Jean-Francois Millet (Gruchy,1814 – Barbizon,1875) è stato il primo
autentico interprete della condizione contadina, essendo contadino lui
stesso. Dopo la morte del padre, infatti, si dedicò personalmente al
lavoro nella fattoria di famiglia, in Normandia. Sebbene i suoi quadri,
mostrando la dura fatica del contadino, siano apparsi simbolici della
lotta contro la borghesia condotta dalla sinistra intellettuale francese,
in Millet non vi è la polemica realista di Courbet né la satira sociale
di Daumier. Millet non crede nelle riforme, non crede nelle conquiste dei
lavoratori, non conduce la lotta di classe. I suoi contadini sono legati
alla terra e al lavoro da sempre; il destino li ha fatti nascere
contadini, come i loro nonni ed i loro padri, la loro condizione è
immutabile ed essi l’accettano umilmente. La pittura di Millet, priva di
ribellioni, è caratterizzata quindi da una dolce, rassegnata tristezza
che esprime la condizione umana, permeata di silenziosa laboriosità e di
una religiosa disposizione al sacrificio. L’Angelus, famosissimo
ancora oggi soprattutto presso i ceti meno colti, è senza dubbio l’opera
che più di tutte riesce ad esprimere la religiosa dedizione alla vita dei
campi dei contadini di Millet, il quale narra: «
L’Angelus
è un quadro che ho fatto pensando a quando, lavorando nei campi, mia
nonna non mancava, sentendo suonare la campana, di farci fermare il lavoro
per dire L’Angelus (preghiera che si recita al mattino, a
mezzogiorno e la sera) per i poveri morti, molto devotamente e con
il cappello in mano ».
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