Al Sindaco di Viareggio
Viareggio, li sabato 10 agosto 1991

Spettabile Sindaco,

ieri mattina (9 agosto), alle ore 8.30 circa, mi recai presso la biglietteria del Teatro pucciniano di Torre del Lago, con l'intento -frustrato- d'acquistare un biglietto per la rappresentazione serale della Turandot.

In precedenza (lunedì 29 luglio) avevo esperito un tentativo d'acquisto presso la rivendita di Viareggio, e poscia presso quella di Torre del Lago: la risposta degli impiegati fu di attendere la mattina del giorno della rappresentazione, e di presentarsi alle ore 10.00 al botteghino del Teatro di Torre del Lago, dove sarebbero stati posti in vendita gli ultimi duecento biglietti disponibili.

Così feci e, quando alle 8.30 di ieri mattina trovai non più di venti persone in coda davanti alla biglietteria del Teatro, credetti che ormai nessun'altra difficoltà si sarebbe frapposta tra me e l'agognato biglietto. Ma, ahimè, dovetti ricredermi: appena appropinquatomi al botteghino un individuo alquanto molesto -qualificatosi come dipendente del Festival- mi disse, con modi fin troppo spicci, che avrei potuto -o meglio, dovuto- soprassedere ai miei propositi ed andarmene, in quanto egli stesso aveva predisposto (su un fogliaccio) una lista per l'assegnazione dei biglietti, in base alla quale i duecento preventivati erano già stati lottizzati tra le persone ivi iscritte; io, così come gli altri cittadini convenuti per l'occasione da svariate località italiane, dovetti ingaggiare aspre discussioni con l'individuo molesto -che pretendeva perfino di privare me e gli altri della sia pur vana speranza di poter assistere (in forza di qualche auspicata defezione tra gli iscritti nella lista) alla rappresentazione della sì amata opera ultima pucciniana- per riuscire ad aggiungere il mio nome a quelli dei fortunati che (allora ritenevo) sarebbero senza dubbio riusciti a coronare i propri sogni; peraltro, gli iscritti che mi precedevano nella lista avevano "prenotato" duecentodue biglietti, il qual fatto mi consentiva di nutrire legittime speranze.

Alle 10.00, finalmente, giunse la responsabile del botteghino (tale Grazia Agostini), assistita da un altro impiegato -certamente non più urbano del succitato individuo molesto che, durante l'attesa, aveva insolentito molte tra le persone in coda, e che consegnò ai due impiegati la lista d'attesa da lui imposta ai presenti-; i due impiegati iniziarono l'appello e la vendita dei biglietti in base alla lista -pur avendo in precedenza affermato che essa non aveva per loro alcun valore-, e, quando "Carla" e "Sergio" (nomi in lista) non risposero all'appello, essi, con inusitata solerzia, s'affrettarono a compilare ed accantonare i biglietti "prenotati" da questi (fantomatici?) personaggi, ribattendo alle proteste dei presenti (alcuni dei quali avevano atteso pazientemente in fila per svariate ore) che si trattava di amici loro -non disposti, evidentemente, a perdere il proprio tempo in scomode attese- ed invitando i protestatori ad immaginare d'indossare i loro scomodi panni...

I biglietti venduti -compresi quelli occultati, riservati agli amici- furono meno di centosettanta (in luogo dei duecento previsti), come poterono constatare anche i due Carabinieri presenti alla messinscena; alle crescenti proteste degli astanti i bigliettai reagirono -con l'arroganza di chi gestisce un pubblico servizio come se fosse "Cosa Propria"- beffandosi degli appelli alla legalità ed ai comuni sentimenti di giustizia elevati dai protestanti, e rivolgendo loro, con gergo e modi da trivio, frasi del tipo: "Prendetevi una barca e seguitevi l'opera dal Lago" (!).

Agli inviti a qualificarsi da me rivolti all'impiegato -o sedicente tale- sprovvisto di tesserino di riconoscimento -ed autore della frase riportata sopra-, costui replicò con berci intimidatorii, del tipo: "Vengo fuori e facciamo i conti". Per nulla intimidito, né intimorito da quest'avvertimento -d'inequivocabile stampo mafioso- continuai la mia protesta civile e nonviolenta contro i soprusi subiti, chiedendomi (tra le altre cose) ad alta voce, retoricamente, se più di quarant'anni di Costituzione democratica repubblicana fossero passati invano, senza riuscire a cancellare certe mentalità e pratiche clientelari, incivili, borboniche.

Rivolgo questa domanda anche a Lei, Signor Sindaco, e mi chiedo, Le chiedo, a che -ed a chi- giovi lamentare le defezioni dei turisti -cui la città non offre che mare immondo, servizi carenti, traffico ipercongestionato, cassonetti fetidi, fogne traboccanti liquame, impiegati comunali insolenti e tracotanti a contatto con il pubblico (pochi, oltre questi due, secondo la mia esperienza, ma pur sempre troppi)-, se poi non si assicura loro un trattamento civile, degno della tradizionale ospitalità viareggina?

Confidando in un suo intervento diretto ad accertare e sanare l'abnorme situazione sopra descritta, distintamente La saluto.

Emilio Colombo

 

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