STAMPA - articoli 741-760


(24 dicembre 2003 - 17 gennaio 2003)


 

 

 

760. Strage di randagi con cibo avvelenato.

 

 

MANOPPELLO. Strage di randagi con cibo avvelenato a Manoppello. Nel giorno in cui la Camera vota la legge che punisce duramente chi maltratta gli animali, in Abruzzo, si fa la cronaca di uno sterminio. La notizia comincia a circolare sabato 11 gennaio, quando vengono trovati morti quattro gatti. I vigili urbani pensano al gesto di un malintenzionato ma non riescono a trovare alcuna prova.

La conferma arriva ieri mattina, quando viene scoperta la morte di due gatti e di un cane, mentre un secondo cane è in fin di vita. Avvertiti dal vicesindaco Mario Esposito, il maresciallo maggiore Luigi Bosco e il brigadiere Armando Blasioli giungono su corso Santarelli, luogo dove è stato trovato morto l'animale.

E' qui che vengono trovati i primi bocconcini di carne avvelenata. Viene immediatamente allertata la Asl, che invia un veterinario ma, intanto, i vigili si accorgono che un altro cane sta male, barcolla e ha la bava alla bocca. L'animale viene aiutato a bere molta acqua: è una decisione che lo salva. Poco dopo gli agenti della polizia municipale riescono a evitare che un altro randagio mangi una polpetta avvelenata. Il veterinario conferma che i sintomi del cane sopravvissuto fanno pensare a un avvelenamento, forse causato da un topicida. Vengono prelevati campioni di cibo da analizzare.

Arriva anche la guardia zoofila Carmelita Bellini: «Una cosa terribile», commenta. I cittadini sono attoniti: «Il problema del randagismo non andava risolto così», dicono, «bisognava cercare una soluzione dignitosa per gli animali».

I due cani scampati alla morte vengono prelevati dalla Asl per i controlli e le eventuali cure, mentre il corso del paese, disseminato di bocconi mortali, viene ripulito. Il rischio, infatti, non ha riguardato soltanto gli animali ma anche i cittadini. «Le polpette erano state lasciate ovunque, in pieno centro storico, ben visibili: anche un bambino, inconsapevole del pericolo, avrebbe potuto raccoglierle».

Una relazione della vicenda è stata inviata alla procura della Repubblica ed è stata sporta denuncia contro ignoti. Il maresciallo Bosco è convinto però che quella che oggi è una querela contro ignoti, potrà presto contenere il nome del responsabile.


Il Centro- 17 gennaio 2003

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759. Strage di cani in contrada Gatto Corvino.

 

 

Tre cani che vivevano in villette di contrada Gatto Corvino hanno perso la vita per aver ingerito del cibo avvelenato. I tre animali domestici (un pastore maremmano, un rottweiler ed un meticcio), sono morti fra atroci dolori, pochi minuti dopo che i loro padroni li avevano lasciati liberi per l'uscita quotidiana. Alcuni testimoni oculari hanno visto i cani morenti, riversi accanto a delle ciotole con il cibo avvelenato, poste da ignoti vicino ai cassonetti della spazzatura.

Quattro gatti sono stati ritrovati deceduti non lontano dal luogo in cui era stato posto il cibo avvelenato e gli stessi testimoni hanno avvistato anche una gazza che, dopo aver annusato e inserito il becco nel pasto, ha perso la vita in pochi secondi. «Il veleno doveva essere micidiale - racconta uno dei testimoni - perchè abbiamo visto con i nostri occhi, nel momento in cui abbiamo trovato i cani morenti che sbavavano e che abbiamo cercato inultimente di soccorrer, che il volatile si era avvicinato alla pentola dove c'era quel maledetto cibo; ha cercato di spiccare il volo e invece è caduto sul terreno, morto stecchito».

Sul luogo è stata chiamata una volante della Polizia e sono stati allertati gli operatori dei Servizi veterinari dell'Ausl 7, che hanno prelevato un campione del cibo, che ieri è stato sottoposto a delle analisi. «Altri quattro cani randagi, che erano stati adottati dai residenti del villaggio, che avevano fatto sterilizzare le femmine e portavano loro cibo ogni giorno e avevano anche costruito la cuccia - dice Antonio La Cognata portavoce dei Verdi e testimone oculare del barbaro episodio - da martedì sera sono scomparsi e presumibilmente hanno fatto la stessa tristissima fine e anzi riteniamo che dovevano essere proprio questi randagi i destinatari del cibo avvelenato, secondo il perverso disegno di chi ha posto le ciotole vicino alla spazzatura».

La Cognata sottolinea che le forze dell'ordine sono intervenute tempestivamente sul luogo dove è avvenuta la strage dei cani e auspica che «si portino avanti serrate, seppur difficili indagini, per far percepire che comunque questi atti sono perseguibili penalmente e tenacemente perseguiti». Secondo l'esponente della federazione cittadina il macabro episodio è anche il frutto di una mancata «gestione dei problemi legati al randagismo che attengono all'iniziativa pubblica e che in questa nostra città sono inefficacemente affrontati, nonostante le leggi in vigore».

Rossella Schembri


La Sicilia- 16 gennaio 2003

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758. San Benedetto Avvelenati tre cani randagi.

 

 

SAN BENEDETTO. Tre cani, probabilmente randagi, sono stati avvelenati in paese vicino alla villa comunale con polpette iniettate di antiparassitari.

Ad accorgersi dell'accaduto sono state alcune persone che abitano nella zona. La tecnica usata dagli sconosciuti per avvelenare i cani è sempre la stessa e gli antiparassitari sono preferiti rispetto alla stricnica che è in genere difficile reperire sul mercato.

Non è il primo episodio del genere registrato nel territorio.

Sui monti tra Collarmele, Pescina e San Benedetto dei Marsi, non molto tempo fa, si è verificata una vera e propria strage di cani da caccia. Sono stati almeno una decina gli animali rimasti avvelenati dopo aver ingoiato polpette avvelenate. Molti cacciatori della zona portano per precauzione antiveleno.

E ai primi sintomi di avvelenamento lo iniettano agli animali. Non pochi cani sono stati così salvati. L'episodio di San benedetto ripropone ancora una volta il problema del randagismo e della realizzazione di un canile consortile nella Marsica.


Il Centro- 15 gennaio 2003

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757. A Gradisca gatti uccisi con il veleno per lumache.

 

 

Tre giovani gatti, appartenenti ad una famiglia di Gradisca, sono stati uccisi da bocconi di carne mnacinata intrisi di metaldeide, potente veleno usato di solito per la disinfestazione dalle lumache.

È accaduto nei giorni scorsi in via Fleming, a Gradisca d’Isonzo, e i proprietari dei gatti hanno sporto denuncia ai carabinieri della Compagnia gradscana. Quattro i gatti di razza meticcia, che avevano mangiati i boccini ma solo una micia di sei anni, Lilly, è riuscita a sopravvivere grazie al pronto intervento del veterinario dottor Giovanni Tel. Gli altri tre - Sory, Tatone e Ciccio, tutti vaccinati e sterilizzati - tra atroci sofferenze e indicibili tormenti sono morti soffocati per paralisi del diaframma, come recita il certificato stilato dal veterinario.

Le metaldeide si presenta sotto forma di dolcissimi granuli azzurrognoli e che, secondo la famiglia gradiscana, «dopo quanto accaduto dovrebbe essere ritirata dalle vendite».

«Abbiamo trascorso - affermano i proprietari degli animali - giorni soffusi di infinita tristezza. A chi ha voluto la loro morte diciamo che si vergogni e gli diamo l’arrivederci in tribunale»


Il Piccolo- 14 gennaio 2003

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756. La triste fine di Gildo e Dolly, avvelenati con una polpetta.

 

 

SASSARI. Avvelenati barbaramente con una polpetta. È la triste fine di due cani che il quartiere di Carbonazzi aveva adottato, che tenevano compagnia alla gente ed erano diventati parte integrante della vita del rione. Ma a qualcuno a cui non piacevano con inaudita crudeltà si è liberato della loro presenza, provocando sconcerto e rabbia tra quelle persone che avevano imparato ad amarli e ora temono che altri amici a quattro zampe facciano la stessa fine.

«Gildo e Dolly erano due dei cani del quartiere di Carbonazzi. Dolly stava con noi da 8 anni, Gildo era arrivato nel '97 - racconta un gruppo di residenti -. Avevano un tetto, un garage vuoto sotto cui riparare la notte. Erano stati praticamente adottati, venivano regolarmente vaccinati, protetti con antiparassitari, sottoposti a visita veterinaria di controllo: proprio come i cani che hanno un "proprietario"; loro, però, erano liberi.

Li si poteva vedere circolare per le vie del quartiere, accompagnare la gente a fare a fare la spesa, fuori dalla chiesa il sabato in attesa della fine della messa, con i bambini ogni giorno all'uscita della scuola.

Dolly, poi, la sera aveva appuntamento con un gruppo di ragazzi che s'incontravano nel cortile della chiesa. Era buffa, grassottella, quando correva ruotava la coda, come se avesse un elica; aveva una paura folle dei tuoni: sapevamo che stava per arrivare un temporale mezz'ora prima perché si agitava cercando riparo. Gildo era più giovane, curioso, giocherellone, sempre in cerca di coccole.

E' vero, praticavano lo sport preferito dai cani "liberi": l'inseguimento ai veicoli a motore a quattro e a due ruote; ma non sono mai stati causa di danno o incidenti».

«Di certo, da quando hanno eletto domicilio in Via Nicolodi non sono più avvenuti furti ne' nelle auto parcheggiate ne' negli appartamenti - proseguono - e le signore anziane che uscivano di casa per andare a Messa o fare la spesa scortate amorevolmente non temevano di essere scippate. Gli volevamo bene tutti, o quasi tutti: qualche giorno fa degli esseri ignobili, perché non possono essere definiti in modo diverso, hanno deciso di eliminarli con un boccone avvelenato, presumibilmente con del lumachicida.

Altri due cani si sono salvati, Dolly e Gildo hanno ingerito una grande quantità del veleno e non ce l'hanno fatta. Solo chi ha visto un cane morire per avvelenamento sa quale sia la sofferenza: è una scena terribile, impossibile da dimenticare e il cane, per tutto il tempo, rimane lucido e ti guarda chiedendo aiuto e spiegazioni, perchè lui non si immagina di cosa sia capace l'uomo. Hanno lasciato un vuoto immenso in chi li ha amati e li considerava parte dei loro affetti più cari».

Un dolore immenso per i tanti amici che Gildo e Dolly avevano nel quartiere e che ora si schierano a protezione di altri due fedeli cani: «Sono rimasti con Billy e Nerone, stiamo vigilando perché non facciano la stessa fine, e perciò chiediamo la collaborazione di tutti: non lasciate cibo per strada e se vedete piatti sospetti non esitate a buttarli nel cassonetto.

Farete un favore ai cani e un servizio al quartiere che grazie alla loro presenza è più vivo, allegro e soprattutto sicuro»


La Nuova sardegna -14 gennaio 2003

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755.CACCIA APERTA AL SERIAL KILLER CHE ODIA I CANI.

 

 

PER ultimo se n´è andato Pepsi, quarantasette ore di agonia senza nessuna speranza. Era il 14 dicembre. Da un anno non succedeva più niente, da quando Diane era morta sbavando in venti minuti appena. Questo weekend è passato come tutti gli altri.

Turni di guardia sulle vie del triangolo maledetto, binocoli a raggi infrarossi puntati sugli angoli bui, posti di blocco sul percorso rituale: il monumento ai caduti, l´ufficio della Posta, il bivio della circonvallazione, il parcheggio del supermercato.

L´assassino non s´è visto. Rendez-vous a sabato prossimo sulle strade di Corrèze, Francia centrale e profonda, la terra dove la famiglia Chirac ha il suo castello e che si considera un po' come il feudo del presidente. In più di quattro anni il serial killer ha fatto oltre cento vittime: 98 cani, nove gatti, una pecora. Tutto è cominciato il 28 agosto `98.

Lungo le strade e nei fossati di Chapelle-Spinasse, Rosiers-d´Egletons e Moustier-Ventadour, in una campagna dove il verde tende al grigio, tra una popolazione quieta e stabile nei suoi ruoli sociali e nei segreti dei propri salotti, in un ambiente dove Simenon avrebbe ambientato il miglior giallo di provincia, una decina di cani giacciono morti: avvelenati da polpette, carne di maiale miscelata a un potente erbicida detto «carbofuran».

Sembrava una banale vendetta tra cacciatori. Invece l´affaire in poche settimane si trasforma in un incubo. Ogni weekend l´assassino percorre il suo circuito di morte (30 chilometri, circa) spargendo polpette. E in quel pezzo di Corrèze dove ogni famiglia ha un cane, l´allarme si diffonde. Gli animali vengono chiusi in casa, ma si teme anche per i bambini.

La polizia organizza la caccia, da Parigi arriva lo psicologo esperto di serial killer a dise- gnare un profilo: «Organizzato, prudente, dotato di un super-ego, certo dell´impunità perché conosciuto da tutti». Ovvio: l´assassino non può essere che uno di loro, qui lo straniero non passa inosservato. Nei borghi della Corrèze si respira omertà e corrono le chiacchiere. Si sospetta un commerciante di vini di 67 anni. Viene fermato, nel baule della sua auto scoprono tracce del micidiale «carbofuran», lo arrestano, paga 75 mila euro di cauzione, guadagna la libertà e la pace torna nei tre villaggi.

Fino al terribile week-end di inizio dicembre 2001: quaranta animali intossicati, 28 morti, compresi i tre cani del sospetto. E´ la cinica messinscena di un feroce assassino o la smentita alle maldicenze di paese? Passano i mesi, gli avvelenamenti continuano, fino al 14 dicembre scorso quando cade Pepsi, il doberman del macellaio Bernard che ora su Paris Match mostra la foto dell'animale come fosse quella di suo figlio.

Vicino a lui ci sono Sylvie che ha incorniciato l'ultima immagine della sua Diane e Madame Pinardel, moglie del sindaco di Chapelle-Spinasse che ha seppellito sotto i fiori i suoi due gatti. Insieme a loro decine di famiglie sono stanche di chiacchiere e vogliono la verità.
Cesare Martinetti


La Stampa - 13 gennaio 2003

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754. Bocconi al veleno uccidono cane e gatto. Messa a rischio la salute dei bimbi.

 

 

CASTIGLIONE VARA — «L'ho visto morire, e non ho potuto fare niente per lui». Maria Antonia Massaro, piangendo, racconta l'assurda storia di Zeus, il pastore tedesco di appena due anni, che viveva con lei e la sua famiglia nella villetta di Via Della Chiesa 2, a Castiglione Vara, avvelenato il 30 dicembre scorso da ignoti.

«La mattina in casa non c'era nessuno, e alle 14, quando sono rientrata dal lavoro, Zeus, contrariamente a quanto faceva di solito, non mi è venuto incontro a farmi le feste: Zeus era immobile, con gli occhi sbarrati, assalito da conati di vomito. Vedendo che non si riprendeva ci siamo precipitati al Centro Veterinario di Molicciara, dove l'esame tossicologico effettuato ha evidenziato valori altissimi.

Il giorno dopo saremmo dovuti tornare per l'ecografia al fegato, ma malgrado il lavaggio del sangue praticatogli dai veterinari del centro, durante la notte Zeus è morto, in modo atroce e crudele, vicino a me, che assistevo impotente; ed è morto anche il gatto randagio che la mia vicina di casa accudiva e nutriva».

«Il 2 gennaio abbiamo trovato in giardino una pallina di spugna con un buco al centro, e un'altra mezza — continua sconvolta Maria Antonia — che ora sono all'ufficio veterinario della Asl per essere analizzate. Voglio dire alla persona che ha gettato i bocconi avvelenati nel mio giardino, che non solo ha ucciso un animale che consideravo parte integrante della mia famiglia, ma ha messo in pericolo i bambini che tutti i giorni venivano a giocare a palla con mio figlio Cristian: con loro giocava anche Zeus, persino coi più piccoli, che avevano solo 3 anni.

Zeus non ha mai creato problemi: era custodito all'interno del giardino, recintato e chiuso dal cancello, con tanto di cartello di avvertimento, e non è mai uscito senza guinzaglio e museruola; certo era un cane da guardia, ma se faceva paura e dava fastidio dovevano parlarmene, anziché agire in questo modo incivile e vigliacco».

E dopo aver denunciato il fatto ai carabinieri di Riccò del Golfo, Maria Antonia vorrebbe procedere in tal senso anche presso la Protezione Animali. Ma il telefono dell'ente sembra essere muto.
Elena Marengo


La Nazione- 12 gennaio 2003

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753. La tecnica è sempre la stessa: qualcuno dà polpette avvelenate.

 

 

Lavello . Sette cani ammazzati a Lavello in pochi giorni. Tutti nello stesso quartiere: il Bacile. Non solo randagi, ma anche animali appartenenti a famiglie. La tecnica è sempre la stessa. La più subdola per i quattrozampe, perennemente affamati: la morte infatti, prende le sembianze di una polpetta avvelenata, lasciata appositamente sul terreno da qualche balordo.

Ed i cani abboccano al trabocchetto e muoiono dopo una lunga agonia. Uccidere gli animali è un gesto deprecabile, causato evidentemente, oltre che dalla cattiveria di chi lo compie, dalla presenza di cani randagi nei quartieri.

Chi non li sopporta, cerca di sopprimerli. E negli ultimi tempi, a Lavello, il fenomeno del randagismo sta prendendo nuovamente piede. Il grande canile Municipale ormai è completamente saturo (vengono accolti anche randagi provenienti da alcuni comuni limitrofi) e un gran numero di cani inizia nuovamente a circolare per le vie del paese, creando sicuramente disagi alla cittadinanza. Arrivano da ogni rione infatti, segnalazioni della presenza di cani randagi, soprattutto in alcuni popolosi quartieri, come la nuova zona 167 (specialmente nel complesso della cooperativa Verdedomus), o appunto il Bacile.

E' sempre più necessario dunque, trovare una soluzione al problema. Anche perché, c'è sempre qualcuno senza scrupoli, che infastidito dalla presenza di randagi nel territorio, non esita ad ucciderli. Proprio da Lavello, nel mese di giugno scorso, su iniziativa della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, era partita una raccolta di firme, con l'obiettivo di modificare le attuali normative, poco severe, contro il maltrattamento degli animali.

La proposta di variazione alla legge in vigore, prevederebbe la pena di reclusione fino a due anni, per chi compia atti dannosi e lesivi nei confronti degli animali, tre anni di carcere e multe fino a ventimila euro, per chiunque organizzi, promuova o gestisca lotte clandestine tra cani,sanzioni amministrative fino a settemilacinquecento euro, in caso di abbandono.

L'aprovazione della modifica alla legge, sarebbe quindi un ottimo deterrente per evitare l'uccisione degli animali, dal momento che non si andrebbe più incontro ad inadeguate sanzioni amministrative, ma a multe più salate e nei casi più gravi, alla pena della reclusione in carcere.
Francesco Russo


Gdm land-10 gennaio 2003

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752. Allarme a Rosciano, cani uccisi dal veleno per le lumache

 

 

FANO - Due cani sono morti, un terzo è in fin di vita, dopo aver ingerito veleno per lumache. La polverina, in genere usata per proteggere gli ortaggi, è stata gettata all'interno della recinzione durante la notte. Gli animali sono stati condannati a sofferenze atroci: prima i sintomi dell'asfissia e poi l'emorragia terminale.

Con ogni probabilità chi ha gettato il prodotto sa che - stranezza del caso - i cani sono attirati in modo irresistibile da questa pericolosissima "esca". Ne sono addirittura ghiotti. Le tre bestiole sono state trovate esanimi nel giardino della casa, nella zona dietro la vecchia chiesa di Rosciano, durante la mattinata dell'altro ieri. L'avvelenamento dovrebbe risalire a poche ore prima.

"Mio padre ha sentito i cani abbaiare intorno alle tre, poi più nulla. Credo che il veleno sia stato gettato in quel momento", dice la figlia del proprietario. "Abbiamo dei sospetti - aggiunge - e siamo intenzionati a sporgere denuncia". La polverina è stata gettata a tre bastardini di circa un anno e mezzo, di piccola taglia.

Animali da compagnia: il padrone provava a portarli a caccia di tanto in tanto, ma l'attività venatoria non sembrava interessarli molto.
O.S.


Il Messaggero
- 9 gennaio 2003

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751. Esche e bocconi al veleno fanno strage di animali.

 

 

ODERZO. Bocconi avvelenati fanno strage di cani e gatti nella zona al confine fra Piavon e Chiarano, chiamata Cento Campi. L'esperienza è capitata a diversi proprietari di cani della zona. Il primo giorno dell'anno è morto uno dei cani huski (in foto) di Gabriele Tonon. Si tratta di cani pregiatissimi, che guidati dal loro padrone hanno affrontato varie volte i ghiacci artici per partecipare a gare internazionali. Ma non è del valore venale dell'animale, che vuole parlare Gariele Tonon, quanto del pericolo esistente.

«Il primo dell'anno, stavo facendo una corsa con i miei cani - dice Tonon - quando uno di essi ha raccolto un boccone che somigliava ad una salsiccia. Dopo cinque minuti il cane comincia a fare bave, a vacillare, fatica a respirare. Lo porto subito da un veterinario che ne diagnostica l'avvelenamento e il cane muore dopo ore di terribile agonia. In quell'occasione vengo a sapere di altri due cani, un bastardino ed un pastore belga, morti con gli stessi sintomi dopo una passeggiata sul posto, fra Piavon e Fossalta. Allora, assieme ad altre persone ed un guardiacaccia ho fatto delle ricerche.

Abbiamo scoperto che c'erano vari bocconi disseminati in giro. Sono venuto a sapere che gli animali morti erano diventati cinque. Al mio cane è stata praticato l'esame autoptico, e sembra che il veleno fosse il tremendo fosfuro di zinco. Mi chiedo - prosegue Gabriele Tonon - dove e come è possibile reperire un veleno tanto pericoloso... E' un pensiero inquietante, anche perché la zona dei Cento Campi è segnalata come percorso turistico da cartelli della Comunità Europea.

Ora ci dovrebbero essere cartelli che indicano che si tratta di una zona avvelenata». Sono stati avvertiti i carabinieri.

 

Tribuna treviso-9 gennaio 2003

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750. «La morte sopravviene per dissanguamento».

 

 

LAIVES. Per il cane che assume il veleno come quello rinvenuto nei bocconi lungo via Vadena la morte non è certo indolore. «In sostanza - spiega il dottor Alessandro Folchini, veterinario (nella foto) - il cane muore dissanguato a causa di emorragie interne.

Nel caso del cane trovato morto qualche giorno fa - un pastore tedesco - ho infatti verificato che è deceduto per questa causa e aveva il torace pieno di sangue».

Il dottor Folchini spiega poi che il veleno come quello rintracciato sulle esche è reperibile presso i consorzi perché utilizzato talvolta dai contadini per combattere i topi nelle campagne: «Non è una sostanza vietata - continua il veterinario - però va maneggiata e sistemata sul terreno con determinate cautele, vedi la necessità di sotterrare le esche oppure metterle in contenitori che siano accessibili solo ai piccoli roditori e non ad altri animali; meno che meno quindi qua e là sul terreno e lungo le strade, come abbiamo verificato appunto in via Vadena.

Infine, nei luoghi dove si mettono tali esche dovrebbero esserci anche delle segnalazioni ben visibili poiché si tratta pur sempre di veleni che sono molto pericolosi».


Alto adige-9 gennaio 2003

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749. Un pastore tedesco stroncato dal veleno.

 

 

LAIVES. Un cane muore a causa dei bocconi avvelenati e prende corpo il timore che qualcuno abbia deciso di dichiarare guerra a tutti gli «amici dell'uomo» in zona. Il cane - un bell'esemplare di pastore tedesco - è quello di una famiglia che abita in una casetta in fondo a via Vadena, nei pressi del ponte sull'Adige. Proprio lì in questi giorni si sono concentrate le ricerche dei vigili urbani.

Da quanto è venuto a conoscenza in queste ore il dottor Alessandro Folchini, veterinario locale, proprio i vigili urbani di Laives avrebbero rintracciato diverse altre esche del tipo di quella che ha ucciso il pastore tedesco nei giorni scorsi. Del resto è noto che i contadini talvolta le utilizzano per combattere i topi che danneggiano le giovani coltivazioni.

Però, nell'utilizzare queste sostanze così pericolose anche per l'uomo (l'ipotesi è che si tratti di «Varfarinico», un anticoagulante) coloro che ne fanno uso dovrebbero rispettare alcune precise raccomandazioni: la prima è che le esche per i topi vanno interrate e comunque sistemate in maniera tale che solo i topi possano venirne a contatto. Invece, come si è visto durante le verifiche, sono state anche distribuite lungo un tratto di via Vadena.

Seconda raccomandazione è quella di comunicarlo chiaramente, con dei cartelli che mettano in guardia i proprietari di animali nel momento in cui dovessero accedere ai terreni interessati dalla deratizzazione mediante questi bocconi avvelenati. Come detto, tutto questo non è stato fatto in via Vadena e così, dopo le verifiche da parte dei vigili urbani, potrebbero anche scattare dei provvedimenti se solo si individueranno i responsabili.

Per adesso quindi non trova sostegno l'ipotesi più preoccupante ovvero, di qualcuno che per insano divertimento oppure per ripicca verso i proprietari dei cani che magari gli hanno dato fastidio, decide di seminare bocconi avvelenati sul territorio.

Certo, a causa dello sporco che si vede ancora in giro da parte dei cani, soprattutto lungo le passeggiate e i giardini pubblici, non sono pochi coloro che manifestano malumore e disapprovazione. Ma da questo a passare ad azioni così gravi e penalmente perseguibili ci si augura che ne passi di strada. Ad ogni modo non è la prima volta che succedono episodi del genere in città, anche se, come detto, normalmente dentro la cerchia urbana e non lungo una strada di campagna come è via Vadena, dove sono state rinvenute le ultime esche di questi giorni.

Lì non sembra vi siano particolari problemi per i cani, proprio perché abitano solo poche famiglie sparse nella campagna e non ci sono neppure marciapiedi dove eventualmente i pedoni potrebbero incappare in qualche escremento. Sembra insomma più realistico immaginare che qualche contadino abbia distribuito le esche avvelenate per i topi della sua campagna e che lo abbia fatto con eccessiva «leggerezza» o inesperienza.


Alto adige- 9 gennaio 2003

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748. Cani avvelenati, segnalazioni in aumento.

 

 

QUINGENTOLE. La brutta notizia è che le segnalazioni di cani e gatti che vengono avvelenati sono aumentate. La buona è la spiegazione: non vengono uccisi, molto probabilmente, più animali, ma semplicemente sono aumentate le denunce. Sono sempre di più infatti le persone che si rivolgono all'Anpana per segnalare le morti sospette dei loro animali.

Persone che non vogliono tacere, che chiedono di trovare un colpevole per quelle morti. I sintomi sono sempre gli stessi: emorragie, vomito, a volte spasmi muscolari dolorosissimi, fino ad arrivare alla paralisi respiratoria.

Avvelenamento, senza nessun dubbio. E se le morti, quando il veterinario non arriva in tempo con'antidoto, sono atroci, i motivi sono i più futili. Lo conferma il comandante provinciale dell'Anpana, Giuseppe Laganà. «A volte si tratta di ignoranza: mettono il veleno per topi senza pensare che può essere pericoloso anche per altri animali, o peggio, per i bambini. Altre volte sono azioni mirate. A qualcuno dà fastidio che il cane del vicino giri vicino alla sua proprietà. Altre volte, e non sono casi rari, si uccide per liti tra vicini. Queste sono persone che considerano gli animali come oggetti e non ci pensano due volte a vendicarsi su di loro.

E non si formalizzano ad usare il veleno». Impastato abilmente col Kit e Kat, come nel caso dei cani di Quingentole, o con del semplice mangime. I veleni sono di tre tipi, e si trovano facilmente in commercio. O in farmacia, o nei consorzi che vendono prodotti per l'agricoltura. «I più pericolosi sono i molluschicidi, che dovrebbero essere utilizzati per uccidere le lumache, colpevoli di riprodursi molto velocemente e di distruggere gli orti -dice il veterinario Luca Ferlini- Sono molto potenti e non esiste un antidoto.

L'avvelenamento si manifesta con tremori agli arti, movimenti involontari, spasmi muscolari fino alle paralisi respiratorie». I comuni topicidi sono anticoagulanti, che provocano la morte attraverso un'emorragia. «Questi hanno un'azione più lenta, quindi se l'avvelenamento viene riconosciuto in tempo si può intervenire somministrando vitamina K».

Infine ci sono gli antiparassitari, che sono esteri fosforici. L'unico antidoto è l'atropina. I soccorsi, in ogni caso, avverte il veterinario, devono essere immediati. Così come le denunce. Lo sottolinea il comandante dell'Anpana: «Oggi è arrivata da noi una signora di Roverbella, che ha trovato vicino a casa una sostanza biancastra con dei bussolotti. Ha dei gatti che hanno già cercato di uccidere. Stavolta se n'è accorta».


Gazzetta di mantova- 7 gennaio 2003

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747. Botte e veleno per il povero Fido.

 

 

SASSARI. «Una situazione drammatica»: così viene definita la realtà sassarese dei maltrattamenti sugli animali da chi tutti i giorni ci vive a contatto perché ha scelto di fare volontariato nel campo della lotta al randagismo. Basta parlare qualche minuto con loro per far emergere una valanga di episodi di inconcepibile cattiveria nei confronti di esseri indifesi.

Un argomento tornato alla ribalta di recente per alcuni casi di pitbull massacrati di botte dai loro proprietari per addestrarli alle lotte clandestine tra cani e per i cani presi a fucilate nella zona del campo di calcio di Bancali. Episodi che hanno lasciato senza parole i testimoni che poi hanno raccontato terrorizzati l'accaduto.

Ma anche dalla proposta di riforma del codice penale redatta al riguardo dalla Lega antivivisezione, in esame al Senato. Nei giorni scorsi in 250 piazze d'Italia (anche a Sassari, in piazza Castello) sono state raccolte firme a sostegno. Nel caso di una modifica di questo genere i cittadini che dovessero macchiarsi di atti di violenza contro gli animali, siano essi proprietari oppure no, verrebbero puniti dalla legge in maniera del tutto diversa, rischiando periodi di detenzione anzichè pagare una semplice multa, spesso insignificante dal punto di vista economico.

Wanted. «Se manca una segnalazione dettagliata e pronta, è tutto inutile. Questa si può fare anche in forma anonima, chiamando il nostro numero 328-7243849 - dice la responsabile della Lav Sassarese, Maria Grazia Onida - e avere il coraggio di andare sino in fondo in caso di una denuncia». Si pensa anche di istituire una ricompensa per chi da notizie utili. Maria Grazia racconta dell'ultimo episodio di cui è a conoscenza: una maremmana è stata avvelenata al mercato ortofrutticolo di Predda Niedda, degli altri cani del gruppo che stazionava nella zona si sono perse le tracce, probabile che siano andati a morire lontano. Solo uno si è salvato.

Più fortunato Fritz, uno dei cani che da tempo stanno nella zona di piazza d'Italia: ha osato abbaiare contro un giovane, come fa spesso ma senza andare oltre, questi lo ha preso a calci facendogli del male. «È andata peggio a un altro cane di quel gruppo - dice Emma Angius, presidente dell'associazione Qua la Zampa - che nello scorso inverno è stato trovato agonizzante per una roncolata in testa».
Vite da cani. Alla Lav ci confermano della preoccupazione per le continue sparizioni di cani in città, spesso i cosiddetti "cani di quartiere" cioè quei quattrozampe che non fanno del male a nessuno e che frequentano stabilmente una zona dove trovano una ciotola e una carezza: «Probabile che alcuni di loro vengano adottati in buona fede - dice Onida - in tutti i casi sarebbe meglio segnalare la cosa alle associazioni per evitare allarme».

Per non parlare dei cani "prelevati" da fantomatici accalappiacani che operano in virtù di discutibili convenzioni con le amministrazioni. A Platamona qualcuno giura di averli visti ancora in azione. Poi le vittime delle trappole per volpi (e non solo), come la cagnetta di Li Gadduffi che girava sempre con un compagno, sparito. Lei è riuscita a tornare, ma con una zampa e la coda maciullate.

Pallino. Il nome del cane nasconde tragicamente l'ennesima storia di violenza nei confronti di un essere più debole: nella zona della torretta di Abbacurrente un incrocio di husky-pastore tedesco è stato colpito da una fucilata e gettato in un cespuglio, dove è rimasto una settimana, divorato dalle larve di mosca. Lo ha ritrovato una signora che gli dava da mangiare, preoccupata dall'insolita assenza.

Probabile che l'autore del gesto sia lo stesso che ha impallinato Josch, un husky che bazzicava nella medesima zona. Ma maltrattamento è anche l'abbandono di un animale malato: come Ray, un cane da caccia trovato a Monte Bianchinu in condizioni disperate, la leishmaniosi e la rickettiosi lo avevano reso cieco e per questo era stato anche investito, i volontari sono riusciti a salvargli almeno un occhio.

Arene. Nel mare magnum del sadismo emerge il fenomeno dei combattimenti tra cani. Li hanno segnalati nelle campagne di Uri, Usini e Ittiri, ma mai in maniera tale da permettere l'intervento delle forze dell'ordine. Qualche episodio riguarderebbe anche Sassari-città.
Lager.

Emma non ha mai fatto l'abitudine alla brutalità di cui è capace l'uomo. Ed è una che va sino in fondo: di recente la sua associazione è riuscita a far condannare una persona (15 giorni, commutati in circa 750.000 euro) che aveva adottato due cuccioli dal canile di Calancoi. «Per qualche tempo controlliamo che i nostri ex ospiti siano trattati bene - racconta - ma questo signore ci insospettiva. Abbiamo fatto una visita a sorpresa e abbiamo scoperto che li teneva in campagna insieme ad un'altra decina di cani in condizioni pietose, nella sporcizia più totale, senza cibo ne acqua, dentro box ridottissimi, alcuni anche legati. Ricordo un bracco con una catena così corta che non gli consentiva di sedersi. Terrorizzati, nel freddo, senza cuccia, i più fortunati avevano un bidone di metallo».

Quelli di Qua la Zampa si sono ripresi almeno i loro cuccioli, irriconoscibili, a uno era stata mozzata la coda probabilmente con una scure, ha detto un veterinario. Nel periodo tra la denuncia e il sopralluogo «l'affettuoso padroncino» ha operato un maquillage del canile-lager, ma le testimonianze lo hanno inchiodato. Nel frattempo gli altri sfortunati animali sono quasi tutti morti.


La Nuova sardegna
- 7 gennaio 2003

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746. Sorpreso dai carabinieri mentre cerca di avvelenare un pastore tedesco.

 

 

TORRICELLA PELIGNA. Potrebbe avere finalmente un volto il misterioso personaggio che da anni sta terrorizzando Torricella e paesi vicini, avvelenando cani, soprattutto randagi.

I carabinieri hanno denunciato con l'accusa di maltrattamenti di animali, V.T., 72enne del paese. Sul pensionato si erano già da tempo concentrati i sospetti degli investigatori, che stanno eseguendo accertamenti se possa essere lui il responsabile della morte inspiegabile di diversi animali. I militari lo hanno fermato ieri mattina, nei pressi di una villetta dove all'interno di un recinto si trovava Kentor, uno splendido esemplare di pastore tedesco di appena un anno.

E proprio il cane, secondo gli inquirenti, sarebbe stato l'obiettivo del pensionato. V.T. aveva infatti una ciotola contenente carne di fegato. Ciotola che si apprestava a dare a Kentor. I carabinieri hanno però notato che nel contenitore c'erano visibili tracce di una polvere biancastra, quasi certamente veleno. A quel punto l'uomo, vistosi scoperto, ha ammesso che si trattava di un antiparassitario per la disinfestazione dei frutteti. La sostanza non era però destinata al cane. Il 72enne si è giustificato raccontando una storia.

In quella zona, a suo dire, scorrazzavano gatti malati e sofferenti. Una situazione che non riusciva più a tollerare. Di qui la decisione di avvelenarli, procurando loro una morte "dolce". La spiegazione non ha però convinto i carabinieri, anche perché dei felini, non c'era nessuna traccia. La ciotola e la carne sono stati invece sequestrati e inviati all'istituto zooprofilattico di Lanciano.


Il Centro
- 5 gennaio 2003

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745. Killer di cani e gatti a Quingentole.

 

 

QUINGENTOLE. Una morte atroce, tra mille sofferenze, inferta con dosi massicce di veleno nascosto in prelibati bocconi. Così sono stati uccisi senza pietà nel giro di due settimane tre cani di tre diverse famiglie di Quingentole. Il serial killer dei cani ha agito nel periodo natalizio: la prima volta a metà dicembre, poi l'antivigilia di Natale e ancora il 29. Sconvolti i proprietari, soprattutto due famiglie con bambini piccoli: impossibile escludere che anche loro non potessero venire a contatto col veleno mortale.

Tutte le vittime erano femmine. L'ultima era un pastore tedesco di un anno di nome Vice. «Domenica 29, alle 8, ho notato che non era come al solito davanti alla porta. L'ho chiamata invano, finché l'ho trovata stecchita nel giardino di casa - racconta la proprietaria, che da tre anni si è trasferita col marito dal veronese a Quingentole in località Sabbioncello, dove vivono con i loro tre bambini - l'hanna uccisa con una dose massiccia di veleno per topi anticoagulante, unito a veleno per lumache». La miscela, spiega, ha agito come una bomba.

«Dal certificato dell'autopsia fatta dal veterinario si capisce le pene che ha sofferto, prima di morire, soffocata dall'emorragia che ha infarcito tutti gli organi interni. L'ho trovata con la lingua nera e il sangue che usciva dal naso».

L'unica traccia lasciata dal killer vicino al cadavere è una busta di Bocconcini Kit e Kat, con cui probabilmente il veleno è stato mescolato. «Sono esterrefatta da questa violenza gratuita, inconcepibile, e dall'assurdità della situazione. Infatti il veleno è stato lasciato nel giardino di casa e io ho tre bambini, tra cui uno di due anni, e naturalmente vanno anche fuori a giocare. Se, inconsapevolmente, fossero andati a contatto col veleno? Non riesco neanche a pensare a questa ipotesi, a quello che poteva succedere. E per che cosa, poi? Vogliamo fare chiarezza su quanto è successo. E non è giusto che, chiunque sia, se la prenda con chi non può difendersi».

Invece, purtroppo, l'avvelenamento del pastore tedesco Vice è solo l'ultimo episodio di violenza contro gli animali capitato in zona.
«La cagnetta dei miei vicini di casa è morta pochi giorni prima della mia, uccisa sempre con un boccone avvelenato - continua la signora -. E una settimana prima circa, una cagnetta di un'altra famiglia che abita poco distante da casa mia era stata avvelenata. Inoltre a me, un anno fa hanno avvelenato anche due gatti. Non capisco perché accanirsi in un modo così brutale contro queste bestiole.

La persona che ha fatto tutto questo non è un uomo ma solo un grande ignorante, che se la prende con chi non può difendersi. Vorrei che avesse il coraggio almeno di dire perché lo ha fatto. Comunque - conclude - un giorno arriverà anche per lui il giorno del giudizio e spero che lo aspettino le stesse pene che hanno sofferto tutti gli animali che ha ucciso in quel modo barbaro».


Gazzetta di mantova-5 gennaio 2003

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744. Avvelenati due cani da guardia in un’abitazione di Tortoreto.

 

 

PIERANTONIO - Restano ancora tutte in piedi le ipotesi per spiegare la strage di cani da cinghiale di quindici giorni fa, quando ignoti seminatori di bocconi al veleno hanno inferto un durissimo colpo al potenziale della squadra "La zanna" di Pierantonio: il dispetto fra appassionati della stessa specialità venatoria oppure l'avvertimento di qualcuno estraneo all'ambiente, forse un pastore, infastidito dalla presenza nella zona. Tutto ci può stare.

Perchè all’esterno non vengono sempre apprezzate quelle "uscite" che mobilitano decine di persone equipaggiate di radioline rice-trasmittenti, fuoristrada e altri marchingegni. Innanzi tutto, la squadra, costruita su un modello organizzativo preciso, strutturata per evitare rischi alle persone.

Ogni gruppo si muove sempre nella stessa zona, riceve dalla Provincia aiuti sotto forma di mais e granaglie per governare gli animali selvatici ed impedire loro di vagare in cerca di cibo, danneggiando i campi coltivati. A quel punto scatterebbe, a carico dell'Ente, il ben più pesante onere di pagare i danni subìti da questo o quell’agricoltore. La squadra ha in uso, quando non in proprietà, una sede. Qui vengono macellate e conservate le prede (quasi sempre consumate dagli stessi cacciatori), qui viene realizzato l'alloggiamento per i cani.

Già, i cani... Croce e delizia di ogni padrone, assumono valutazioni da migliaia di euro. Se un segugio riesce a mettersi in luce durante certe gare (praticamente, battute di caccia simulate), acquisisce un valore certificato dai giudici federali, accettato senza riserve per il rimborso assicurativo, nel caso dovesse cadere...sul campo. Allora basta un semplice calcolo per quantificare il danno subito da quelli de "La zanna" nel brutto fine settimana: diecimila euro almeno, non considerando il tempo per "rifare" l'animale, per addestrarlo a puntino.

Normale che ciascuno sia disposto a difendere il proprio ambito dalle intrusioni di estranei. Ma con il favore delle tenebre non sono infrequenti "blitz" di battitori entro i confini altrui: a suon di petardi e rumori vari spostano il branco di cinghiali nel luogo dove il giorno appresso entreranno in azione i fucili della stessa compagnia. Diversa è la guerra che si combatte sulla pelle delle bestie, come nell'ultimo episodio, uno dei più eclatanti dei quali è trapelata notizia in Umbria.

«Il vero cacciatore non se la prende mai con i cani della concorrenza», sottolinea un 'cinghialaro' di lunghissima pezza, sollevando un interrogativo di non poco conto: da dove arrivano stricnina e cianuro usati per le mattanze dei cani? Esclusa la provenienza legale (impossibile l'acquisto in farmacia), si pensa ad un mercato clandestino, anche fuori dai confini nazionali. Un altro aspetto di una "telenovela" punteggiata di stragi che al di là delle ragioni e delle colpe è sinonimo di profonda incivilta'.


Il Messaggero- 2 gennaio 2003

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743. Strage di cani, pista del veleno dall’estero.

 

 

TORTORETO - Il Servizio veterinario della Asl di Teramo è al lavoro per un sospetto caso di avvelenamento di due cani da guardia verificatosi in una casa alla periferia di Tortoreto.

Attualmente, dopo un esame sicuramente accurato della carcassa delle due povere bestie, tutto lascerebbe pensare che si tratta di un caso di avvelenamento, ma, considerata la delicatezza della materia, ora si è deciso di agire in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico di Teramo, che dovrà procedere ad esaminare i resti degli animai, come una specie di accurata ed approfondita autopsia.

Come abbiamo detto, da quello che si è appreso, qualcuno avrebbe avvelenato i due cani che sono a guardia di una casa perchè, altrimenti, sarebbe davvero strano e sicuramente estremamente casuale, che i due cani muoiano contemporaneamente senza che, in precedenza, come hanno riferito i proprietari, abbiano avvertito dei disturbi.

Ed allora a questo punto, sempre in attesa della risposta dello Zooprofilattico, si è portati a cedere, senza voler far correre troppo la fantasia, che l’avvelenamento sia da mettere in considerazione con il tentativo di qualcuno di voler penetrare senza problemi all’interno dell’abitazione attraverso il giardino "custodito" dai due animali. Molto probabilmente puntavano forse ad un furto da mettere a segno successivamente o addirittura l’altra notte.

Evidentemente qualcosa non deve aver funzionato a dovere per cui, se questa è l’ipotesi più probabile, i malviventi devono aver rinunciato a porre in essere la loro azione criminosa. Ma tutto, a questo punto, resta legato alla risposta dei tecnici dello Zooprofilattico.


Il Messaggero-
2 gennaio 2003

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742. Un killer fa strage di cani e gatti.

 

 

A Jano, la piccola frazione collinare di Sasso Marconi, agisce da tempo un 'killer' di cani e gatti, che periodicamente semina polpette alla stricnina. Gli animali, ignari, le ingoiano e poi muoiono dopo atroci sofferenze.

Dal '99 al 2001 a Jano sono stati avvelenati 9 cani e 8 gatti, cui si sono aggiunti recentemente Borodin, un bastardino simile a un setter, di Laura Concato, e Lucky, un altro bastardino, di Clorinda Palmieri. Il primo, dopo aver ingerito una polpetta avvelenata, è deceduto, mentre Lucky, grazie a una tempestiva lavanda gastrica, si è salvato. Anche in questo caso l'avvelenamento era provocato da una 'palla' di carne e stricnina.

Quest'ultimo caso è avvenuto addirittura all'interno dei cortili delle abitazioni delle due signore e ai danni di cani innocui, che non davano fastidio a nessuno, poiché tenuti scrupolosamente all'interno dell'area riservata alle abitazioni.

Ciò che sta accadendo non ha una spiegazione, dicono gli 'orfani' degli amici a quattro zampe, poiché i cani non erano addestrati alla caccia o alla ricerca del tartufo. Non potevano quindi stimolare l'intervento di chi voleva togliersi l'impaccio di bravi concorrenti.

Né disturbavano poiché non si allontanavano troppo da casa. Si tratta comunque, secondo i residenti di Jano, di gesti di una mente lucida che soddisfa in questo modo chissà quale fine. L'accaduto preoccupa particolarmente poiché gli ultimi avvelenamenti si sono verificati vicino ad abitazioni, dove vi sono anche bambini che avrebbero potuto venire a contatto con l'impasto micidiale.

Gli abitanti di Jano hanno presentato denuncia alle autorità del Comune e oggi, per sensibilizzare l'opinione pubblica e sollecitare un'attenta indagine che individui i colpevoli e liberi la frazione del pericolo, si sono dati appuntamento nella piazza del capoluogo, alle 11.30, per una manifestazione di protesta.

Dalla piazza saliranno poi in Comune dove, alle 12.15, saranno ricevuti dal vicesindaco Pietro Fortuzzi. Nel volantino di protesta che verrà distribuito si legge: «Basta con il veleno. No alla caccia fra le abitazioni e le strade di Jano».
di Francesco Fabbriani


Il Resto del carlino- 28 dicembre 2002

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741. Avvelenato Pepe. «E' una vendetta».

 

 

Hanno avvelenato Pepe, il cagnolino Shitzu di 7 anni, di Verdiana Cesaretti, delegata comunale dell'Ente nazionale protezione animali. Grazie all'intervento del veterinario, Pepe è sopravvissuto.

L'episodio è avvenuto venerdì sera quando la delegata dell'Enpa, rientrando a casa a Villa Inferno, in via Confine 65, si è accorta che uno dei suoi cani stava rantolando. La donna è corsa dal veterinario, Alfio Pirini, a Pisignano.

In ambulatorio Pepe è stato operato e dallo stomaco gli è stata estratta una pallina 'magica' di gomma fritta avvolta con carne macinata imbevuta di topicida. «Hanno voluto ucciderlo — ha detto Verdiana Cesaretti — perché nel caso non avesse funzionato il topicida, la pallina avrebbe finito il cane provocando un'occlusione intestinale». Ora Pepe sta meglio ma non è fuori pericolo. Intanto la donna ha presentato denuncia ai carabinieri di Cervia. «Non ho sospetti ma penso che si sia trattato della vendetta di qualcuno denunciato per mancata custodia di cani».

Pepe era di proprietà di alcuni viados; cinque anni fa Verdiana Cesaretti, saputo che lo maltrattavano, se lo è fatto consegnare. Da allora è vissuto a Villa Inferno assieme a 65 cani da lei adottati. «Ho raccolto centinaia di cani — racconta la donna — quelli che non riesco a sistemare perché brutti, vecchi o malandati li tengo con me a mie spese, con l'aiuto del Comune.Sono come figli».


Il resto del carlino
- 24 dicembre 2002

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