Per chi suona la campana
di Umberto Eco
(da Golem, maggio 2001)
A nessuno piacerebbe svegliarsi una mattina e scoprire che tutti i giornali, il Corriere della Sera, la Repubblica, la Stampa, il Messaggero, il Giornale, e via via dall'Unità al Manifesto, compresi i settimanali e i mensili, dall'Espresso a Novella 2000, sino alla rivista on-line Golem, appartengono tutti allo stesso proprietario e fatalmente ne riflettono le opinioni. Ci sentiremmo meno liberi. Ma è quello che accadrebbe con una vittoria del Polo che si dice delle Libertà. Lo stesso padrone avrebbe per proprietà privata tre reti televisive e per controllo politico le altre tre - e le sei maggiori reti televisive nazionali contano più, per formare l'opinione pubblica, di tutti i giornali messi insieme.
Lo stesso proprietario ha già
sotto controllo quotidiani e riviste importanti, ma si sa cosa
accade in questi casi: altri giornali si allineerebbero all'area
governativa, vuoi per tradizione vuoi perché i loro proprietari
riterrebbero utile ai propri interessi nominare direttori vicini
alla nuova maggioranza. In breve si avrebbe un regime di fatto.
Per regime di fatto bisogna intendere un fenomeno che si
verificherebbe da solo, anche se si assume che Berlusconi è uomo
di assoluta correttezza, che la sua ricchezza si è costituita in
modo inappuntabile, che il suo desiderio di giovare al Paese
anche contro i propri interessi è sincero. Qualora un uomo si
trovasse a poter controllare di fatto tutte le fonti
d'informazione del proprio Paese, neppure se fosse un santo
potrebbe sottrarsi alla tentazione di gestirlo secondo la logica
che il sistema imporrebbe e, quand'anche facesse del suo meglio
per sottrarsi a tale tentazione, il regime di fatto sarebbe
gestito dai suoi collaboratori. Non si è mai visto, nella storia
di alcun Paese, un giornale o una catena televisiva che iniziano
spontaneamente una campagna contro il proprio proprietario.
Questa situazione, conosciuta ormai nel mondo come l'anomalia
italiana, dovrebbe essere sufficiente per stabilire che una
vittoria del Polo, nel nostro Paese, non equivarrebbe come
molti politologi affermano a una normale alternanza tra
destre e sinistre, che fa parte della dialettica democratica.
L'instaurazione di un regime di fatto (che, ripeto, si instaura
al di là delle volontà individuali) non fa parte di alcuna
dialettica democratica. Per chiarire perché la nostra anomalia
non allarma la maggioranza degli italiani occorre esaminare
anzitutto quale sia l'elettorato potenziale del Polo. Esso si
divide in due categorie. Il primo è l'Elettorato Motivato. È
fatto da coloro che aderiscono al Polo per effettiva convinzione.
È convinzione motivata quella del leghista delirante che
vorrebbe mettere extracomunitari e possibilmente meridionali in
vagoni piombati; quella del leghista moderato il quale ritiene
conveniente difendere gli interessi particolari della propria
area geografica pensando che possa vivere e prosperare separata e
blindata dal resto del mondo; quella dell'ex fascista che, pur
accettando (magari obtorto collo) l'ordine democratico, intende
difendere i propri valori nazionalistici, e intraprendere una
revisione radicale della storia del Novecento; quella
dell'imprenditore che ritiene (giustamente) che le eventuali
defiscalizzazioni promesse dal Polo sarebbero soltanto a favore
degli abbienti; quella di coloro che, avendo avuto contenziosi
con la magistratura, vedono nel Polo un'alleanza che porrà freno
all'indipendenza dei pubblici ministeri; quella di coloro che non
vogliono che le loro tasse siano spese per le aree depresse. Per
tutti costoro l'anomalia e il regime di fatto, se non benvenuti,
sono in ogni caso un pedaggio di poco conto da pagare per vedere
realizzati i propri fini e pertanto nessuna argomentazione
contraria potrà smuoverli da una decisione presa a ragion
veduta.
La seconda categoria, che
chiameremo Elettorato Affascinato, certamente la più numerosa,
è quella di chi non ha un'opinione politica definita, ma ha
fondato il proprio sistema di valori sull'educazione strisciante
impartita da decenni dalle televisioni, e non solo da quelle di
Berlusconi. Per costoro valgono ideali di benessere materiale e
una visione mitica della vita, non dissimile da quella di coloro
che chiameremo genericamente i Migranti Albanesi. Il Migrante
Albanese non penserebbe neppure a venire in Italia se la
televisione gli avesse mostrato per anni solo l'Italia di Roma
città aperta, di Ossessione, di Paisà e si terrebbe anzi
lontano da questa terra infelice. Migra perché conosce un'Italia
in cui una televisione ricca e colorata distribuisce facilmente
ricchezza a chi sa che il nome di Garibaldi era Giuseppe,
un'Italia dello spettacolo. Ora a questo elettorato che, tra
l'altro (come dicono le statistiche), legge pochi quotidiani e
pochissimi libri, poco importa che si instauri un regime di
fatto, che non diminuirebbe, anzi aumenterebbe la quantità di
spettacolo cui è stato abituato. Fa quindi sorridere che ci si
ostini a sensibilizzarlo parlando del conflitto d'interessi. La
risposta che si ascolta sovente in giro è che a nessuno importa
che Berlusconi si faccia i propri interessi se promette di
difendere i loro. A questi elettori non vale dire che Berlusconi
modificherebbe la Costituzione, primo perché la Costituzione non
l'hanno mai letta, e secondo perché hanno persino sentito
parlare di modificazioni della Costituzione da parte dell'Ulivo.
E allora? Quale articolo della Costituzione possa poi essere
modificato, è per loro irrilevante. Non dimentichiamo che subito
dopo la Costituente Candido ironizzava con vignette salaci
sull'articolo secondo il quale la repubblica difende il
paesaggio, come se si trattasse di un bizzarro e irrilevante
invito al giardinaggio. Che quell'articolo anticipasse le attuali
e tremende preoccupazioni per la salvezza dell'ambiente sfuggiva
non solo al grande pubblico, ma persino a giornalisti informati.
A questo elettorato non vale
gridare che Berlusconi metterebbe la mordacchia ai magistrati,
perché l'idea della giustizia si associa a quella di minaccia e
intrusione nei propri affari privati. Questo elettorato afferma
candidamente che un presidente ricco almeno non ruberebbe perché
concepisce la corruzione in termini di milioni o centinaia di
milioni, non in termini astronomici di migliaia di miliardi.
Questi elettori pensano (e con ragione) che Berlusconi non si
farebbe mai corrompere da una bustarella pari al costo di un
appartamento tricamere con bagno, o dal regalo di una grossa
cilindrata, ma (come del resto quasi tutti noi) trovano
impercettibile la differenza tra diecimila e ventimila miliardi.
L'idea che un parlamento controllato dalla nuova maggioranza
possa votare una legge che, per una catena di cause ed effetti
non immediatamente comprensibile, possa fruttare al capo del
governo mille miliardi, non corrisponde alla loro nozione
quotidiana del dare e avere, comperare, vendere o barattare. Che
senso ha parlare a questi elettori di off shore, quando al
massimo su quelle spiagge esotiche desiderano poter fare una
settimana di vacanza con volo charter?
Che senso ha parlare a questi
elettori dell'Economist, quando ignorano anche il titolo
di molti giornali italiani e non sanno di che tendenza siano, e
salendo in treno comperano indifferentemente una rivista di
destra o di sinistra purché ci sia un sedere in copertina?
Questo elettorato è pertanto insensibile a ogni accusa, al
riparo da ogni preoccupazione di regime di fatto. Esso è stato
prodotto dalla nostra società, con anni e anni di attenzione ai
valori del successo e della ricchezza facile, è stato prodotto
anche dalla stampa e dalla televisione non di destra, è stato
prodotto da parate di modelle flessuose, da madri che abbracciano
finalmente il figlio emigrato in Australia, da coppie che
ottengono il riconoscimento dei vicini perché hanno esibito le
proprie crisi coniugali davanti a una telecamera, dal Sacro
spesso trasformato in spettacolo, dall'ideologia che basta
grattare per vincere, dallo scarso fascino mediatico di ogni
notizia che dica quello che le statistiche provano, che la
criminalità è diminuita, mentre è ben più morbosamente
visibile il caso di criminalità efferata, che induce a pensare
che quello che è accaduto una volta potrebbe accadere domani a
tutti. Questo Elettorato Affascinato sarà quello che farà
vincere il Polo. L'Italia che avremo sarà quella che esso ha
voluto.
Di fronte all'Elettorato Motivato e all'Elettorato Affascinato della destra, il maggior pericolo per il nostro Paese è però costituito dall'Elettorato Demotivato di sinistra (e si dice sinistra nel senso più ampio del termine, dal vecchio laico repubblicano al ragazzo di Rifondazione, sino al cattolico del volontariato che non si fida più della classe politica). È la massa di coloro che tutte le cose dette sinora le sanno (e non avrebbero neppure bisogno di sentirle ripetere), ma si sentono delusi dal governo uscente, di fronte a ciò che si attendevano considerano tiepidamente quello che hanno ricevuto, e si evirano per far dispetto alla moglie. Per punire chi non li ha soddisfatti, faranno vincere il regime di fatto. La responsabilità morale di costoro è enorme, e la Storia domani non criticherà i drogati delle telenovelas, che avranno avuto la telenovela che volevano, ma coloro che, pur leggendo libri e giornali non si sono ancora resi conto o cercano disperatamente di ignorare che quello che ci attende tra qualche giorno non sono elezioni normali, bensì un Referendum Morale. Nella misura in cui rifiuteranno questa presa di coscienza, sono destinati al girone degli ignavi. Contro l'ignavia si chiamano ora anche gli incerti e i delusi a sottoscrivere un appello molto semplice, che non li obbliga e condividere tutte le considerazioni di questo articolo, solo la parte che segue in corsivo. Contro l'instaurazione di un regime di fatto, contro l'ideologia dello spettacolo, per salvaguardare nel nostro Paese la molteplicità dell'informazione, consideriamo le prossime elezioni come un Referendum Morale a cui nessuno ha diritto di sottrarsi. Questo sarà per molti un appello a mettersi una mano sulla coscienza e ad assumersi la propria responsabilità. Perché "nessun uomo è un'isola... Non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te".