Home page 

Biblioteca on-line

Chronology

PSYCHOANALYSIS  TODAY

di  Peter  Fonagy   (vai alla "personal web page" dell'autore)

("Special article" pubblicato su "World Psychiatry", 2:73-80, 2003)

The most sincere thanks to Prof. Peter Fonagy and to Prof. Mario Maj (Editor of "World Psychiatry") for having allowed  the publication of the  paper.

Traduzione dall'inglese in italiano della dott.ssa Lucia Giannone e curata da Giuseppe Leo.

Abstract: The paper discusses the precarious position of psychoanalysis, a therapeutic approach which historically has defined itself by freedom from constraint and counted treatment length not in terms of number of sessions but in terms of years, in today's era of empirically validated treatments and brief structured interventions. The evidence that exists for the effectiveness of psychoanalysis as a treatment for psychological disorders is reviewed. The evidence base is significant and growing, but less than might meet criteria for an empirically based therapy. The author goes on to argue that the absence of evidence may be symptomatic of the epistemic difficulties that psychoanalysis faces in the context of 21st century psychiatry, and examines some of the philosophical problems faced by psychoanalysis as a model of the mind. Finally some changes necessary in order to ensure a future for psychoanalysis and psychoanalytic therapie within psychiatry are suggested.

PARTE PRIMA.

La psicoanalisi oggi è una disciplina al centro di una battaglia. Quale speranza c'è nell'era dei trattamenti convalidati empiricamente(1), che tengono in gran conto gli interventi strutturati in tempi brevi, per un approccio terapeutico che si definisce attraverso la libertà da costrizioni e preconcetti(2), e che misura la durata del trattamento non in termini di numero di sedute, ma in quelli di anni? Può sempre la psicoanalisi dimostrare la sua efficacia, per non parlare del rapporto costi-efficacia? Dopo tutto, non è la psicoanalisi una forma di terapia qualitativamente diversa che deve sicuramente richiedere un tipo di metro qualitativamente differente per dar conto delle variazioni nei suoi esiti? Il cambiamento  sintomatologico preso come  esclusivo indicatore del beneficio terapeutico deve davvero essere considerato come (un dato*) grezzo in rapporto alla complessità dei processi interpersonali che si sviluppano nell'arco di centinaia di sedute, in media 3-5 alla settimana, di un trattamento psicoanalitico. La maggior parte degli psicoanalisti ha un atteggiamento scettico nei confronti degli studi sugli esiti.

Sorprendentemente, dato questo sfondo non proprio favorevole, esiste difatti qualche prova che suggerisce l'efficacia della psicoanalisi come trattamento per i disturbi psicologici. Tali argomenti di prova in rapporto agli esiti dei trattamenti analitici sono stati recentemente esaminati da Gabbard et al (3), e sono stati offerti suggerimenti per arricchire la letteratura con studi naturalistici catamnestici in continuo aumento. Ma l'assenza di elementi di prova è solo una parte del problema. Ciò può essere sintomatico delle difficoltà scientifiche che la psicoanalisi affronta nel 21.mo secolo. Passerò in rassegna la base delle prove ( a sostegno)* dei trattamenti psicoanalitici e proseguirò esaminando più dettagliatamente i problemi a cui deve far fronte la psicoanalisi vista come un corpus di idee piuttosto che una modalità di trattamento.

RACCOLTA DEI DATI E PSICOANALISI

Gli psicoanalisti, emulando il fondatore della loro disciplina, vanno particolarmente fieri per le scoperte. Ciò ha portato ad una profusione di idee psicoanalitiche. Eppure questa eccessiva quantità di concetti radicati nella clinica sta cominciando a minacciare l'iniziativa clinica (4). La pletora di strategie e tecniche cliniche che non sono tutte compatibili tra di loro crea problemi pressocché insormontabili nella trasmissione della conoscenza e dei compiti della psicoanalisi (5). Tristemente, ciò conduce anche  alla resistenza alla sistematizzazione della conoscenza psicoanalitica, dal momento che coloro il cui quadro di riferimenti si basa sull'ambiguità e sul polimorfismo possono essere minacciati dalla sistematizzazione del ragionamento clinico. La fonte del problema della diversità delle teorie risiede nei metodi psicoanalitici di raccolta dei dati. Come è ben noto, i dati non sono il plurale dell'aneddoto. La pratica psicoanalitica ha dei profondi limiti come forma di ricerca. La teoria psicoanalitica preclude la possibilità che gli analisti siano degli osservatori adeguati del loro stesso lavoro clinico. La scoperta della pervasività del controtransfert ha completamente screditato il modello freudiano del clinico-ricercatore. In assenza di un'autentica tradizione di ricerca, le discipline accademiche prenderanno le distanze dallo studio della psicoanalisi, allo stesso modo di quanto già accade con il giornalismo.

Il progresso nelle discipline riguardanti la mente è stato rilevante. Escludere informazioni provenienti da queste discipline è una strategia ad alto rischio in un'epoca in cui la collaborazione interdisciplinare viene percepita come una forza propulsiva nell'acquisizione di (nuova)*  conoscenza. La scienza moderna è quasi esclusivamente interdisciplinare. La tendenza è per l'abolizione dei dipartimenti basati sulle discipline e sulla ri-configurazione delle facoltà mediche in termini di raggruppamenti interdisciplinari di ricerca (scienziati che lavorano su problemi simili senza badare alla loro disciplina di origine). E' probabile che molte questioni basilari a cui gli psicoanalisti non sono stati capaci adeguatamente di rispondere, come ad es. quella di come agiscano le terapie psicologiche, verranno chiarite esclusivamente dalla ricerca (neuroscientifica) interdisciplinare.

I progressi negli ultimi 30 anni in tutte le neuroscienze non hanno ammesso le motivazioni che inizialmente la psicoanalisi ha avuto per questo settore (di indagine)*(6). I neuroscienziati non sono più coinvolti solo con le disabilità cognitive o con i cosiddetti disturbi organici (7,8). Recenti rassegne di lavori neuroscientifici ribadiscono che molte delle osservazioni originali di Freud, non ultimo l'influenza pervasiva dei processi non consci e la funzione organizzatrice delle emozioni nelle funzioni cognitive, hanno trovato conferma negli studi di laboratorio (9,10). Se Freud fosse oggi vivo, sarebbe intensamente interessato alle nuove conoscenze sul funzionamento cerebrale, come ad es. il modo con cui le reti neurali si sviluppano in relazione alla qualità delle relazioni precoci, la localizzazione di specifiche capacità con tecniche di scansione funzionale, le scoperte di genetica molecolare e genomica comportamentale (11), e sicuramente egli non avrebbe abbandonato il suo Progetto per una Psicologia Scientifica (12), lavoro incompiuto, a cui era affezionato, in cui tentava di sviluppare un modello neurale del comportamento. La genetica ha progredito molto rapidamente, ed i meccanismi che sottendono e sostengono l'interazione geni-ambiente smentiscono le ipotesi iniziali circa le disabilità costituzionali (13). Infatti, per gli scorsi 15-20 anni il campo delle neuroscienze è stato molto aperto a inputs provenienti da quelle scienze dotate di un'adeguata comprensione dei fattori ambientali determinanti l'evoluzione e l'adattamento.

E' possibile che la difficoltà nell'individuare i fattori terapeutici nel trattamento psicoanalitico sia direttamente correlata ai limiti  della base esclusivamente clinica dell'indagine psicoanalitica. L'impatto della psicoanalisi non può essere appieno apprezzato (partendo)* dal solo materiale clinico. La ripetizione di 'patterns' di attivazione emotiva in associazione con il processo interpretativo elabora e rafforza strutture di significato e di risposta emotiva. Ciò può avere effetti di vasta portata, direi, persino sul funzionamento del cervello e sull'espressione del potenziale genetico. Una varietà di studi ha già suggerito che l'impatto della psicoterapia può essere visualizzato in (termini di)* alterazioni dell'attività cerebrale, usando tecniche di 'brain imaging' (14-16). Questi studi forniscono un fondamento alla speranza che il trattamento psicoanalitico intensivo possa in maniera significativa incidere sulla vulnerabilità biologica così come su quella psicologica. Questo settore è ai suoi primordi ma sta avanzando così rapidamente da sembrare altamente probabile che molte future scoperte in campo psicoanalitico sulla mente umana saranno fatte in associazione ed in collaborazione con le scienze biologiche.

 

COME LA PSICOANALISI  BENEFICERA' (O POTREBBE BENEFICIARE) DI UN DIALOGO INTERDISCIPLINARE.

 

Mentre la psicoanalisi clinica ha bisogno di poco aiuto nel raggiungere una conoscenza nel campo della soggettività individuale nel modo più dettagliato possibile, quando desideriamo generalizzare nella direzione di un modello comprensivo della mente umana, tale disciplina non può più vivere sulle sole proprie basi. Un modello psicoanalitico generale della mente umana, se dev'essere credibile, dovrebbe adeguarsi ad una conoscenza più ampia della mente desunta da una varietà di discipline. Questo sta già accadendo, seppure in modo informale. Gli psicoanalisti non possono contribuire a integrare i (nuovi)* progressi sulle scoperte rilevanti nel campo del funzionamento mentale poiché questi sono immancabilmente contenuti in tutte le nostre psicologie o teorie della mente  intuitive, popolari, basate sul senso comune (17,18). La psicologia diffusa tra la gente comune si sviluppa fianco a fianco alle scoperte scientifiche. L'impatto della psicoanalisi sulla patologia psichiatrica nel corso del XX secolo offre la miglior prova a favore di quanto già affermato. L'accoglienza da parte della nostra cultura delle scoperte Freudiane ha reso più difficile per gli individui sostenere di avere drammatiche disfunzioni quali cecità, anestesie e paralisi. La medicina è progredita al punto che gli individui devono accettare che l'assenza di un riscontro pato-fisiologico per una disfunzione somatica implica dei fattori emotivi determinanti - quindi la funzione di mascheramento del sintomo fisico è stata persa e la prevalenza dell'isteria di conversione è crollata. Proprio come la conoscenza comunemente diffusa tra la gente della medicina e della psicologia ha un impatto sui nostri pazienti, così deve inconsciamente influenzare la natura delle riflessioni teoriche degli psicoanalisti. Perciò, 'i progressi scientifici' si infiltrano nella teoria psicoanalitica dalla porta di servizio del preconscio dell'analista. 

Mitchell (19), per contro, asserisce che 'nessun esperimento o serie di esperimenti sarà mai in grado di servire come arbitro finale e conclusivo di qualcosa di così complesso ed elastico come la teoria psicoanalitica'. In realtà, Mitchell scrive che "in definitiva è la comunità dei praticanti la psicoanalisi che fornisce il cruciale terreno di prova nel crogiolo del lavoro clinico quotidiano". Come abbiamo visto, la comunità è stata particolarmente non efficace nell'eliminare definitivamente teorie, in parte a motivo delle definizioni imprecise adottate per definire i concetti sottintesi. Ciò è inevitabile quando i meccanismi o i processi che sottendono la funzione di superficie descritta non sono ben compresi. Il significato del costrutto dev'essere percepito o intuito. Nella psicoanalisi, la comunicazione, negli scritti o nel discorso clinico, si verifica in termini di impatto sul lettore. Come afferma Phillips (20), parafrasando Emerson, nella scrittura psicoanalitica c'è un tentativo di "restituire al lettore i propri pensieri qualunque sia la loro grandiosità, di evocarli per provocazione. Secondo tale modalità di agire, l'accuratezza non costituisce uno stimolo. Nessuna quantità di 'evidenza' o di ricerca convincerà chi non si diverte che uno scherzo è divertente". In psicoanalisi accettiamo l'idea che qualcosa è stata compresa qualora il discorso su di essa risulta stimolante. L'inafferrabilità e l'ambiguità non sono solo consentite, ma possono risultare importanti per descrivere con accuratezza la complessità dell'esperienza umana. E' qui, nella definizione dei meccanismi mentali i cui effetti vengono descritti dagli scritti psicoanalitici ed alla cui natura essi alludono, che la ricerca sistematica, che utilizzi le metodiche psicoanalitiche così come quelle di altre discipline, risulterà utile. Gill (21), nella sua discussione sulla possibile convalida dei concetti psicoanalitici, ha adottato un simile approccio ed ha suggerito che Mitchell ha sottostimato il potenziale contributo della ricerca sistematica, non necessariamente sperimentale, alla situazione psicoanalitica.

Quanto detto non costituisce un tentativo di suggerire che i concetti psicoanalitici possono essere 'testati' o 'convalidati' mediante metodi provenienti da un'altra scienza. Piuttosto, le osservazioni sistematiche potrebbero essere usate per investigare i processi psicologici sottostanti i fenomeni clinici, che gli psicoanalisti sogliono approcciare utilizzando il linguaggio metaforico della metapsicologia. La ricerca interdisciplinare non può testare la teoria psicoanalitica, non può dimostrare che particolari idee psicoanalitiche siano vere o false. Ciò che si può fare è studiare i meccanismi mentali che sono al lavoro nel generare quei fenomeni che gli scritti psicoanalitici descrivono. E' qui, nella definizione dei meccanismi mentali i cui effetti sono descritti dagli scritti psicoanalitici ed alla cui natura essi alludono, che la ricerca sistematica che utilizzi tanto le metodiche psicoanalitiche quanto quelle di altre discipline, risulterà utile. Ciò a sua volta aiuterà a sistematizzare la base di conoscenze della psicoanalisi in modo che l'integrazione con le nuove scienze della mente diventerà sempre più facile. Non solo gli psicoanalisti saranno  capaci di mostrare più prontamente che i loro trattamenti funzionano, ma avranno nuove possibilità di comunicare con gli altri scienziati a proposito delle loro scoperte.E' a questo insieme di opportunità che vorrei ora rivolgermi. L'integrazione delle idee psicoanalitiche con la scienza moderna è improbabile che interessi studiosi provenienti da altre discipline  a meno che la psicoanalisi non contribuisca veramente a dirigere o a informare la raccolta dei dati in queste discipline. Perché la psicoanalisi possa essere assunta seriamente come uno studio scientifico della mente, essa deve impegnarsi in studi sistematici di laboratorio, in indagini epidemiologiche o in esplorazioni qualitative nelle scienze sociali. Naturalmente, i metodi per una tale ricerca sistematica sono ancora ai primordi. La convalida della teoria costituisce una formidabile sfida. Costrutti teorici pur in apparenza facilmente traducibili in operazioni come i meccanismi di difesa sono stati di rado formulati con il grado di esattezza richiesto dagli studi di ricerca. Indagini extra-cliniche, comunque, possono esser d'ausilio nel porre dei limiti alla teorizzazione; ad esempio la nostra crescente conoscenza delle capacità reali dei bambini può renderci capaci di limitare la speculazione circa l'impatto dell'infanzia sul funzionamento adulto. I processi proiettivi che avvengono nell'infanzia è improbabile che funzionino nella modalità adultomorfica descritta da Bion (22-24) e Klein (25-27), ma ciò non vuol dire che tali descrizioni non contengano importanti verità circa il funzionamento mentale adulto, semplicemente che il termine 'infanzia' viene utilizzato metaforicamente in tali teorizzazioni riguardanti i processi mentali. Ad esempio, un risultato proveniente dalla ricerca sulla psicologia infantile fornisce importanti conferme circa il concetto di contenimento di Bion. Si utilizza la nozione maggiormente operativa di 'rispecchiamento marcato' (marked mirroring) per designare la capacità materna di riflettere l'affettività del  bambino, ma anche di comunicare che l'affetto che lei sta esprimendo non è suo ma del bambino (28-30). Le madri che riescono a 'marcare' le loro espressioni emotive (che aggiungono uno speciale insieme di attributi, come ad es. un clima giocoso, all'espressione dell'affetto del bambino che la rende chiaramente differente dalla propria espressione di quell' affetto) sembrano essere capaci di calmare il loro bebé molto più rapidamente. Ciò può non essere tutto quello che voleva dire Bion mediante la nozione di contenimento, ma sembra essere connesso alle sue ipotesi riguardanti i successivi problemi affrontati dagli individui i cui terapeuti erano incapaci di fornire un  incontro dotato di tale 'rispecchiamento'  con regolazione delle emozioni. Limitare la costruzione di una teoria al campo clinico è estremamente privo di senso.

Per riassumere, la psicoanalisi potrebbe trarre beneficio dall'integrazione delle sue teorie operative con i risultati della ricerca provenienti da altri campi, grazie all'elaborazione di modelli psicologici psicoanalitici dei meccanismi coinvolti nei processi mentali chiave. Ciò a sua volta aiuterebbe a sistematizzare la base delle conoscenze psicoanalitiche, in modo tale che l'integrazione con le nuove scienze della mente divenga sempre più facile. Non solo saremo  capaci più prontamente di dimostrare che i nostri trattamenti funzionano, ma avremo nuove possibilità di comunicare con gli altri scienziati circa le nostre scoperte. L'integrazione delle idee psicoanalitiche con la scienza moderna è improbabile che interessi studiosi provenienti da altre discipline a meno che la psicoanalisi non sia in grado di contribuire a dirigere o a informare la raccolta dei dati in tali discipline. La semplice revisione di idee nelle scienze dello sviluppo o nelle neuroscienze per la loro vicinanza alle ipotesi psicoanalitiche ha scarsa importanza per esse. Perché la psicoanalisi prenda il suo posto all'ambito tavolo dello studio scientifico della mente, deve dimostrare il suo coraggio nel campo di battaglia degli studi sistematici di laboratorio, delle indagini epidemiologiche o dell'esplorazione qualitativa nelle scienze sociali.

 

Bibliografia.

1. Lonigan CJ, Elbert JC, Johnson SB. Empirically supported psychosocial interventions for children: an overview. J Clin Child Psychol 1998;27:138-45.

2. Bion WR. Notes on memory and desire. Psychoanalytic Forum 1967;2:272-3,279-80.

3. Gabbard GO, Gunderson JG, Fonagy P. The place of psychoanalytic treatments within psychiatry. Arch Gen Psychiatry 2002;59:505-10.

4. Fonagy P. The future of an empirical psychoanalysis. Br J Psychother 1996;13:106-18

5. Tuckett D. The conceptualisation and communication of clinical facts in psychoanalysis. Int J Psychoanal 1995;76:653-62.

6. Westen D. The scientific legacy of Sigmund Freud: toward a psychodynamically informed psychological science. Psychol Bull 1998;124:333-71.

7. Kandel ER. A new intellectual framework for psychiatry. Am J Psychiatry 1998;155:457-69.

8. LeDoux J. Emotion: clues from the brain. Annu Rev Psychol 1995;46:209-35.

9. Westen D, Gabbard GO. developments in cognitive neurosciences: I. Conflict, compromise, and connectionism. J Am Psychoanal Assoc 2002;50:53-98.

10. Westen D, Gabbard GO. Developments in cognitive neurosciences: II. Implications for theories of transference. J Am Psychoanal Assoc 2002;50:99-134.

11. Plomin R. Something about molecular behavior genetics. Annu Rev Psychol., in press.

12. Freud S. Project for a scientific psychology. In: Strachey J (ed). The standard edition of the complete psychological works of Sigmund Freud, Vol.1. London: Hogarth Press, 1895/1966:281-93.

13. Plomin R, DeFries JC, McLearn GE et al. Behavioral genetics, 3rd ed. New York: Freeman, 1997.

14. Baxter LR, Scwartz JM, Bergman DS et al. Caudate glucose metabolic rate changes with both drug and behavior therapy for obsessive-compulsive disorder. Arch Gen Psychiatry 1992;49:618-89.

15. Schwartz JM, Stoessel PW, Baxter LR et al. Systematic changes in cerebral glucose metabolic rate after successful behavior modification treatment of obsessive-compulsive disorder. Arch Gen Psychiatry 1996;53:109-13.

16. Vinamaki H, Kuikka J, Tiihonen J et al. Change in monoamine transporter density related to clinical recovery: a case-control study. Nordic J Psychiatry 1998;52:39-44.

17. Davis M., Stone T (eds). Folk psychology: the theory of mind debate. Cambridge: Blackwell, 1995.

18. Harris PL. From simulation to folk psychology: the case for development. Mind and Language 1992;7:120-44.

19. Mitchell SA. Hope and dread in psychoanalysis. New York: Basic Books, 1993.

20. Phillips A. On kissing, tickling and being bored: psychoanalytic essays on the unexamined life. London: Faber & Faber, 1993.

21. Gill MM. Review of 'Hope and Dread in Psychoanalysis by Stephen A.Mitchell'. Int J Psychoanal 1994;75:847-50.

22. Bion WR. Differentiation of the psychotic from the non-psychotic personalities. Int J Psychoanal 1957;38:266-75.

23. Bion WR. Learning from experience. London:Heinemann, 1962.

24. Bion WR. A theory of thinking. Int J Psychoanal 1962;43:306-10.

25. Klein M. A contribution to the psychogenesis of manic-depressive states. In: The writings of Melanie Klein, Vol 1. London: Hogarth Press, 1935/1975:236-89.

26. Klein M. Some theoretical conclusions regarding the emotional life of the infant. In: The writings of Melanie Klein, Vol.1. London: Hogarth Press, 1952/1975:61-93.

27. Klein M. On the development of mental functioning. Int J Psychoanal 1958;39:84-90.

28. Fonagy P, Gergely G, Jurist E et al. Affect regulation, mentalization and the development of the Self. New York: Other Press, 2002.

29. Gergely G, Watson J. The social biofeedback model of parental affect-mirroring. Int J  Psychoanal 1996;77:1181-212.

30. Gergely G, Watson J. Early social-emotional development: contingency perception and the social biofeedback model. In: Rochat P (ed). Early social cognition: understanding others in the first months of life. Hillsdale: Erlbaum, 1999:101-37.

 

*Aggiunta del traduttore