Il museo

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La peculiarità del Museo Civico di Bisacquino risiede nel fatto che in esso non si ammirano delle vere e proprie importanti opere d'arte, ma tanti piccoli oggetti di uso quotidiano e attrezzi di lavoro che - raccolti con cura amorevole e organizzati secondo un significativo disegno intrinseco - rappresentano l'identità culturale della comunità bisacquinese, riportandoci alla sua civiltà contadina e artigiana dell'epoca preindustriale. Il Museo, nato grazie all'iniziativa e all'interessamento di un privato cittadino bisacquinese, il ragioniere Salvatore Salvaggio, si può a ragione definire etnologico; esso è pressoché  unico nel suo genere in tutta la Sicilia per la disposizione di oggetti e attrezzi in cicli di lavoro e in ambienti di vita quotidiana. La stanza del contadino con il tetto coperto di canne; la stanza da letto in un'alcova; quella delle tessitrici, dove un antico telaio fa bella mostra di sé accanto a coperte tessute a mano; la stalla, dove selle e bardature di cavalli fanno rivivere nitriti e rumori di zoccoli; le stanze del pastaio, del costruttore di orologi, del fabbro ferraio, del ciabattino, del falegname, fanno sentire suoni sapori e odori di altri tempi. Il tutto fa volare la fantasia nel bel mezzo dell'antico abitato bisacquinese, quasi a tu per tu con gli antichi abitanti intenti nei lavori e nelle attività quotidiane. Le ricostruzioni del museo raccolgono e conservano i segni del passato delineando la vita di una comunità che ha trovato nell'agricoltura, nella pastorizia, nella piccola industria (mugnai, sarti, fabbri ferrai, calderai e artigiani vari) i mezzi di sussistenza, di sviluppo economico e prestigio nel territorio, in Sicilia e fuori dall'isola. Il Museo Civico è anche da visitare per la sezione dedicata ai reperti archeologici greco-punici del tardo IV sec. a.C. che provengono dal Monte Triona, sovrastante il paese.

Della cultura contadina e artigiana bisacquinese, all'esterno del Museo, nell'ambiente urbano, resta traccia negli anelli in ferro e in pietra, qua e là disseminati nei muri esterni di qualche casa, ove i contadini erano soliti far sostare i loro animali; oppure rimane ricordo negli abbeveratoi e nelle fontane diffusi nel territorio sia urbano che rurale. Uno sguardo ai balconi di molte case ci ricorda la bravura dei fabbri ferrai; gli archi dei mulini ad acqua diroccati sono segni tangibili dell'operosità dei molitori; la bottega artigiana di Giovanni  Bacile (che ancora oggi fabbrica coltelli dal manico intarsiato ricavato dal corno di capra) è l'ultima testimonianza dell'artigianato dei coltelli, famoso nelle fiere del passato;  gli orologi da torre di Bisacquino e di altri paesi anche fuori dalla Sicilia concretizzano infine la bravura della famiglia Scibetta, il cui nome prestigioso  figura assieme a quello di Bisacquino scritto su di essi. 

 Il nome degli Scibetta resterà legato ad un artigianato di cui le generazioni future avranno notizie attraverso il "Museo dell'Orologio", situato in quella che è stata la bottega della famiglia e del suo ultimo discendente artigiano, ormai più che ottantenne, Paolo Scibetta. Questi annovera nel suo carnet lavorativo anche la costruzione di un orologio ordinatogli dal regista Visconti per la scenografia del suo film "Il Gattopardo". 

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museo dell'orologio