Itinerario 8

 

Località di partenza: Parcheggio nei pressi del bivio per Magnano della SP 411, da Cerrione a Mongrando.

Tempo di percorrenza: ore 1.30 (soste escluse)

Difficoltà: F

Periodo consigliato: Tutto l’anno

 

Itinerario ”storico” del Parco. Il primo ad essere segnalato da cartelli ora sostituiti da una più completa documentazione. Percorre la parte meridionale della Bessa tra estesi cumuli e fasce vegetate. Di grande interesse archeologico per la presenza di una stele, unico esemplare rinvenuto nel biellese.

 

Dalla fontana del “buchin”, moderno adattamento a forma di vasca rettangolare della sorgente perenne e di maggior portata di tutto il Parco, attraversare il sentiero ed entrare nell’avvallamento a destra, al cui termine si può osservare lo sbocco originale, dotato di muratura in ciottoli.  Tornare al sentiero e salire in breve sul Terrazzo superiore, in questa zona molto meno evidente che sul versante Elvo. Immediatamente a sinistra si erge la “stele” (vedi capitolo: Incisioni rupestri).

Si prosegue su terreno misto di ciottoli e macchie di alberi, fiancheggiando a sinistra  resti di insediamenti ed a destra un canale di trasporto per le acque di lavaggio.  Frequenti affioramenti di terreno morenico testimoniano della scarsa ed irregolare consistenza dei cumuli che tendono ad assottigliarsi progredendo verso il termine meridionale dell’altopiano. Giunti al cartello n.6 si supera una scarpata interna del Terrazzo, al bordo della quale apparentemente molti canali si interrompono (non raggiungono il canale alimentatore situato a monte) impedendo, in questa zona, una definizione dell’antica rete idrica.  Sempre seguendo i cartelli si continua, lungo la traccia ciottolosa, in un avvallamento poi in terreno più aperto, sfiorando a destra un esteso insediamento. Al cartello n.7 salire a sinistra al punto panoramico con ampia vista sulle imponenti creste moreniche della Serra, sulle Alpi biellesi e sulla vetta del Monte Rosa.  Dopo un nuovo percorso tra i ciottoli si giunge all’incrocio con la strada della “Mezza Bessa”.  Questa strada, che per lungo tratto segue il culmine della linea di separazione tra i versanti Olobbia ed Elvo, si ritiene sia uno dei pochi resti (trasformato e colmato) del canale che, proveniente dal torrente Viona,  alimentava le numerose diramazioni degli impianti di lavaggio della aurifodinae. Svoltare a destra e percorrere il “canale” osservando sul lato sinistro l’evidente imbocco di alcune delle suddette diramazioni.  Dopo  300 m. si raggiunge il “Roc dj lader” (roccia dei ladri) grosso monolito a superficie levigata,  testimonianza di lunga permanenza  nell’alveo della Viona all’epoca della formazione del giacimento aurifero. Ritornare all’incrocio e proseguire sullo stradino orlato da cespugli di erica (fioriti al termine dell’estate), fino alla fontana del “roc dj pé”.  Salire verso sinistra, quindi deviare a destra (nella direzione opposta a quella indicata dal cartello n.12).  Seguire una traccia di sentiero per circa 40 m. poi, all’altezza di un ometto di ciottoli, attraversare a destra il cumulo e scendere in una vasta  area pianeggiante a  forma triangolare, occupata da un boschetto di conifere. Pochi dubbi sussistono sul fatto che questa sia stata in epoca romana una vasca di accumulo dell’acqua per il lavaggio delle sabbie aurifere dato che all’apice destro fuoriesce un canale che scende in direzione della “strada della mezza Bessa” mentre nell’angolo inferiore sinistro entra, ancora ben visibile, l’alimentatore. Quest’ultimo é facilmente osservabile (lunga striscia di cespugli di erica) dalla sommità del cumulo adiacente. Percorrere a ritroso l’itinerario fino al cartello n.12 e proseguire lungo il sentiero lasciando a destra i resti di un insediamento con  profondi affossamenti e resti di muri. Dopo una curva a destra si sale su un pronunciato dosso rettilineo in ambiente aperto e panoramico ed al cartello n.17 si devia a sinistra sul bordo poco rilevato della scarpata, quindi si giunge ad una zona di lavaggio dove i ciottoli di piccole dimensione, immessi nei canali per ripulirli dalle sabbie aurifere, venivano accatastati in lunghi cordoni rettilinei.  Attraverso zone di bosco e radure, guidati dai cartelli, si ritorna in pochi minuti al parcheggio.

 

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