IL BECCO IN CROCE

Sul Calvario erano state rizzate tre croci; e su esse, confitte tre creature: a destra, il buon ladrone; a sinistra, l'altro; in mezzo, Gesù, che grondava sangue dal capo, dalle mani, dal costato, dai piedi; sangue preziosissimo, che, da angeli invisibili, era raccolto in calici d'oro. Dolorando e gemendo Egli diceva: "Signore, Signore, perché mi hai abbandonato?" Da tutti, infatti, era stato abbandonato, tranne che dalle pie Donne, le quali, paurose dell'infamia folle degli uomini, se ne stavano piangendo, lontane.

Ma ecco un uccellino, fino allora spaurito e remoto, venire a posarsi sulla croce. Dalla contemplazione del martirio di Gesù, un'idea s'era fatta strada nel suo piccolo cervello: strappare i chiodi, con cui erano stati fissati al legno i piedi e le mani del Redentore. E si mise subito all'opera, lavorando, con pietoso accanimento, dall'ora quinta all'ora sesta. Ma quei chiodi non si smossero e l'uccellino riuscì soltanto a torcersi il becco, il quale, presso tutti i discendenti, rimase deviato in modo da richiamare subito al pensiero la forma della croce. Per questo venne dagli uomini trovato, per l'eroica bestiolina, un nuovo nome: becco in croce; nome, che fu conservato nei secoli e che, tuttavia, è usato ad indicare una specie di fringuello - colla testa, la gola, il petto di color rosso, più o meno vivo, col piumaggio fitto e morbido - che compare, abitualmente, in Italia, quando l'anno muore e i boschi sono tinti dall'autunno di rosso, più o meno vivo, come le piume di codesto uccellino.

G. B.

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Tratto da: Gerolamo Bottoni, Pietro Gobbi "Sul Limitare del Latino", settembre 1940; Carlo Signorelli editore (Milano), pag. 97.

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