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 Chronology

 

ALL'INFERNO E RITORNO
di Giuseppe Messina
      Foto di Stéphane Malysse

 

 

Ci sono possibilità di percezione infinite? Sentire suoni che altri non sentono, vedere cose che altri non vedono, possono essere capacità e possibilità 'superiori' a quelle delle usuali percezioni del mondo.

Con lo stesso arbitrio con cui affermiamo l'insanità di tali esperienze, potremmo affermare la loro divinità.

Perché 'malati' e non 'santi'?

Perché 'pazzi' e non 'illuminati'?

 

La scomparsa di un paziente costituiva sempre un evento carico di conseguenze anche di carattere penale: la vecchia legge sui manicomi, allora vigente, infatti, prevedeva la “custodia” e la conseguente responsabilità del personale e, indirettamente, del Direttore dell'Ospedale su ogni evento che riguardasse i ricoverati.

Una “fuga” rappresentava dunque un fatto che determinava allarme un po' in tutti e la necessità di avvisare l' Autorità Giudiziaria.

Quella mattina dopo una “guardia” molto movimentata, venni svegliato dall'ennesima telefonata “dottore Antonietta è scappata di nuovo”.

Antonietta era una paziente smilza e molto agile, tendeva ad allontanarsi dal reparto e dall'ospedale senza una precisa meta, né una specifica motivazione.

Le sue idee deliranti, cariche di motivazioni inverosimili, le vivide allucinazioni uditive e visive, la portavano a seguire propositi insensati e spesso contraddittori: “dottori avimu a muriri tutti, prima o poi e nui murimu prima ill'autri pirchì scuntamu i piccati i tutti” (dottore dobbiamo morire tutti, prima o poi e noi moriremo prima degli altri perchè scontiamo i peccati di tutti).

Diceva queste parole a cantilena, con voce quasi soffocata, sempre in dialetto, ma con un ricco vocabolario che faceva trasparire la sua buona cultura e le sue origini borghesi: la vedevi sempre ben vestita, compita e manierata, il più delle volte appartata ad un angolo del reparto, perchè non accettava la compagnia delle altre ricoverate.

Faceva tenerezza quando, più isolata, la si scorgeva piangere intensamente, frastornata dalle idee deliranti e dalle voci allucinatorie, sempre a tinte grigie ed a contenuto macabro.

Dopo aver espletato tutte le formalità burocratiche ed aver informato le autorità sanitarie e non, mi chiesi dove potesse essere andata: non certo molto distante data l'ora, ma nemmeno fuori dall'ospedale per la via “normale” (l'uscita principale), anche se la struttura usurata dall'età e dal degrado, presentava parecchie crepe nel muro di cinta, “uscite di sicurezza” che in qualche occasione servivano al personale per assentarsi senza “dare nell'occhio”.

Le ricerche proseguirono fino a sera, la Polizia non diede notizie e così pensammo ad una disgrazia e l'ansia fu ancora maggiore quando anche il giorno successivo trascorse senza che di Antonietta si fosse avuta notizia.

Al mattino del terzo giorno, prima di andare al reparto Osservazione, come di regola, decisi di fare una ulteriore ispezione tra gli uliveti che circondavano i reparti: quasi un presentimento mi portò lontano, tra cespugli e rovi di more.

Nel silenzio, rotto da qualche urlaccio delle infermiere e dalle grida di alcune ammalate, potei appena percepire un lamento flebile, quasi impercettibile che proveniva dalla mia destra. Non capivo da dove venisse esattamente, tanto era flebile, non riuscivo a vedere nessuno da quella parte e stavo per andar via, quasi convinto di essermi sbagliato, quando un nuovo e più deciso lamento mi fece accorrere verso il luogo da cui proveniva, apparentemente deserto.

Dal terreno coperto di rovi la voce adesso sembrava chiara e percepibile: era Antonietta intrappolata tra rovi di more in una profonda buca completamente coperta di sterpi e rami secchi. Le operazioni di recupero durarono alcuni minuti, perchè il corpo era completamente disseminato da graffi e ferite e i rovi, ad ogni movimento, accentuavano il dolore.

Appena uscita, Antonietta mi sorrise con la sua solita incoscienza, non sembrava che le due giornate piene, senza né cibo, né acqua, avessero provocato gravi danni: parlava, rigorosamente in dialetto come sempre, in maniera insistente, di tante cose, quasi rimuovendo l'espisodio e vano era ogni tentativo di cercare di coglierne la motivazione.

All'improvviso però ecco la motivazione: “Dottori sugnai o Signuri chi mi vuliva in Paradisu, allura partia! Ma sbagliai strata, inveci du paradisu, finia nto nfernu, menu mali chi rruvastu vui!” (dottore ho sognato il Signore che mi voleva in paradiso e così sono partita. Probabilmente ho sbagliato strada, invece del Paradiso sono finita all'Inferno, meno male che siete arrivato voi).