di partenza per una analisi alla scoperta di elementi che possiedano
una propria estetica a priori, innata, che non ha bisogno di canoni
precostituiti dall'uomo per essere compresa. |
Tutto viene lasciato alla casualità per raggiungere una dimensione libera da schemi preconcetti, una dimensione priva dell' idea stessa di tempo ( che ho dilatato attraverso l'utilizzo di diaframmi estremi ). L'estetica di questi luoghi circoscritti si materializza poi attraverso l'apparecchio fotografico, senza dover "inquadrare" , col rischio di includere od escludere cose che invece si offrono da sole, attraverso una certa casualità, alla ripresa. " Ripresa" ovvero registrazione di un viaggio interiore vòlto al raggiungimento di una visione alternativa: non più l'istantanea priva di riflessione ma una fotografia dominata dalla lentezza di pensiero e di esecuzione. Mario Beltrambini |
Una recente mostra alla Galleria Civica di Modena tentava di fare il punto su quella che ormai pare lecito definire la "scuola emiliana" di fotografia, vale a dire la lunga e importante schiera di autori che, dai primi anni Settanta in avanti, hanno dato vita a una fotografia dalle caratteristiche specifiche, e facilmente riconoscibili. Quell'occasione non pretendeva di esaurire il problema; anzi, si limitava a porre al centro dell'attenzione un tema attraverso alcuni esempi significativi, lasciando aperta la strada a possibili, e necessari, sviluppi, integrazioni, aggiornamenti e verifiche in profondità.
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Ora, l'opera di Mario Beltrambini sembra rispondere proprio a queste caratteristiche : nata nel contesto romagnolo - che già in quella mostra vedeva le presenze di un caposcuola come Guidi e di autori come Ricci, Zaffagnini e il più giovane Bernabini -, cresciuta a stretto contatto con una realtà importante come "SavignanoImmagine" - la diffusione della cultura fografica sul territorio attraverso mostre, musei, archivi, è una delle ragioni principali della specificità dell'esperienza emliano-romagnola -, attenta alle radici linguistiche e culturali dentro le quali si è formata, quest'opera si presenta oggi al pubblico come testimonianza del luogo e, insieme, sua assunzione sentimentale. |
E' infatti, per paradosso, un conflitto, quello che vive Beltrambini al momento dello scatto, delle scelte decisive; un conflitto tra l'adesione naturale - verrebbe da dire fisica - al luogo, che ha necessariamente anche implicazioni affettive, e la necessità di estraniarsi da esso per coglierne le caratteristiche meno evidenti e più profonde, certo meno spettacolari. Non a caso, del resto, Beltrambini adotta in alcune delle immagini presentate una serie di accorgimenti - in particolare la solarizzazione - che ne rafforzano il carattere di immediata espressività, accentuando l'aspetto interpretativo e individuale della fotografia. Così, l'oggettività dell'atteggiamento del fotografo di fronte al mondo - ed è un mondo costituito anche dalla memoria, non solo dalle cose - non va mai a discapito d'una soggettività della visione che sembra essere la radice imprescindibile del lavoro di Beltrambini, e che ne garantisce l'autonomia dentro una tradizione, e uno stile, ormai accertati e resi definitivamente propri. Walter Guadagnini |