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Ricordi D'infanzia
di PISU MARISA

Il mio Paese Siliqua, nella mia mente ritornano spesso i ricordi , i suoni, i colori e gli odori che facevano parte del vivere quotidiano. Cercherò  di narrare quanto ho visto e sentito nella vita passata.
Le famiglie dei Siliquesi erano numerose;  era un' impresa allevare tanti figli e spesso si sistemavano presso i ricchi proprietari di terra e bestiame. I maschi lavoravano come guardiani d'animali oppure, si recavano da un artigiano per imparare un mestiere. Anche i figli dei ricchi proprietari dovevano comunque prendersi cura del bestiame e dei loro genitori. Le femmine imparavano già da piccole a diventare delle massaie.Di conseguenza la frequenza scolastica era quasi nulla.

LAVAGGIO PANNIPrima degli anni cinquanta l'acqua corrente non esisteva e pertanto si faceva la provvista  attingendo dai i rubinetti posti in vari punti del paese.

SA CRUXI SANTAI punti più frequentati erano il piazzale di scuola,piazzetta Martiri, piazza San Giorgio, sa Gruxi Santa, piazza Sant'Anna e Sa Picca che era anche l'abbeveratoio comunale (dove ora sorge la piazzetta della Madonnina). La provvista serviva per bere, pera cucinare e per l'igiene personale, mentre per lavare i panni si andava al fiume.

Ricordi di Scuola



CLASSE NATE 1943
Negli ultimi anni 40 e primi anni 50 la scuola iniziava sempre il primo giorno d'ottobre. I bambini di prima elementare erano chiamati "Remigini" essendo San Remigio tale giorno . La scuola elementare era quella di via Mannu. All'occorrenza il bidello passava nelle  classi    per riempire i calamai d'inchiostro (allora  per scrivere si usavano i pennini). Le classi erano suddivise in maschili e femminili. Allora si usava tanto studiare a "memoria", verbi , poesie e tabelline, ma è stato un bene perché non le abbiamo mai più dimenticate.                        

I Giochi

La Piazza

Si tracciavano in terra sei quadrati numerati. Il gioco consisteva nel raccogliere una pietra lanciata all'interno dei quadrati  stando su un piede e si articolava in diverse fasi. Vinceva il gioco chi superava per primo tutte le fasi .

Nascondino ( a mammacua )

Ci si nascondeva mentre una persona  contava con la faccia rivolta verso il muro; la stessa doveva poi scovare gli altri e confermare il ritrovamento con la parola "puma" nella propria postazione.Il tutto prima dell'avversario, altrimenti avrebbe dovuto ricontare.

IL Cerchio

Tenendosi per mano si formavano dei cerchi e si cantavano delle cantilene come : Oh che bel castello nascondrillo  drillo drello oh che bel castello nascondrillo drillondra; L'uccellino in gabbia crepa dalla rabbia quando esce fuori crepa dai dolori. Dentro il cerchio un bambino, tenuto prigioniero, doveva cercare di liberarsi. Andava ad occupare il suo posto chi aveva causato la liberazione stessa e il gioco ricominciava.

La trottola (sa bardunfa)

La trottola era fatta di legno e aveva la punta di ferro. Si attorcigliava lo spago  attorno e tenendolo per un capo si lanciava per terra. Vinceva chi riusciva a far "ballare" più a lungo la trottola.

Le monete (a dinari)

Si tracciava una linea per terra e vi si lanciavano a turno le monete. Chi aveva la moneta il più vicino alla linea dichiarava "testa  o croce" (Concasa o Grastusu) e  in base alla posta precedentemente stabilita vinceva o perdeva le monete.      

Le feste più importanti:


IL Natale
era chiamato "Paschiscedda". Si aspettavano con gioia i modesti doni che portava la Befana. La messa di mezzanotte era detta "Misse- puddusu".

S'INCONTRULa Pasqua era  chiamata "Pascamanna". Caratterizzata dalla tradizionale processione dell'incontro (s'incontru) tra il simulacro della Madonna ed il Cristo risorto, che avveniva in piazza costituzione (prazza e ballus). Dolci specifici della pasqua erano le formaggelle (is pardulas).

 

 

 

MATRIMONIO DEL 1940Il rito del matrimonio preceduto dal fidanzamento avvenuto con "sa domanda", in seguito alla celebrazione della messa in chiesa, sul piazzale   si usava dare inizio alle benedizioni  dette "S'araziu". Tale pratica consisteva nel fare un segno di croce agli sposi con dell'acqua, contenuta in un bicchiere, ed un piatto contenente del grano, sale grosso, caramelle, confetti e cioccolatini, che si faceva cadere, con forza,  per terra,  per augurare benessere e prosperità. Anche all'ingresso della propria casa, gli sposi si inginocchiavano nel gradino addobbato per l'occasione  e la benedizione de S'Araziu veniva prima data dalla mamma dello sposo e poi da quella della sposa.

 BATTESIMO (PRAZZ'E BALLUS)Le nascite avvenivano in casa  e vi assistevano le ostetriche. Se per far sapere del lieto evento ai parenti ed amici si mandavano dei ragazzini, veniva dato loro qualche soldo chiamato "isistrinas".

La morte veniva commemorata  con "is attitus". Tale pratica consisteva nel riunire, nella casa del morto, delle donne dette appunto "is attitadoras", che gridando e piangendo passavano in rassegna tutta la vita del morto esaltandone le virtù.

Feste paesane. Le più sentita erano quella di S. Margherita d'Antiochia (ripristinata intorno agli anni '50) e quella di San Sebastiano. Quest'ultima si celebrava il 20 gennaio ed era caratterizzata dall'accensione di un grande falò . Anche S. Anna era festeggiata e nella stessa chiesa anche Sant'Isidoro patrono degli agricoltori. 

 LE AIE Arti e Mestieri    

Siliqua è stato sempre un paese ad economia agro-pastorale anche grazie al vasto territorio posseduto, utile sia per le coltivazioni che per il pascolo del bestiame. L'anno agrario aveva inizio in autunno con "s'attongiu". Altri termini utilizzati sono "sa marrera" (la zappatura), "sa messa" (la mietitura) "sa treba" (la trebiatura). Il lavoro dell'allevatore consisteva soprattutto   nel "sa mullidura" (la mungitura) e una volta l'anno "sa tundimenta" (la tosatura); il guardiano dei bovini era chiamato "su boinargiu".

La compagnia barracellare era costituita dal segretario,o "attuario", il presidente o "capitano barracellare", i consiglieri o "barracelli". Tutti erano muniti di porto d'arma e la loro funzione consisteva nell'effettuare un servizio di vigilanza nelle campagne e risolvere le eventuali controversie.

Il lavoro delle vigne iniziava con l'aratura, poi la zappatura , la potatura e quindi la vendemmia durante la quale c'era un incaricato per la vigilanza chiamato su "castiadori" affinché non venisse rubata la frutta o danneggiata alcuna pianta.       

Il lavoro delle massaie prevedeva anche il faticoso lavoro della lavorazione del pane. Aveva inizio il lunedì con la scelta del grano utilizzando un setaccio detto su "cibiru", poi si lavava , si lasciava asciugare al sole e dentro is "crobisi" si portava a macinare. Fino agli ultimi anni '40 esistevano le mole sarde formate da un grosso masso di pietra circolare che conteneva il grano macinato e da un'altra pietra circolare posta sopra che ruotando con la forza di un asinello bendato e attaccato a dei finimenti,  macinava il grano. Il grano divenuto farina grossa con l'ausilio de "su cibiri " e de "su sarazzu" e "is turras de linna" veniva suddiviso in farina, semola fine e grossa e crusca. La semola grossa era utilizzata per cucinare,mentre quella fine insieme alla farina per fare il pane, la crusca era il pasto delle galline. Negli anni '50 il lavoro delle massaie divenne più leggero grazie all'impianto del nuovo mulino elettrico in via Duca degli Abruzzi. Solitamente il giorno dedicato alla lavorazione del pane era il sabato nelle primissime ore del giorno. A seconda della lavorazione effettuata dentro "sa scivedda" si otteneva il "pailimpiu" o "is coccois" e il "civrasciu" o "spongiu". Era il pane per tutta la famiglia per una intera settimana. Si preparava anche la pasta fresca, soprattutto ravioli, gnocchi sardi e fregola.

per soddisfare altri bisogni alimentari della famiglia si allevavano in casa   polli e i maiali; da questi ultimi si ricavavano anche le salsicce.

Il fabbro ferraio si occupava di aguzzare i vomeri e rifare la punta consumata dall'aratura. C'erano tre botteghe di tre fabbri: una in "prazz'e ballus", una in via Vittorio Emanuele e una in via Umberto.

La pesca soprattutto di tinche e anguille, era praticata nel fiume Cixerri e i pesci venivano venduti casa per casa.

Lo stagnino riparava i buchi dei contenitori per il latte o per l'acqua che erano in alluminio o in latta e gli utensili da cucina.

I commercianti o "is arragateras" si dedicavano per mestiere a comprare della merce alimentare dalle famiglie per rivenderla al mercato a Cagliari.

I bottegai o "buttegherisi" erano pochi. Nella strada principale vi erano piccole rivendite di carne ,allora macellate nel macello comunale situato in località "bauvorru", e rivendite di  pesce e verdure chiamate "is pangas". Ogni mattina passava il banditore che con la sua tromba annunciava ciò che si poteva comprare nel mercato de "is pangas" e in altre località. Certe volte il bando era per qualche oggetto smarrito. Quando il banditore suonava tre squilli di tromba il bando era un importante ordine del sindaco.Il mercatino settimanale in "prazz'e ballus", così come oggi si svolgeva di giovedì, comprendeva oltre alle consuete bancarelle anche lo stagnino e "s'acconciacossu" che riparava oggetti in terracotta.

Il calzolaio o "su zabatteri", il barbiere o "su brabieri" e il sarto o "maistru e pannu" erano artigiani oggi quasi scomparsi.

La venditrice di zafferano o "sa zaffaranaia " e  il cantastorie erano alcuni tra i personaggi che periodicamente arrivavano da altri paesi.

Proverbi in dialetto campidanese

· A chi dona prangiu aspetta cena (Chi dona riceve)

· A chi non teni nesci pagara (Come dire il capro espiatorio)

· Peccau de su babbu du prangi fillu (Gli errori dei genitori ricadono sui figli)

        · A chi traballa campara (Chi lavora campa)

· Is amigus abortasa funti nemigus (Certe volte gli amici si trasformano in nemici)

· Fillu de gattu topi teniri (Come dire che 1'esempio trascina)

· Bentua candu tira su bentu (Stesso significato di " approfitta dell'occasione")

· Su burricu no connosci su zaffanau (Non riconoscere le cose belle)

· In domu de ferreri schironis de linna (Significa trascurare le cose che sai fare)

· Su becciu non senti de morri cantu deppiri ancora imparai (Il vecchio ha sempre

anche lui qualcosa da imparare)

· Quaddu friau sa sedda si timidi (Il Cavallo ha paura della sella se ha qualche ferita sulla schiena, come dire che uno ha paura delle scottature)

· Arriu surdu acqua mera (Significa che certe volte i1 fiume in piena anche se è silenzioso nasconde delle insidie. Detto anche di persone silenziose ma ambigue.)

· A Chi cumandara a mau missu e mellus chi du fazzarissu (Chi ordina di far qualcosa a persona incompetente è meglio che lo faccia da se.)

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