|
La normativa psichiatrica | |
e la lotta allo stigma di Pietro Nigro |
“Come
potrei negare che queste mani e questo corpo mi appartengono, se non forse
paragonandomi a certi insensati il cui cervello è talmente confuso e offuscato
dai neri vapori della bile che essi affermano costantemente di essere dei re
mentre sono poverissimi, di esser vestiti di porpora e d’oro mentre sono tutti
nudi, o si immaginano d’essere delle brocche o di avere un corpo di vetro?”
Descartes, Meditazioni
L’epoca asilare
La
psichiatria come scienza del governo della
follia è disciplina moderna. Tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX,
si è venuto a costituire il modello contemporaneo della “politica della
salute mentale”. A partire da tale periodo, come osserva Robert Castel, l’agire psichiatrico è risultato
caratterizzato e determinato dall’articolarsi di un insieme di elementi (R.
Castel 1980: 4):
a)
Un codice teorico (ad es. i sistemi nosografici ed i modelli di malattia
mentale);
b)
Una tecnologia d’intervento (agli inizi del XIX secolo il trattamento
morale, qualche decennio più tardi, il sistema del non-restraint
di Conolly, successivamente, le terapie somatiche, sino alla
psicofarmacologia dagli anni ’50 del novecento ed ancora le psicoterapie e
tecniche riabilitative);
c)
Un dispositivo istituzionale (il manicomio, a partire dallo storico gesto
di “liberazione dei folli ” di Pinel, sino alla seconda metà del
novecento);
d)
Uno statuto giuridico relativo alla figura del malato psichiatrico.
Mutamenti,
tensioni, conflitti nelle singole serie del sistema proposto da R. Castel
possono risultare, se tra loro non interagenti, ininfluenti sulla trasformazione
generale dell’insieme del dispositivo.
In Francia, come è noto, l’abolizione delle lettres de cachet, decretata dall’assemblea costituente nel marzo 1790, sanzionò la fine delle pratiche dell’internamento che, nell’epoca dell’ancien régime, per circa 150 anni avevano consentito di mescolare, nelle strutture dell’Hôpital général, folli, mendicanti ed oziosi (Foucault 1963). Sino al XVIII secolo, i discorsi medici, relativi alla malattia mentale, erano stati distinti dalle pratiche dell’internamento che risultavano, viceversa, delle azioni di police (per police si intendono l’insieme dei mezzi, che occorre mettere in opera, per assicurare, al di là della tranquillità e del buon ordine, il “benessere pubblico”: cfr R. Nigro, 1999).
Il
problema che si poneva, all’ordine contrattuale della nascente società borghese, era rappresentato
dalla contraddizione tra le istanze di salvaguardia della sicurezza pubblica e
quelle di rispetto della libertà personale. La legge del 1838 in Francia,
prototipo delle legislazioni psichiatriche europee, consentì di risolvere tale
contraddizione, riconoscendo alla medicina
mentale il potere di ricoverare gli alienati,
secondo le modalità dell’isolamento terapeutico per ragioni di cura.
Sullo
sfondo della società contrattuale che la Rivoluzione francese instaura, il
folle risulta troppo irragionevole ed irresponsabile per entrare nel circuito
regolato dagli scambi. Al suo sorgere la moderna “ cittadinanza ” trae
origine dal patto tra singoli produttori, liberi ed uguali secondo i principi
della ragione (Delle Donne, 2000).
Quasi
a colmare uno iato aperto due secoli fa, negli ultimi decenni si è assistito in
psichiatria ad un forte impegno per la conquista dei diritti di cittadinanza per
i malati mentali.
Alla
fine del XVIII secolo il manicomio verrà ad insediarsi nei luoghi che erano
stati, a partire dalla seconda metà del seicento, del grande internamento. La
contrapposizione di due personaggi illustra, secondo Dörner, il nuovo rapporto
tra ragione e malattia mentale alle soglie della modernità. Da un lato il Bürger,
figura che rappresenta, allo stesso tempo, il cittadino (citoyen) fruitore di
diritti civili ed il borghese produttore, dall’altro il folle (Irre) che è
caratterizzato dall’assenza di ragione e dei diritti di cittadino (Dörner,
1969). L’isolamento terapeutico del folle risulta giustificato dalla
“mancanza di ragione” e comporta l’annullamento dei diritti di
cittadinanza senza tuttavia infrangere i principi legali del contrattualismo. Il
contemporaneo obiettivo di acquisizione dei diritti di cittadinanza per i
soggetti affetti da malattia mentale si inscrive in tale orizzonte storico e
pertanto, parafrasando Habermas, potrebbe essere inteso come un tentativo di
compimento della modernità (ossia ampliamento dei diritti democratici a
categorie inizialmente escluse).
Il moderno concetto di cittadinanza nasce dalla prima forma di sfera pubblica in senso moderno rappresentata dal mercato (Delle Donne, 2000). Il progetto di importanti e critiche pratiche di riabilitazione psicosociale presuppone uno schema che implica la presenza di uno spazio pubblico, inteso come luogo politico in cui gli individui godono di uno statuto di uguaglianza, e si prefigge la meta di consentire, ai pazienti psichiatrici, di accedere a tale spazio per il raggiungimento dei diritti di cittadinanza (sia formali che economici attraverso la particolare enfasi posta sul diritto al lavoro).
Percorsi di deistituzionalizzazione e riforma 180
Le
esperienze di trasformazione istituzionale che si sviluppano nel dopoguerra nei
paesi anglosassoni ed in Francia rappresentano il grande laboratorio in cui
l’interno della macchina asilare viene scomposto e ridefinito. In luogo della
segregazione si introducono forme di socializzazione guidate dal tecnico che
costruisce una rete di relazioni protette, finalizzate a riprodurre
all’interno dell’istituzione modelli e condizioni di vita il più possibile
simili a quelli della vita (Basaglia, Giannichedda).
Al
mondo concentrato del manicomio si affianca, non sostituendolo, un circuito
articolato di istituzioni che, nel caso dell’Inghilterra, tendono a diluire la
psichiatria nella medicina e nell’assistenza; nel caso della Francia ad
articolare una «continuità terapeutica» fra istituzioni e territorio; nel
caso degli Stati Uniti ad integrare psichiatria e medicina nell’organizzazione
assistenziale (Basaglia).
In
Italia, il primo tentativo di riforma legislativa (successiva al 1904) è del
1968 (legge stralcio 431) e, come nel caso degli altri paesi europei, affianca
alla vecchia normativa del 1904 (“Legge sui manicomi e sugli alienati”),
disposizioni riguardanti il ricovero volontario negli ospedali psichiatrici, con
la possibilità di trasformazione del ricovero coatto in ricovero volontario ad
opera e su giudizio dello psichiatra. Questo provvedimento e le disposizioni
amministrative volte ad istituire un’area di servizi territoriali a contorno
dell’ospedale psichiatrico (i Centri di salute mentale) non toccano i
fondamenti della sanzione giuridica (il malato, se coatto, resta definito
dall’essere «pericoloso per sé e per gli altri e di pubblico scandalo»), ma
intendono istituire dei meccanismi di correzione alla rigidità della sua
applicazione.
Mentre
le revisioni normative del dopoguerra hanno sottovalutato o eluso il problema
della sanzione giuridica e della
forma manicomio, nell’illusione forse di un loro possibile superamento
puramente organizzativo, la normativa italiana si incentra proprio su questi
punti e ne ridefinisce i termini (Giannichedda).
La
denominazione stessa della legge 180 («Norme per gli accertamenti ed
i trattamenti sanitari volontari ed obbligatori») indica un mutamento
del punto di vista, spostando l’attenzione dalla malattia alla risposta
istituzionale che viene messa in atto, cioè al servizio, alle sue risorse, al
modo con cui identifica la malattia (Colucci). L’oggetto non è più, come
nelle vecchie normative, la determinazione dei confini della malattia e
l’identificazione delle sue categorie, ma è il trattamento della malattia, ed
è sulle forme e le ragioni di questo trattamento che interviene la legge.
In
Italia, sino alla promulgazione della legge 180/78, l’obbligo all’intervento
psichiatrico produceva il regime della custodia e si giustificava con la sua
necessità; non si registrava obbligo di intervento fuori dalla necessità della
custodia (L’art. 1 della legge n.36 del 1904 disponeva:«Debbono essere
custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da
alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri o riescono di
pubblico scandalo»). Il ricovero in osservazione veniva disposto dal pretore o,
in caso di urgenza, dalla polizia, sulla base di una certificazione medica; il
ricovero veniva registrato nel casellario penale e, al termine della
osservazione, se il paziente veniva ricoverato in modo definitivo, perdeva i
diritti civili.
La pericolosità costituiva un requisito necessario per il ricovero. La legge si disinteressava degli alienati mentali non pericolosi, soggetti che non avrebbero subìto limitazione della propria libertà personale, ma che non possedevano neppure alcun diritto terapeutico.
Con
la legge 180, l’accertamento e trattamento delle malattie mentali diventa di
norma volontario. Un cittadino può essere sottoposto ad una procedura
obbligatoria solo in ben specificate situazioni.
La
procedura del trattamento sanitario obbligatorio verte su tre punti che ben
esemplificano la logica della legge.
Il
TSO può essere adottato «solo se esistono alterazioni psichiche tali da
richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengono accettati
dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano
di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere».
a)
Il primo punto riguarda la malattia, o meglio l’attenzione alla malattia e il
dovere del medico di agire in senso terapeutico, facendosi carico della salute
psichica della persona, invece che della difesa della società.
La pratica dell’internamento agli inizi del XIX secolo coincide con il momento in cui la follia è recepita, non tanto in rapporto all’errore, quanto in rapporto ad un comportamento regolare e normale; in cui essa appare non più come mente sconvolta ma come turba nel modo di comportarsi, di volere, di provare delle passioni, di prendere delle decisioni e di essere libero; insomma quando essa si inscrive non più sull’asse verità-errore-coscienza, ma sull’asse passione-volontà-libertà (Foucault).
La
psichiatria incomincia a prestare più attenzione ai modi del comportamento che
alle forme logiche del pensiero; L’interrogazione sul volontario e
sull’involontario nella condotta, ossia la nozione di istinto, organizza la
risposta alla malattia mentale più di quanto non faccia l’interrogazione
sulla distanza della follia dalla ragione, ossia la nozione di delirio. Nella
letteratura psichiatrica degli inizi dell’ottocento, a partire da alcune
osservazioni di Pinel , relative allo studio degli atti involontari, comparirà
una nuova categoria diagnostica la “monomania”. Un’area di comportamenti,
che sfuggiva alla caratterizzazione classica della follia, centrata
prevalentemente sul difetto di ragionamento e di collegamento delle idee, verrà
rappresentata dalle «lesioni della volontà».
La
concezione unitaria dell’individuo, propria del diritto classico, con le sue
dicotomiche differenziazioni tra volontario ed involontario, responsabile ed
irresponsabile, sarà messa in discussione da quest’ultima categoria
diagnostica che caratterizzerà la forza irresistibile come interna allo stesso
individuo (Selmini 1988:16).
La
legge 180 non nega che la malattia mentale possa in determinate e particolari
circostanze portare a condotte aggressive e violente, nega piuttosto, il
pregiudizio anacronistico ed invalidante della pericolosità implicita alla
malattia mentale. Si nega che tale pregiudizio possa valere all’interno di una
legislazione che riguardi il trattamento sanitario di persone affette da un
disturbo psichico.
b)
Il secondo punto riguarda il consenso,
ossia il dovere del medico di farsi carico della libertà della persona,
adottando tutte le iniziative opportune rivolte ad assicurare il suo consenso,
nel caso di un trattamento sanitario obbligatorio. In altri termini, la legge
del 1978 si interroga su quel punto centrale e delicato che concerne il
rapporto tra malattia mentale e libertà. Nei due aspetti: in che misura
siamo davvero liberi quando siamo in preda alla malattia? E, d’altro canto:
quanta libertà ci può concedere la società quando siamo malati? (Colucci).
Il
compito che la legge indica al medico è quello di porsi al centro di questi
dilemmi etici. Infatti, essa impone al medico di farsi carico della libertà del
malato, nel senso di cercare di ottenere il suo consenso alle cure con pazienza
e tenacia, e lì dove ciò non accada, di farsi carico del rifiuto, con una
scelta responsabile che garantisca i diritti della persona, primo fra tutti,
quello di essere curato. Il medico deve adoperarsi perché sia riconosciuta alla
persona sofferente piena voce all’interno di un dispositivo terapeutico che
resta in equilibrio precario tra la tentazione di controllo per motivi sanitari
e il pericolo, contrapposto, di
deriva sociale per rifiuto delle cure. E’ proprio in questa inesausta
contrattazione lo spirito innovativo della legge, che interroga il tecnico
intorno alla propria responsabilità politica, di mediatore tra la sofferenza
dell’individuo e la dimensione sociale e istituzionale in cui questa si
esprime (Colucci).
c)
Il terzo punto riguarda la risposta del
servizio: non c’è solo la persona con il suo disagio, ma anche il
servizio psichiatrico con la sua risposta, la quale sarà il ricovero quando non
si è potuta organizzare una risposta differente:«dal comportamento in quanto
tale pericoloso, si passa alla necessità del trattamento ospedaliero in quanto
estrema ratio di un sistema di servizi che non ha organizzato sul territorio una
risposta efficace al caso specifico» (Basaglia).
La
deistituzionalizzazione non può dunque esaurirsi in un processo di
deospedalizzazione che riversi sul territorio la questione psichiatrica senza
occuparsi della costruzione di una rete alternativa di servizi di assistenza,
aprendo così ai rischi di abbandono, del travaso in altre istituzioni
segreganti e del ritorno inevitabile in tempi brevi delle vecchie soluzioni
manicomiali.
La
legge n. 833/78 di riforma sanitaria, in cui è confluita la legge 180, è una
legge quadro costituita da norme generali che, per essere messe in pratica
necessitano di dispositivi attuativi quali regolamenti, piani, progetti.
D’altra parte, le leggi quadro contengono principi fondamentali relativi
all’ordinamento della materia trattata, è compito poi dei regolamenti, dei
piani e dei progetti obiettivi formulare indicazioni realizzatrici delle norme
di legge, fondate su ideazioni e studi tecnici (Casagrande, 2002).
Nel
1994 il Parlamento ha dotato la legge 180 di un piano sanitario, che definisse
strutture, personale e finanziamenti, attraverso
l’approvazione del progetto obiettivo per la tutela della salute
mentale 1994-96, poi reiterato nel 1998-2000; e nello stesso periodo è stato
fissato un nuovo termine per la chiusura definitiva di tutti gli
Ospedali psichiatrici nella data del 31 dicembre 1996, come indicato
all’interno della legge 724, che accompagnava la legge finanziaria 1995.
I Progetti Obiettivo “Tutela della salute mentale” 1994-96 e 1998-2000.
La
legge 180 delega alle Regioni il compito di individuare le strutture per la
tutela della salute mentale, come è noto l’inadempienza di numerose Regioni
ha contribuito a ritardare l’applicazione della riforma. Nel 1994 e nel 1999,
come sottolineato nel documento SIP nazionale novembre 2001, due
progetti-obiettivo hanno definito in maniera chiara e articolata come la tutela
della salute mentale deve svolgersi, quali sono le strutture in cui i
dipartimenti di salute mentale debbono articolarsi, quante debbono essere queste
strutture e quanti utenti debbono accogliere (Bellomo, Suma, Nigro et al 2002).
Il
Progetto obiettivo “Tutela della salute mentale 1994-96” nelle sue premesse
riportava che:«La riforma psichiatrica varata nel 1978 con la legge n.180 ha
postulato un diverso approccio alla malattia mentale modificando gli obiettivi
fondamentali dell’intervento pubblico dal controllo sociale dei malati di
mente alla promozione della salute e alla prevenzione dei disturbi mentali», il
testo proseguiva nell’evidenziare che:« i risultati complessivi , tuttavia,
dopo quindici anni di lavoro e di sperimentazione nel settore psichiatrico, sono
ancora insoddisfacenti. Soprattutto emergono situazioni alquanto differenziate
tra le varie regioni italiane per quanto concerne il sistema dei servizi
predisposti e le modalità di intervento» ed individuava quattro questioni
principali da affrontare per migliorare la qualità complessiva, sul territorio
nazionale, dell’assistenza psichiatrica:
a)
la costruzione di una rete di servizi in grado di fornire un intervento
integrato, con particolare riguardo alla riabilitazione e alla gestione degli
stati di crisi;
b)
lo sviluppo dell’organizzazione dipartimentale del lavoro, dotando la
rete dei servizi di una precisa responsabilità
tecnica e gestionale in grado di garantire il funzionamento integrato e
continuativo dei servizi stessi;
c)
l’aumento delle competenze professionali degli operatori per far fronte
a tutte le patologie psichiatriche, con particolare riguardo a quelle più
gravi, attraverso interventi diversificati che prevedono la partecipazione di più
soggetti, ivi compresi i familiari;
d)
il definitivo superamento dell’ospedale psichiatrico mediante
l’attuazione di programmi mirati ad una nuova sistemazione dei degenti.
D’altro
canto, il Progetto Obiettivo: “Tutela della salute mentale 1998-2000” ha
rilevato che:« il modello organizzativo dipartimentale, previsto dal precedente
progetto obiettivo per i servizi di salute mentale dell’età adulta, è da
ritenere il modello più idoneo a garantire l’unitarietà degli interventi e
la continuità terapeutica» sottolineando
«la necessità di un modello organizzativo anche per i servizi per l’età
evolutiva e strategie per la tutela della salute mentale in tutte le fasi del
ciclo vitale». In riferimento ai requisiti strutturali, tecnologici ed
organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle
strutture pubbliche e private (DPR 14 gennaio 1997) il P.O. 98-2000 indica gli
aspetti organizzativi fondamentali, i compiti e le funzioni principali del
Dipartimento di salute mentale. Suggerisce che ogni DSM attivi un nucleo di
valutazione e miglioramento continuo di qualità, un sistema informativo ed
adotti procedure e linee guida per una buona pratica clinica (riguardo alcuni
temi, ad es.: criteri per la presa in carico, definizione e verifica dei piani
terapeutico-riabilitativi personalizzati degli utenti gravi, modalità con cui
garantire la continuità dell’assistenza, modalità per assicurare gli
interventi di emergenza/urgenza 24 ore su 24 ore in ogni giorno dell’anno),
descrive, inoltre, le componenti organizzative essenziali del DSM: il Centro di
salute mentale, il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura il Day Hospital, il
centro Diurno, la residenza terapeutico-riabilitativa.
Se
i Progetto Obiettivo illustrati, pur con notevole ritardo rispetto alla
promulgazione della legge 180, fornivano indicazioni che sostanziavano le linee
generali della legge quadro, non sono mancate negli ultimi venti anni disegni
restaurativi che hanno mirato alla abrogazione della riforma.
Decine di proposte di abrogazione della legge 180 vengono formulate a partire dal 1982, le accomuna il principio di stravolgere le norme sui ricoveri volontari riproponendo la possibilità di TSO duraturi nel tempo al di fuori degli ospedali civili (cfr; F. Stefanoni: Manicomio Italia, 1998).
Le proposte di abrogazione della legge 180
Nell’ultimo
anno, in Parlamento sono stati depositati tre disegni di legge miranti all’
abrogazione della legge 180.
a)
Il progetto di legge n.174 del 30 maggio 2001, a firma dell’On. Burani
Procaccini, dal titolo: « Norme per la prevenzione e la cura delle malattie
mentali»;
b)
il disegno di legge n. 152 del 30 maggio 2001, a firma dell’On. CE’,
del gruppo Lega Nord-Padania;
c)
una terza proposta ( n.
683), ad iniziativa del senatore Gubetti, dal titolo:«Norme per la tutela del
diritto costituzionale alla salute, alle cure e all’assistenza dei malati di
mente».
Un
quarto progetto, a firma dell’On Cento del gruppo Misto, Verdi-Ulivo ( n. 844)
dal titolo «Modifiche alla legge n;180», di segno diverso dalle tre proposte
di maggioranza, è stato successivamente ritirato.
I
disegni di abrogazione della legge di riforma propongono la possibilità di un
ricorso massiccio a ricoveri in regime di TSO, prolungati nel tempo, da eseguire
anche in strutture residenziali. Per quanto riguarda queste ultime viene
auspicato un utilizzo maggiore di posti letto (circa 45000 posti previsti, a
fronte degli attuali 17000 censiti dal progetto Progres commissionato nel 2000
dall’Istituto Superiore di Sanità).
Una
serie di evidenze scientifiche, di motivazioni etiche, di valutazioni
economiche, ci inducono a criticare e rifiutare le proposte di legge di
abrogazione della 180.
In
particolare, appaiono preoccupanti i seguenti punti:
a)
la riproposizione del concetto di “pericolosità” della malattia
mentale e quindi la negazione di criteri clinici;
b)
l’aver basato l’impianto della legge sul TSO che «può essere
richiesto da chiunque ne abbia interesse […] se esistono alterazioni psichiche
tali da arrecare danno o pregiudizio al malato o a terzi […] può consistere
in ricoveri presso le strutture residenziali» (PL n. 174). Nel disegno di legge
Gubetti si afferma:« L’ASO è attuato se per effetto della malattia il
paziente sia incapace di badare a sé e di tutelare i propri interessi, oppure
sia pericoloso per la salute fisica e psichica, per i beni e per la sicurezza
propri o di altri» ed inoltre l’accertamento sanitario obbligatorio, con
procedura di urgenza (ASOU) è attuato se:« le forze di pubblica sicurezza,
nello svolgimento dei propri compiti istituzionali di prevenzione e repressione
dei reati, quando vi siano ragionevoli motivi per supporre che una persona
soffra di una malattia mentale ed abbia bisogno immediato di cure e controlli, a
tutela della sua salute ed incolumità o a tutela di legittimi diritti di terzi,
fanno sottoporre a visita medica, nel territorio o in Pronto soccorso, il
presunto ammalato per gli accertamenti terapeutici necessari» (Dl 683- Gubetti).
Un trattamento, dunque, non più considerato esclusivo atto medico ed in cui
riecheggiano prepotentemente istanze custodialistiche.
c)
Il ruolo del familiare assume la caratteristica del controllore e non di
colui che abbisogna anche di aiuto:« l’affidatario (familiare od altra
persona) ha il compito di assistere, proteggere, consigliare il paziente, […]
di garantire la regolare assunzione delle terapie prescritt, riferendone
costantemente al personale curante» (DL 152 e 683);
d)
Nelle strutture residenziali con assistenza continuata (SRA), di
cinquanta posti letto, sono previsti indifferenziatamente, interventi
terapeutici e riabilitativi con ricoveri sia volontari che obbligatori (la
riabilitazione obbligatoria è un ossimoro che dobbiamo alla saggezza del DL
174!).
e)
Al paziente viene, di fatto, impedito di essere al centro
dell’interesse terapeutico e protagonista della propria cura ( si confronti,
viceversa, il dibattito relativo alla attuazione delle forme di consenso
informato, nell’agire psichiatrico, ispirato alle pratiche della legge di
riforma)
TabI:
Confronto tra le proposte di abrogazioe della legge 180
(da M. Cozza, modificata)
|
Burani
|
CE’ |
Gubetti |
Tipologia strutture residenziali |
SRA
(Strutture Residenziali con assistenza continuata) con non più di 50
posti, almeno 8 p.l. ogni 10000 abitanti. Sono suddivise in tre gruppi che
accolgono giovani dai 14 ai 22 anni, adulti, anziani autosufficienti e
non. |
SRP
(Strutture residenziali psichiatriche) articolate in : 1)comunità
protette residenziali per lungodegenti non autonomi, con un massimo di 20
persone e con almeno 3 p.l. ogni 10000 abitanti. 2)
casa alloggioper pz parzialmente autosufficienti, con almeno 2 p.l. ogni
10000 abitanti |
Comunità
protette |
Riutilizzazione ex aree manicomiali |
Si
per tutte le strutture del DSM |
Riconversione
in centri di salute mentale o in comunità riabilitative |
Non
prevista |
TSO di urgenza |
In
caso di alterazioni psichiche tali da arrecare danno o pregiudizio al
malato o a terzi. Chiesto da chiunque, convalidato da uno psichiatra,
validità massima 72 ore |
In
caso do alterazioni psichiche tali da arrecare danno o pregiudizio al
malato o a terzi. Validità massima 72 ore non rinnovabili. |
Accertamento
sanitario obbligatorio con
procedura di urgenza (ASOU): a)
in caso ragionevoli motivi di supporre che un persona soffra di un
malattia mentale, le forze di
pubblica sicurezza fanno sottoporre a visita medica b)
b) il medico nello svolgimento dei propri compiti se suppone che un soggetto possa commettere atti che
comportino un danno a se stesso od a terzi, può richiedere l’intervento
delle forze di pubblica sicurezza. |
TSO |
Confermato
da due psichiatri e notificato alla Commissione per i diritti del malato.
In caso di pericolosità può essere richiesto l’intervento della forza
pubblica. Effettuato nelle strutture residenziali, con visite domiciliari
o nel CSM. Durata massima due mesi rinnovabili. |
Effettuato
con visite domiciliari, nel CSM, con ricoveri presso le strutture
residenziali e di alloggio
nonché presso l’SPDC. Durata massima un mese, prorogabile al massimo di
due volte. In situazioni di evidente pericolosità può essere richiesto
l’intervento della forza pubblica. |
Il
TSO ha la durata massima di tre mesi, con proroga sino ad un anno.
Richiesto se il paziente può essere pericoloso per la salute fisica e
psichica, per i beni e per la
sicurezza propria o di terzi. |
Dimissioni in affidamento |
Non
prevista |
Il
responsabile dell’SPDC può affidare in TSO il paziente ad un familiare
o ad un'altra persona con compiti di assistere, proteggere, consigliare. |
Il
primario del SPDC può disporre la DA nominando un affidatario (familiare,
medico responsabile del CSM o di una comunità protetta, qualsiasi altra
persona eccetto il tutore)s |
Commissione per i diritti del malato di mente |
Composta
da un giudice che la presiede, da uno psichiatra e da un rappresentante
delle associazioni dei familiari. Convalida il TSO, esamina i ricorsi sul
TSO e i reclami o le segnalazioni sul funzionamento delle strutture che
effettuano il TSO. |
Composta
da un giudice che l apresiede, da uno psichiatra, da un assistente sociale
e da un rappresentante delle associazioni dei familiari. Esamina i ricorsi
per il TSO e i reclami o le segnalazioni sul funzionamento delle strutture |
La
commissione per la tutela della salute mentale (CTSM) è presieduta da un
giudice tutelare ed è composta da uno psichatra, un medico legale o
psichiatra forense, uno psicologo un assistente sociale un rappresentante
dei sindaci dei comuni |
Assistenza alle famiglie |
Devono
essere proposte forme di sussidio ai familiari disponibili a mantenere in
famiglia il malato |
Le
regioni devono prevedere forme di sostegno economico al coniuge o al
convivente e ad altri familiari disponibili a mantenere in famiglia il
malato. |
Non
prevista |
Attività lavorativa |
Il
CSM ha il dovere di assicurare un’attività lavorativa e sociale
compatibile con le sue possibiltà |
Il
CSM ha l’obbligo di ricercare le soluzioni lavorative più consone allo
stato psico-fisico e relazionale del malato |
Non
prevista |
Finanziamento |
Vincolo
non inferiore al 5% dell’ammontare del Fondo sanitario nazionale |
Vincolo
non meno del 6% del Fondo sanitario nazionale e dell’8% dello
stanziamento per l’edilizia sanitaria (L. 67/88). |
Non
specificato |
Stigma e malattia mentale
Patrick
W. Corrigan e Amy Watson, sottolineano che lo stigma, verso persone affette da
malattia mentale, presenta due componenti: un aspetto pubblico, ossia la
reazione che la popolazione generale ha verso i pazienti psichiatrici ed una
componente interiorizzata come pregiudizio, da questi ultimi, verso se stessi (Corrigan
e Watson, 2002).
Tab
II: Definizione di public stigma e self-stigma
Public
stigma Stereotipi Convincimenti negativi circa
un gruppo (es. pericolosità, incompetenza, carattere debole) Pregiudizi
accordo tra
convincimenti e reazioni emotive negative (es. rabbia, paura) Discriminazione
risposta comportamentale al pregiudizio ( evitamento, rifiuto di
occupazione, di aiuto) |
Self-stigma Stereotipi
negativi convincimenti circa
se stessi (incompetenza, carattere debole) Pregiudizi accordo tra convincimenti e
reazioni emotive negative (bassa auto-stima,, ed auto-efficacia) Discriminazione
risposta
comportamentale al pregiudizio (non persegue opportunità di lavoro) |
E’
innegabile, che i principi ispiratori della legge 180/78 hanno grandemente
contribuito ad innescare processi di riduzione dello stigma nei confronti dei
pazienti psichiatrici (cfr. documento Comitato
Esecutivo SIP dell’11.10.2001:«grazie
alla legge 180, la maggior parte degli italiani ha imparato ad avere nei
confronti della patologia mentale un rispetto ed una tolleranza maggiori che in
passato»).Negli ultimi anni, inoltre, un insieme di leggi, non direttamente
disciplinanti la normativa psichiatica, ha contribuito ad ostacolare stereotipi,
pregiudizi e discriminazione verso i disabili psichici. Ne proponiamo una
rassegna certamente non esaustiva ma speriamo utile per il dibattito:
a)
Legge 381/91 “Disciplina delle Cooperative Sociali”
b)
Legge 68/99 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”
c)
Decreto Legislativo n. 229/99 “Norme per la Razionalizzazione del
Servizio Sanitario Nazionale”
d)
Testo Unificato della Commissione Parlamentare dal titolo “Disposizione
in materia di funzioni del giudice tutelare e dell’amministratore di
sostegno”.
Bibliografia
Nigro Roberto
Dal potere disciplinare al potere biopolitico. Una genealogia dell’arte di governare in Michel Foucault pp 129-152 in Inoperosità della politica AAVV. Derive approdi, Roma 1999.
Castel
R.
1976 L’ordre psychiatrique. L’âge d’or de l’aliénisme, Les Editions de Minuit, Paris; trad. it. di G. Procacci, L’ordine psichiatrico, Feltrinelli, Milano 1980;
Delle
Donne M.
2000 Convivenza civile e xenofobia. Feltrinelli, Milano;
Dörner
K.
1969 Bürger und Irre. Zur Sozialgeschichte und Wissenschaftssoziologie der Psychiatrie, Europäische Verlagsanstalt, Frankfurt a. M.; trad. it. di F. Giacanelli, Il Borghese e il folle. Storia sociale della psichiatria, Laterza, Bari, 1975;
Foucault
M.
Histoire de la folie a l’’âge classique, Gallimard, Paris; trad. it. di F. Ferrucci, Storia della follia nell’età classica, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1976;
Habermas
J.
1999 Lotta di riconoscimento nello stato democratico di diritto. In: Multiculturalismo (a cura di J. Habermas e C Taylor). Feltrinelli, Milano;
Habermas
J.
1998 L’inclusione dell’altro. Feltrinelli, Milano;
Semprini
A.
2000 Il Multiculturalismo. Franco Angeli, Milano;
Colucci
M., Di Vittorio P.
2001
Franco Basaglia. Bruno Mondadori, Milano.
Corrigan P.W., Watson A. C. 2002 Understanding the impact of stigma on people with mental illness World psychiatry vol. 1, february 2002, Masson, Milano.
Cozza M. 2002 La Camera discute sulle proposte Burani, Cè, Cento. Mental Health anno III n. 9 gennaio-marzo 2002. Italpromo Roma.
Stefanoni F. 1998 Manicomio Italia.Editori Riuniti, Roma.