Area
di San Satumino
L’area di San Saturnino di Bultei rappresenta una porzione di territorio che registra stratificazioni storiche che si abitano, senza soluzione di continuità, a partire dalla preistoria fino alla fase contemporanea. Le sue vicende geornorfologiche e storiche sono segnate dall’incisiva presenza del fiume Tirso, che ne ha determinato, nelle diverse fasi geologiche e storiche , i destini. Tutto il tracciato del fiume Tirso, a partire dalle sorgenti, ha costruito nel corso dei millenni un percorso su cui si sono disposti insediamenti antropici stutturando reti di rapporti culturali, fisici e spaziali.Le fratture del granito consentono la penetrazione in profondità delle acque, con vistosi fenomeni di riemergenza, come avviene nelle sorgenti termominerali di San Saturnino, che sgorgano a temperature variabili fra i 34 0C e i 35 0C. Vicino a queste sorgenti,
benché domini il terreno
alluvionale (vicino c’è la confluenza tra il Tirso e il rio Mannu) affiora a
tratti il granito dalle forme sferoidali, provocate dall’erosione protratta
per un tempo molto lungo.
Noi abbiamo inteso
approfondire la conoscenza di questa zona, e in particolare delle sorgenti
termali, conosciute già nell’antichità dai Romani, e della splendida chiesa,
significativa testimonianza di arte romanica nell’isola.
Chiesa
di San Saturnino di Usolvisi
È edificata su una
struttura di età nuragica. Nei pressi ci sono i resti di una costruzione di età
romana, attribuibili, forse, all’insediamento che circondava le terme. La
chiesa fu donata ai monaci Camaldolesi nel 1163 da Ottone (o Attone), vescovo di
Castro, per ordine di Barisone, giudice di Torres. Apparteneva alla curatoria di
Anela. Lo storico Angius parla di un monastero dei Carnaldolesi e di un
villaggio, Usulvisi o Usolvisi, che diede origine a Bultei e a Benetutti,
durante la dominazione aragonese-spagnola
La chiesa è costituita da un’unica navata rettangolare (impianto mononavato). Vi sono due ingressi, uno di facciata e uno laterale; le finestre sono delle monofore centinate (due per ogni lato e una nell’abside). Nella parte posteriore, a nord-est, è visibile l’abside semicircolare. Il tetto, a capriate, è stato completamente rifatto. Il campanile a vela è posto sul frontone posteriore. La costruzione, in trachite rossastra, è ascrivibile a maestranze attive nelle curatorie di Ploaghe e Goceano, nella seconda metà del 120 secolo.
All’ interno la statua di San Saturnino di Usolvisi
(statua lignea policroma del 170 secolo)
poggia su un capitello di epoca romana.
“Aquae Lesitanae”:
con questo nome i Romani conoscevano le sorgenti di acqua calda sulfurea e
ferruginosa che danno vita, oggi, alle Terme di San Saturnino. Sono visibili
ancora i resti delle Terme romane, nel punto dove, forse, sorgeva la città di
Lesa, citata dall’antico geografo Tolomeo e dove passava, probabilmente, una
delle strade romane che mettevano in comunicazione Karalis con Olbia. Forse
l’edificazione di un impianto di acque termali naturali, favori un
insediamento di maggiori proporzioni rispetto ai villaggi vicini. Dopo Tolomeo,
illustri geografi e viaggiatori documentano con i loro scritti l’ uso che di
queste acque e stato fatto in passato. Ricordiamo, fra gli altri, il viaggiatore
spagnolo Martin Carrillo, J.Francesco Fara e il generale La Marmora che restò
colpito dal “grande albero di fico che difende i numerosi ammalati dagli
ardori del sole”.
Queste acque,
dall’odore e dal gusto di zolfo, che zampillano gorgogliando dal terreno
argilloso,coperto d’erbe e di giunchi, sono state utilizzate per curare
diverse malattie, sin dall’antichità. Prendono diverse denominazioni:
1)
su Anzu mazzore
2)
su Anzu de sos beccos
3)
su Anzu de s ‘istogomo
4)
su Anzu de sos nervios
5)
su Anzu de sa gulta
6)su
Anzu de su ludu
7)
su Anzu de sos ogros
8)su
Anzu de sa conca
9)Tanca manna
10)
Luzzana
11)
Mercuria
12)
Abbapudida
In tempi assai remoti,
dunque, queste acque furono valorizzate e le persone che praticavano le cure
termali guarivano da alcune malattie (artrite, reumatismi. sciatica).
Una leggenda riferisce
a tale proposito che i medici del contado, rimasti senza pazienti per le virtù
taumaturgiche di queste acque termali, riunitisi in lega, decisero di frantumare
ed occultare le pietre che erano poste accanto a ciascuna fonte e recavano
l’iscrizione delle malattie guaribili. Le fonti erano 110 e altrettante erano
le lapidi, ciascuna con un iscrizione differente. I medici dunque si recarono
sul posto muniti di mazze, frantumarono le sacre pietre, ne raccolsero tutti i
pezzi e li gettarono nelle acque del vicino fiume. Appena, però, i “sacri”
frantumi raggiunsero il fondo, la terra in quel punto sprofondò con un boato
pauroso che costrinse i medici, autori del sacrilegio, a scappare terrorizzati.
Delle pietre non si seppe più nulla, perché il fiume in quel tratto divenne
senza fondo. La leggenda finisce qui.
Parecchi ammalati sino
ad alcuni anni fa, poiché i due stabilimenti costruiti dai privati non erano
sufficienti, si accampavano nella chiesa di San Saturnino o sotto qualche
baracca costruita per l’occasione.
Oggi vi sono due
stabilimenti termali:
Uno più antico, le
“Terme Angioi”, e uno più moderno. le “Terme Aurora”, mentre un’altra
antica struttura, le “Terme Tanda”, quasi una sorta di fabbricato rurale
pressoché fatiscente, sembra voler ricordare costumi e metodi di cura di un
tempo.
Antiche terme di S. Saturnino