RCS on Line - Corriere della Sera

Domenica, 23 gennaio 1994


Il Leoncavallo assalta i referendari
Incidenti ieri sera in piazza Duomo al termine
della manifestazione degli autonomi che ha paralizzato la città
Calci, pugni, stracciate le firme raccolte: la polizia non è intervenuta

di Carlo Lovati, Beatrice Mosca

Non solo slogan. Ma calci, pugni e spintoni. E' finita nella violenza l'ennesima manifestazione dei giovani del Leoncavallo. Dopo aver paralizzato il traffico della città per tutto il pomeriggio con il consueto corteo, alcuni autonomi al termine della giornata hanno preso di mira il tendone della Lista Pannella sistemato alle spalle del Duomo per la raccolta delle firme dei 13 referendum. I piú violenti del gruppo hanno prima buttato a terra i tavolini e le sedie, quindi hanno malmenato alcuni addetti alla raccolta che si opponevano all'aggressione. Quasi completamente distrutta anche la tenda e strappati decine di moduli già compilati con le firme. E tutto questo sotto gli occhi di decine di poliziotti, che controllavano il defluire dei leoncavallini al termine della manifestazione e non sono intervenuti. Tensione, poco prima, anche in piazza San Babila. Dove a fatica la polizia ha evitato uno scontro tra i circa tremila autonomi e una cinquantina di missini che stavano chiedendo solidarietà per una petizione contro il disordine a Milano. In serata, esproprio proletario in una salumeria di piazzale Loreto e qualche prosciutto sparito.

La partenza del corteo era prevista da via Andrea Costa, ma come era facile immaginare gli autonomi non hanno voluto perdere l'occasione di muovere per la loro abituale sfilata dalla vecchia sede di via Leoncavallo. Prima del via, i carabinieri e i poliziotti schierati davanti alla facciata dell'ex centro sociale sono stati circondati da alcune centinaia di ragazzi che hanno cominciato ad applaudirli ironicamente e a insultarli: "servi dei servi dei servi".

Gli autonomi lasciano il vecchio Leonka alle 16.15. Non prima di un improvvisato comizio che ricorda "l'importanza del luogo e di tutto quanto è stato fatto per il bene del quartiere". A seguire, critiche alla Lega, a Formentini e anche al precedente decennio che ha consentito il dilagare della speculazione edilizia. "Ce ne andiamo da qui con molti rimpianti, ma con l'intenzione di tornare" grida nel microfono uno dei leader dell'autonomia. E un coro si alza forte dai ragazzi incolonnati: "Hasta la victoria siempre". Poi si parte. "Ora e sempre resistenza" recita uno striscione. E i soliti cori riempiono il silenzio della zona. "Eroina, fascisti e polizia. Uno per uno vi spazzeremo via", "Bossi, Miglio e Formentini. Farete la fine di Mussolini", "Contro la mafia dei partiti, centri sociali autogestiti".

Il corteo imbocca piazzale Loreto poco prima delle 17. Nelle prime file la gran parte dei ragazzi ha il volto coperto da sciarpe e foulard. C'è tensione, ma tutto sembra andare per il meglio. La polizia controlla. E le urla dei giovani sono quasi nascoste dal clamore dei clacson degli automobilisti, bloccati con i nervi a pezzi nelle vie laterali. Sotto gli occhi curiosi di migliaia di milanesi intenti allo shopping, il corteo avanza accompagnato dalle note di "Bandiera rossa". Al termine della colonna, davanti a uno striscione che parla di "Autodifesa culturale nell'era dell'ignoranza", c'è anche una piccola orchestrina.

Non lontano da piazza San Babila, la tensione sale a mille. Si sparge la voce della presenza di un gruppo di "fascisti" e la mobilitazione contro la "provocazione" è generale. I duri della compagnia si fanno avanti e formano un compatto cordone, subito alle spalle dei poliziotti che aprono il corteo. "Che ne faremo delle camicie nere? Un sol fascio e poi le bruceremo" gridano tutti correndo. Nella piazza, un imponente schieramento di poliziotti tiene a bada la situazione. Verso corso Vittorio Emanuele ci sono infatti una cinquantina di missini che, guidati dal consigliere comunale Riccardo De Corato, stanno raccogliendo firme per l'ordine e la sicurezza. Dal corteo qualche oggetto viene lanciato verso i "provocatori", scoppiano un paio di petardi. C'è anche un ragazzo di destra che da solo affronta un folto gruppo di autonomi. Prima di rifugiarsi tra le braccia degli agenti. Il giovane si prende soltanto qualche cazzotto.

Verso le 18, come previsto, il corteo arriva in piazza Fontana. C'è il tempo per gli ultimi messaggi diffusi dagli altoparlanti. Si tratta di "progetto politico di sinistra rivoluzionaria" e di "movimento antagonista che non si riconosce nei partiti tradizionali". Poi la manifestazione viene sciolta. Ma è a questo punto che arriva l'imprevisto. Gli autonomi si dirigono in massa verso gli ingressi della metropolitana tra corso Vittorio Emanuele e piazza del Duomo. Molti scendono tranquillamente, ma alcuni se la prendono senza alcun motivo contro i simpatizzanti della Lista Pannella che sotto un tendone stanno raccogliendo firme per i referendum. Dagli insulti si passa immediatamente alle vie di fatto. Alcuni tavolini vengono buttati per terra, diversi fogli con le firme sono stracciati, la stessa tenda viene strappata quasi del tutto. Volano anche schiaffi e pugni. Un paio di giovani "referendari" provano a resistere e finiscono per terra, sotto gli occhi di decine di poliziotti inspiegabilmente immobili e nonostante i tentativi di numerosi responsabili del Leoncavallo che cercano di evitare l'aggressione. Ferma, ovviamente, la protesta della Lista Pannella. Che definisce "nuovi cosacchi" gli autonomi e annuncia una denuncia contro il questore per omissione d'atti d'ufficio.

 

La fine di un alibi
di Giulio Giorello

Mao diceva che la rivoluzione non è un pranzo di gala; sarebbe inutile pretendere da dei "rivoluzionari" il rispetto del Galateo. Ma questo non è che un modo elegante per dire che ai "rivoluzionari" tutto è permesso. E scrivo "rivoluzionari" tra virgolette: spesso la rivoluzione che essi credono di perseguire e in nome della quale paiono disposti a sacrificare ogni decenza è una rivoluzione solo immaginaria, un sogno o un incubo da cui è difficile destarsi.

Qualcuno dirà che i leonkavallini hanno commesso qualcosa di peggio di un'ingiustizia: un errore politico. La loro violenza contro i cittadini che avevano il torto di non pensarla come loro - i propugnatori e i firmatari dei referendum di Pannella e della Lega Nord - finirà col togliere loro ogni residua solidarietà del "fronte progressista". Per quel che mi riguarda, non amo questo tipo di realismo politico e continuo a credere che l'ingiustizia resti ciò da cui non è possibile prescindere. Lo spettacolo di cittadini aggrediti solo perché stanno esprimendo le loro idee, mentre "per evitare il peggio" le forze dell'ordine non intervengono, non è meno vergognoso per il fatto che gli avversari ritengono a loro volta di aver subito dei torti.

Credo che l'idea - non c'è giustizia senza il rispetto degli altri - dovrebbe essere abbastanza chiara per uomini di "sinistra". Se è lecito un appunto personale, non ho mai fatto mia la posizione dei pacifisti a oltranza; ritengo invece che (come dicevano i teologi della Riforma) sia legittimo resistere anche con la forza ai "poteri ingiusti". Ma occorre anche che "i ribelli" sappiano individuare il bersaglio senza coinvolgere concittadini innocenti - altrimenti le ragioni della loro resistenza si offuscano e la loro ribellione è già morta prima ancora che "il sistema" sia riuscito a reprimerla. Colpendo chi è diverso da loro, i leonkavallini hanno offeso anche quella loro "diversità" per cui reclamavano uno spazio in questa città; censurando in modo violento chi stava esprimendo le proprie idee sul futuro delle istituzioni, hanno ferito il loro stesso diritto a esprimersi. Una volta si diceva: dio acceca coloro che vuole perdere. Ci sia lecito sperare che tra tanti "ciechi" che scelgono l'arroganza e l'aggressione possano venire ascoltati quegli "orbi" i quali almeno vedono con l'occhio della tolleranza.

 

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