Cile
Intervista ad un
rappresentante in Europa del
Fronte Patriottico Manuel
Rodriguez
D. Al Cile, paese
capitalista, quale ruolo è stato assegnato all’interno del continente latino
americano dall’imperialismo USA?
R. Tutti gli anni ’60
sono stati caratterizzati da avvenimenti politici molto importanti, uno di
questi è stata la rivoluzione cubana. La rivoluzione cubana risveglia
la ricerca della sintesi e del
desiderio di tutti i rivoluzionari di
cambiamento rivoluzionario in tutto il continente latino-americano.
Di fronte a questa rivoluzione cubana l’imperialismo Nordamericano attua una sua
strategia e quella principale,
applicata in Colombia e in tutta l’America Latina e di impedire lo svolgimento e lo sviluppo
della rivoluzione e soprattutto di
seguire l’esempio cubano.
L’imperialismo crea una serie di laboratori sperimentali di
tipo politico, economico, militare e la costruzione di un tipo di stato che
permetta di osservare il destino del popolo americano e tra questo il fenomeno
degli anni ’70 dell’instaurazione delle dittature che sorgono come distruzione
della via politica e l’espressione dello stato borghese latinoamericano. In
questo contesto il ruolo che gli Stati
Uniti assegnarono al Cile, fu la
collaborazione tra la borghesia nazionale e quella nordamericana, per la creazione di una controrivoluzione
sostenuta, dal punto di vista della sicurezza nazionale, dalla lotta del nemico
interno alla borghesia nazionale, dal
punto di vista economico, sostenuta
dalla scuola dei Chicago Boys ossia dell’economia di mercato che negli anni ’90
è stata la scuola del neoliberismo.
Il ruolo di sperimentazione assegnato al Cile, in
definitiva servì per controllare tutti i paesi del Cono Sud,
dimostrato a distanza di 25 anni dai risultati avutisi in termini politico, economico, militare. E
oggigiorno il Cile, attraverso quell’esperienza è diventato un laboratorio economico,
politico, sociale dove il modello economico vigente si basa sulla scelta fatta
nel ’73 dagli Stati Uniti; che favorisce l’accumulo della ricchezza a favore
dei Nordamericani. Mentre sotto il governo dell’Unità Popolare di Salvator
Allende si tese a nazionalizzare la ricchezza più importante del paese, si tese
ad estendere il diritto alla sindacalizzazione e alla partecipazione di
tutti i lavoratori; la democrazia partecipativa e la decisione
dell’utilizzo della produzione. L’estensione della democrazia popolare attraverso i comandi comunali, i cordoni industriali, i
Municipi ossia il popolo tutto partecipò direttamente.
Questo non significò che il Governo popolare fu
rivoluzionario, ma lo fu solo dal punto
di vista del suo programma, anche se a questo programma mancò
l’esperienza della costruzione della forza materiale per contenere la reazione del nemico.
Il governo civile attuale è la sintesi della proiezione
politica della dittatura militare. Proiezione che si mantiene attraverso il mantenimento
delle istituzioni lasciate da Pinochet parte integrante della costituzione del
1980. Tutto ciò significa il modello vigente atto a reprimere tutte le
espressioni rivoluzionarie e le organizzazioni del popolo, che sono tutte le
leggi sindacali che tentano di togliere uno strumento storico conquistato da
tanti anni di lotta dai lavoratori a livello internazionale, ossia il diritto
di sciopero. In Cile i lavoratori che scioperano più di 60 giorni, per legge,
vengono licenziati in tronco e sostituiti da altra mano d’opera perdendo ogni
tipo di diritto.
E’ un laboratorio che permette politicamente, nel contesto
della crisi, di sviluppare la lotta di classe e di rieducare la classe politica
al potere, che è oggi rappresentato dal Partito Socialista, ma che in
realtà, rappresenta solo gli interessi
della classe dominante reazionaria,
diventando in realtà il gendarme del sistema al potere e repressore
della classe proletaria.
La coalizione al Governo attuale è rappresentata anche da una
parte della sinistra storica come componenti del MIR, del Partito Comunista e
settori del MAPU. La prima facendo
parte integrante della coalizione, la seconda facendo parte dell’opposizione
all’interno del Governo ed in ultima istanza significa legittimare il sistema
repressivo pinochettiano.
In questo contesto vi è un esperimento politico dove si
evidenzia il CHE FARE del Partito Operaio che mettono in luce una nuova
tendenza e una ricomposizione della sinistra rivoluzionaria.
Questi sono secondo noi fattori che hanno determinato questo
ruolo assegnato al Cile ossia la base dell’esperimento degli interessi del
capitale straniero che, con tutti i meccanismi possibili, ha significato in
ultima istanza la repressione degli
interessi del popolo, dittatura militare, governo civile, legge
repressive, legge di sicurezza, leggi terroriste.
D. Perché il Cile
non è parte integrante del Nafta?
R. Sicuramente il
Governo Nordamericano aveva tutto l’interesse di incorporare il Cile
all’interno del Nafta ma per contraddizioni interne alla stessa borghesia
nazionale e della sua direzione di governo non si sono trovati gli accordi
necessari.
Il primo Governo civile di Alwin prima e di Frei poi avevano
cercato di creare tutte le condizioni necessarie per fare entrare il Cile nel
Nafta, ma dentro la direzione della borghesia vi sono interessi divergenti
poiché da un lato significa l’apertura totale del mercato nazionale, dove la
piccola borghesia non avrebbe nessun ruolo ma verrebbe assorbita dai grandi capitali della borghesia legata alle
transnazionali e dall’altro l’interesse della stessa borghesia ad entrare nel
MERCOSUR (viste le grandi inversioni economiche che il Cile fa nei paesi come
il Perù, la Bolivia, rappresentando una grossa fetta di mercato da spartirsi)
che significherebbe la ripartizione dei mercati dell’intero continente
latinoamericano.
Ciò rappresenta una contraddizione anche per l’imperialismo
nordamericano nonostante la dipendenza economica di questi paesi.
In definitiva l’interesse dell’imperialismo è di incorporare
il Cile al Nafta, vista la ricchezza delle materie prime del paese, le basse tariffe doganali, la mano d’opera
disciplinata e non sindacalizzata, ma specializzata a basso costo e tutti i
servizi a poco prezzo a loro disposizione, poiché è quest’ultimo che regola
l’economia globale del continente a favore esclusivo degli americani.
D. Il Cile del dopo
dittatura ha mai avuto una sua strategia indipendente?
R. Il Cile è un paese
subordinato alla strategia generale prefissata per tutti i continenti
latinoamericani elaborata dal centro
del potere che risiede in Nordamerica.
A partire da questa subordinazione, il Cile non ha interesse a mantenere una sua
strategia che possa andare contro l’interesse dell’imperialismo, al contrario
chi decide le norme per lo
sviluppo politico, economico e
militare, non è né la borghesia cilena, né il governo né i militari cileni.;
nel campo politico le norme vengono elaborate dall’esterno, in Nordamerica; in
quello economico tutte le strategie vengono dettate dalle istituzioni più
importanti come il FMI, la Banca Mondiale e tutti gli altri organismi che
regolano sia l’economia nazionale che quella del continente e nel campo
militare il Cile non sfugge ovviamente a quella ispirazione politica tipica
delle forze armate e della lotta contro il nemico interno, subordinata alla
dottrina della sicurezza nazionale che viene elaborata in Nordamerica. Per cui
il Cile come Stato e come Governo non ha una propria strategia indipendente in
qualunque suo ambito anzi, al contrario, gli conviene, spesso e volentieri,
rimanere dipendente se vuole mantenere, con tutta la demagogia del caso, lo
Stato e il potere.
D. Chi ha abbattuto in realtà la dittatura in Cile?
R. Io penso che in
ultima istanza ci siano vari fattori da analizzare: la dittatura militare fu
imposta dal nordamericani e fu tolta dai nordamericani, all’interno di questi
due passaggi vi fu un grande movimento
sociale, politico e di resistenza contro il sistema che non contribuì di per sé
alla caduta della dittatura ma, a sviluppare movimenti rivoluzionari e un’opposizione radicale al sistema. Questi
furono gli elementi per cui i nordamericani decisero che era giunto il momento
di eliminare la dittatura. Quindi dentro la strategia di dominazione del
continente, l’imperialismo nordamericano valutò un errore il mantenimento della
dittatura in quanto non aveva più quel ruolo politico, tattico, strategico che
permettesse il mantenimento del sistema economico. All’interno di tutto ciò si
creano le condizioni dei grandi accordi strutturali del sistema che
permetteranno la transizione verso la falsa democrazia. In ultima istanza,
quindi sono i nordamericani che permettono l’uscita e la negoziano.
Con dolore, noi cileni, dobbiamo riconoscere questa realtà ma
riconoscere anche che il popolo cileno con le sue organizzazioni e tra queste
la nostra, a partire dal 1983 ha saputo canalizzare tutte le espressioni di
resistenza politico-militare dentro un fronte che ha permesso a sua volta, dopo
dieci anni di dittatura, di fare una delle operazioni più audaci dal punto di
vista militare e a renderci conto che in questa lotta diretta contro la
dittatura avevamo accumulato un grande quantità di forza nel campo politico,
militare e sociale così come anche a
livello dell’appoggio internazionale.
Mentre la classe politica e il comando dell’esercito
nordamericano negoziano, il 2 e il 3 di luglio 1986, si produce la più grande e
importante manifestazione nazionale, dove si uniscono al fronte tutte le forze politiche compreso la Democrazia
Cristiana, il Partito Socialista e il Partito Comunista, tutta la società
cilena fino alla Chiesa che chiede un cammino di lotta e quindi la negoziazione tra le parti si
accelera di fronte a questa grande unità del popolo cileno. E’ in questo
contesto che noi diciamo che il popolo cileno ha subito la seconda sconfitta politico-militare : la prima fu con
il colpo di stato militare del 1973, ma queste sconfitte, la prima e la seconda,
sono sconfitte politico-militari per le nostre incapacità.
Se per esempio, nel
periodo dell’Unità Popolare, fu importante tutta l’accumulazione di forze, la
lotta ideologica, all’interno dell’unità, venne posta in secondo luogo e la
lotta ideologica era legata alla strategia della costruzione di un nuovo stato.
E questo significava la costruzione di una nuova società quella del comunismo
inferiore come la definì C. Marx, ossia
la società socialista, necessitava assolutamente un elemento di ricostruzione
di forze di difesa. In questo periodo dall’80 all’83 non tutti i partiti di
sinistra furono concordi con la strategia di lotta per una trasformazione
radicale della nostra società. Alcuni come il partito socialista, il partito
comunista e ovviamente la democrazia cristiana, si accontentarono di mandar via
Pinochet dallo Stato e rinviarlo al comando dell’esercito militare. Questo
significava cambiare tutto per non cambiare niente. In tutto questo quadro è
chiaro quindi che sono i nordamericani, non perché sono buoni ma per i loro
interessi, a mandar via Pinochet.
Se vogliamo fare oggi un parallelismo con coloro che
analizzano la concertazione delle primarie del 30 maggio dove si impone un
candidato socialista, Ricardo Lago, che dicono che sarà possibile ricreare
l’unità popolare degli anni ’70, noi
diciamo che sono menzogne, visto che questo partito oggi può rappresentare solo
gli interessi dei nordamericani non certo del popolo cileno.
D. Chi sono oggi le forze politiche capaci di una
trasformazione e con quali strategie?
R. Noi pensiamo che
la forza politica, quella che lotta per
la trasformazione dovrà sorgere
da questo lungo periodo politico oscurantista. Nel nostro paese non possiamo
parlare di una sola forza politica ma bisognerà parlare della forte
ricomposizione della sinistra rivoluzionaria che si è creata nel nostro paese
negli ultimi decenni; quella parte di sinistra rivoluzionaria che è
sopravvissuta alla sconfitta del pensiero comunista internazionale e ed
sopravvissuta anche all’entrismo della sinistra nazionale e alle negoziazioni
con la dittatura e ha sopravvissuto alla repressione della dittatura.
Questa sinistra oggi è rappresentata dalle organizzazioni che
tutt’oggi lottano e, nonostante le differenze tra loro, sono la componente del MIR dell’Esercito
Guerriero del Popolo, noi del Fronte Patriottico Manuel Rodriguez, sorti come
braccio armato del Partito Comunista Cileno e dopo, per discrepanze ideologiche
nel Partito, ci siamo separati per proseguire
in una lotta indipendente dopo ’87.
Oggi a distanza di 12 anni di lotta indipendente in mezzo a
tutta la trasformazione dal Governo
militare a quello civile, con tutte le contraddizioni che da ciò derivavano e
con il compito della costruzione del Partito e di introdurre all’interno del
Fronte tutti gli elementi necessari per costruirlo. Un Partito Rivoluzionario che rappresenti la classe operaia e
lotti per gli interessi della classe. Quindi in questo cammino di
ricomposizione di forze rivoluzione nel nostro paese, oggigiorno nessuna
organizzazione da sola potrà essere l’organizzazione che potrà condurre alla
trasformazione della società verso il socialismo.
La nostra strategia, come Fronte Patriottico Manuel
Rodriguez, per ricomporre una proposta politica di cambiamento rivoluzionario
nel nostro Paese è stata dagli anni ’90, quella di ricostruire i nostri legami interni al tessuto sociale nei
settori degli studenti, operai, contadini. In questa misura, oggi è prematuro
parlare di quale sarà la forza che andrà a dirigere la lotta per la
trasformazione, anche se noi aspiriamo ad esserlo, ma un conto è aspirarlo e un
conto è ricostruire l’organizzazione all’interno della lotta di classe nel
nostro Paese e con la prospettiva di cambiamento. Noi pensiamo di essere sulla
buona strada, siamo dentro ogni conflitto che attraversa il nostro Paese, con
proposte concrete, nel quotidiano proseguiamo la lotta per un cambiamento
democratico, lottiamo contro l’impunità, lottiamo per avere un sindacato
autonomo, con elezioni dirette; promuoviamo dibattiti ampi fra i lavoratori,
con scontri diretti contro il sistema con i gruppi di contropotere di base.
D. Quali sono i settori coscienti e potenzialmente
rivoluzionari oggi in Cile?
R. Anzitutto il settore storicamente e potenzialmente
rivoluzionario nel nostro Paese continua ad essere quello operaio, vista la
composizione del Cile che è un paese industrializzato con una massa importante
di operai, quelli che più direttamente subiscono le conseguenze della
ristrutturazione del sistema. Crediamo sia importante la lotta delle
rivendicazioni proprie e politiche contro il sistema da parte dei settori più
coscienti.
Abbiamo un settore, quello degli studenti, che nella società
hanno rappresentato un settore altamente esplosivo e dove sono sorte molte
lotte popolari, ma siamo consapevoli che questo è un settore di transizione e,
anche se inseriti in organizzazioni di sinistra, molti di essi, se non hanno
una coscienza chiara e sostenuta da un’ideologia rivoluzionaria, al momento
dell’inserimento professionale nel mondo del lavoro, si pongono al servizio
della borghesia, per la propria appartenenza di classe.
Un altro settore importante è quello urbano e rurale, una
grande popolazione fluttuante di lavoratori informali o lavoratori precari e
sono poi coloro che in gran parte si incorporano nelle lotte per la
trasformazione. Ma noi continuiamo a sostenere che l’elemento più cosciente nel
nostro Paese, per la lotta per il cambiamento è la classe operaia in quanto
lavoratori direttamente legati allo sfruttamento. Abbiamo anche una quantità di
intellettuali nel nostro Paese, che sono legati storicamente alle lotte per il
cambiamento, ma per la loro condizione sviluppano una contraddizione insita, ma
questa credo sia una contraddizione presente a livello della sinistra mondiale.
Per questo pensiamo che la classe, quella operaia, rimanga
l’unica che deve però sapersi coordinare a livello popolare, di quartiere ecc…
D. Che cos’è il Rodriguismo?
R. E’ l’espressione popolare di ciò che è il pensiero del
Fronte Patriottico Manuel Rodriguez. Il Rodriguismo conseguente è la
disposizione di lotta del nostro popolo e dei nostri giovani.
In definitiva si poggia sulla storia della nascita della
lotta, sull’ideologia marxista-leninista del nostro Fronte Patriottico. Anche
se noi affermiamo che il Rodriguismo non è un patrimonio dei militanti del
Fronte ma aspiriamo che sia un patrimonio del popolo cileno, dei lavoratori,
degli studenti, dei contadini, perché nella sua essenza il Rodriguismo
significa Ribellione Permanente, audacia permanente, abnegazione conseguente di
lotta verso il popolo. Volendo spiegare il termine Rodriguismo, diciamo che Manuel Rodriguez fu un
guerrigliero durante le colonizzazione e la ricostruzione della Repubblica. Fu un
lottatore indefesso contro il sistema, in favore del Popolo. Noi pensiamo
quindi che il Rodriguismo deve essere un’alternativa popolare ed un mezzo per
trasformare la società cilena in una cultura nuova, una forma nuova di fare
politica, una forma nuova di relazione tra gli uomini.
D. Il Rodrigusmo è una forza radicata all’interno del
proletariato?
R. Il Rodriguismo come idea ha un grande rispetto del popolo
cileno. Ogni volta che noi abbiamo compiuto un’azione, è sempre stata
applaudita e celebrata. Quando io parlo di popolo cileno mi riferisco alla
classe lavoratrice, agli operai, ai contadini, ma anche a settori di
intellettuali che si sono incorporati nella lotta rivoluzionaria.
Il Fronte è strettamente legato al nostro Paese per le lotte
per il cambiamento. Siamo un elemento di riferimento per le lotte. Anche se una
parte della nostra organizzazione è clandestina, noi abbiamo l’appoggio
popolare.
D. Che cosa significa per voi chiamarsi Fronte Patriottico?
R. Il Patriottismo a cui noi ci riferiamo non ha niente a che
vedere con il significato dato dagli europei all’epoca che era
anti-internazionalista, cioè reazionario. Quando noi parliamo di Manuel
Rodriguez parliamo di un uomo internazionalista. Il patriottismo per noi non è
contraddittorio con l’internazionalismo proletario ma, al contrario, si colloca
all’interno della caratteristica della lotta di classe nel nostro popolo. E’ il
concetto di Patria grande di cui parlò Simon Bolivar, in questo senso noi lo vediamo
dentro questa grande lotta, con valori propri, che vede la liberazione di tutto
il continente. ?