Introduzione
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Un campo elettromagnetico è una regione di spazio occupata da un’onda elettromagnetica, che è generata dal moto accelerato di cariche elettriche.
Un’onda
elettromagnetica piana è composta da due componenti, una di campo
elettrico (E) e una di campo magnetico (B), perpendicolari
tra loro ed entrambe ortogonali alla direzione di propagazione dell’onda.
Queste componenti non sono costanti nel tempo, e oscillano tra un massimo
e un minimo alla frequenza di oscillazione (n). Ad ogni frequenza è
associata una lunghezza d’onda (l) che è inversamente proporzionale
alla frequenza secondo la relazione:
dove
c
è la velocità della luce nel vuoto.
Al variare della frequenza, l’onda elettromagnetica assume delle proprietà caratteristiche. Poiché ad ogni onda è associata un’energia trasportata, e questa è proporzionale alla frequenza, le onde ad alta frequenza trasporteranno una maggiore quantità di energia.
Lo
spettro può essere suddiviso in sette regioni principali, con frequenza
ed energia crescente:
Nome | Intervallo di frequenze | Sorgenti |
Basse frequenze | 0 - 104 Hz | Elettrodotti, elettrodomestici |
Radiofrequenze | 104 – 108 Hz | Antenna radio e televisive |
Microonde | 108 – 1011 Hz | Forni a microonde, telefoni cellulari |
Infrarosso | 1011 – 1013 Hz | Lampade termiche, fonti di calore |
Visibile | 1013 – 1014 Hz | Luce solare, lampade |
Ultravioletto | 1014 – 1017 Hz | Lampade UV |
Raggi X, raggi gamma | 1017 – 1020 Hz | Radiografia medica, raggi cosmici |
La
frequenza di 1015 Hz (nel campo dell’ultravioletto) divide le
radiazioni in ionizzanti e non-ionizzanti.
Le radiazioni ionizzanti sono quelle che hanno frequenza superiore a 1015 Hz, e comprendono l’UV lontano, raggi X e raggi gamma.
Sono
gravemente dannose per la salute umana: essendo onde ad altissima energia
sono in grado di generare ionizzazione, ovvero la rottura dei legami covalenti
molecolari, e quindi di danneggiare i DNA delle cellule.
La
radiazioni non ionizzanti hanno frequenza inferiore a 1015 Hz,
e comprendono i campi delle basse frequenze, radiofrequenze, microonde
e infrarosso. La quantità di energia trasportata, e quindi trasferita
ai tessuti umani quando questi vengono irradiati, non è sufficiente
a rompere i legami chimici delle molecole. Vi sono però dei dubbi
sulla loro innocuità, come vedremo in dettaglio nei prossimi paragrafi.
Gli effetti biologici dei campi elettromagnetici dipendono principalmente dalla potenza trasportata dalla radiazione.
L’energia trasportata da un’onda elettromagnetica che attraversa un tessuto biologico viene dissipata all’interno del tessuto stesso sotto forma di calore. Il campo magnetico oscillante induce nel tessuto una corrente elettrica che dissipa potenza a causa delle proprietà dielettriche del mezzo.
Campi elettromagnetici
con densità di potenza superiore a 10 mW/cm2 possono
provocare danni biologici per effetto termico: gli effetti acuti
del campo magnetico sono dovuti all’induzione di corrente elettrica nei
tessuti (fino a 10 A/m2 per campi magnetici molto intensi),
e vanno da interferenze nella percezione sensoriale (visiva e tattile),
alla fibrillazione ventricolare, fino al riscaldamento dei tessuti.
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Effetto |
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Riscaldamento dei tessuti (0,4 W/kg) |
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Induzione di extrasistole (rischio di fibrillazione) |
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Percezione sensoriale, magnetofosfeni |
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Normativa italiana |
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Soglia di attenzione epidemiologica |
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Si
ipotizza che le radiofrequenze e i campi a basse frequenze, anche se emessi
con potenza inferiore a 10 mW/cm2, possano causare danni biologici
con effetti non termici. Sulla possibile dannosità dei campi
elettromagnetici sono tuttora in corso molti studi medici che cercano di
individuare una correlazione tra l’esposizione prolungata a campi, anche
deboli, e l’insorgenza di malattie (tra cui tumori infantili), e allo stesso
tempo di scoprire il funzionamento biologico dell’interazione tra campi
elettromagnetici e sistemi biologici.
I campi elettromagnetici a bassa frequenza (50-60 Hz) sono generati da elettrodotti, cabine di trasformazione o di distribuzione della corrente elettrica e da tutti i dispositivi alimentati elettricamente, come gli elettrodomestici. Particolarmente importanti sono quegli apparecchi che vengono utilizzati a breve distanza, come monitor di computer e coperte elettriche. Persone particolarmente esposte sono quelle che abitano, lavorano o comunque risiedono per lunghi periodi nelle vicinanze di elettrodotti ad alta tensione.
Studi epidemiologici, condotti a partire dalla fine degli anni ’70, suggeriscono che i campi elettromagnetici a bassa frequenza possano essere considerati come "probabili cancerogeni", anche se l’associazione tra esposizione a tali campi e l’insorgenza di tumori appare di modesta entità e non è sufficiente a stabilire con certezza una correlazione tra esposizione ed effetto.
La prima ipotesi di cancerogenità dei campi elettromagnetici a bassa frequenza (ELF, extremely low frequency) fu formulata per la prima volta da Nancy Wertheimer e Ed Leeper nel 1979, con l’articolo "Electrical wiring configurations and childhood cancer" pubblicato sull’American Journal of Epidemiology.
Numerose successive indagini su residenti in abitazioni vicine a installazioni elettriche (esposti a campi magnetici di frequenza 50-60 Hz e intensità 0,2-0,4 mT) hanno evidenziato un possibile aumento del rischio di leucemie e tumori cerebrali nei bambini; indagini su categorie di lavoratori professionalmente esposti hanno evidenziato un aumento di rischio di leucemie e di tumori mammari nella donna.
Altri studi, altrettanto ben condotti, hanno dato risultati negativi o contraddittori: i casi di tumori si sono dimostrati solo in alcuni casi leggermente superiori alla media, e non attribuibili con certezza all’esposizione a radiazioni.
La correlazione tra l’esposizione cronica a campi elettromagnetici a bassa frequenza e l’insorgere di certi tipi di tumori, in particolare leucemie infantili, è quindi ancora incerta. Inoltre non vi sono ancora conferme sperimentali dell’azione dei campi a basse frequenze sul materiale genetico cellulare, né è stata ancora formulata una convincente ipotesi di meccanismo biologico che spieghi l’effetto di questi campi sulle cellule.
Si ipotizza invece un’azione non tanto diretta (l’energia trasportata dalle onde elettromagnetiche è troppo bassa per rompere anche il più debole legame chimico), quanto piuttosto di promozione dell’insorgenza dei tumori.
Infatti, perché si sviluppi un tumore, è necessaria per prima una mutazione genetica, dovuta a diversi fattori, come l’esposizione ad agenti genotossici (ad esempio l’esposizione a radiazioni ionizzanti) o un errore nella replicazione del DNA. Ma è comunque necessario che vi sia anche un’azione "epigenetica", ovvero capace di favorire la trasformazione di una cellula precancerogena in cellula cancerogena.
Una linea di
studio sul meccanismo biologico dell’effetto dei campi elettromagnetici
sta cercando di verificare se i campi possano essere considerati agenti
epigenetici, in grado quindi di favorire lo sviluppo di un tumore, nato
comunque per cause indipendenti dall’esposizione a campi.
Altri
studi, con esperimenti su animali, hanno rilevato, in soggetti esposti
a radiazioni ELF, una diminuzione della produzione di melatonina, un ormone
prodotto dalla ghiandola pineale che esercita un’azione protettiva nei
confronti di alcuni tumori, tra cui proprio le leucemie e i tumori al seno;
non si ha però ancora una conferma dello stesso effetto sull’uomo.
I campi elettromagnetici a maggiore frequenza, nel campo delle radiofrequenze e delle microonde (10 kHz – 100 GHz) sono generati da sistemi per le telecomunicazioni: antenne trasmittenti radiotelevisive, telefoni cellulari, antenne e ripetitori per la telefonia mobile. La potenza tipica delle antenne è molto elevata (spesso superiore a 1000-2000 W) e nei pressi di queste installazioni si possono facilmente riscontrare interferenze con altri apparecchi elettrici ed elettronici: distorsioni nelle immagini televisive e sui monitor per computer, malfunzionamenti di apparecchi elettronici come antifurti per auto, telefoni cellulari, ecc...
Sono sorti quindi dei dubbi sugli effetti dei campi ad alta frequenza sulla salute umana. Dai pochi studi ed indagini condotte finora si ritiene che l’esposizione a campi ad alta frequenza (radiofrequenze e microonde) possa rappresentare un possibile fattore cancerogeno, sia pure di modesta entità, con azione simile alle radiazioni ELF.
Non
sono però ancora disponibili analisi epidemiologiche complete sui
possibili rischi da radiofrequenze in quanto la diffusione di questi sistemi
è ancora abbastanza recente.
I campi elettromagnetici vengono generati da cariche elettriche in movimento. La legge che mettono in correlazione i fenomeni elettrici e magnetici é la legge di Maxwell:
La circuitazione del campo magnetico B lungo una linea chiusa equivale alla somma di un contributo dato dalla corrente elettrica I e da un altro dato dalla variazione nel tempo del flusso di campo elettrico attraverso la superficie delimitata dalla linea chiusa.
Questa relazione
spiega come una corrente elettrica (o un campo elettrico variabile) generi
intorno a se un campo magnetico, e come un campo magnetico variabile possa
indurre delle correnti nei materiali conduttori posti nelle vicinanze.
Poiché la corrente elettrica fornita attraverso la rete di distribuzione è alternata (con frequenza di 50 Hz in Europa e di 60 Hz negli Stati Uniti), tutte le apparecchiature alimentate elettricamente sono sorgenti di campi elettromagnetici.
Le linee di conduzione dell’energia elettrica (ovvero le linee dell’alta tensione) e gli apparecchi utilizzatori non sono le uniche sorgenti di campi elettromagnetici: esistono anche dispositivi che sono stati progettati e realizzati esplicitamente con lo scopo di emettere radiazioni elettromagnetiche: tutti i sistemi di telecomunicazione (che comprendono antenne e ripetitori televisivi, radiofonici, radioamatoriali, per telefonia mobile) sono importanti fonti di radiofrequenze e microonde.
Al
fine di calcolare l’intensità di campo in funzione della distanza
dalla sorgente, ricordiamo che i campi elettrici e magnetici sono campi
centrali, ovvero l’intensità di campo diminuisce con l’inverso del
quadrato della distanza.
Un impianto elettrico per la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica è composto da diverse parti:
1. Centrali di produzione che trasformano una fonte naturale di energia in energia elettrica. I generatori producono una tensione che nelle stazioni di trasformazione annesse alla centrale viene elevata al valore più adatto per il trasporto (130, 200 o 380 kV);
2. Linee di trasporto, che collegano le centrali ai centri di consumo più importanti (grandi città e grandi centri industriali) trasportando la corrente alle tensioni di 130, 200 o 380 kV;
3. Stazioni riceventi primarie, collocate in prossimità dei centri di consumo, che trasformano l’energia dalla tensione di trasporto a quella delle reti di distribuzione;
4. Reti di trasmissione a 60 o 130 kV, che alimentano le stazioni secondarie di trasformazione a 10-30 kV.
5. Rete di distribuzione a media tensione (10-30 kV) che alimenta le cabine di trasformazione dell’energia alla tensione di utilizzazione diretta (bassa tensione).
6.
Rete di distribuzione a bassa tensione (220 o 380 V), che raggiunge ogni
singolo utilizzatore della zona.
La corrente viene distribuita alternata e non diretta per diversi motivi: innanzitutto si può variare la tensione di una corrente alternata con un semplice trasformatore. Inoltre la corrente alternata riduce le perdite a parità di tensione, perché queste sono proporzionali al quadrato della corrente.
Una corrente alternata infatti dissipa meno potenza di una corrente continua: la potenza dissipata per effetto termico (effetto Joule) è data dall’espressione: W=R i(t)2. Mentre per la corrente continua (DC) la corrente vale sempre i(t)=I0 , per la corrente alternata (AC) il valore della corrente varia nel tempo: i(t)=I0*sen(wt).
La potenza dissipata in un periodo di oscillazione vale quindi nei due casi:
La distribuzione dell’energia elettrica avviene principalmente attraverso due tipologie di elettrodotti: linee in cavo e linee aeree.
Le linee in cavo sono costituite da conduttori avvolti in appositi materiali isolanti in modo da permettere una maggiore vicinanza tra i conduttori senza il rischio di scariche.
Le linee aeree sono costituite da fili conduttori tesi in aria tra sostegni (pali, tralicci...) e fissati ad essi attraverso elementi isolanti.
I sostegni normalmente usati per le linee di trasporto aeree ad alta tensione sono tralicci di acciaio o cemento armato, mentre per la distribuzione della media e bassa tensione si impiegano sostegni di cemento armato o legno.
Come già
visto introducendo le sorgenti di campo, una corrente alternata genera
un campo magnetico la cui intensità è proporzionale all’intensità
di corrente trasportata dal conduttore.
Le linee di campo magnetico descrivono delle circonferenze concentriche su piani perpendicolari al conduttore; l’intensità del campo diminuisce con la distanza e si inverte di segno con la stessa frequenza della corrente (50 Hz).
L’intensità
del campo magnetico sarà quindi maggiore per le linee ad alta tensione,
perché la corrente (i) e proporzionale alla tensione (V) secondo
un coefficiente (la conduttanza G) caratteristico del materiale di cui
è costituito il conduttore. D’ora innanzi considereremo l’intensità
di campo magnetico in modulo, ricordando che la direzione del vettore B
si inverte 50 volte al secondo.
Analizziamo ora l’andamento del campo magnetico nello spazio consideriamo ad esempio un elettrodotto ad alta tensione da 380 kV.
La normativa italiana (DMLP 16/01/91) impone che per questo elettrodotto la distanza da terra sia di almeno 11,34 m.
La massima intensità del campo magnetico a terra si ha lungo la proiezione della linea di conduzione: per questo elettrodotto posto a 11,34 m di altezza la massima intensità a terra è di 15,6 mT.
Questo valore
rientra nei limiti fissati dalla normativa, ma è superiore alla
soglia raccomandata delle indagini epidemiologiche che hanno individuato
un possibile rischio per la salute per esposizioni prolungate a campi di
intensità superiore a 0,2 mT. Per scendere sotto la soglia di attenzione
epidemiologica bisogna allontanarsi dalla linea di ben 81,6 m.
Vedremo
più avanti diversi metodi per limitare l’esposizione al campo prodotto
da una linea di conduzione elettrica.
Negli ambienti domestici, nelle scuole e negli uffici si trovano molti dispositivi alimentati da corrente elettrica di rete, alternata a 50 Hz. I trasformatori di tensione e i motori elettrici di questi apparecchi sono sorgenti di campi elettromagnetici e, data la prolungata esposizione e l’uso ravvicinato, sono interessanti i fini dello studio dell’inquinamento elettromagnetico.
Tipiche
sorgenti di campo nell’ambiente domestico sono sorgenti isolate di dimensioni
contenute, come elettrodomestici e macchine per ufficio (computer, fotocopiatrici...).
Questa apparecchi possono emettere un campo magnetico che supera abbondantemente
la soglia di attenzione epidemiologica e a volte anche i limiti fissati
dalla normativa di sicurezza. Un esempio è dato da uno studio condotto
dall’Istituto Ricerca sulle Onde Elettromagnetiche (IROE) del CNR su un
asciugacapelli elettrico, che per la sua stessa natura viene impiegato
molto vicino alla testa dell’utilizzatore. Dalle misurazioni effettuate
si ottiene che ad una distanza inferiore a 60 cm il campo magnetico ha
intensità superiore alla soglia di attenzione (0,2 mT), mentre il
limite della normativa italiana
(100 mT) viene
superato misurando il campo a meno di 10 cm dall’apparecchio.
Un altro dispositivo elettrico che genera un forte campo magnetico e a cui l’utilizzatore è esposto per lunghi periodi è il monitor per computer: si è osservato che la massima intensità di campo si rileva nelle parti laterali e posteriori del monitor, dove occorre allontanarsi di ben 122 cm per scendere a 1 mT; nella parte anteriore si ha la stessa intensità alla distanza di 71 cm.
Come mostrano
questi esempi, è possibile che nelle immediate vicinanze degli apparecchi
si superi il limite di sicurezza di 100 mT. L’intensità del campo
decade rapidamente con la distanza, ma per rientrare nei limiti suggeriti
dalle indagini epidemiologiche bisogna allontanarsi mediamente di 60-80
cm, che può essere una distanza eccessiva per l’utilizzo di alcuni
apparecchi.
Segue
una tabella che riporta l’intensità di campo magnetico (in mT) tipico
di alcuni diffusi elettrodomestici:
Elettrodomestico |
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fornello elettrico grande |
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fornello elettrico piccolo |
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forno |
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forno a microonde |
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lavastoviglie |
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frigorifero |
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lavatrice |
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macchina per il caffè |
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tostapane |
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ferro da stiro |
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mixer |
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aspirapolvere |
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asciugacapelli |
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rasoio |
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televisione |
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lampada fluorescente |
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Radiazione di fondo ambientale
I campi elettromagnetici in ambiente domestico non vengono generati soltanto dalle apparecchiature elettriche, ma esiste anche un cosiddetto "fondo ambientale", ovvero da un debole campo esistente nell’ambiente indipendentemente dalle singole sorgenti.
Esso è dovuto ad un gran numero di piccole sorgenti più o meno permanenti come elettrodotti esterni (anche interrati), sorgenti di campi in appartamenti adiacenti e cablaggio nelle pareti.
Naturalmente
il contributo dato dal fondo ambientale è estremamente variabile,
dipendendo da un gran numero di fattori differenti. Studi ed indagini del
IROE hanno però portato alla definizione di alcune caratteristiche
tipiche del fondo ambientale: innanzitutto si osserva una grande variabilità
nel tempo nel breve termine, e spesso si può riconoscere una ciclicità
giorno/notte. Si è inoltre osservato una maggiore intensità
di campo di fondo in appartamenti condominiali rispetto alle abitazioni
singole, attribuibile al cablaggio comune e alle sorgenti in appartamenti
limitrofi.
Generalmente
i valori di fondo ambientale rientrano nelle soglie di sicurezza sia delle
raccomandazioni sia normative, a meno di considerare appartamenti prossimi
ad elettrodotti.
I telefoni cellulari, per comunicare con la stazione base fissa, emettono onde elettromagnetiche nel campo delle microonde, alla frequenza di 900 MHz (GSM) o 1,8 GHz (DCS 1800).
Un telefono mobile GSM emette una potenza massima di 2 W, con un fattore di uso 1/8 (attivo 1 sec. su 8), quindi la potenza emessa media 0,25 W. La potenza assorbita dall’utente è circa la metà, 0,1 W con picchi di 1 W. Il valore massimo di assorbimento raccomandato è di 1,6 W/kg.
La tecnologia analogica (TACS) modula un segnale a bassa frequenza su una portante ad alta frequenza, in modo simile alle trasmissioni radio a modulazione di frequenza (FM), mentre la più recente tecnologia digitale (GSM e DCS 1800) codifica digitalmente il segnale del parlato prima della modulazione.
Si ritiene che i nuovi telefoni digitali possano avere maggiori effetti dei vecchi telefoni analogici.
Le
stazioni base per la telefonia mobile emettono una potenza relativamente
bassa e producono una bassa densità di potenza al suolo. Nonostante
i campi di radiofrequenza prodotti dalle stazioni base rientrino nei limiti
fissati dalle normative di sicurezza nazionali ed internazionali, vi è
una forte avversione da parte del pubblico verso queste installazioni.
Possibili effetti per la salute
I dubbi riguardano sia gli effetti acuti, ovvero gli effetti termici a carico dei tessuti, sia gli effetti a lungo termine derivanti dall’esposizione a queste frequenze. Va ricordato che nell’uso dei telefoni mobili i tessuti più esposti sono quelli della testa dell’utente, che assorbono dal 30% al 50% della potenza emessa dall’antenna.
Le conoscenze disponibili sugli effetti delle microonde spiegano come le onde elettromagnetiche, inducendo una corrente elettrica nell’acqua contenuta nei tessuti, dissipino energia trasportata sotto forma di calore, a causa delle proprietà dielettriche del mezzo.
Il parametro più significativo, in termini di effetti biologici per l’esposizione umana a campi elettromagnetici di radiofrequenze, è l’assorbimento specifico di energia (SAR: specific energy absorption rate), espresso in W/kg.
Mentre gli effetti termici sono ben conosciuti e costituiscono il riferimento per i limiti di esposizione, gli effetti non-termici non sono ancora sufficientemente chiari per essere considerati nella definizione delle soglie di rischio.
La ricerca sugli effetti non termici si rivolge allo studio degli effetti di un’esposizione cronica (ovvero prolungata nel tempo) a campi deboli, ovvero con SAR inferiore alla soglia oltre la quale si innescano effetti termici.
I campi su cui attualmente si stanno svolgendo ricerche sono:
1. possibile promozione di effetti cancerogeni;
2. effetti sul sistema immunitario;
3. effetti sul sistema nervoso.
Le
ricerche finora condotte sono pochissime, e dai dati finora disponibili
non sono emerse prove convincenti dell’esistenza di effetti non termici
a lungo termine che possano essere dannosi per la salute.
Antenne di stazioni base per telefonia mobile
Esistono diversi tipi di stazioni base: infatti ogni tecnologia (ETACS, GSM e DCS1800) impiega antenne differenti e facilmente riconoscibili. Tutte le antenne per telefonia mobile sono costituite da gruppi di pannelli rettangolari, generalmente bianchi, montati in verticale, con disposizioni diverse secondo i casi. Questi pannelli sono inclinati verso il basso di un angolo (chiamato angolo di tilt) compreso tra 1° e 10°.
La prima tecnologia impiegata è stata la ETACS, una tecnologia analogica operante alla frequenza di 900 MHz, dove il segnale viene modulato in frequenza come per le trasmissioni radio FM. Le stazioni base per ETACS prevedono 12 antenne disposte in gruppi di quattro affiancate per ogni lato di un triangolo equilatero.
La tecnologia GSM è digitale e occupa la frequenza di 900 MHz: ogni frequenza portante veicola fino a 8 comunicazioni contemporaneamente, pertanto le antenne richiedono una minore potenza. Le antenne sono disposte a gruppi di tre per ogni lato di un triangolo equilatero.
Infine la più recente tecnologia DCS 1800, analoga al GSM ma funzionante a frequenza di 1800 MHz, impiega soltanto tre antenne disposte una per lato del triangolo equilatero.
Ogni tecnologia impiega potenze di trasmissione diverse, e pertanto risulta variabile la distanza oltre la quale l’intensità di campo scende sotto il limite di legge (E<20 V/m). Il campo emesso non è uniforme in ogni direzione, ma è massimo sul piano perpendicolare all’antenna e diminuisce con l’angolo di inclinazione.
Tecnologia | Frequenza | Potenza | Distanza orizz. | Distanza 45° |
ETACS | 850-930 MHz | 450-750 W | 50 m | 10 m |
GSM | 850-930 MHz | 60-240 W | 30 m | 1 m |
DCS 1800 | 1770-1830 MHz | 60-240 W | 40 m | 5 m |
I valori di potenza sono mediati nel tempo: sono quindi possibile valori istantanei maggiori di quelli indicati in tabella, variabili secondo il numero di comunicazioni in corso.
La potenza emessa dalle antenne di stazioni base per telefonia cellulare è sempre inferiore alla soglia oltre la quale si verificano effetti termici. Sono quindi da escludere danni acuti in seguito all’esposizione anche prolungata ai campi generati da antenne.
Il limite di densità di potenza permessa per una stazione base per telefonia cellulare, fissato per gli USA nel 1992 dall’ANSI/IEEE, è di 0,57 mW/cm2 mediato su un periodo di tempo di 30 minuti. L’ICNIRP ha successivamente fissato in 0,40 mW/m2 il limite permesso per i cellulari analogici e 0,90 mW/cm2 per i digitali (GSM).
Questo limite si basa sugli effetti biologici (effetti termici) accertati per esposizione a radiofrequenze fino a 10 GHz e di forte intensità (superiore a 4 W/kg). Il limite è molto conservativo ed è stato posto ad una densità di potenza che è solo il 2% della densità necessaria perché si verifichino effetti termici (l’assorbimento di potenza specifico tipico presso una antenna è nell’ordine di 0,0005 W/kg).
Un antenna montata a 18,6 m di altezza e operante alla massima potenza (1600 W) produce una densità di potenza massima al suolo di 0,02 mW/cm2. Le pareti di un edificio schermano la potenza della radiazione di un fattore compreso tra 3 e 20 volte.
Nel caso invece di accesso al piano dell’antenna (ad esempio se montata sul tetto di un edificio), a una distanza inferiore a 6 metri si può superare il limite di 0,02 mW/m2. Pertanto le antenne andrebbero montate in modo da impedire un accesso ravvicinato da parte del pubblico.
Come già accennato, l’emissione di radiofrequenza non avviene in modo uniforme in tutte le direzioni: la densità di potenza emessa è massima sul piano orizzontale ortogonale al dipolo e nulla lungo l’asse del dipolo stesso. Inoltre l’intensità decresce con il quadrato della distanza.
Come si può
osservare dalla figura l’emissione è minima verso il basso, e quindi
l’abitazione dell’ultimo piano dell’edificio sul cui tetto sono montate
le antenne riceve una minima parte di radiazioni.
Sebbene gran parte dell’attenzione dell’opinione pubblica si concentri sulle antenne base per telefonia mobile, le maggiori fonti di radiazioni elettromagnetiche sono attualmente costituite dalle antenne radiotelevisive.
Le antenne televisive, spesso poste all’interno del tessuto urbano, hanno potenze tipicamente comprese tra 1.000 W e 5.000 W , con punte fino a 15.000 W, e operano con frequenza simili a quelle della telefonia mobile, di 600-800 MHz.
Date l’altissima potenza emessa, e molto facile che in prossimità di un’antenna televisiva si superino ampiamente i limiti di legge. Per una emittente di solo 2.000 W occorre allontanarsi di ben 180 m sul piano ortogonale e di 50 m sul piano inclinato di 45° per scendere sotto la soglia di emissione prevista.
Le antenne radiofoniche sono sorgenti persino più potenti delle televisive; a causa di una scarsa regolamentazione in passato, le trasmittenti radiofoniche si sono dotate di antenne potentissime, fino a 15.000 W, per superare le concorrente, quando basterebbero potenze inferiori a 1000 W per assicurare una ottima ricezione su tutto il territorio. Data la conformazione delle antenne radiofoniche, operanti a frequenza comprese tra 88 MHZ e 107 MHz, una buona parte della radiazione viene emessa anche verso il basso, infatti la soglia di legge per una emittente da 5000 W è di 100 m sull’orizzontale e di 80 m per 45°.
Si
stima che in aree dotate di antenne base per telefonia mobile e prive di
emittenti radiotelevisive, circa l’80% dell’intensità di campo misurate
dipenda non dagli impianti telefonici ma bensì da emittenti radiotelevisive
lontale.
Nell’ipotesi
che l’esposizione a campi elettromagnetici di debole intensità possa
essere dannosa alla salute, è opportuno ricercare dei metodi efficaci
per limitare tale esposizione. Poiché le componenti elettrica e
magnetica di un campo hanno comportamenti caratteristici differenti, come
stiamo per vedere, possono essere adottati diversi metodi di protezione.
Il campo elettrico viene facilmente assorbito e schermato da qualunque materiale conduttore con modalità analoghe alla gabbia di Faraday: sotto l’azione del campo elettrico esterno le cariche del conduttore, libere di muoversi, si separano (le cariche positive e negative si dispongono su lati opposti), creando un campo contrario a quello esterno, che sommandosi ad esso lo attenua, fino ad annullarlo se la gabbia è costituita da un conduttore ideale.
L’armatura in acciaio di un edificio in cemento armato è una tipica gabbia di Faraday, e scherma quasi completamente l’interno dai campi elettrici che investono l’edificio.
Anche
il corpo umano, essendo un buon conduttore, scherma il campo elettrico
negli strati più superficiali dei tessuti. Negli studi medici il
campo elettrico non viene considerato un fattore di rischio proprio per
la sua scarsa azione sui tessuti.
Diverso è il comportamento del campo magnetico, che non è schermabile. Come già visto trattando gli effetti non-termici e le sorgenti di campo (legge di Maxwell), un campo magnetico variabile induce nei materiali conduttori una corrente elettrica, proporzionale alla potenza trasportata. Nel caso di esposizione umana a campi magnetici variabili, la corrente elettrica indotta percorre tutti i tessuti, e non solo i più superficiali. Questo più provocare danni biologici nelle diverse modalità già viste, ovvero per effetto termico e forse anche attraverso effetti non-termici a lungo termine.
Non essendovi modo di schermare il campo magnetico, l’unico metodo di protezione attuabile è la definizione di distanze di sicurezza, limitando l’accesso alle aree più prossime alla sorgente di campo, dove l’intensità del campo è superiore alle soglie considerate di rischio.
Ricordiamo
che si possono considerare due diverse soglie di rischio: la prima, più
bassa, fissa il confine oltre il quale si suppone possano nascere dei rischi
a lungo termine, ovvero per esposizioni prolungate, per effetti non-termici;
la seconda soglia invece definisce il limite di intensità oltre
il quale si posso riportare dei danni biologici per effetti termici.
Controllo del campo prodotto da elettrodotti
Molti studi sono stati condotti sull’andamento dei campi di elettrodotti, storicamente la prima sorgente analizzata in relazione all’esposizione di residenti nei pressi delle linee elettriche.
Il
metodo più diretto per attenuare l’intensità del campo elettrico
e magnetico, e di conseguenza garantire alle abitazioni più vicine
il rispetto dei limiti di esposizione, è quello di aumentare
la distanza dalle sorgenti: aumentare la fascia di rispetto intorno
alla linea elettrica, oppure aumentare l’altezza da terra delle linee.
Entrambe le soluzioni però non sono ottimali, perché difficilmente
si potranno spostare abitazioni già esistenti, e innalzare le linee,
oltre che aumentare il già non indifferente impatto ambientale,
contribuirebbe molto poco ad abbassare l’intensità di campo.
Una alternativa è costituita dall’impiego di elettrodotti interrati, che producono un campo la cui intensità massima, a parità di tensione, al livello del suolo è maggiore di quella degli elettrodotti aerei, ma decresce più rapidamente con la distanza (si scende sotto la soglia di attenzione a circa 24 m di distanza dall’asse della linea).
Le linee interrate prevedono una guaina isolante che avvolge i conduttori e sono realizzate secondo due disposizioni: a trincea e a trifoglio. La disposizione a trifoglio consente di ridurre ulteriormente l’intensità di campo, perché i campi prodotti, interagendo tra loro, si attenuano a vicenda.
Le linee interrate
presentano però alcuni svantaggi, primo fra tutti il maggiore costo
di installazione e di manutenzione (da 3 a 6 volte rispetto a linee aeree).
Una tecnologia più recente è quella delle linee compatte nelle quali, grazie all’impiego di mensole isolanti, i conduttori sono molto vicini tra loro e, come nei cavi interrati disposti a trifoglio, interagendo tra loro attenuano il campo prodotto. Anche in questo caso però i costi sono molto elevati; inoltre sono richiesti sostegni più ravvicinati tra loro, non sempre realizzabili.
Infine
è possibile usare cavi aerei, simili ai cavi tripolari interrati
disposti a trifoglio, ma montati su pali di sostegno. Anche in questo caso
l’avvicinamento dei conduttori attenua notevolmente l’intensità
del campo: una linea da 20 kV genera un campo a terra di 0,2 mT se in cavo
aereo e di 4,5 mT se in linea aerea tradizionale. Anche questa tipologia
è poco impiegata a causa dei maggiori costi di realizzazione.
Le prime norme che limitano l’esposizione a campi elettromagnetici sono state concepite per gli elettrodotti, che furono le prime sorgenti approfonditamente investigate e sicuramente le più diffuse.
Solo di recente si è posto il problema di specificare delle regola anche per altre sorgenti, quali le antenne per telecomunicazioni, ovvero antenne trasmittenti radiotelevisive e ripetitori per telefonia mobile.
In
linea generale le norme riprendono i suggerimenti dati dagli enti scientifici
che hanno studiato il problema e hanno definito dei limiti di esposizione
accettabili e compatibili con la salute umana.
Normativa per gli elettrodotti
Prima del 1992 gli elettrodotti italiani dovevano rispettare le norme tecniche del CEI (Centro Elettrotecnico Italiano), che specificavano le distanze minime dei conduttori dal terreno e dagli edifici in funzione della tensione nominale di esercizio; queste norme erano basate esclusivamente sulla necessità di evitare il rischio di scarica tra il conduttore e il terreno.
Nel 1991 il Ministero dei Lavori Pubblici ha introdotto il concetto di tutela della salute in relazione ai possibili effetti dei campi elettromagnetici generati dalle linee elettriche. Questa esigenza di regolamentazione venne soddisfatta dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 aprile 1992, che fissa i "limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale di 50 Hz negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno".
Le massime intensità di campo elettrico e di induzione magnetica consentite in aree destinate all’uso continuativo da parte della popolazione sono fissate in 5 kV/m per il campo elettrico e in 0,1 mT per l’induzione magnetica; in aree destinate ad uso occasionale i valori si innalzano rispettivamente a 10 kV/m e 1 mT.
Vengono
anche definite le distanze minime tra i conduttori delle linee elettriche
e i fabbricati adibiti a permanenza prolungata:
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La
successiva norma tecnica (DPCM 28/09/95) privilegia il contenimento dell’intensità
dei campi, mentre non impone il rispetto delle distanze di sicurezza.
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992
Limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto l'art. 2, comma 14, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il quale prevede che il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, propone al Presidente del Consiglio dei Ministri la fissazione, tra l'altro, dei limiti massimi di esposizione per inquinamenti di natura fisica relativamente all'ambiente esterno ed abitativo di cui all'art. 4 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;
Visto il decreto interministeriale 16 gennaio 1991 di modifica del regolamento di esecuzione della legge 28 giugno 1986, n. 339, approvato con decreto interministeriale 21 marzo 1988, n. 449, recante norme tecniche per la disciplina della costruzione e dell'esercizio di linee elettriche aeree esterne; modifiche apportate in relazione a possibili effetti sulla salute derivanti dai campi elettromagnetici dagli stessi prodotti;
Considerata la necessità di fissare limiti per l'esposizione della popolazione ai campi elettrici e magnetici generati dagli elettrodotti;
Rilevata la necessità ai sensi del citato art. 4 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, di assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi;
Su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della
sanità;
Decreta
Art. 1. Campo di applicazione
Il presente decreto fissa i limiti massimi di esposizione, relativamente all'ambiente esterno ed abitativo, ai campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50Hz).
Non si applica alle esposizioni professionali sul luogo di lavoro ed alle
esposizioni intenzionali di pazienti sottoposti a diagnosi e cure mediche.
Art. 2. Definizioni
Ai fini dell'applicazione del presente decreto si assumono le seguenti definizioni:
a) intensità di campo elettrico è: il valore quadratico medio delle tre componenti mutuamente perpendicolari in cui si può pensare scomposto il vettore campo elettrico nel punto considerato, misurato in volt al metro (V/m);
b) intensità di induzione magnetica è: il valore quadratico medio delle tre componenti mutuamente perpendicolari in cui si può pensare scomposto il vettore campo magnetico nel punto considerato, misurato in tesla (T);
c) elettrodotto è l'insieme delle linee elettriche propriamente dette, sottostazioni e cabine di trasformazione.
Art. 3. Misure
Le misure dei campi elettrico e magnetico di cui all'art. 1 dovranno essere effettuate secondo gli specifici standard internazionali riconosciuti.
Gli aggiornamenti eventualmente necessari circa i metodi e le condizioni di riferimento per le misure, nonché gli standard per la strumentazione, saranno definiti, su proposta della commissione di cui al successivo art. 8, con decreto del Ministro dell'ambiente.
Art. 4. Limiti di esposizione e criteri di applicazione
Sono definiti i seguenti limiti:
5 kV/m e 0,1 mT, rispettivamente per l'intensità di campo elettrico e di induzione magnetica, in aree o ambienti in cui si possa ragionevolmente attendere che individui della popolazione trascorrano una parte significativa della giornata;
10 kV/m e 1 mT, rispettivamente per l'intensità di campo elettrico e di induzione magnetica, nel caso in cui l'esposizione sia ragionevolmente limitata a poche ore al giorno.
I valori di campo elettrico sono riferiti al campo elettrico imperturbato, intendendosi per tale un campo elettrico misurabile in un punto in assenza di persone, animali e cose non fisse.
Art. 5. Distanze di rispetto dagli elettrodotti
Con riferimento alle linee elettriche aeree esterne a 132 kV, 220 kV e 380 kV, si adottano, rispetto ai fabbricati adibiti ad abitazione o ad altra attività che comporta tempi di permanenza prolungati, le seguenti distanze da qualunque conduttore della linea:
linee a 132 kV 10 m
linee a 220 kV 18 m
linee a 380 kV 28 m
Per linee a tensione nominale diversa, superiore a 132 kV e inferiore a 380 kV, la distanza di rispetto viene calcolata mediante proporzione diretta da quelle sopra indicate.
Per linee a tensione inferiore a 132 kV restano ferme le distanze previste dal decreto interministeriale 16 gennaio 1991. Per eventuali linee a tensione superiore a 380 kV le distanze di rispetto saranno stabilite dalla commissione di cui al successivo art. 8.
La distanza di rispetto dalle parti in tensione di una cabina o da una sottostazione elettrica deve essere uguale a quella prevista, mediante i criteri sopra esposti, per la più alta tra le tensioni presenti nella cabina o sottostazione stessa.
Art. 6. Autorizzazioni
Per gli elettrodotti di nuova costruzione, ai fini autorizzativi, rimangono
ferme le disposizioni di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 9, e la normativa
che regolamenta i rischi da elettrocuzione.
Art. 7. Risanamenti
Nei tratti di linee elettriche esistenti dove non risultano rispettati i limiti di cui all'art. 4 e le condizioni di cui all'art. 5 dovranno essere individuate azioni di risanamento. Entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, gli esercenti degli elettrodotti dovranno presentare al Ministero dell'ambiente una relazione contenente i criteri generali di intervento e i criteri di priorità scelti, basati anche su parametri oggettivizzabili quali individui esposti per km, valori di dosi cumulative e simili.
Nei successivi dodici mesi gli esercenti dovranno presentare i progetti delle tratte di elettrodotti interessate al risanamento. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, i Ministeri dell'ambiente, della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e dei lavori pubblici dovranno definire un accordo procedimentale per la valutazione dei suddetti progetti di risanamento ai fini del rilascio delle autorizzazioni alla costruzione così come disciplinate dal testo unico 11 dicembre 1933, n. 1175.
Nel progetto di risanamento oltre agli interventi necessari va indicato il programma cronologico.
I programmi di risanamento debbono essere completati entro il 31 dicembre 2004.
Art. 8. Commissione tecnico-scientifica
Per l'aggiornamento normativo e l'approfondimento delle tematiche relative ai problemi igienico-sanitari è istituita con decreto del Ministero dell'ambiente, entro sessanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, un'apposita commissione tecnico-scientifica composta da rappresentanti del Ministero dell'ambiente, del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Ministero della sanità, dell'ENEL, dell'ENEA, dell'Istituto superiore di sanità e dell'ISPESL.
La commissione è presieduta dal direttore generale del servizio
per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico ed acustico e delle industrie
a rischio del Ministero dell'ambiente.
Roma, 23 aprile 1992
Il Ministro dell'ambiente RUFFOLO
Il
Ministro della sanità DE LORENZO
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 settembre 1995
Norme tecniche procedurali di attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992 relativamente agli elettrodotti.
IL
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto l'art. 2, comma 14, della legge 8 luglio 1986, n. 349;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992;
Visto il decreto del Ministro dei lavori pubblici 16 gennaio 1991;
Sentito il Comitato elettrotecnico italiano;
Sentita la Commissione tecnico-scientifica di cui all'art. 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992;
Considerate le iniziative su normative tecniche sperimentali avviate in ambito comunitario sulla limitazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici per la popolazione ed i lavoratori;
Viste le relazioni inoltrate al Ministero dell'Ambiente da parte degli
esercenti di elettrodotti ai sensi dell'art. 7, comma 1, del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992;
Su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro della
Sanità;
Decreta
Art. 1.
Il presente decreto si applica ai campi elettromagnetici generati dagli elettrodotti e dalle relative stazioni e cabine elettriche.
Art. 2.
Le intensità delle componenti di campo elettrico e di induzione magnetica, di cui ai punti a) e b) dell'art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992, sono da intendersi espresse in valore efficace; il valore quadratico medio di cui agli stessi punti, è da intendersi come radice quadrata della somma dei quadrati delle componenti.
Art. 3.
Per la prima fase di attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992 le azioni di risanamento, verranno effettuate in base alle prescrizioni del art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992, integrate dalle disposizioni del presente decreto.
Esse dovranno inoltre essere conformi alla legge 28 giugno 1986, n. 339, e relativo regolamento di esecuzione del 21 marzo 1988 ed al decreto del Ministero dei lavori pubblici del 16 gennaio 1991.
Art. 4.
A far data dai dodici mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, i progetti di risanamento verranno presentati al Ministero dell'Ambiente con cadenza annuale, secondo le priorità indicate nelle relazioni sopracitate inviate dagli esercenti degli elettrodotti, tenendo conto dell'obbligo di garantire la continuità del servizio elettrico.
Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli esercenti degli elettrodotti dovranno inoltrare al Ministero dell'ambiente il programma generale dei progetti sopra richiamati, articolato secondo i suddetti criteri, segnalando tuttavia i casi di programmazione temporale vincolata all'esercizio degli elettrodotti stessi.
Il completamento delle azioni di risanamento è fissato al 31 dicembre
2004.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Normativa per le telecomunicazioni
Con
la crescente diffusione di telefoni cellulari e la conseguente installazione
di numerosissime antenne base per la telefonia mobile, l’attenzione si
è focalizzata sulle sorgenti di radiofrequenze, come antenne base
per telefonia mobile e antenne trasmittenti radiotelevisive. Solo molto
di recente (1998) sono state fissati dei limiti di intensità per
queste sorgenti con un decreto del ministero dell’ambiente.
Decreto 381/98 del Ministero dell’Ambiente
Con il decreto 381/98 del Ministero dell’Ambiente il 10/09/1998 vengono fissati i "tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana". Il ministero ritiene necessario definire delle misure cautelative, nonostante le incertezze sull’effettiva dannosità dei campi elettromagnetici, almeno nei casi di esposizione per periodi di tempo prolungati.
Il
decreto fissa i limiti di intensità dei campi elettrici e magnetici,
nonché la massima densità di potenza emessa, per sistemi
di telecomunicazioni e radiotelevisivi che operano con frequenze comprese
tra 100 kHz e 300 GHz; ricordiamo che le antenne base per telefonia mobile
emettono frequenze di 900 e 1800 MHz (si trovano quindi nella 2° fascia).
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I valori di intensità di campo e di potenza vanno intesi mediati su un’area di 2 m2 e un tempo di 6 minuti. Questo limita l’incidenza di punti singolari e di brevi picchi di intensità.
Negli
edifici adibiti a permanenze prolungate (almeno 4 ore al giorno) i limiti
sono più restrittivi e sono indipendenti dalla frequenza:
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La
legge prevede anche la messa a norma degli impianti già esistenti,
secondo modalità e tempi da definire da parte dalle Regioni.
Decreto del ministero dell’Ambiente del 10 settembre 1998, n. 381.
Regolamento
recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili
con la salute umana.
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE
D'INTESA CON IL MINISTRO DELLA SANITÀ
E
IL MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI
Vista la legge 31 luglio 1997, n. 249, articolo 1, comma 6, lettera a), n. 15), il quale dispone, tra l'altro, che il Ministero
dell'ambiente
d'intesa con il Ministero della sanità e con il Ministero delle
comunicazioni, sentiti l'Istituto superiore di sanità e l'Agenzia
nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), fissa i tetti di radiofrequenze
compatibili con la salute umana, tenendo anche conto delle norme comunitarie;
Visto
il parere favorevole dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente;
Visto
il parere dell'Istituto superiore di sanità nel quale, pur condividendosi
l'esigenza di una politica cautelativa che individui obiettivi di qualità
anche al di là dell'adozione di limiti di esposizione mirati alla
tutela degli effetti acuti, sono state manifestate perplessità,
in considerazione dell'attuale stato di conoscenza scientifica, nei riguardi
dell'adozione di misure più restrittive specifiche per l'esposizione
a campi modulati in ampiezza;
Ritenuta
la necessità di riservare misure più cautelative perlomeno
nei casi in cui si possono verificare esposizioni a campi elettromagnetici
per tempi prolungati, da parte di recettori sensibili non esposti per ragioni
professionali;
Visto
il parere espresso dalla conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome nella seduta del 7 maggio 1998, con il
quale si esprime parere favorevole allo schema di decreto, subordinandolo
all'accoglimento di due proposte di modifica, rispettivamente all'articolo
4, comma 2, ed all'articolo 5, comma 1;
Ritenuto
di non accogliere la proposta di emendamento all'articolo 4, comma 2, in
quanto renderebbe meno certa e sicura la tutela della popolazione per effetti
a lungo termine conseguenti ad esposizione prolungata;
Udito
il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per
gli atti normativi nell'adunanza del 31 agosto 1998;
Vista
la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo
17, comma 3, della legge 23 agosto 1998, n. 400, del 10 settembre 1998,
n. prot. UL/98/16640;
A
D O T T A il seguente regolamento:
Art.
1. Campo di applicazione
1.
Le disposizioni del presente decreto fissano i valori limite di esposizione
della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed
all'esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi
operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz.
2.
I limiti di esposizione di cui al predetto decreto, non si applicano ai
lavoratori esposti per ragioni professionali.
Art.
2. Definizioni ed unità di misura
1.
Le definizioni delle grandezze fisiche citate nel decreto e le corrispondenti
unità di misura sono riportate in allegato A che, unitamente agli
allegati B e C, è parte integrante del presente decreto.
Art.
3. Limiti di esposizione
1.
Nel caso di esposizione al campo elettromagnetico i livelli dei campi elettrici,
magnetici e della densità di potenza, mediati su un'area equivalente
alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei
minuti, non devono superare i valori di tabella 1.
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2.
Nel caso di campi elettromagnetici generati da più sorgenti, la
somma dei relativi contributi normalizzati, difiniti in allegato B, deve
essere minore dell'unità.
Art.
4. Misure di cautela ed obiettivi di qualità
1.
Fermi restando i limiti di cui all'articolo 3, la progettazione e la realizzazione
dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo
di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz e l'adeguamento di quelle preesistenti,
deve avvenire in modo da produrre i valori di campo elettromagnetico più
bassi possibile, compatibilmente con la qualità del servizio svolto
dal sistema stesso al fine di minimizzare l'esposizione della popolazione.
2.
Per i fini di cui al precedente comma 1, in corrispondenza di edifici adibiti
a permanenze non inferiori a quattro ore non devono essere superati i seguenti
valori, indipendentemente dalla frequenza, mediati su un'area equivalente
alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei
minuti: 6 V/m per il campo elettrico, 0,016 A/m per il campo magnetico
intesi come valori efficati e, per frequenze comprese tra 3 Mhz e 300 GHz,
0,10 W/m2 per la densità di potenza dell'onda piana equivalente.
3.
Nell'ambito delle proprie competenze, fatte salve le attribuzioni dell'Autorità
per le garanzie nelle comunicazioni, le regioni e le province autonome
disciplinano l'installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione
al fine di garantire il rispetto dei limiti di cui al precedente articolo
3 e dei valori di cui al precedente comma, il raggiungimento di eventuali
obiettivi di qualità, nonché le attività di controllo
e vigilanza in accordo con la normativa vigente, anche in collaborazione
con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per quanto attiene
all'identificazione degli impianti e delle frequenze loro assegnate.
Art.
5. Risanamenti
1.
Nelle zone abitative o sedi di attività lavorativa per lavoratori
non professionalmente esposti o nelle zone comunque accessibili alla popolazione
ove sono superati i limiti fissati al precedente articolo 3 e all'articolo
4, comma 2, devono essere attuate azioni di risanamento a carico dei titolari
degli impianti. Le modalità ed i tempi di esecuzione per le azioni
di risanamento sono prescritte dalle regioni e province autonome, secondo
la regolamentazione di cui al precedente articolo 4, comma 3.
2.
La riduzione a conformità da svolgere nell'ambito dell'attività
di risanamento deve essere effettuata in accordo a quanto riportato nell'allegato
C.
Art.
6. Entrata in vigore
1.
Il presente decreto entra in vigore dopo sessanta giorni dalla sua pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Il
presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Roma,
10 settembre 1998
p.
Il Ministro dell'ambiente CALZOLAIO
p.
Il Ministro della sanità BETTONI BRANDINI
p.
Il Ministro delle comunicazioni VITA
Nuova procedura del Comune di Milano
Il
13 Aprile 1999 il Comune di Milano ha approvato una nuova procedura per
il rilascio delle concessioni per l’installazione di antenne base per telefonia
mobile. Ora le concessioni saranno rilasciate solo dopo che l’Ufficio di
igiene e la ASL avranno verificato che l’intensità dei campi prodotti
dalle nuove antenne rispettino i limiti di legge.
Nuova legge della Regione Lombardia
Nel
mese di Maggio 1999 sarà discussa in Consiglio Regionale la proposta
di legge per la protezione della popolazione e dei lavoratori esposti a
campi elettromagnetici e a radiofrequenza. La legge recepisce la normativa
nazionale (DMA 381/98) sui limiti di esposizione alle radiofrequenze e
introduce alcuni importanti elementi di novità: considera anche
le esposizioni professionali, e soprattutto prescrive che non saranno più
autorizzate nuove installazioni di antenne radiotelevisive nel territorio
cittadino, permettendone invece l’installazione in territorio extraurbano
e soprattutto in aree non residenziali.
Quasi ogni Paese industrializzato ha affrontato in maniera abbastanza autonoma la questione del contenimento dell’esposizione dei cittadini ai campi elettromagnetici.
Esistono
enti scientifici internazionali, anche a livello europeo, che hanno prodotto
diversi gli studi, e i cui suggerimenti sono stati generalmente recepiti
dai legislatori.
Ente | Norma | Valori |
IRPA
- INIRC - ICNIRP
(Gennaio 1990) |
Interim guidelines on limits of exposure to 50/60 Hz electric and magnetic fields | 100 mT per esposizione continuative, 1 mT per esposizioni di poche ore al giorno |
CENELEC
(1994) |
European prestandard ENV 50166-1: Human exposure to electromagnetic fields: low frequency (0 Hz - 100 kHz) | 640 mT |
In
futuro i paesi della Comunità Europea dovranno conformarsi ad una
normativa comune prodotta dalla Commissione Europea, mentre al momento
si osserva una certa variabilità nei limiti.
Vengono
di seguito riportate a titolo di esempio i limiti di esposizione fissati
da alcuni importanti Paesi.
Nel
Regno
Unito una legge del 1993 ha recepito le direttive del NRPB (National
Radiological Protection Board), fissando i limiti di potenza massima per
i telefoni cellulari:
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Negli
Stati
Uniti, la normativa proposta dall’ANSI/IEEE (American National Standards
Institute / Institute of Electric and Electronic Engineers) nel 1991 da
dato luogo ad una legge che fissa il SAR (specific energy absorption rate)
massimo in 1,6 W/kg mediato su 1g di tessuto.
In
Germania
la potenza specifica assorbita è invece fissata ad un valore leggermente
più alto, di 2,0 W/m2.
Discordanza tra limiti di legge e suggerimenti epidemiologici
Come abbiamo visto, gli studi epidemiologici suggeriscono come soglia di rischio potenziale per gli effetti dei campi elettromagnetici a bassa frequenza (generati da elettrodotti) un’intensità di campo magnetico di 0,2 mT. La normativa italiana invece fissa in 100 mT la massima intensità di campo accettabile, tutelano così dagli effetti acuti (effetti termici) accertati dei campi elettromagnetici.
La normativa di sicurezza fissa un limite (100 mT) più alto dei risultati delle indagini epidemiologiche (0,2 - 0,4 mT) perché riconosce alle indagini disponibili una limitata attendibilità, principalmente a causa della scarsa significatività statistica (bassissima incidenza delle patologie considerate), le frequenti discordanze tra indagini simili, e soprattutto l’assenza di prove biologiche e di un modello di meccanismo biologico che spieghi i risultati ottenuti.
Inoltre
si ritiene che l’abbattimento della soglia da 100 mT a 0,2 mT comporterebbe
un impegno quasi insostenibile a discapito di altre iniziative sanitarie
di maggior rilievo.
L’ente
statunitense NIEHS (National Institute of Environmental Health Sciences)
ha effettuato una valutazione critica degli studi pubblicati sulla potenziale
dannosità dei campi elettromagnetici, e ritiene che vi siano limitate
prove epidemiologiche sulla associazione tra leucemia infantile ed esposizione
residenziale a campi di elettrodotti e sull’associazione tra leucemia ed
esposizione occupazionale. Ha inoltre fatto notare che non vi sono adeguate
prove sperimentali di tali relazioni.
La
stessa analisi è stata condotta dal ICNIRP (International Commission
on Non-Ionizing Radiation Protection), che ritiene non vi siano convincenti
prove scientifiche che i campi prodotti dalle linee elettriche possano
essere classificati come cancerogeni, ovvero come iniziatori di processi
cancerogeni. Anche questo ente considera insufficienti gli studi di laboratorio
sugli effetti cancerogeni di questi campi. Riguardo gli studi epidemiologici,
l’ICNIRP riconosce che esistono indicazioni che la presenza di elettrodotti
sia statisticamente associata ad un aumento del rischio di cancro, ma considera
i dati epidemiologici ancora troppo inconcludenti per essere usati nella
redazione di linee guida per la limitazione dell’esposizione ai campi,
soprattutto in assenza di prove di laboratorio a supporto.
Opinioni dei gruppi ambientalisti
Diversi gruppi ambientalisti sia internazionali che italiani sono attenti ai rischi per la salute derivanti dall’esposizione a campi elettromagnetici.
L’azione di questi gruppi si concentra sulla informazione e sensibilizzazione del pubblico attraverso convegni e manifestazioni divulgative, e attraverso azioni politiche di pressione sulle amministrazioni, anche locali, perché venga realizzata una normativa soddisfacente.
I gruppi ambientalisti insistono sul principio di precauzione, per cui se esiste il dubbio che i campi elettromagnetici possano essere dannosi per la salute, anche in assenza di conferme certe si deve agire per limitare il più possibile l’esposizione a fattori potenzialmente dannosi.
Inoltre sostengono la necessità di un attento controllo delle sorgenti, attraverso un censimento, e l’opportunità di una pianificazione urbanistica, attraverso l’ARPA, che eviti l’installazione di sorgenti in zone non idonee.
Promuovono inoltre a livello politico una revisione dei limiti di legge, che attualmente prevengono solo gli effetti acuti dell’esposizione a campi, per portare il limiti di intensità da 100 mT a 0,2 mT, limite di attenzione indicato dalle indagini epidemiologiche, e la distanza dagli elettrodotti a 150 m.
Infine
insistono sulla necessità di iniziare al più presto il processo
di risanamento e di messa a norma dei molti impianti attualmente in funzione
anche se "fuori legge" per quanti riguarda l’intensità delle radiazioni
emesse.
Opinioni dei produttori di sistemi per telefonia mobile
I produttori di sistemi per telefonia mobile naturalmente non gradiscono la preoccupazione del pubblico e cercano quindi di fornire informazioni rassicuranti, citando gli studi che ridimensionano i sospetti di dannosità dell’uso di tali apparecchi.
Si può dire in ogni caso in maniera obbiettiva che sia gli apparecchi telefonici sia dalle antenne base vengono realizzati in modo da rispettare i limiti di esposizione previsti dalla legge. In particolare, per quanto riguarda l’installazione di antenne base, è dovere delle autorità cittadine verificare che non vengano superati il limiti di intensità fissati dalla legge (si veda al riguardo l’esempio del Comune di Milano citato nel capitolo sulla normativa).
Al
dubbio che i limiti di legge non siano sufficienti a tutelare la salute
degli utilizzatori e dei cittadini, i produttori rispondono che nessun
ente scientifico ritiene necessario rendere i limiti più severi
di quelli attualmente in vigore.