RCS on Line - Corriere della Sera

Venerdì, 13 febbraio 1998


GRANDI RITORNI
L'«uovo di Colombo» di Segni e Occhetto
di Francesco Verderami

ROMA - Si sono rimessi insieme solo da due settimane, ma se l'operazione andrà in porto si tornerà a parlare di loro e del loro progetto per molto tempo in futuro. Sono tornati insieme Mario Segni e Achille Occhetto, e con loro si è ricomposta la vecchia «banda referendaria»: Barbera, Scoppola, Calderisi, Petruccioli. Sono gli stessi che il 18 aprile del '93 riuscirono nell'impresa di scardinare la cassaforte della prima Repubblica, di depredarne il sistema elettorale e di decretarne la morte. E tuttavia il destino della «banda» non fu benevolo. Di Segni si disse che «perse il biglietto della lotteria», finendo per scomparire tra gli innumerevoli simboli dei suoi innumerevoli Patti. Di Occhetto si sa che perse la guida del Pds, perché pur avendo contribuito all'avvento del maggioritario non seppe usarlo al pari di Silvio Berlusconi. Così in politica come nella vita accade di lasciarsi andare ai ricordi dei successi passati per dimenticare la decadenza del presente.

Dall'oblìo si sono ridestati due settimane fa, all'indomani del discorso parigino con cui Berlusconi ha rilanciato l'idea della proporzionale. «Qui bisogna tornare a imbracciare l'arma referendaria», si sono detti al telefono Segni, Barbera e Calderisi, uniti dall'idea di ricostituire al più presto il vecchio comitato referendario, e con l'obiettivo di abolire la restante quota proporzionale: quel 25% che i giochi di Palazzo vorrebbero tornasse a gonfiarsi.

Il primo incontro si è svolto a casa di Segni, ma da allora i colloqui si sono succeduti e le presenze sono aumentate: il liberale Martino ha aderito al primo appello, il forzista Rebuffa si è unito al gruppo. Sono stati avviati i primi contatti con Fisichella di An. E poi c'è Pannella. Con lui è stata avviata una trattativa: la «banda» gli chiede di limitare a questo solo referendum la battaglia, per evitare la disfatta del '97. Quanto a Occhetto, si dice che non è ancora del gruppo, ma può contare su un emissario di fiducia: Petruccioli. Che conferma: «Stiamo valutando l'idea di ripresentare un referendum che spazzi via definitivamente la proporzionale».

L'obiettivo non è facile da raggiungere. L'anno scorso ci provò Pannella, ma la Corte Costituzionale rigettò il quesito, motivando la decisione così: se passasse il referendum, quel 25% di seggi assegnati fino ad oggi con la proporzionale non potrebbe essere attribuito. Saremmo in presenza di un «vuoto legislativo» e questo non è consentito. Rebuffa e Calderisi tentarono allora di superare l'ostacolo con una leggina, ma alla Camera la scorciatoia fu ostruita dai proporzionalisti, che affossarono la proposta a scrutinio segreto. Come fare allora per impedire che un nuovo referendum non sia bocciato dalla Consulta?

La scappatoia oggi c'è, e come tutte le trovate geniali non è frutto del pensiero polveroso e pesante di insigni luminari del diritto, ma è «l'uovo di Colombo». Così l'ha definita la «banda», perché l'idea è di Emilio Colombo, giovane radicale che ha avuto il coraggio di studiarsi le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale. Trovando infine questo escamotage. Per evitare il «vuoto legislativo», basterebbe attribuire i seggi oggi assegnati con la proporzionale ai «migliori perdenti» del maggioritario, cioè a quei candidati che - battuti nel collegio - ottengono i «quozienti più alti»: e per quozienti s'intende il rapporto tra numero di elettori e voti ottenuti. «In questo modo - spiega il professor Scoppola - alle opposizioni sarebbe garantita la presenza in Parlamento e dunque le minoranze non verrebbero eliminate».

Altro che «uovo di Colombo», con questo referendum la «banda» innescherebbe il timer di un ordigno atomico. In questo modo, infatti, verrebbe abolito il voto di lista e le forze politiche non potrebbero più contarsi. «Sarebbe una picconata al sistema partitocratico», ammette Scoppola: «Si semplificherebbe il quadro politico, si avrebbero coalizioni più omogenee, sarebbe una spinta verso il vero bipolarismo». Di più, si accelererebbe il passaggio al bipartitismo: una rivoluzione, «una bomba sotto la Bicamerale», sorride Martino. Sì, perché se «la banda» usasse l'arma del referendum, il convitato di pietra che siede oggi silente al traballante tavolo delle riforme - cioè la legge elettorale - entrerebbe in scena mandando in frantumi tutto. «Sarebbe un colpo letale alle alchimie politiche elaborate a cena...», aggiunge l'ex ministro degli Esteri: «Quella che stiamo per iniziare è la lotta tra il Palazzo e il Paese. Tra chi gattopardescamente fa finta di riformare, e chi chiede di andare fino in fondo sulla strada dell'innovazione. Con questo referendum gli italiani potrebbero dire la loro, invece di esser costretti a dire sì o no ai giochetti di potere di D'Alema».

 

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