Ma Berlusconi quanto paga il caffè al bar?
 

   LA POLEMICA  Ci troviamo in piena campagna elettorale e, riguardo al problema dei rincari sconsiderati dei prezzi a causa dell’entrata in vigore dell’Euro come moneta unica, i due contendenti le poltrone europee non trovano di meglio da fare che accusarsi a vicenda per l’ormai irreversibile impoverimento del Paese. Chi doveva controllare chi?  E, soprattutto, quand’era il momento più giusto per farlo?
   L’altro giorno sono entrato in un bar del centro e ho preso un tramezzino e un succo di frutta. Totale pagato: € 3,50. Più di 6700 delle vecchie lire (da notare: ormai ci hanno abituato a definirle «vecchie», ma il 2001 non è poi così lontano). La consumazione è avvenuta al banco e non al tavolino, il locale era un normalissimo «baretto d’angolo» di pochi metri quadrati e per nulla elegante. Non era un «caffè storico» e neppure un bar ristorante... semplicemente un anonimo bar del centro città. La qualità della bibita e dell’alimento venduti era pressoché nella media. Sono più che certo che, prima dell’arrivo dell’euro, per questa stessa consumazione non avrei pagato più di 4000 lire. E dunque, di chi è la colpa se adesso, in quel prezzo, c’è una differenza di oltre 2000 lire? Dell’Europa? Del governo? Dei controllori? Dei (non) controllati? Questo che ho esposto è solo un banalissimo esempio di come ormai stanno le cose nei numeri delle piccole realtà quotidiane: il problema c’è ed è macroscopico! Ma se «non spendere» non può certo essere la migliore delle soluzioni, quali sono allora le reali strategie che si intende mettere in atto per risolverlo? Al fine di una giusta verifica, alla Segnalazione allego lo scontrino che, stando però a quanto detto di recente da Berlusconi, avrei invece dovuto inoltrare (io cittadino) direttamente alla Guardia di finanza. Ma il capo del governo o qualcuno di questi benedetti controllori non se lo pigliano mai un caffè al bar?
 
   Beppe De Francesco

("IL PICCOLO" - 03 marzo 2004, pagina 22 sezione TRIESTE)