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IL MOTORE A SCOPPIO
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Quando
si parla di motore a scoppio si fa quasi sempre riferimento al
modello costruito dall’ingegnere tedesco Nikolaus Otto nel 1877
(fig.1). È infatti quel modello (il cosiddetto quattro tempi)
che segnò l’inizio della costruzione industriale dei motori a
combustione interna (con l’applicazione in vari settori). Inoltre, è
proprio sul principio di Otto che si basano i motori moderni.
Se
si vuole parlare, invece, del primo motore a combustione interna della
storia che abbia mai funzionato, bisogna fare riferimento ai due fisici
italiani Eugenio Barsanti e Felice Matteucci. Furono
infatti loro, ben ventitré anni prima di Otto (era il 1854), a
costruire e brevettare il primo motore (fig. 2).
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fig.1 |
fig.2 |
Il
motore è un tipo di macchina in grado di trasformare in energia
meccanica l’energia termica prodotta durante la combustione di una
sostanza che brucia in una camera a volume variabile, facente parte
integrante del motore stesso. I motori a benzina più diffusi sono
quelli a quattro tempi; ciò significa che in un ciclo completo i
pistoni compiono quattro corse, due verso la testa (chiusa) del cilindro
e due in direzione opposta.
Il
motore è composto da due parti principali: il carburatore e il cilindro.
Nel carburatore si forma la miscela esplosiva di aria e benzina.
Quest’ultima, dopo essere stata aspirata attraverso un sottile
forellino, si suddivide in minutissime gocce, che istantaneamente
vaporizzano e si mescolano con l’aria. Il cilindro è un
robusto “cilindro” di metallo, chiuso a tenuta da un pistone (P).
Nella sua base superiore, che si chiama testa, sboccano due tubi: uno (r)
pone il cilindro in comunicazione con il carburatore; l’altro (s)
esce all’esterno. L’ingresso dei due tubi è chiuso da due valvole
(R e S) che sono comandate automaticamente dal
movimento del motore. Nel cilindro vi è poi la candela,
costituita da due punte metalliche molto vicine. Tra di esse, al momento
opportuno, scocca una scintilla elettrica che, facendo esplodere la
miscela, provoca il movimento del pistone (fig.3).
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fig.3 |
Il
funzionamento del motore avviene in sei tempi, dei quali solo quattro
comportano movimenti del pistone (fig.4):
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Primo
tempo. La valvola R
è aperta mentre S è chiusa. Il pistone si abbassa e aspira
attraverso R la miscela che proviene dal carburatore.
·
Secondo
tempo. La valvola R
si chiude. Il pistone torna indietro, comprimendo la miscela.
·
Terzo
tempo. R
ed S sono chiuse. Nella candela scocca una scintilla che produce
l’esplosione della miscela. La quantità di calore Q2, che si
sviluppa, fa aumentare molto la temperatura del gas (il quale cambia
anche chimicamente). In seguito all’aumento di temperatura, aumenta
anche la pressione del gas, ma il processo di combustione è così
rapido che il pistone non fa in tempo a mettersi in moto.
·
Quarto
tempo. R
ed S sono sempre chiuse. La pressione del gas spinge il pistone,
che si abbassa fino a raggiungere la posizione più bassa, mentre la sua
temperatura decresce notevolmente. Questa è la fase attiva del ciclo,
l’unica in cui il sistema compie lavoro.
·
Quinto
tempo. La valvola R
rimane chiusa mentre S si apre. I gas prodotti nella combustione
escono attraverso S e il tubo di scappamento, fino a che la loro
pressione è pari alla pressione atmosferica esterna e la loro
temperatura si è ulteriormente abbassata. In questa fase il pistone non
si muove.
·
Sesto
tempo: R
rimane ancora chiusa ed S aperta. Il pistone torna verso la testa
del cilindro, espellendo (attraverso S e il tubo di scappamento)
la parte residua dei gas di combustione.
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fig.4
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Il
ciclo del motore a quattro tempi può essere schematizzato in un
diagramma pressione-volume (fig. 5). Ci si riferisce, però, a un
motore ideale che funziona molto lentamente. Nei motori reali, invece,
le trasformazioni avvengono in modo così rapido che il sistema non si
trova mai in uno stato di equilibrio.
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fig.5
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a)
A-B: fase di aspirazione;
b)
B-C: compressione adiabatica della miscela;
c)
C-D: scoppio della miscela (isocòra);
d)
D-E: espansione adiabatica dei gas nella camera di combustione;
e)
E-B: l’apertura della valvola di scarico provoca una
trasformazione isòcora.
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