Spett.
Collegio di Conciliazione
Direzione Provinciale del Lavoro di Milano
Via Lepetit, 8
20124 MILANO  MI

 

Milano, li venerdí 13 settembre 2002

 

Oggetto:  Tentativo di conciliazione ex art. 65 e segg. D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nei confronti dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca – Contratto integrativo d’Ateneo stipulato il 20 dicembre 2001 – Fondo ex art. 67 CCNL-Università 1998-2001 del 9 agosto 2000 – Quota destinata all’incentivazione della produttività e del miglioramento dei servizi – Distribuzione in base al solo criterio dell’anzianità in servizio – Illegittimità per contrasto con il CCNL e con i principi ispiratori della riforma del pubblico impiego – Richiesta disapplicazione criterio.

 

Io sottoscritto Emilio COLOMBO, [...], dipendente di categoria C dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca - con sede in 20126 Milano, piazza dell’Ateneo Nuovo, 1 - e attualmente in servizio presso l’Area del Personale,

RICHIEDO

l’esperimento del tentativo di conciliazione ex art. 65 e segg. D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in ordine alla richiesta, da me rivolta all’Amministrazione in data 4 luglio 2002 (e rimasta a tutt’oggi priva di riscontro), di disapplicazione dei criteri di distribuzione della quota del Fondo ex art. 67 CCNL-Università 1998-2001 destinata all’incentivazione della produttività e del miglioramento dei servizi, cosí come determinati – in contrasto con il CCNL e con i principi ispiratori della riforma del pubblico impiego – dal Contratto integrativo d’Ateneo del 20 dicembre 2001.

 

FATTO

L’Accordo Collettivo Integrativo dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, sottoscritto in data 20 dicembre 2001, all’art. 5 dispone che il “Fondo per la produttività” di cui all’art. 67 del CCNL Università 1998-2001 del 9 agosto 2000 (in seguito: CCNL 1998-2001) sia ripartito tra il personale esclusivamente “in funzione delle presenze e per anzianità”, secondo tre fasce di anzianità di servizio: fino a 5 anni – 100%;  da 5 a 10 anni – 140%; oltre 10 anni – 180%.

Una quota di circa due terzi del Fondo relativo all’anno 2001 è stata distribuita con lo stipendio del mese di febbraio 2002, conformemente a quanto annunciato dalla circolare n. 30, prot. n. 1900 del 21 febbraio 2002.

In data 10 aprile 2002 (prot. n. 003729) è stato consegnato all’Amministrazione un appello relativo ai criteri di distribuzione del Fondo per la produttività collettiva e individuale, sottoscritto da 131 dipendenti, me incluso.

Secondo quanto annunciato dalla successiva circolare n. 67, prot. n. P/5340 del 17 maggio 2002, la quota restante del Fondo in parola è stata distribuita con lo stipendio del mese di maggio 2002.

In costanza del silenzio dell’Amministrazione in ordine ai rilievi mossi nel predetto appello nei confronti dell’Accordo Collettivo Integrativo d’Ateneo, ho presentato all’Amministrazione stessa (prot. 7645 del 4 luglio 2002) formale richiesta di disapplicazione del criterio dell’anzianità o, in subordine, di corresponsione nei miei soli confronti della quota di Fondo per la Produttività 2001 nella misura massima del 180% – erogata ai dipendenti con anzianità di servizio superiore ai dieci anni–, tenendo conto delle sole presenze in servizio.

L’Amministrazione non ha a tutt’oggi risposto all’istanza.

 

OGGETTO DELLA CONTROVERSIA

Oggetto della presente controversia è la possibilità che il fondo ex art. 67 CCNL 1998-2001, nella parte finalizzata ex art. 68, comma 2, lettera d), all’erogazione di compensi diretti ad incentivare la produttività e il miglioramento dei servizi, sia distribuito ai dipendenti in base al mero decorso dell’anzianità in servizio.

 

DIRITTO

L’art. 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ha delegato il Governo della Repubblica a emanare “uno o piú decreti legislativi, diretti al contenimento, alla razionalizzazione e al controllo della spesa per il settore del pubblico impiego, al miglioramento dell'efficienza e della produttività, nonché alla sua riorganizzazione”, autorizzandolo a tal fine, alla lettera o) dello stesso comma, a “procedere alla abrogazione delle disposizioni che prevedono automatismi che influenzano il trattamento economico fondamentale ed accessorio, e di quelle che prevedono trattamenti economici accessori, settoriali, comunque denominati, a favore di pubblici dipendenti, sostituendole contemporaneamente con corrispondenti disposizioni di accordi contrattuali anche al fine di collegare direttamente tali trattamenti alla produttività individuale e a quella collettiva ancorché non generalizzata ma correlata all'apporto partecipativo, raggiunte nel periodo, per la determinazione delle quali devono essere introdotti sistemi di valutazione e misurazione, ovvero allo svolgimento effettivo di attività particolarmente disagiate ovvero obiettivamente pericolose per l'incolumità personale o dannose per la salute”, nonché a “prevedere il principio della responsabilità personale dei dirigenti in caso di attribuzione impropria dei trattamenti economici accessori”.

 

Non è certo inutile ricordare che la stessa Corte costituzionale ha avuto modo di apprezzare il processo di riforma del modello di organizzazione dell’apparato amministrativo avviato con la legge n. 421/1992, rilevando come “il legislatore abbia inteso garantire, senza pregiudizio dell’imparzialità, anche il valore dell’efficienza contenuto nel precetto costituzionale, grazie a strumenti gestionali che consentono, meglio che in passato, di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività ovvero una sua ben piú flessibile utilizzazione” (Sent. n. 309/1997).

Nella stessa sentenza, la Corte costituzionale ha peraltro ricordato come all’amministrazione-datore di lavoro sia dato “concedere trattamenti economici accessori, che gli stessi contratti collettivi debbono definire, «secondo criteri obiettivi di misurazione … collegati: a) alla produttività individuale; b) alla produttività collettiva tenendo conto dell’apporto di ciascun dipendente…» (comma 3 dello stesso art. 49 [del d. lgs. 29/1993])”.

 

Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che, com’è noto, raccoglie anche le norme del decreto legislativo n. 29 del 1993, emanato in attuazione della delega di cui alla legge n. 421 del 1992, non ha peraltro operato restaurazioni di sorta.

Infatti, l’art. 40 del d. lgs. n. 165/2001 dispone che “la contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono [...] Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate”.

Il successivo art. 45 del d. lgs. n. 165/2001 riprende del resto testualmente il contenuto dell’art. 49 del d. lgs. n. 29/1993.

 

Ora, ai termini del CCNL 1998-2001:

1.     la contrattazione collettiva integrativa si svolge “tra i soggetti e sulle materie, i tempi e le modalità indicate dal presente contratto” (art. 3, comma 3, lettera a));

2.     “le amministrazioni attivano, ai sensi dell’articolo 45, comma 4, del D.Lgs. n. 29 del 1993, autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli indicati dalla richiamata disposizione legislativa, nonché dal successivo comma 4” (art. 4, comma 1);

3.     “la contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle seguenti materie: a) i criteri per la ripartizione delle risorse indicate nell’articolo 67 tra le finalità e secondo la disciplina di cui all’articolo 68; b) i criteri generali relativi ai sistemi di incentivazione del personale, in relazione ad obiettivi e programmi di innovazione organizzativa, incremento della produttività e miglioramento della qualità del servizio, con riferimento alla ripartizione delle risorse destinate ad incentivazione tra i diversi obiettivi e programmi, nonché alla scelta dei dipendenti da adibire ad eventuali programmi specifici” (art. 4, comma 2);

4.     “I contratti collettivi integrativi non possono essere in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali e non possono comportare oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate” (art. 4, comma 4);

5.     “Le risorse di cui all’art. 67 sono finalizzate a promuovere effettivi e significativi miglioramenti nei livelli di efficienza e di efficacia delle amministrazioni e di qualità dei servizi istituzionali” (art. 68, comma 1);

6.     “In relazione alle finalità di cui al comma 1, le risorse di cui all’art. 67 sono utilizzate per: d) erogare compensi diretti ad incentivare la produttività ed il miglioramento dei servizi, attraverso la corresponsione di compensi correlati al merito e all’impegno di gruppo e/o individuale, secondo quanto previsto dall’art. 58” (art. 68, comma 2).

* * *

Alla luce di quanto detto sopra, risulta di abbagliante evidenza come il Fondo per la Produttività, orientato dal Contratto Collettivo Integrativo d’Ateneo a indennizzare la sola anzianità in servizio, sia stato sviato dalle finalità sue proprie, in violazione diretta del CCNL 1998-2001, e in particolare degli articoli 4, commi 1, 2 e 4, 67 e 68, e inoltre in palese dileggio dell’obiettivo del buon andamento dell’Amministrazione (art. 97, comma 1, Cost. Rep. It.), al cui perseguimento dovrebbero appunto essere preordinati “strumenti gestionali che consent[a]no, meglio che in passato, di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività” (cfr. Corte Cost., cit. sent. n. 309/1997).

 

RICHIESTE

Tutto ciò premesso, richiedo:

1.     in via principale, che l’Amministrazione, previa disapplicazione del coefficiente relativo all’anzianità di servizio, rinnovi i calcoli relativi alla distribuzione del Fondo di Produttività 2001, e quindi su tale base ridistribuisca le quote a tutti i dipendenti;

2.     in via subordinata, che l’Amministrazione mi corrisponda una quota di Fondo per la Produttività 2001 pari a quella, massima, erogata ai dipendenti con anzianità di servizio superiore ai dieci anni, tenendo conto delle sole presenze in servizio.

 

NOMINA DEL RAPPRESENTANTE NEL COLLEGIO DI CONCILIAZIONE

Ai sensi dell’art. 66, comma 3, lettera d), del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, intendo rappresentarmi personalmente nel collegio di conciliazione.

Nomino altresí, quale mio rappresentante supplente nel collegio di conciliazione, la signora Licia Ribolla [...].

 

ELEZIONE DI DOMICILIO

[...]

 

Mi impegno infine a notificare nel piú breve termine la presente richiesta all’Amministrazione di appartenenza.

 

In fede.

Emilio Colombo

 

Allegati:

1.     Istanza rivolta all’Amministrazione in data 4 luglio 2002.

 

 

Al Magnifico Rettore
dell’Università degli Studi
di Milano-Bicocca
Piazza dell’Ateneo Nuovo, 1
20126 Milano MI

 

Milano, li 4 luglio 2002

 

Oggetto:   Contratto integrativo d’Ateneo stipulato il 20 dicembre 2001 – Fondo produttività collettiva e individuale anno 2001 – Distribuzione in base al criterio dell’anzianità in servizio – Illegittimità – Richiesta disapplicazione criterio.

 

 

L’Accordo Collettivo Integrativo di Ateneo, sottoscritto in data 20 dicembre 2001, all’art. 5 dispone che il “Fondo per la produttività” di cui all’art. 68 del CCNL Università 1998-2001 del 9 agosto 2000 (in seguito: CCNL del 9 agosto 2000) sia ripartito tra il personale esclusivamente “in funzione delle presenze e per anzianità”, secondo tre fasce di anzianità di servizio: fino a 5 anni – 100%;  da 5 a 10 anni – 140%; oltre 10 anni – 180%.

Una quota di circa due terzi del Fondo è stata distribuita con lo stipendio del mese di febbraio 2002, conformemente a quanto annunciato dalla circolare n. 30, prot. n. 1900 del 21 febbraio 2002.

In data 10 aprile 2002 (prot. n. 003729) è stato consegnato a codesta Amministrazione un appello relativo ai criteri di distribuzione del Fondo per la produttività collettiva e individuale (appello che nella presente istanza integralmente richiamo), sottoscritto da 131 dipendenti, me incluso.

Secondo quanto annunciato dalla successiva circolare n. 67, prot. n. P/5340 del 17 maggio 2002, la quota restante del Fondo in parola è stata distribuita con lo stipendio del mese di maggio 2002.

Nessuna posizione ha al momento assunto l’Amministrazione in ordine ai rilievi mossi nel predetto appello nei confronti dell’Accordo Collettivo Integrativo d’Ateneo.

In effetti, non si può dire che tale Accordo Integrativo d’Ateneo sia un inesauribile pozzo di virtù.

Basti pensare alle ivi previste procedure di ascensione blindata riservate al personale in servizio, pratica che la Corte costituzionale ha costantemente e con decisione sempre censurato (da ultimo con la sentenza 16 maggio 2002, n. 194).

Ma torniamo al Fondo per la produttività.

L’art. 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ha delegato il Governo della Repubblica a emanare “uno o più decreti legislativi, diretti al contenimento, alla razionalizzazione e al controllo della spesa per il settore del pubblico impiego, al miglioramento dell'efficienza e della produttività, nonché alla sua riorganizzazione”, autorizzandolo a tal fine, alla lettera o) dello stesso comma, a “procedere alla abrogazione delle disposizioni che prevedono automatismi che influenzano il trattamento economico fondamentale ed accessorio, e di quelle che prevedono trattamenti economici accessori, settoriali, comunque denominati, a favore di pubblici dipendenti, sostituendole contemporaneamente con corrispondenti disposizioni di accordi contrattuali anche al fine di collegare direttamente tali trattamenti alla produttività individuale e a quella collettiva ancorché non generalizzata ma correlata all'apporto partecipativo, raggiunte nel periodo, per la determinazione delle quali devono essere introdotti sistemi di valutazione e misurazione, ovvero allo svolgimento effettivo di attività particolarmente disagiate ovvero obiettivamente pericolose per l'incolumità personale o dannose per la salute”, nonché a “prevedere il principio della responsabilità personale dei dirigenti in caso di attribuzione impropria dei trattamenti economici accessori”.

 

Non è certo inutile ricordare che la stessa Corte costituzionale ha avuto modo di apprezzare il processo di riforma del modello di organizzazione dell’apparato amministrativo avviato con la legge n. 421/1992, rilevando come “il legislatore abbia inteso garantire, senza pregiudizio dell’imparzialità, anche il valore dell’efficienza contenuto nel precetto costituzionale, grazie a strumenti gestionali che consentono, meglio che in passato, di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività ovvero una sua ben più flessibile utilizzazione” (Sent. n. 309/1997).

 

Nella stessa sentenza, la Corte costituzionale ha peraltro ricordato come all’amministrazione-datore di lavoro sia dato “concedere trattamenti economici accessori, che gli stessi contratti collettivi debbono definire, «secondo criteri obiettivi di misurazione … collegati: a) alla produttività individuale; b) alla produttività collettiva tenendo conto dell’apporto di ciascun dipendente…» (comma 3 dello stesso art. 49 [del d. lgs. 29/1993])”.

 

Il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che, com’è noto, raccoglie anche le norme del decreto legislativo n. 29 del 1993, emanato in attuazione della delega di cui alla legge n. 421 del 1992, non ha peraltro operato restaurazioni di sorta.

 

Infatti, l’art. 40 del d. lgs. n. 165/2001 dispone che “la contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono [...] Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate”.

 

Il successivo art. 45 del d. lgs. n. 165/2001 riprende del resto testualmente il contenuto dell’art. 49 del d. lgs. n. 29/1993.

 

Ora, ai termini del CCNL del 9 agosto 2000:

a)     la contrattazione collettiva integrativa si svolge “tra i soggetti e sulle materie, i tempi e le modalità indicate dal presente contratto” (art. 3, comma 3, lettera a));

b)     “le amministrazioni attivano, ai sensi dell’articolo 45, comma 4, del D.Lgs. n. 29 del 1993, autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli indicati dalla richiamata disposizione legislativa, nonché dal successivo comma 4” (art. 4, comma 1);

c)     “la contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle seguenti materie: a) i criteri per la ripartizione delle risorse indicate nell’articolo 67 tra le finalità e secondo la disciplina di cui all’articolo 68; b) i criteri generali relativi ai sistemi di incentivazione del personale, in relazione ad obiettivi e programmi di innovazione organizzativa, incremento della produttività e miglioramento della qualità del servizio, con riferimento alla ripartizione delle risorse destinate ad incentivazione tra i diversi obiettivi e programmi, nonché alla scelta dei dipendenti da adibire ad eventuali programmi specifici” (art. 4, comma 2);

d)     “I contratti collettivi integrativi non possono essere in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali e non possono comportare oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate” (art. 4, comma 4);

e)     “Le risorse di cui all’art. 67 sono finalizzate a promuovere effettivi e significativi miglioramenti nei livelli di efficienza e di efficacia delle amministrazioni e di qualità dei servizi istituzionali” (art. 68, comma 1);

f)       “In relazione alle finalità di cui al comma 1, le risorse di cui all’art. 67 sono utilizzate per: d) erogare compensi diretti ad incentivare la produttività ed il miglioramento dei servizi, attraverso la corresponsione di compensi correlati al merito e all’impegno di gruppo e/o individuale, secondo quanto previsto dall’art. 58” (art. 68, comma 2).

 

Alla luce di quanto detto sopra, risulta di abbagliante evidenza come il Fondo per la Produttività, orientato dal Contratto Collettivo Integrativo d’Ateneo a indennizzare la sola anzianità in servizio, sia stato sviato dalle finalità sue proprie, in palese dileggio dell’obiettivo del buon andamento dell’Amministrazione (art. 97, comma 1, Cost. Rep. It.), al cui perseguimento dovrebbero appunto essere preordinati “strumenti gestionali che consent[a]no, meglio che in passato, di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività” (cfr. Corte Cost., cit. sent. n. 309/1997).

 

In conclusione, tutto ciò premesso, richiedo:

-         in via principale, che, previa disapplicazione del coefficiente relativo all’anzianità di servizio, siano rinnovati i calcoli relativi alla distribuzione del Fondo di Produttività 2001, e quindi su tale base siano redistribuite le quote a tutti i dipendenti;

-         in via subordinata, la corresponsione nei miei soli confronti della quota di Fondo per la Produttività 2001 nella misura massima, erogata ai dipendenti con anzianità di servizio superiore ai dieci anni, tenendo conto delle sole presenze in servizio.

 

Considerato infine che l’art. 1, comma 1, del Contratto Collettivo Integrativo d’Ateneo in parola espressamente prevede (conformemente, peraltro, in questo caso, all’art. 5, comma 4, del CCNL) che le disposizioni del contratto stesso conservino la loro efficacia fino a quando non siano sostituite da successivo contratto, formalmente diffido codesta amministrazione dal dare in futuro attuazione al detto criterio di distribuzione del Fondo per la produttività basato sul mero decorso del tempo in servizio.

 

Augurandomi di poter ottenere una risposta alla presente nel termine di cui all’art. 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, mi riservo la facoltà di promuovere l’avvio della procedura di conciliazione ex artt. 65 e 66 d. lgs. n. 165/2001.

 

In fede.

Emilio Colombo

 

 

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