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 Chronology

 

LA GUARDIA.
di Giuseppe Messina
    Foto di Stéphane Malysse

 

 

Oltre mille ammalati, una decina di reparti, medici, centinaia di infermieri, il sorvegliante, l'economo, il personale amministrativo, la cucina, la lavanderia, le suore, tante tante persone, e dalle 14 del pomeriggio un solo medico, “il medico di guardia”

Occupava un appartamento di tre stanze, ben arredato, ed accudito a turno da due inservienti.

Il luogo era anche accogliente: i mobili antichi e i lampadari in ferro battuto oggi arredano chissà quali abitazioni.

In quelle stanze ho trascorso ore ed ore, notti lunghe e fredde, pomeriggi afosi, spifferi dappertutto, freddo pungente e caldo torrido, ed ansia, tanta ansia.

Già nel mese di gennaio, da medico volontario, la prima guardia, appena uscito da quella Università che non ti insegna nulla di ciò che ti serve per fare il medico: da solo avevo la responsabilità di un migliaio di persone.

Le prime notti le ho passate insonni, avevo paura di non svegliarmi se fosse squillato il telefono; poi lentamente mi sono abituato, e, nonostante tutto, riuscivo a dormire, svegliarmi e riaddormentarmi con una certa facilità.

Una delle prime guardie mi capitò di trascorrerla quasi completamente nel reparto “grande uomini”: era uguale a quello delle donne, ma se possibile ancora più sudicio. Il feto di urina e feci qui era pungente e talmente forte da farti vomitare.

Quel giorno conobbi “Frittella” un malato con una anomalia genetica del diaframma che determinava una mescolanza di organi addominali e toracici (da qui il nome), ma soprattutto cominciai a spiegarmi alcuni dei miei “perché”.

Gli infermieri, brave persone, solo alcuni avevano una cultura adeguata, ma tutti agivano secondo regole gerarchiche ben definite: quasi sempre, a turno e secondo tali gerarchie, alcuni si assentavano “coperti” dagli altri, alcuni erano alticci, i turni di “guardia”, le ferie, i resti del pranzo e della cena dei malati da destinare ai maiali, seguivano regole rigorose ed inossidabili, che nessuno si sognava di mettere in discussione.

La “guardia” era un banco di prova, nel silenzio dei lunghi cameroni, rotto da improvvise grida, avevi l'opportunità di capire meglio quel mondo fatto di contraddizioni e controsensi: gli ammalati dormivano su letti usurati e arrugginiti dal tempo e dagli escrementi, alcuni erano legati alle brande con delle fasce di canapa che ne laceravano i polsi e le caviglie.

Un susseguirsi uguale e monotono di corpi tutti uguali, dai volti abbronzati e gli sguardi inespressivi, ed un odore di escrementi che ti accompagnava in ogni momento e che di notte, se possibile, percepivi più intenso e più acre.