STAMPA - articoli 1021-1040
(8 maggio 2003 - 20 maggio 2003)

     


 

 

 

1040. Cani, allarme veleno.

 

 

Al parco San Pio X sono comparsi ieri mattina cartelli che avvertono i frequentatori con cani del pericolo che esistano, sparsi fra le aiuole, bocconcini avvelenati destinati agli animali. L'avviso («Probabile presenza di bocconi avvelenati») è stato appeso a tutti i lampioni del parchetto.

E' stato deciso di affiggerlo a titolo precauzionale, perché nei giorni scorsi il possessore di un cane aveva segnalato alla polizia municipale del Comando di Modena che il suo animale si era sentito male dopo avere presumibilmente mangiato nel parco stesso.

«Il cane, di piccola taglia, si è poi ripreso, ma il dubbio che qualcuno vada in giro a spargere bocconi avvelenati nelle aree verdi cittadine doveva comunque essere preso in considerazione, anche se solo a titolo cautelativo», dicono i vigili urbani di viale Amendola.

Nell'agosto dell'anno scorso, nel parco di via Divisione Acqui, alcuni bocconi alla stricnina avevano avvelenato cinque cani, due dei quali erano morti.

Per tre giorni una lupacchiotta aveva lottato tra la vita e la morte, dopo che la sua padrona l'aveva vista inghiottire un boccone trovato fra l'erba: due ore dopo per erano iniziate le convulsioni.


Il Resto del Carlino-20 maggio 2003

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1039. Cani massacrati col veleno.

 

 

Ginger, labrador femmina di due anni e mezzo, è volata nel cielo dei cani, uccisa da un boccone avvelenato buttato in un campetto di olivi di Reggello.

Virginia, la sua padroncina diciassettenne, è stata colta da malore, tanto da rendere necessario un ricovero in stato di osservazione al pronto soccorso dell'ospedale di Figline.

Virginia era stata accanto a Ginger nella corsa, veloce e disperata, verso la clinica veterinaria. Già una volta, quando aveva appena sei mesi, la cagnetta aveva ingoiato un boccone irrorato di veleno. Era stata salvata. Così Virginia sperava in un altro intervento in extremis. Ginger tremava. Questa volta la pozione doveva essere micidiale perché il pezzetto ingoiato era piccolo.

Un abbondante avanzo è stato consegnato, come reperto, alla polizia provinciale. Agonia breve. Poi la fine.
Distrutta come sua sorella Elena, Virginia è riuscita comunque a trovare la forza di raccontare la storia e di mandare anche un disegno della sua Ginger.

Il tutto accompagnato da una lettera del babbo Alessandro, giustamente indignato della prevenzione, francamente scarsa, che si fa in questo campo, nonostante che contro i bocconi avvelenati ci sia una rigida legge nazionale, rafforzata da un altrettanto severo provvedimento regionale.

In effetti, la vicenda di Ginger e di Virginia, lettera del babbo compresa, rischiava di confondersi con la massa di notizie che quotidianamente piovono in redazione. Invece, visti i tempi, diventa una storia simbolo.

Un campanello d'allarme da suonare a distesa perché, evidentemente, non c'è abbastanza sensibilità al problema, nonostante che due settimane fa la Regione Toscana abbia lanciato addirittura una campagna contro i bocconi assassini, generalmente imbevuti di cianuro e di stricnina ma anche di semplice topicida. Il veleno per topi ha un vantaggio: chiunque se lo può portare tranquillamente in macchina senza rischiare niente anche in caso di perquisizione.

I bocconi avvelenati vengono segnalati ormai dappertutto. Perfino in qualche giardino di Firenze. Il pericolo è serio: un bambino potrebbe essere più veloce del cane a raccattare il pezzo di carne e a metterselo in bocca.
Gli agenti della polizia provinciale allargano le braccia. Per dire: facciamo quello che si può.

Probabilmente serve maggiore collaborazione da parte dei comuni . E ovviamente è indispensabile l'attenzione della gente, soprattutto delle mamme e delle nonne che vanno a passare qualche ora con figli e nipoti sulle panchine, nel verde.

La lettera del babbo di Virginia, inviata insieme al disegno della povera Ginger, è qualcosa di più che una testimonianza. Va letta come un richiamo al senso di responsabilità, e come un invito a tenere la guardia alta, da parte di chi è stato colpito in un tenero affetto.

I campi e i prati del comune di Reggello, come quelli degli altri comuni del Valdarno ma anche del Mugello e della Val di Sieve, sono ormai considerati zone a rischio.

Le organizzazioni animaliste chiedono che venga vietata la caccia, almeno per un anno, ovunque vengano trovati bocconi avvelenati. Ma le associazioni dei cacciatori negano con fermezza, e anche con irritazione, che gli avvelenatori si possano nascondere fra i loro iscritti.

In effetti, per chi semina bocconi avvelenati, chiunque esso sia, c'è un solo appellativo: delinquente.


La Nazione-20 maggio 2003

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1038. Strage di cani con la stricnina. C’è l’inchiesta dei carabinieri.

 

 

Una brutta notizia per gli amici degli animali. Nei giorni scorsi, infatti, in alcuni centri della Baronia, sono stati avvelenati decine di cani.

La vicenda ha interessato i comuni di Trevico, Vallesaccarda e, in particolar modo, Vallata.

La cittadina a cavallo tra la valle Ufita e l’Alta Irpinia è stata coinvolta dalla maggior parte dei casi di avvelenamento, che hanno avuto il loro momento culmine nella nottata tra venerdì e sabato quando sono state distribuite dose letali a decine di cani.

Gli animali sono stati uccisi in varie zone del paese, soprattutto nel centro storico dove l'impressionante susseguirsi di casi di cani che cadevano al suolo ormai privi di vita, ha creato qualche allarme anche tra la cittadinanza.

Tutto è, però, fortunatamente, rientrato nel giro di qualche ora, anche grazie all'intervento degli operatori del locale distretto sanitario che hanno confermato l’ipotesi di avvelenamento.

Con ogni probabilità, si tratta di morti da stricnina. Restano, ora, da individuare le cause di tanta barbarie, opera, come si vocifera da più parti, di qualcuno senza scrupoli che, forse infastidito dai latrati e dai lamenti degli animali, ha deciso che era il momento di mettersi all’opera, nel modo davvero crudele.

Del fatto sono stati informati i carabinieri della locale stazione che, con gli elementi in loro possesso, hanno potuto fare ben poco, se non avvisare della vicenda la Protezione animali.

Questa dovrà adoperarsi affinchè episodi del genere non si ripetano in futuro.


Il Mattino-20 maggio 2003

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1037. Hanno avvelenato il lupetto italiano.

 

 

Peschiera. L’unico esemplare di lupo italiano presente sul lago di Garda sta rischiando l’estinzione.

A Peschiera, grazie alle amorevoli cure del suo proprietario Raimondo Collia, vive uno di questi rari cuccioli, costantemente controllato e monitorato dall’Ente nazionale per la tutela del lupo italiano (Etli).

Qualche giorno fa l’animale è stato volutamente avvelenato con un salsicciotto, presumibilmente preparato allo scopo. «Verso le 23.30», racconta Collia, «ho sentito abbaiare Alf in modo strano.

Affacciandomi alla finestra ho notato che il cane aveva la bava alla bocca e presentava difficoltà motorie, tanto da non riuscire quasi a reggersi in piedi.

Ho quindi caricato immediatamente la bestiola in auto per portarla d’urgenza da un veterinario, che gli ha prestato le prime cure». «Il giorno seguente», prosegue amareggiato Collia, «sono andato dal mio veterinario di fiducia il quale, dopo aver meticolosamente visitato il cane, non ha potuto che dar ragione al collega che ha effettuato il primo soccorso: l’animale era stato avvelenato con una salsiccia.

Abbiamo recuperato un frammento della salsiccia incriminata, vomitata dal cane, e l’abbiamo mandata ad analizzare in laboratorio».

Attualmente la bestia non si è ancora rimessa del tutto: le analisi sul frammento di salsiccia hanno infatti individuato un veleno che agisce nel medio periodo, con un’azione venefica che si consuma in più giorni. Rimane quindi elevato il rischio che l’unico cucciolo di lupo italiano esistente sul Garda, nonostante il pronto intervento del proprietario, non ce la faccia a ritornare in perfetta forma, superando completamente gli effetti dell’avvelenamento.

Sulla vicenda è stata immediatamente sporta denuncia: l’Ente nazionale di tutela e l’affidatario dell’animale hanno presentato formale atto di querela ai carabinieri di Peschiera del Garda, nei confronti delle persone che risultassero colpevoli, chiedendone altresì la punizione e riservandosi la facoltà di costituirsi parte civile in un eventuale procedimento penale.

L’ignobile atto perpetrato ai danni del raro animale potrebbe infatti tramutarsi in un grave danno al patrimonio cinofilo italiano ma poteva tramutarsi in male peggiore: dalle analisi di laboratorio si è stimato che l’avvelenamento è avvenuto nel tardo pomeriggio, quando i bambini della famiglia Collia sono ancora in giardino a giocare affettuosamente con il loro cucciolo.

Si è corso il rischio che gli stessi bimbi venissero attratti dall’apparente prelibata salsiccia, con conseguenze che lasciamo immaginare.

Sembra di leggere la storia di Cappuccetto Rosso al contrario: c’è un lupo buono che gioca con i bambini e un uomo cattivo che tenta di ucciderlo con il veleno, mettendo a repentaglio anche la vita degli innocenti piccini.


L'Arena-18 maggio 2003

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1036. Animali morti misteriosamente “Giallo” al Monte di Cassano.

 

 

CASSANO IONIO (Cosenza)– “Giallo” al Monte di Cassano: nelle ultime settimane sono caduti in maniera misteriosa decine di cani e di gatti. I legittimi proprietari li hanno, improvvisamente e misteriosamente, ritrovati senza vita.

Le carcasse delle povere bestie non avevano ferite apparenti, né mostravano altri elementi esterni utili a chiarire le cause del decesso.

Il caso preoccupa perché è ormai diffuso a macchia d'olio, con episodi in quasi tutte le contrade in cui è organizzato il Monte: “Vacanti liti”, “Salituri”, “Monte Iotti”, “Maroglio”. Chi o che cosa ha ucciso tutte quelle povere bestie? Domanda univoca perché la pista più seguita esclude la morte naturale, attribuendola a c ause indotte.

Si parla di polpette avvelenate e sostanze letali disciolte in acqua. E non si esclude, nemmeno, che cani e gatti siano stati stroncati dall'eccessiva quantità di pestidici diffusi nell'area del Monte di Cassano per fronteggiare il potente attacco della “processionaria”.

Ma quest'ultima ipotesi è decisamente la meno accreditata.

A inquinare ulteriormente acque già torbidissime, si aggiunge la testimonianza di alcuni proprietari che raccon tano d'avere rinvenuto nel cortile di casa bottiglie di plastica sporche di misteriose tracce di una polverina giallognola.

Di cosa si trattava? Il caso non è ancora finito all'attenzione delle forze dell'ordine: nessuna ha denunciato nulla.

Almeno per il momento. Perché è chiaro che, qualora la scia di morte continui, finirà inevitabilmente al vaglio degli inquirenti.


Gazzetta del Sud
-18 maggio 2003


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1035. Salsicce avvelenate per sterminare la colonia felina.

 

 

CENGIO. Per uccidere i sette gatti morti il mese scorso a Cengio, nella zona di piazza della Libertà, sono state utilizzate micidiali salsicce avvelenate.

E il risultato delle analisi effettuate dall'Istituito zooprofilattico sui campioni consegnati dalle guardie zoofile dell'Enpa.

In seguito all'episodio, che aveva spinto i residenti ad issare un mega-striscione con l'autore degli avvelenamenti, i volontari dell'associazione animalista continua ad effettuare pattugliamenti in tutta la zona e in particolare nelle ore notturne con l'obiettivo di riuscire a risalire alla persona o alle persone che hanno ucciso i gattini.

Intanto, l'Enpa ha messo a disposizione un fascicolo di istruzioni per fronteggiare le situazioni di emergenza, e ha anche proposto al sindaco del paese di emanare un'ordinanza restrittiva sull'uso di sostanze velenose.


La Stampa-18 maggio 2003


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1034. Avvelenati venti gatti.

 

 

Una denuncia verso ignoti è da giovedì sul tavolo della questura di Ferrara. L'accusa è grave e corrisponde ad un episodio inquietante che si è verificato attorno alla prima metà del mese di aprile.

Una nuova colonia felina con oltre venti gatti, che si trovava all'interno dell'area della fabbrica Felisatti in via del Lavoro è misteriosamente scomparsa.

La responsabile del gattile comunale, Stefania Marzani, informata dell'episodio, ha sollevato il caso in quanto è stato trovato solo uno dei gatti scomparsi ed era morto stecchito, ucciso, come testimonia un'accurata autopsia effettata da un veterinario, con un potente veleno che conteneva anche particelle fosfatiche.

In sostanza il gatto avvelenato è stato colpito da un edema polmonare che ha provocato una grave crisi respiratoria nel giro di pochi minuti. La morte, secondo la perizia medica stilata dalla dottoressa Anna Ferarresi. è avvenuta rapidamente, nell'arco di 1 o 2 ore al massimo.

Il ritrovamento di questo animale morto, fa temere agli animalisti e a quanti hanno a cuore la sorte di questi gatti, che quelli scomparsi abbiano fatto la medesima fine e probabilmente sono stati nascosti o sotterrati in altre parti.

«Un episodio inquietante - dichiara un'esponente animalista che ha portato alla ribalta il caso - anche perché questa nuova colonia felina che si trovava all'interno della fabbrica Felisatti era stata sterilizzata di recente con un intervento del Comune.

Dispiace che certe persone debbano ridursi a compiere questi anni, davvero inconcepibili.

Il caso è quindi approdato negli uffici della polizia che sta effettuando delle indagini accurate per scoprire il mistero.


La Nuova Ferrara-17 maggio 2003


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1033. Gatti avvelenati e impallinati.

 

 

(R.G.) Nel giro di una settimana, nel Feltrino, un cane è morto perché preso a randellate in testa mentre due gatti, rispettivamente, sono stati impallinato l'uno e avvelenato l'altro. «Che dire? - afferma Cristina Gasparo, presidente dell'associazione a tutela degli animali S. Francesco - mi sembra che i fatti si commentino perfettamente da sè».

«In riferimento al cane di Fener morto dopo un colpo dato sul capo - aggiunge - i suoi proprietari hanno presentato denuncia ai carabinieri. Per quanto ci riguarda, invece, ci costituiremo parte civile.

Proprio oggi pomeriggio (ieri per chi legge) incontreremo l'avvocato Giovanni Degli Angeli al fine di inquadrare la situazione. Oltre a noi dell'associazione saranno presenti i proprietari di Nerone. Assieme valuteremo il da farsi».

«Anche se fortunatamente ancora vivi - sottolinea poi la presidente Gasparo - altri due animali sono stati oggetto di atti di inciviltà da parte degli uomini. Il primo gatto, a Fianema di Cesiomaggiore, è stato impallinato grazie all'uso di una carabina.

L'intervento del veterinario, però, è risultato determinante ed è riuscito a salvare il micio. Il fattaccio, comunque, è stato anche in questo caso denunciato ai carabinieri». «Le sorti dell'altro gatto - aggiunge - sono ancora appese ad un filo.

Questo perché il topicida che gli è stato somministrato aveva una concentrazione talmente alta di veleno da riuscire a dilaniargli lo stomaco. Non sappiamo ancora se si salverà». «Come associazione - conclude Gasparo - presenteremo all'avvocato Degli Angeli anche questi due casi.

Per comprendere, assieme a lui, quali sono le strade che possiamo intraprendere».


Il Gazzettino-17 maggio 2003

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1032. Veleno ai cani, assolto.

 

 

Era stato accusato di aver ucciso un cane e di aver tentato di avvelenarne un altro, ma alla fine è stato assolto per non aver commesso il fatto. Marino Mian, 68 anni, di Aquileia, era stato denunciato dai proprietari delle bestiole: Ottorino Corazza, 58 anni e Giuseppe Legnaro, 68 anni, entramb i di Aquileia. I fatti si riferiscono al 5 e al 18 febbraio del 2001.

Allora, secondo l'accusa, l'imputato avrebbe propinato agli animali cibo avvelenato con aldicarb. Il cane di Corazza si è salvato grazie al rapido intervento del veterinario Roppa di Cervignano, mentre quello di proprietà di Legnaro è morto dopo 15 minuti di agonia.

I due animali, un setter da caccia di 5 anni, del valore di circa 300 euro, e un meticcio di 10 anni, si sono avventati avidame nte sulle esche mortali, un miscuglio di mortadella macinata a veleno e sistemata in gusci abbandonati al limitare di un appezzamento erboso di proprietà del Mian.

Sembra inoltre che uno degli animali sia stato avvelenato vicino alla sua cuccia. I carabinieri di Aquileia, ricevuta la denuncia inizialmente contro ignoti, hanno eseguito una perquisizione a carico dell'imputato rinvenendo, nella sua abitazione, diverse sostanze tossiche usate in agricoltu ra tra cui una contenente l'aldicarb. Da qui la denuncia alla Procura.

In aula è emerso anche che in quel periodo erano stati ritrovati morti avvelenati una decina di cani e gatti. In aula il giudice Silvia Fantinel. Pubblico ministero Maurizio Bidin della Guardia di Finanza.

Per la difesa l'avvocato Franco Crevatin del foro di Gorizia.


Il Gazzettino-16 maggio 2003

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1031. «Non sono io il killer dei cani».

 

 

«Non ho ucciso io cani e dei gatti. Devono smetterla di accusarmi di fatti ai quali sono totalmente estranea». E' amareggiata e da giorni non si dà pace L.C. una signora di Sogliano al Rubicone.

Da tempo viene accusata di essere l'esecutrice materiale delle morti dei cani (20) e dei gatti (40) da ottobre 2002 a marzo 2003. Quel killer che, con polpette avvelenate, è tornato a colpire il primo maggio ma per fortuna questa volta un cagnolino è stato salvato in extremis dal veterinario.

Lla signora, perseguitata da queste accuse, ha presentato ai carabinieri denuncia (contro ignoti) per diffamazione contro ignoti ai Carabinieri.

Come sono nate queste accuse nei suoi confronti? «Non me lo spiego— afferma in lacrime L.C. —. Questo accanimento nei miei confronti è iniziato il primo aprile, io e mio marito siamo rientrati a Sogliano dopo un'assenza di una decina di giorni.

La gente non mi sorrideva più come prima, alcuni non mi salutavano più, altri ancora quando passavo per strada richiamavano in casa i loro cagnolini». In cosa consiste il linciaggio? «Il 2 aprile mi sono arrivati due messaggini sul cellulare: venivo accusata di aver ucciso cani e gatti.

Il linciaggio è continuato anche in maggio. Il primo maggio, quando è stato avvelenato l'ultimo cane, io e mio marito eravamo al mare da qualche giorno.

Mentre eravamo fuori ci hanno tagliato 32 piante da frutto e da bosco in un appezzamento di terreno che abbiamo in campagna alle porte di Sogliano.

Piante che in parte ci erano state date dalla Comunità Montana dell'Appennino Cesenate nel 1997 per rimboschimento e anti frana. C'erano anche dei preziosi abeti rossi, ulivi, cerri e tassi. Hanno anche lasciato aperto per giorni e notti il rubinetto dell'acqua utilizzata a scopo agricolo per annaffiare».

Cosa risponde a chi l'accusa? «Nel 1992 abbiamo scelto di venire ad abitare a Sogliano perché ci piaceva il posto e la gente.

Ora pensiamo di togliere il disturbo, non prima però di avere chiarito tutta questa storia. Io non mollo».


Il Resto del Carlino-15 maggio 2003


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1030. Gatti avvelenati, un esposto.

 

 

Esposto alla Polizia provinciale, ai carabinieri e alla polizia municipale di CaiRo da parte del consigliere provinciale e comunale Flavio Strocchio in merito all'avvelenamento di alcuni gatti che vivevano in una colonia in corso Marconi, e di cui da tempo si prendono cura alcune «gattare».

Afferma il consigliere, che ha segnalato il caso anche alle associazioni animaliste ed ambientaliste: «Oltre all'azione criminosa volta a sopprimere e maltrattare gli animali, esiste anche una pericolosità sociale di chi sparge esche avvelenate incurante di quanti possano raccoglierle o venirne a contatto, adulto o bambino che sia, soprattutto quando l'azione è portata a termine all'interno o nei pressi di case, strade e centri abitati».

Aggiunge Strocchioi: «Il proseguire di questi atti criminali, assai pericolosi anche socialmente, induce a chiedere una particolare attenzione volta ad individuare e perseguire i colpevoli, mettendo in atto adeguati metodi di indagine e strumenti tecnologici ed informativi per far cessare questa incivile e pericolosa situazione.

Ritengo che il ripetersi, per anni, di tali azioni giustifichi pienamente questa richiesta».


La Stampa-14 maggio 2003

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1029. Cosa fare nel caso di esche velenose.

 

 

 

Denunciare ogni episodio, mettere in guardia chi si trova nelle vicinanze». (Giorgio Celli).

Prendo spunto dalle parole dell'illustre etologo e dai recenti articoli pubblicati sull'abuso incivile delle «esche avvelenate» per gli animali, per soffermarsi su questo temibile problema, al quale stanno dando giusta risposta sia le associazioni ambientaliste e animaliste che gli assessorati alla sanità, promuovendo una campagna di sensibilizzazione e informazione.

Penso quindi a come rendersi utile a chi si trovasse vittima di questo terribile atto di inciviltà, e mi sono avvalsa della consulenza del dott. Giuliano Pellegrini, medico veterinario fiorentino.

A lui abbiamo chiesto di delineare i sintomi che compaiono nell'animale nel caso di ingestione di un «boccone avvelenato». E' bene sapere, innanzittutto, che le esche avvelenate più note sono di due tipi: i topicidi di ultima generazione, derivati dall'indano-dione e quelli a base di fosfuro di zinco.

I primi, si presentano sotto forma di granuli abbastanza grossi e di colore blu o rosso, riconoscibili all'interno dell'esca, mentre quelli a base di fosfuro sono polveri nerastre. Nel caso di ingestione degli anticoagulanti che, appunto, bloccano i fattori della coagulazione del sangue, i sintomi possono, purtroppo, non manifestarsi subito ma da 48 ore a una settimana. Intervenire con buon esito è estremamente difficile.

In generale, i segni più evidenti sono una significativa spossatezza, una grande sete, le mucose pallide, difficoltà respiratoria e, non sempre, perdite di sangue dagli orifizi naturali e la formazione di ematomi sottocutanei.

Modi per intervenire sono due: impedire l'assorbimento del veleno e tentare di bloccarlo quando ormai è in circolo. Gli antidoti che esitono, come la somministrazione della vitamina «K» e le trasfusioni di sangue, possono forse salvare l'animale ma non evitargli danni permanenti. Invece le esche a base di fosfuro di zinco sono tossiche e per esse non esistono antidoti.

Colpiscono fegato e reni e la mortalità è altissima. L'unico aspetto, potremo dire «positivo», è che sono più riconoscibili e più veloci a manifestarsi i sintomi di ingestione: vomito e fuoriuscita di schiuma dalla bocca, unita a un forte odore di aglio.

In ogni caso se abbiamo anche il più piccolo sospetto che il nostro compagno peloso abbia ingerito un boccone avvelenato, la prima cosa da fare è raggiungere, il più rapidamente possibile, un centro veterinario, e non intervenire autonomamente, e portare con noi, se possibile, un pezzetto dell'esca per farla analizzare.


La Nazione
-14 maggio 2003

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1028. Polpette killer al canile comprensoriale.

 

 

Città di Castello (Perugia) — Polpette killer anche al canile comprensoriale di Mezzavia a Lerchi. In pochi giorni due poveri animali ospiti della struttura hanno perso la vita.

Un pastore tedesco e una cagnetta «meticcia», mascotte del canile, sono stati uccisi dal potente veleno sistemato all'interno di bocconcini di carne.

A fare la triste scoperta il presidente locale dell'Enpa Mario Casacci (l'ente tifernate che insieme alla Comunità Montana e ai tecnici Asl ha in gestione il sito da tre anni).

«Anche il canile comprensoriale ora viene preso di mira. La preoccupazione è tanta. Visto quanto è accaduto alle due povere bestie, siamo costretti a non far uscire più dalla struttura i 107 'ospiti'».

Casacci, che proprio ieri pomeriggio si è recato dai carabinieri della locale Compagnia per sporgere denuncia contro ignoti, chiede ora alle istituzioni maggiori controlli e un impianto di tele camere a circuito chiuso «per impedire che fatti incresciosi come quelli verificatisi nell'ultima settimana non abbiano seguito».

Il presidente dell'Enpa, inoltre, ha allertato la Polizia provinciale per effettuare nei pressi del ricovero dei quattro zampe una bonifica. «Anche nella casa vicino a noi un cane è stato ucciso dalla polpetta killer; è chiaro che ci sono delle persone le quali, senza motivo, si accaniscono contro queste povere bestie».

Dei rece nti avvelenamenti è stato allertato pure lo specifico settore dell'Asl n. 1: esperti hanno già effettuato analisi sui resti degli animali vittime delle polpette e nei prossimi giorni verrà resa nota la sostanza letale utilizzata con chiari intenti.

Casacci conclude: «Dobbiamo trovare delle soluzioni affinchè questo nuovo fenomeno si fermi al più presto». L'incubo polpette killer in Altotevere è dunque ritornato.


La Nazione-13 maggio 2003

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1027. Polpette avvelenate al canile, muoiono Tilli e Briciola.

 

 

CITTA’ DI CASTELLO - Polpette avvelenate al canile municipale: uccisi due cani ospiti della struttura comprensoriale a "Mezzavia" di Lerchi.

Altri due cani da caccia sono "misteriosamente" spariti in località Vitellino, nella zona del Trasimeno e per il proprietario ha promesso una ricompensa a chi lo aiuterà a ritrovarli.

Continuano, comunque, ad essere tempi duri per gli animali nella nostra regione. I responsabili dell'Enpa di Città di Castello chiedono maggiori controlli e, dopo le tante violenze subite dagli animali della zona, vogliono mettere un impianto di telecamere a circuito chiuso.

Un pastore tedesco ed una cagnetta "meticcia", vera e propria mascotte del canile hanno fatto una brutta fine stroncati dal potente veleno camuffato all'interno di invitanti bocconcini di carne.

Dopo un periodo di relativa calma torna dunque in Altotevere l'incubo della stricnina per i quadrupedi di ogni razza e taglia.

Cani da tartufo, da caccia ed ora anche i bastardini e quadrupedi senza padrone del canile municipale sono presi di mira da qualcuno che non ama certo gli animali e si accanisce contro di loro senza pietà.

I "bocconcini" avvelenati sono stati con ogni probabilità disseminati lungo la recinzione che delimita il canile a ridosso dell'area verde dove abitualmente vengono lasciati liberi per le sgambature e corse in libertà.

"Tilli" e "Briciola", questi i nomi dei due cani uccisi, ogni giorno uscivano al di fuori del canile per rientrarvi dopo qualche ora in libertà. Questa volta però sono tornati in preda a forti dolori e dopo pochi minuti sono morti. Il veleno contenuto all'interno delle polpette gli è stato fatale.

"Giallo", invece, a Vitellino dove due cani da caccia, maschi di circa due anni entrambi tatuati, sono scomparsi dal loro recinto. Il primo esemplare è un setter inglese a pelo bianco con orecchie color fegato, l'altro è un segugio italiano a pelo raso marrone.

Il proprietario spera che non siano finiti in cattive mani e promette una ricompensa a chi li ripoterà. Se qualcuno sa qualcosa può telefonare al 3470043446.


Il Messaggero-13 maggio 2003

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1026. Roncade, avvelenati quaranta gatti. Attenti ai cani, ne sono spariti 12.

 

 

RONCADE. In via San Rocco durante il week-end sono stati avvelenati due gatti e sono spariti quattro cani. Ma non è un caso isolato: nel territorio comunale di Roncade, di questi ultimi tempi, sono spariti 12 cani e sono morti, per avvelenamento, ben 40 gatti.

I dati sono dell'Enpa (ente nazionale protezione animali) che ha una sezione proprio a Roncade.

«I numeri la dicono lunga sul rispetto di certa gente nei confronti degli animali - dice Maurizio Brombin, responsabile locale della Protezione animali - Sappiano però questi signori che se li becchiamo, in base a quanto preevisto dalla legge 727 (maltrattamenti nei confronti degli animali) e 638 (danneggiamento) hanno finito di star bene».

Resta il fatto che, come spesso accade, il «killer» agisce nell'ombra, nel silenzio e nell'anonimato più assoluto.

Probabilmente non sarà una sola persona, anche perchè un conto è buttare bocconi avvelenati nei pressi di cortili e giardini, un conto prelevare cani di tutte le stazze, dal bassotto al meticcio, al dalmata.
«Lo sa dove sono andati a morire i miei gatti? Nel posto dove vanno a riposarsi, in mezzo al fieno. Io so già - dice il signor Fedato - dove cercarli quando non li vedo in cortile. Si rifugiano in mezzo al fieno, a vomitare anche il veleno.

E' una morte atroce. I me fa pecà. Mi chiedo il perchè tanta cattiveria. A chi danno fastidio?».

Quanto alla scomparsa dei cani, visto che non ne sono stati trovati morti, è opinione comune pensare ad un «traffico» organizzato: da una parte si preleva (cani di razza o meticci, tutto va bene), dall'altra si vende. «Il mio dalmata ha un anno e mezzo e non si è mai allontanato da casa» dice Fedato «E' sparito domenica, so che non lo rivedrò più».


Tribuna di Treviso-13 maggo 2003

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1025. "Gattare" a caccia del maniaco.

 

 

Quattro gatti uccisi da esche avvelenate in pochi giorni. E' successo a Cairo, in Corso Marconi nei pressi di un cantiere dove da diversi anni vive un colonia i curata da due «gattare» che provvedono a dar loro da mangiare e a farli sterilizzare.

Racconta una volontaria: «Inizialmente pensavamo di trattasse di un episodio isolato e che nulla aveva a che vedere con gli avvelenamenti, ma dopo che quattro gatti sono morti purtroppo non abbiamo più dubbi».

L'ultimo episodio, ieri mattina, quando un micio, ormai privo di vita, è stato portato all'Asl affinchè venga effettuata l'autopsia.

Una volta avuti i risultati della perizia necroscopica, i volontari della Lega perla difesa del cane, che hanno immediatamente cominciato ad indagare, presenteranno denuncia alla polizia municipale e ai carabinieri.

La colonia, dove sino a poco tempo fa vivevano quasi una ventina di gatti, è presente nella zona ormai da diverso tempo. Alcuni anni fa si erano registrati episodi analoghi, ma poi la situazione era tornata alla normalità.

Ora la nuova ondata di violenza per fermare la quale i volontari animalisti ieri hanno affisso alcuni manifesti in cui si racconta quanto accaduto. Storie che purtroppo si verificano in diversi paesi della Val Bormida.

Poche settimane fa, a Cengio sono stati avvelenati alcuni gatti e decine di colombi. Mon solo, ma a Cengio-Chiesa dopo ripetuti avvelenamenti, i residenti della frazione hanno affisso un maxi-striscione contro l'autore del deprecabile gesto.

Vicende analoghe si sono registrate, negli ultimi mesi, anche a Cosseria e a Piana Crixia.


La Stampa
-11 maggio 2003

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1024. Torna il killer di cani e gatti.

 

 

Dopo un mese di pausa il killer di cani e gatti ha colpito di nuovo. Da ottobre 2002 a marzo 2003 a Sogliano al Rubicone, nella zona del Villaggio Baviera, sono stati uccisi 40 gatti e 20 cani, tutti avvelenati con bocconcini di carne impregnati di esterofosforici e antiparassitari usati in agricoltura.

Molte le denunce presentate alle forze dell'ordine, sempre naturalmente contro ignoti, e tanti gli appe lli rivolti all'«assassino» degli animali affinchè ponga fine ad una situazione di paura anche per gli abitanti, che temono soprattutto per i bambini più piccoli.

Per un mese tutto si è calmato, ma l'altro giorno il killer è tornato di nuovo all'attacco e sono stati trovati morti due cani e tre gatti. Un sesto animale, un cagnolino di appena un anno di vita, ha cominciato a stare male con la polpetta ancora in bocca.

E' stato portato subito dal veterinario che l'ha salvato. Ma la paura continua a regnare fra molti abitanti del Villaggio Baviera, che conta una settantina di abitazioni e anche in altre località di Sogliano, soprattutto in frazione Strigara.

Questi sono i mesi (da maggio alla fine di agosto) in cui purtroppo sono in numero sempre più elevato coloro che abbadonano i cani in zone impervie di collina e montagna che poi si inselvatichiscono e diventano più cattivi e aggressivi dei lupi.

Questo è a nche il periodo più prolifico per la nascita di gattini e c'è tanta gente che, non potendoli tenere in casa, li porta in montagna e li abbandona.

Succede così che a volte persone che non sopportano gli animali, specie se randagi, si sentono disturbate dalla presenza massiccia di cani e gatti e decidono di eliminarli.

In campagna non è difficile trovare veleni per ucciderli. «Ma in questo modo – ci dice una signora che ha avuto cane e gatto avvelenati – rischia no anche i nostri bambini.

Adesso che è ormai estate e che fa caldo, ai nostri figli piace scorrazzare nei giardini e nei parchi e li seguiamo sempre scrutando il terreno dove giocano per accertarci che non ci siano polpette avvelenate, pericolose non solo per gli animali ma anche per i piccoli».


Il Resto del Carlino-10 maggio 2003

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1023. Una taglia sullo sterminatore dei gatti di Bibano.

 

 

GODEGA. L'ultimo lo ha trovato ucciso ieri mattina, davanti alla porta di casa, ed era una gattina che stava per partorire. Tre giorni fa ad un altro gatto era stato fratturato il bacino.

Gianfranco Cella, animalista che vive in via Bibano di Sopra, non ne può più di dover raccogliere le povere carcasse dei suoi felini e così pensa ad una taglia simbolica, come 250 euro, per scovare il responsabile delle continue brutalità.

«Stavolta non sono stati i cacciatori, ne sono sicuro - spiega Cella - e non so davvero chi possa essere stato. Qualcuno ce l'ha coi miei gatti anche se non fanno del male a nessuno e ormai non ne posso più.

Non so se si tratta di automobilisti che si divertono a colpirli come se fosse un tiro a segno, o se c'è qualcuno che raggiunge il mio cortile apposta per prendersewla coi gatti. Vorrei che qualcuno mi aiutasse».

Per cercare di scoprire il responsabile di queste azioni Cella si è servito in passato di telecamere, ma senza riuscire ad ottenere dei risultati.

Si è anche recato decine di volte dai carabinieri a spiccare denuncia contro ignoti dopo le decine di uccisioni, ma le indagini non hanno portato a nessun risultato.

«Da quando ho denunciato pubblicamente questo problema le cose sono peggiorate, forse qualcuno vuole farmela pagare - confessa Cella - ma io non mi arrendo.

Voglio che la smettano di prendersela coi miei gatti perché solo persone incivili possono comportarsi in questo modo».


La Tribuna di Treviso-8 maggio 2003

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1022. Tra randagi e polpette avvelenati.

 

 

 

Mussomeli. Branchi di randagi si aggirano per le vie di Mussomeli, spaventando bambini e adulti.

Nei giorni scorsi era stata una signora residente nel centro storico a lamentare la pericolosa presenza dei randagi per le viuzze di Mussomeli, oggi arrivano altre lamentele documentate con foto: un branco di randagi si aggira per la zona nuova di Mussomeli alla perenne ricerca di cibo.

Il comune, ormai responsabile per legge dell'accalappiamento dei randagi, invero ha fatto la sua parte e nelle scorse settimane è stata celebrata la gara di appalto per l'affidamento del servizio, che è stato assegnato alla ditta Mendola Rosa, rimasta aggiudicataria della gara a base d'asta di 11.000 euro annuali, Iva compresa.

La ditta Mendola ha offerto un ribasso del 53% aggiudicandosi l'appalto per due anni, mentre l'altra ditta partecipante, Ferreri Dario, ha offerto un ribasso del 46%.

Dopo un paio di mesi di vacatio, è stato quindi posto rimedio all'accalappiamento dei cani ma invero, visto i branchi di randagi che indisturbati si aggirano per le vie del paese, forse c'è bisogno di qualche correttivo.
Intanto sono state perfino segnalate ai carabinieri alcune strane morti di randagi.

Si ha il sospetto che qualcuno si serva di bocconi avvelenati per togliere di mezzo i cani. Finora si sono registrati solo alcuni decessi, non così tanti da fare pensare ad un avvelenamento su vasta scala, ma sufficiente ad alimentare dubbi e domande.

Il problema dei randagi a Mussomeli, così come altrove, mentre prima era di competenza delle Asl, da tempo è passato ai comuni che debbono quindi provvedere alla loro cattura ed al mantenimento presso canili autorizzati. A Mussomeli ne esiste uno in contrada Germano.

Già in passato i randagi hanno assalito bambini e ciclisti, si sono avventati contro adulti ed hanno anche fatto stragi di ovini e caprini.

Tenere il fenomeno sotto controllo è imperativo oltre che obbligatorio, visto che i randagi nella foto sono vicini ad una scuola.


La Sicilia-8 maggio 2003

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 1021. Stragi di cani con il veleno. Ecco i consigli dell'esperto per limitare il fenomeno.

 

 

 

AVEZZANO. Le recenti stragi di cani hanno riproposto con drammaticità il fenomeno dei bocconi avvelenati. Abbiamo chiesto il parere dell'esperto.

«Non è con la stricnina che vengono uccisi i cani», spiega Ennio Di Carlo, medico veterinario, «questa sostanza veniva utilizzata prima, perché fino a 20-30 anni fa la usavano le "doppiette" per la caccia alla volpe».

«Oggi per uccidere un cane», aggiunge il veterinario, «si usano metodi e sostanze molto più semplici di quanto si pensi. Innanzitutto i pesticidi comuni "organofosforici e organoclorurati", quelli per gli alberi da frutto, oppure i lumachicidi e le polveri per uccidere le formiche, che si trovano facilmente in casa.

Non basta: un cane può essere ucciso anche con la diavolina, quella per accendere il fuoco, o con il liquido antigelo per le auto: quindi, come si può vedere è molto semplice. In base alla mia esperienza, l'80 per cento dei casi di avvelenamento è di natura dolosa, il resto sono incidenti.

Venti giorni fa sono state trovate delle polpette avvelenate nella zona di Scalzagallo, mentre una settimana fa un dobermann è morto in via Nuova».

«Analizzando i casi che ho avuto tra le mani», continua il dottor Di Carlo, «ho individuato due zone, con caratteristiche diverse nella modalità e nelle sostanze impegnate.

La zona di Tagliacozzo, Scurcola e Magliano presenta sempre casi di avvelenamenti con veleni blandi, appunto i comuni pesticidi da frutta. La zona dei paesi del Fucino, invece - Luco, Trasacco, Celano - vede l'utilizzo di veleni molto forti, che di solito si maneggiano se si è in possesso di un patentino».

Ma cosa deve fare il padrone di un cane che presenti segni di avvelenamento? «Prima ancora di chiamare il veterinario, si deve cercare di far vomitare l'animale», riprende Di Carlo, «perché si hanno pochissimi minuti a disposizione. Bisogna somministrargli un pugno di sale grosso da cucina e subito dopo acqua, oppure si deve fargli bere acqua ossigenata.

Certo, il successo dell'operazione dipende molto dalla quantità di veleno ingerito. Comunque, potrebbe essere utile sapere che di solito queste sostanze si presentano di colore nero o bianco miscelate, e vengono chiuse nella carne quasi a formare un fagotto.

Le polpette avvelenate sono solitamente destinate ai randagi, anche se poi capita anche ai cani padronali».


Il Centro
-8 maggio 2003

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