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PER UNA STORIA DEL SUPERAMENTO DEL MANICOMIO NEL SUD ITALIA.
IL SUPERAMENTO DEL MANICOMIO DI REGGIO CALABRIA: L'ITINERARIO DI UNA STORIA INFINITA.
di Filomena Zingarello e Saverio Sergi
da "Acting in-out"  III  1-2 marzo/giugno 1992
Presentazione.

ll 1992 costituisce una data storica per l'assistenza psichiatrica di Reggio Calabria in quanto fu l'anno in cui il manicomio reggino fu definitivamente smantellato. I due autori  ripercorrono con completezza le principali fasi di tale processo.

Filomena Zingarello, che attualmente lavora come dirigente psicologa del DSM dell'ASL BR/1(Brindisi), si è per molti anni occupata attivamente, nella realtà reggina, del processo di superamento del manicomio e di potenziamento delle risorse socio-assistenziali, sanitarie e riabilitative territoriali. E' stata inoltre tra gli estensori del primo "Progetto speciale per la tutela della salute mentale" nell'ambito del Piano socio-sanitario regionale della Calabria  del 1989.

Saverio Sergi, in atto psicologo presso l'Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile di Villa San Giovanni, per oltre venti anni è stato impegnato presso il Dipartimento di Salute Mentale dell'ASL 11 di Reggio Calabria ed è autore di numerose pubblicazioni scientifiche e saggi.

 

Il 9 luglio 1990 e il 21 marzo 1992 rappresentano due date storiche per la città di Reggio Calabria, anche se gli eventi che le hanno segnate sono trascorsi inosservati a grandi settori dell'opinine pubblica reggina. Esse rappresentano, rispettivamente, l'avvio e la conclusione del superamento dell'O.P. di Reggio Calabria; un processo che ha impegnato per ben due anni  le Amministrazioni locali e, che, per oltre un decennio, ha coinvolto in dibattiti e convegni appassionati, spesso dai toni duri e polemici, gli Enti Pubblici che hanno gestito negli anni l'istituto ( a partire dalla Amministrazione Provinciale), il mondo del volontariato e le organizzazioni del privato sociale.

Al di là di toni celebrativi di un evento che avrebbe sicuramente meritato una più adeguata attenzione, appare opportuno, tuttavia, proporre una riflessione organica che permetta di ripercorrere per  sommi capi tutto il movimento culturale e di opinione che ha segnato nell'ultimo decennio la storia dell'O.P.,ma che consenta anche di fotografare le modalità organizzative che hanno connotato le scansioni operative di tale processo di superamento.

Ai fini di una maggiore chiarezza espositiva riteniamo utile proporre alcuni cenni storici sul manicomio reggino.

In fin dei conti, parlare dell'O.P. di Reggio Calabria significa anche ridisegnare la storia della follia nel circondario reggino, dai primi decenni del secolo ai nostri giorni.

Tale istituto ha rappresentato, infatti, in tutta la Provincia di Reggio Calabria il luogo dell'intervento elettivo sulla popolazione psichiatrica fino a quando, nel 1973, l'allora Direzione non inaugurò un'operazione di revisione critica dei paradigmi assistenziali e dei modelli terapeutici che fino ad allora avevano caratterizzato l'approccio alla malattia mentale.

 

Nascita di un'istituzione.

 

Con delibera del 25/8/1906 l'Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria decideva la costruzione di un O.P. cittadino.

L'orientamento prioritario dell'Amministrazione era quello di fornire assistenza ad una popolazione psichiatrica che in quegli anni registrava un'incidenza significativa.

Inoltre intendimento non secondario era quello di far rientrare alcune centinaia di ricoverati che, all'epoca, erano internati in altri manicomi del Sud e Centro Italia ed in particolare negli istituti asilari di Girifalco (CZ), Roma e Messina con i quali l'Amministrazione Provinciale era convenzionata.

L'area individuata inizialmente per la costruzione del complesso fu la località "Caserma Borrace".

Il disastroso terremoto del 1908 richiese l'identificazione di un altro sito perché in tale area furono predisposte tendopoli per i militari accorsi in aiuto alle popolazioni disastrate.

 

Fu, pertanto, proposta l'area denominata "Piani di Modena"; località dove fu poi effettivamente costruito.

Una serie di vicende tra le quali l'opera di ricostruzione della città ed il primo conflitto mondiale, ritardarono notevolmente i tempi di edificazione.

La prima pietra per la costruzione del manicomio di Reggio Calabria fu posta l'1/5/1929, mentre l'inaugurazione solenne fu tenuta il 20/11/1932.

Le opere murarie occupavano un'area di 7780 mq., mentre un'area di 44.000 mq. era riservata alla colonia agricola ed ai fabbricati ad essa annessi.

In linea con la Weltanschaung psichiatrica dell'epoca l'istituto fu progettato con modalità che lo rendessero autosufficiente rispetto agli altri presidi sanitari locali.

Al suo interno vi era una notevole attrezzatura scientifica per l'epoca: un laboratorio di chimica clinica e sierologia, un laboratorio di sterilizzazione, un laboratorio di semeiotica generale e metabolismo; un laboratorio di istologia e batteriologia, un gabinetto radiologico, una sala operatoria ed una sala per cure fisiche.

L'inizio della fine.

Questo era lo scenario relativo al primo periodo di funzionamento dell'O.P. reggino.

Tale istituto, tuttavia, nel corso degli anni conobbe un progressivo livello di decadimento e di degenerazione strutturale che in breve tempo lo trasformarono in luogo umanamente improponibile a qualsiasi tipo di convivenza civile.

Il criterio numerico di riferimento che aveva ispirato il progetto iniziale di costruzione del manicomio reggino era quello di consentire un numero massimo di 400 ricoverati.

Tuttavia, con il passare degli anni tale parametro si dilatò progressivamente e l'istituto sopportò, per lunghi periodi, una condizione di sovraffollamento che amplificò di oltre il doppio il numero della popolazione ricoverata.

La Tab.1 riporta il movimento dei ricoveri nel manicomio reggino e dimostra come il limite dei 400 ricoveri non fu mai rispettato.

                   1                     2                     3
              1933                 437             +9,25                   -
              1934                 494             +23,5              +13,4
              1962                 694             +73,5              +40,4
              1965                 752             +88,0               +8,3
              1968                 768             +92,0               +2,1
              1971                 827            +106,7               +7,6
              1976                 692              +73,0              -16,3
              1980                 517              +29,2              -25,2
              1984                 447              +11,7              -13,5

Tab.1: ricoverati presenti al 31/12 presso l'O.P. di RC

1- numero dei ricoverati presenti al 31/12 nei vari anni;

2- variazione % rispetto  al parametro dei 400 ricoverati;

3- variazione % annuale.

 

L'analisi della tabella illustra chiaramente come l'istituto non abbia mai funzionato nel rispetto dei parametri numerici previsti all'atto della sua progettazione.

Questa progressiva condizione di sovraffollamento dell'istituto potrebbe rendere ragione dei repentini livelli di fatiscenza e di decadimento ambientale che l'hanno caratterizzato dal dopoguerra in poi.

Il picco discendente delle ammissioni comincia quasi in coincidenza con l'avvio di un'esperienza innovativa, dall'alto potenziale trasformativo, condotta all'interno del manicomio reggino dall'equipe del Prof. Scarcella.

 

L'esperienza antiistituzionale.

 

L'esperienza che vi si svolse dal 1973 al 1977 ebbe il merito di rendere visibile alla città ed all'opinione pubblica tutta l'anacronismo terapeutico e la condizione di degrado che aveva raggiunto livelli ormai intollerabili.

Gli elementi qualificanti proposti e realizzati dalla equipe possono essere così identificati:

* attivazione di un reparto di Osservazione quale filtro ai nuovi ingressi, con lo scopo di non produrre più  lungodegenti;

* attivazione di iniziative all'interno dell'O.P. e finalizzate a produrre cambiamenti nello stile relazionale ed assistenziale degli operatori. Attraverso assemblee, incontri-dibattito ed attività socializzanti si tentò di avviare moduli sul tipo "comunità terapeutica";

* proiezione all'esterno delle problematiche dell'O.P., a partire dall'apertura fisica dei cancelli.

La prassi avviata dal nuovo corso gestionale raccolse anche l'adesione e l'apporto di larghe fasce di opinione pubblica e si consolidò un movimento di contestazione alla struttura asilare che, in quegli anni, produsse un dibattito che assunse toni accesi ma che, sicuramente, fu efficace e propositivo.

La nuova modalità operativa, pertanto, proiettò all'esterno le reali condizioni di vita dei ricoverati e favorì, presso l'opinione pubblica, una presa di coscienza che portò alla organizzazione di mostre, convegni pubblici, pubbliche denunce e manifestazioni varie.

Questo movimento continuò anche dopo la conclusione, nel 1977, dell'esperienza dell'equipe del Prof. Scarcella e la sua azione si protrasse anche nel corso degli anni '80, nel tentativo di indurre gli Enti Locali alla predisposizione del piano di superamento del manicomio reggino.

 

Dall'emergenza alla programmazione: il ruolo propositivo dell'Assessorato alla Sanità.

 

Negli anni '87 e '88 si ribaltarono sull'Amministrazione Pubblica tutte le contraddizioni dell'assistenza psichiatrica calabrese con il peso e la dirompenza dei ritardi decennali.

La totale assenza di programmazione regionale (unico atto di riferimento la L.R. 20/81) e, anche in conseguenza di questa, la latitanza di molte UU.SS.LL., portarono ad un livello di degrado operativo e strutturale particolarmente accentuato nelle ex istituzioni manicomiali di Reggio Calabria e Girifalco.

 

Va rilevato che, pur essendosi elevate, negli anni precedenti, voci e richiami di protesta, nel suo complesso la società calabrese, negli anni che vanno dal 1981 al 1987, esprimeva una malcelata indifferenza per questa categoria di cittadini gravemente emarginati dal contesto socio-assistenziale, sanitario e culturale.

Così come va pure precisato che l'intervento della Magistratura di Reggio Calabria e tutto il correo di interessi, posizioni, manifestazioni in ordine all'Ospedale Psichiatrico di Reggio Calabria, non nacque in conseguenza di una ritrovata sensibilità, ma in riferimento all'interesse manifestato dall'Arma dei Carabinieri per l'area dell'O.P.

Non si spiega altrimenti il silenzio generalizzato degli anni precedenti se si considera che la prima denuncia relativa alle condizioni di degrado risale al lontano 1974.

Nel 1988 l'Assessorato Regionale alla Sanità espresse un interesse reale ad affrontare la problematica del manicomio reggino, inserendolo nel quadro di una programmazione regionale, sia pure con il condizionamento pesante imposto dai tempi dell'azione giudiziaria.

Inoltre, l'Assessorato dovette sviluppare la propria iniziativa nella totale assenza di una programmazione nazionale capace di fornire riferimenti utili in ordine alle strutture riabilitative, alle norme di funzionamento dei Dipartimenti di Salute Mentale, ai profili professionali, ai parametri organizzativi del personale e agli investimenti finanziari.

La gravità delle condizioni in cui versava la struttura fu rappresentata all'assessore regionale alla sanità pro-tempore il 21/4/1987 dal medico provinciale di Reggio Calabria il quale considerava indifferibile la chiusura del presidio.

Veniva proposto, pertanto, dal livello regionale, un'ipotesi di superamento del manicomio reggino che, tuttavia, venne abbandonata ben presto poiché prevedeva solo un trasferimento in altre megastrutture della regione e non modificava gli aspetti sostanziali, di contenuto ed operativi della vecchia gestione manicomiale che, nel nuovo progetto, rimaneva inalterata.

 

 

La Regione, attraverso l'assessorato competente, iniziò ad agire in pieno il ruolo di indirizzo che gli appartiene, con l'insediamento del nuovo assessore alla sanità, avv. Rocco Trento, il 22 dicembre 1987.

Il primo provvedimento adottato con Delibera di Giunta del 28/12/87 fu la destinazione di una somma di 2 miliardi alla Usl 31 per permettere a quest'ultima di affrontare i problemi più urgenti della struttura.

Da lì a qualche giorno, presso l'O.P., vennero convocati i presidenti delle UU.SS.LL. interessati al processo di superamento, insieme ai primari e capi servizio.

Si decise di affrontare immediatamente il problema istituendo tre commissioni di studio: una per elaborare il programma e le modalità del dimissionamento dell'O.P. reggino, la seconda per l'O.P. di Girifalco e la terza per formulare la proposta di regolamento regionale del dipartimento di salute mentale.

La prima commissione si avvalse anche del contributo propositivo del volontariato e di alcune associazioni di familiari.

La proposta formulata da questo gruppo di studio prevedeva il dimissionamento scadenzato nell'arco di mesi, per i pazienti meno gravi, di 1 anno per quelli con problemi di lungodegenza.

Nel mentre l'Usl 31 avrebbe dovuto provvedere al recupero delle condizioni igienico-sanitarie del manicomio, le altre UU.SS.LL. della provincia reggina interessate al superamento della struttura, avrebbero dovuto predisporre strutture e servizi per accogliere i pazienti di propria competenza territoriale.

Per ogni UU.SS.LL. venivano definite le caratteristiche essenziali dei pazienti ed i loro bisogni socio-assistenziali e sanitari e veniva programmato il fabbisogno di strutture riabilitative e di servizi dipartimentali.

Il 18 febbraio 1988 le UU.SS.LL. interessate furono autorizzate ad attivare tutte le procedure d'urgenza per recepire il personale necessario per l'avvio delle strutture alternative, potendo ricorrere anche a convenzionamenti per le figure professionali mancanti negli organici.

Il successivo 4 giugno a tutte le UU.SS.LL. venne trasmessa, con circolare congiunta degli assessorati regionali alla sanità e ai servizi sociali, lo schema tipo di convenzione con cooperative di servizi per la gestione degli interventi socio-assistenziali, ferma restando la titolarità dell'assistenza sanitaria ai servizi di salute mentale della Usl.

La convenzione proposta, in applicazione dal DPCM/8/8/85 definiva, in attesa del Piano Sanitario Regionale e del regolamento della L.R. 5/87, i criteri provvisori per il dimensionamento delle case famiglia, comunità alloggio e centri diurni e le quote delle rette onnicomprensive, così come già previste dalla G.R. del 29/7/86.

Il 14 novembre 1988 la G.R. approva lo schema tipo regionale del regolamento del DSM, già previsto dalla L.R. 20/81 e mai realizzato.

Il 30 dicembre 1988, sulla base delle richieste documentate dalle UU.SS.LL. la G.R. deliberò l'assegnazione ed erogazione della quota del FSN '87, parte corrente, conto capitale e manutenzione, della somma di 12 miliardi 35 milioni, per l'acquisto e ristrutturazione dei presidi alternativi individuati.

Il 30 maggio 1989 la G.R. approvò lo schema tipo di organizzazione delle Unità Riabilitative Residenziali e Semiresidenziali per disabili mentali, ad integrazione dell'art.12 del regolamento del DSM, al fine di fornire alle UU.SS.LL. uno strumento di riferimento per una più efficace ed armonica realizzazione per la tutela della salute mentale.

Il 1990 vide realizzati due importanti interventi che consentiranno, successivamente, l'effettivo decollo dell'assistenza psichiatrica in Calabria.

Il primo riguardò l'approvazione con delibera di G.R., il 28/2/90, del programma di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze per anziani, handicappati psicofisici non autosufficienti e disabili mentali, ai sensi dell'art.20 della finanziaria '88.

Le strutture riabilitative per disabili mentali, così come programmate nel progetto speciale della regione, 55 strutture per 540 posti ed una spesa complessiva di 31 miliardi 900 milioni, sono state previste nel triennio 88-91.

Infine, con la L.R. 31 del '90 furono apportate modifiche importanti alla L.R. 20/81 con la definizione degli organici dei servizi di salute mentale che vengono rapportati alla popolazione delle UU.SS.LL.

Tutti gli eventi sopra riportati sono stati determinati per il successivo decollo di una politica psichiatrica più organica nella regione e più congruente con la tipologia e qualità dei bisogni espressi dalla popolazione psichiatrica.

Inoltre, tutti i provvedimenti adottati dall'amministrazione regionale dal 1988 ad oggi hanno consentito alla Usl 31 di agire in pieno un ruolo di protagonismo nell'ambito del processo di superamento del manicomio reggino, le cui modalità sono esposte di seguito.

 

 

L'apertura del bozzolo.

 

Il 9 luglio del 1990, dopo un lungo iter amministrativo e procedurale preparatorio, inizia in pieno lo svuotamento del manicomio reggino con il trasferimento degli ex degenti all'interno di Comunità Alloggio allo scopo predisposte.

La modalità operativa realizzata dall'Ente Pubblico nel dare concreta attuazione a tale progetto riflette i nuovi orientamenti nazionali in materia di politica socio-sanitaria.

Il mix tra pubblico e privato e l'integrazione tra sociale e sanitario sono gli elementi di punta di una scelta gestionale che si configura come modello esperenziale nuovo, non solo e non soltanto in Calabria.

Infatti la gestione e la titolarità sanitaria delle strutture avviate sul territorio della Usl 31 rimane pubblica mentre, per l'erogazione dei servizi riabilitativi, risocializzanti e di supporto sono state sviluppate convenzioni con Cooperative di Servizi Sociali.

Allo stato attuale nell'ambito territoriale della Usl 31 esistono la Comunità Alloggio che accolgono, oltre agli ospiti provenienti dall'ex O.P. reggino, anche una quota minima di cronicità proveniente dal territorio, per una popolazione di circa 250 unità.

Inoltre un'altra quota di ex degenti è stata accolta all'interno di Comunità realizzate presso altre UU.SS.LL. della provincia reggina: 2 nella Usl 30, 2 nella Usl 24, 1 nella Usl 26, 1 nella Usl 27.

Soltanto nella Usl 30 di Melito Porto Salvo l'Amministrazione ha adottato la gestione realizzata nella 31.

All'interno di ogni comunità operano e si integrano, anche secondo quanto stabilito dal Piano per la Tutela della salute Mentale elaborato dall'Assessorato alla Sanità della Regione Calabria, operatori distaccati dalla Usl (medici psichiatri, assistenti sociali, infermieri) ed operatori del privato sociale (educatori, istruttori, animatori, personale di cucina, pulizia e guardaroba).

Complessivamente le comunità realizzate all'interno della Usl 31 impiegano, all'incirca, 150 operatori provenienti dal manicomio di Reggio Calabria, così distribuiti nelle varie categorie professionali: 132 infermieri, 9 medici psichiatri, 1 medico psicologo, 1 psicologo, 6 assistenti sociali.

A questi sono da aggiungere un centinaio di operatori impegnati nell'opera di riabilitazione e risocializzazione assunti dalle Cooperative di Servizi Sociali convenzionate e formati allo scopo.

Osserviamo, pertanto, già da questi primi dati, come l'operazione di superamento del manicomio reggino, sia stata complessa ed articolata e, tutto sommato, ancora non conclusa nelle sue implicazioni operative e sul versante dell'intervento riabilitativo e risocializzante.

Da questo punto di vista l'incontro tra due culture di intervento completamente diverse, quella degli operatori provenienti dall'O.P. e quella propugnata dagli operatori del privato sociale, non poteva non generare dei momenti di impasse e di incertezza organizzativa che sono stati via via affrontati in un'ottica reciprocamente costruttiva.

Una nuova e diversa riorganizzazione sistemica genera, necessariamente, dei momenti di crisi che, tuttavia, risultano funzionali e propedeutici alla costruzione di un metalivello, in grado di realizzare equilibri più integrati tra i nuovi sottosistemi e livelli di omeostasi molto più estesi.

Infatti, la costruzione di una modalità operativa nuova, di un approccio alla malattia mentale centrato su nuovi paradigmi, non è stato automaticamente acquisito con la chiusura del manicomio.

I processi di osmosi operativa tra titolarità gestionale pubblica e presenza integrata del privato sociale devono ancora raggiungere dei gradienti ottimali e sul piano operativo questo incontro deve ancora esprimere i risultati migliori delle sue potenzialità trasformative.

L'opera di recupero alla dignità sociale degli ex degenti è appena iniziata e non si possono proporre, allo stato attuale, valutazioni definitive.

L'esperimento è appena cominciato e già propone all'opinione pubblica i primi risultati, anche se ancora, come si accennava in precedenza, deve esprimere il meglio di sé.

In fin dei conti, il processo di superamento del manicomio reggino ha permesso a circa 150 operatori dell'Usl l'acquisizione di una nuova dimensione operativa più congruente con i nuovi indirizzi di intervento, ha permesso l'impiego di oltre 100 nuove unità lavorative, ha riscattato la qualità della vita di circa 300 ex lungodegenti, il tutto, con una riduzione complessiva dei costi, che è valutabile intorno al 30% rispetto alle spese di gestione dell'O.P. di Reggio Calabria.

Il nuovo corso gestionale e la realizzazione del mix pubblico-privato, sociale-sanitario ha permesso, all'interno delle comunità, l'attuazione di parametri operativi e standard di funzionamento avanzati.

Infatti, l'elevato numero di operatori presenti permette di trascendere e superare la pura dimensione assistenziale, favorendo la predisposizione di mirati ed individualizzati programmi di intervento sul piano riabilitativo e risocializzante, che hanno favorito e reso più fluida la loro ricomparsa sulla scena sociale e relazionale.

 

 

Conclusioni.

Riteniamo che ulteriori valutazioni, più precise e puntuali, vadano identificate nel medio e lungo periodo.

Non è possibile, infatti, proporre argomentazioni esaustive, e comunque esaurienti, rispetto ad un processo il cui divenire e la cui fenomenologia si sono dipanate, con alterne vicende, nell'arco di un cinquantennio.

Inaugurato nel 1932, il manicomio di Reggio Calabria fino al 1973 ha mantenuto a pieno regime la sua dimensione segregativa e custodialistica, conservando indiscussa la sua titolarità elettiva nell'ambito della cura della follia nella provincia reggina.

Da quest'ultima data in poi, anche se si avvia un costruttivo processo di revisione della politica psichiatrica assistenziale che approda alla rivalutazione del territorio quale dimensione terapeutica da privilegiare, l'O.P. reggino rimane aperto ai ricoveri, con il degrado e la fatiscenza incalzanti, fino al 1981.

Si dovrà aspettare un ulteriore decennio per l'inizio di un processo di svuotamento che ha richiesto circa due anni ulteriori per completarsi.

In definitiva, da circa 2 mesi il manicomio reggino è stato definitivamente superato e la sua presenza è stata anche cancellata fisicamente, con la concessione dell'area all'Arma dei Carabinieri per la costruzione di una Scuola per Allievi Ufficiali.

Tuttavia, l'esito e la direzione assunta dal nuovo corso operativo non è ancora valutabile in termini definitivi poiché il processo di costruzione della nuova dimensione è in itinere e, pertanto, ancora suscettibile di revisioni e calibrazioni ulteriori.

In ogni caso va riconosciuto e valorizzato lo sforzo di quanti hanno consentito la realizzazione di un'operazione che, per le resistenze ed i conflitti che aveva suscitato, appariva impossibile.