La storia


Già nell'antichità fu osservato che durante tutta la vita si susseguivano fasi di maggiore o minore efficienza con un ritmo ciclico. Già agli albori della civilizzazione, quindi, i ritmi furono trattati come un fatto evidente.

Ippocrate, oltre 2400 anni fa, aveva notato l'esistenza di giorni buoni e cattivi nei pazienti.
Gli antichi medici cinesi davano una periodicità quotidiana alle funzioni del corpo e curavano ogni malattia stimolando l'energia degli organi malati che aumentava o diminuiva di intensità a seconda delle ore del giorno.

Ma bisogna arrivare a tempi molto più recenti perché si cominci a parlare dei bioritmi così come vengono intesi oggi.

Tra il XIX ed il XX secolo Hermann Swoboda, professore di Psicologia all'università di Vienna, introdusse le leggi della periodicità che si basavano sull'esistenza di due cicli di 23 e di 28 giorni e pubblicò le conclusioni delle sue ricerche nella sua opera Das Siebenjahr (L'anno di sette).

Nello stesso periodo e senza alcun collegamento con Swoboda, per una singolare coincidenza il biologo berlinese Wilhelm Fliess, grande amico di Sigmund Freud, arrivò alle stesse conclusioni sviluppando la teoria dei periodi che documentò in maniera molto ricca fornendone le prove matematiche nell'opera Der Ablauf des Lebens (Il corso della vita) pubblicata nel 1906.
Secondo Fliess, ogni individuo possiede nella sua natura fisica ed emozionale elementi del sesso opposto. Questa sua teoria, denominata della bisessualità, portò a chiamare i due cicli, che si ripetevano ogni 23 e 28 giorni, «ritmo maschile» e «ritmo femminile».

Ma queste teorie non ebbero molta fortuna fuori dalla Germania.
Freud stesso fu molto tiepido verso le conclusioni del suo amico, pur riconoscendo che la teoria della bisessualità aveva avuto una parte fondamentale nella formulazione dei concetti della psicanalisi freudiana.
Dovranno passare oltre trent'anni perché queste ricerche vengano riprese dal ginecologo Georg Riebold e vengano dotate di basi più solide.

Nel 1920 l'ingegnere Alfred Teltscher, che era anche insegnante, osservando il comportamento intellettuale dei sui allievi, arrivò ad ipotizzare l'esistenza di un terzo ciclo determinandone il ritmo con un'ampiezza di 33 giorni.
Anche due altri ricercatori, Rexford Hersey e Michel John Bennet, pun non essendo a conoscenza degli studi di Teltscher, ebbero la stessa intuizione.
In seguito Myron Streams perfezionò la ricerca accreditando quegli studi.

Ma è con l'opera Bioritmi, guida per i buoni e cattivi giorni della vita pubblicata a New York nel 1973 da George S. Thommen che abbiamo la sintesi più completa sull'argomento ed una dimostrazione dell'influenza dell'osservazione dei ritmi sul piano scientifico e sociale.



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